23 Ottobre 2019

Mercoledì XXIX Settimana T. O.

Rm 6,12-18; Sal 123 (124); Lc 12,39-48

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

La parabola dell’amministratore è detta ai “pastori” delle comunità cristiana, il cui incarico è quello di servire e non di spadroneggiare. Una raccomandazione che troviamo in tutto il Nuovo Testamento e in modo particolare nelle lettere paoline, ma a farne cenno in modo chiaro è l’apostolo Pietro: “Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce” (1Pt 5,1-5). Una comunità ideale esiste soltanto nei sogni dei bambini, anche la chiesa primitiva ha dovuto affrontare il problema degli arrampicatori, di coloro che ambivano ai primi posti. Oggi tale vizio non si è attenuato, come ieri anche oggi il desiderio degli onori ha radici profonde nel cuore dell’uomo. Il farmaco per guarire da questa perniciosa malattia potrebbe essere il timore delle percosse, ma è una strada poco agevole e poco praticabile, e in verità “la paura è un atteggiamento che ci fa male. Ci indebolisce, ci rimpiccolisce. Anche ci paralizza” (Papa Francesco). L’antitodo sicuro è imparare a farsi servo dei fratelli, e la strada per raggiungere tale meta è l’umiltà. Il detto che troviamo a chiusura della parabola, A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più, vuol suggerire che i capi della comunità saranno giudicati più severamente per il posto di responsabilità che occupano.

Dal Vangelo secondo Luca 12,39-48: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».  

La parabola del servo fedele o infedele - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): La parabola, desunta da Q, è presente anche in Matteo, nel contesto del discorso escatologico (24,45-51). Luca la introduce con un versetto redazionale, agganciandosi probabilmente all’espressione padrone di casa del v. 39, per indirizzarla soprattutto ai responsabili della comunità cristiana. Infatti, è Pietro, che come rappresentante dei Dodici, domanda a Gesù a chi fosse rivolta la parabola precedente del padrone che vigila sulla casa. Gesù gli risponde indirettamente, passando dal tema della vigilanza a quello della fedeltà. I discepoli saranno le guide della comunità. Per ricevere la ricompensa nella parusia, venendo resi partecipi della beatitudine nel cielo con un grado particolare di gloria in quanto collaboratori di Gesù, devono vegliare con premura sul gregge, procurando il nutrimento spirituale ai fedeli loro affidati. In caso contrario, saranno puniti duramente.
Nel v. 45 si tratta del medesimo amministratore, ma che ora agisce in modo contrario all’incarico avuto dal padrone di casa, a causa della sua assenza prolungata. Si ha qui una chiara allusione al ritardo della parusia. I responsabili della chiesa, tuttavia, vengono ammoniti severamente a non lasciarsi andare al rilassamento e alla neghittosità. Il Signore, nonostante il ritardo, arriverà certamente e in modo inaspettato, e castigherà i servi infedeli. Il passo dei vv. 47-48 stabilisce un rapporto di proporzionalità tra il castigo e la conoscenza della volontà di Dio. Forse la parabola in origine era riferita agli scribi, per metterli di fronte alla loro grave responsabilità per il rifiuto del vangelo. Essi, essendo esperti nelle Scritture, dovevano comprendere che Gesù portava a compimento il disegno salvifico di Dio, invece di ostinarsi nel loro accecamento volontario. In Luca la parabola viene applicata ai capi della chiesa, più informati dei semplici fedeli sulle esigenze del vangelo.

Allora Pietro disse… - Luke Timothy Johnson (Il Vangelo di Luca): Luca ha in mente nel far formulare a Pietro la domanda di 12,41, perché Luca ha già mostrato, ai Dodici e al lettore, come l’autorità spirituale debba essere simbolicamente espressa con il servizio a tavola: nell’episodio della moltiplicazione dei pani per i cinquemila (9,12-17). Pietro pertanto chiede se l’immagine del padrone-servo valga per tutti quelli che seguono Gesù o solo per i Dodici (che dobbiamo vedere nel «noi» della domanda di Pietro). Invece di dargli una risposta diretta, Gesù risponde con altre parabole. Il ruolo dell’amministratore o maggiordomo risponde bene al concetto che Luca ha dell’autorità nella comunità. Il ruolo dell’amministratore è quello di gestire gli altri servi, di vedere che ognuno svolga il suo lavoro, ma anche quello di provvedere ai loro bisogni. L’amministratore è responsabile (nella fedeltà) nei confronti del padrone che l’ha nominato, ed è anche responsabile (nella fedeltà) nei confronti degli altri schiavi. Non può essere fedele all’uno senza rispettare gli altri. Luca riprenderà questo stesso spunto di gestione familiare in 16,1-9. Vediamo ancora una volta che l’autorità viene presentata sotto forma di servizio agli altri. Sì, questo vale in modo particolare per i Dodici, quali capi e guide del rinnovato Israele. Se tutti i servi devono tenersi pronti ad accogliere il padrone al suo ritorno e svolgere il proprio lavoro in modo soddisfacente, i capi sono responsabili non solo del proprio lavoro, ma anche del lavoro della comunità nel suo insieme. Se essi svolgono bene il proprio lavoro, riceveranno in compenso un grado ancora maggiore di autorità. Ma se abusano dei loro privilegi, saranno completamente esclusi: relegati tra gli «infedeli». È facile scorgere in questo passo non solo un’anticipazione del ruolo che in seguito i Dodici svolgeranno nella comunità di Gerusalemme, ma anche un implicito avvertimento rivolto agli attuali capi del popolo, avvertimento che diventerà molto più chiaro nelle parabole delle mine (19,11-27) e della vigna (20,9-18): quelli che abusano dell’autorità che hanno su altri saranno severamente puniti. Come fanno chiaramente intendere gli ultimi detti, più grande è il dono, maggiore sarà la responsabilità e più severo il giudizio.

Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti? - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Luca): Pietro pone la domanda se il Signore intende riferire questa parabola anche ai discepoli. La risposta di Gesù è semplice e chiara. Infatti in una seconda parabola, egli parla ora di servi a cui il padrone ha affidato un particolare incarico, dotandoli di pieni poteri. Uno di essi approfitta dell’assenza del padrone per darsi alla vita licenziosa, per tormentare gli altri e pensare solo al proprio benessere. Gli altri invece impiegano il tempo a compiere il lavoro loro affidato intelligentemente e coscienziosamente. Quello che avviene al ritorno del padrone è determinato dal comportamento di ciascuno dei servi. I licenziosi, secondo i costumi d’allora, vengono frustati o perfino fatti a pezzi. I servi fedeli invece vengono lodati, ricevono incarichi di maggiore fiducia e più potere di prima. Chi, nel regno di Dio, in qualità di ministro o in qualsiasi altro posto per volontà ed ordinazione di Dio, riceve incarichi di responsabilità e deve aver cura di altri, deve per conseguenza avere una doppia prontezza. Quello che il Signore esige dagli altri, lo esigerà a maggior ragione da lui. Una dignità più alta aumenta la responsabilità, ed un ufficio significa obbligo. Chi, nel servizio della Chiesa, sale la scala delle dignità, non ha una vita più facile, ma sempre più difficile. Poiché col crescere delle responsabilità cresce l’esigenza di tenere lo sguardo continuamente rivolto a Dio. Ad ogni cristiano è chiesto di essere pronto; questo vale doppiamente - ed anche più - per coloro che, al servizio di Cristo, devono aver cura spirituale degli altri. Il cristiano è un uomo che guarda al futuro, perché Cristo ritornerà. Egli sa di essere preso a servizio, di aver degli obblighi e di dover renderne conto. Questo conferisce al suo agire un tono di particolare serietà. Poiché « a chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto ». Le dignità ecclesiali sono pesi spirituali.

 La parusia - Catechismo degli Adulti: 1175 La Chiesa delle origini crede che il Signore Gesù, morto e risorto, ha aperto una storia di salvezza universale, cosmica. Il regno di Dio è impersonato in lui. Attendere il Regno significa attendere la “Parusia” del Signore. Con questa parola, usata comunemente per indicare la visita ufficiale di un sovrano in qualche città, i credenti designano la venuta pubblica e manifesta del Cristo glorioso. Non si tratta di un ritorno, quasi che adesso sia assente, ma del compimento e della manifestazione suprema di quella presenza che ha avuto inizio con la sua umile vicenda terrena e che continua oggi nascosta nel mistero dell’eucaristia, della Chiesa, della carità e dei poveri .
La parusia è la meta della storia. Porterà la perfezione totale dell’uomo e del mondo. Dio infatti ha voluto «ricapitolare in Cristo tutte le cose» (Ef 1,10), «per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose» (Col 1,20). La nostra risurrezione è prolungamento della sua. Significativamente nei primi secoli le assemblee cristiane preferivano pregare rivolte a oriente, da dove sorgerà il sole che inaugurerà il giorno eterno. La stessa fede viene professata ai nostri giorni dal concilio Vaticano II: «Il Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia di tutti i cuori, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Nel suo Spirito vivificati e coadunati, noi andiamo pellegrini incontro alla finale perfezione della storia umana».
1176 Per mezzo di Cristo l’umanità viene ricondotta «al Padre in un solo Spirito» (Ef 2,18). Il Padre è origine prima e termine ultimo: crea, santifica, glorifica e attrae a sé attraverso il Figlio, che eternamente è rivolto a lui nello Spirito. Il suo disegno si attua in tutto il corso della storia: creazione, diffusione dei popoli, elezione di Israele, inaugurazione del regno in Cristo, espansione di esso mediante la Chiesa in mezzo alle nazioni della terra, fino a quando la parusia del Signore Gesù coronerà queste opere meravigliose in una grande pasqua cosmica. Allora la famiglia umana, dopo tanto faticoso peregrinare, entrerà nel riposo di Dio e Dio sarà «tutto in tutti» (1Cor 15,28).
1177 La presenza nel mondo del Figlio di Dio fatto uomo, inaugurata con l’incarnazione redentrice, culminerà con la parusia, la venuta gloriosa che porterà a compimento la storia in una pasqua cosmica, in cui i morti risusciteranno e il bene trionferà definitivamente sul male.
 
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più” (Vangelo).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Signore, questa celebrazione eucaristica,
che ci ha fatto pregustare le realtà del cielo,
ci ottenga i tuoi benefici nella vita presente
e ci confermi nella speranza dei beni futuri.
Per Cristo nostro Signore.