22 Ottobre 2019

Martedì XXIX Settimana T. O.

Rm 5,12-15b.17-19.20b-21; Sal 39 (40); Lc 12,35-38

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi, questa esortazione ricorda l’uso dei lavoratori che sollevavano le lunghe vesti orientali sotto la cintura per avere più libertà nei movimenti, o quello dei viandanti per camminare più speditamente. I fianchi cinti ricordano la cena pasquale: “Ecco in qual modo lo mangerete [l’agnello pasquale]: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta.” (Es 12,11).
La parabola vuol forse rispondere a una “promessa” che non si era realizzata: il ritorno di Gesù che alcuni ritenevano imminente. Una dilazione alla quale era subentrata una delusione generale. Ne abbiamo una traccia 1Pt 3,8-10: “Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta”.
In tal modo nella chiesa primitiva, perseguitata dal Sinedrio e dall’impero romano, si accentuò il tema della vigilanza e della sobrietà, perché Gesù sarebbe ritornato “come un ladro nella notte” (1Ts 5,1-5). In molti passi dei Vangeli (cf. per esempio la parabola delle dieci vergini Mt 25,1ss) e negli scritti più recenti del Nuovo Testamento (per esempio nelle Lettere pastorali) “si percepisce chiaramente questa accentuazione della ‘vigilanza’ derivante dalla lotta della chiesa primitiva contro la tiepidezza” (Gottfried Hierzenberger). Solo nel Vangelo di Giovanni il ritorno di Gesù è molto attenuato: per l’evangelista Gesù Cristo è il messia arrivato, già presente in mezzo alla sua comunità, e “il giudiziosi attua già nella fede in lui [Gv 3,18]; la gloria di Dio è realtà, la meta definitiva è già presente e visibile [cf. per esempio Gv 14,6]” (Gottfried Hierzenberger).
Oggi, Gesù vuol dirci che siamo popolo in cammino e tale verità comporta sobrietà e libertà nei confronti di quelle realtà che ingombrano lo spirito e rendono sedentari. Essere vigilanti non è solo attesa dell’aldilà, ma anche capacità di trasformare le cose di quaggiù: chi vigila sa cogliere le vere necessità dell’uomo.

Dal Vangelo secondo Luca 12,35-38: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

Siate pronti… - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): versetto 35: Siano cinti i vostri fianchi; si esorta alla vigilanza in attesa dell’arrivo del padrone in modo che i servi siano pronti a riceverlo degnamente ed a servirlo. L’immagine considera la tenuta che devono indossare i servi all’arrivo del loro padrone; l’espressione tuttavia può essere interpretata in due modi distinti: avere cioè le vesti strette da una cintura perché non siano svolazzanti e, così, non impediscano la libertà dei movimenti nel servizio della mensa (cf. versetto 37; Lc., 17,8); oppure: indossare la montura di servizio - noi diremmo la tenuta di gala - per accogliere degnamente il padrone al suo arrivo. Questa seconda interpretazione, oltre ad essere più fedele alla etimologia del verbo περιζζώνυμι (cingo tutto all’intorno; avvolgo intorno...), rispetta il parallelismo della frase, poiché nella seconda parte si parla di lampade accese; infatti per evitare ogni precipitazione e confusione all’arrivo del padrone - il quale potrebbe giungere anche in ore notturne - bisogna che i servi abbiano tutto pronto, specialmente le lampade.
versetto 36: A coloro che aspettano il loro padrone; i servi devono vivere nell’attesa; questo è il punto dottrinale che emerge dall’immagine. Quando torna da nozze; elemento puramente descrittivo che non allude a nessun fatto concreto (come in Lc., 14,16-24; Mt., 22,1-14); esso è ricordato per dare una giustificazione dell’assenza del padrone. Per aprirgli subito; l’immagine sconfina nell’allegoria; in verità il fatto che tutti i servi devono attendere l’arrivo del padrone per aprirgli, mentre ne basterebbe uno, costituisce un chiaro indizio che nell’immagine si nasconde una verità religiosa; i discepoli vengono avvertiti che essi devono attendere con una ininterrotta vigilanza il ritorno del loro padrone; questi tratti allegorici si riferiscono all’assenza del Figlio dell’uomo prima della parusia ed all’attesa del suo ritorno.
versetto 37: Beati quei servi...; l’intero versetto ha valore allegorico perché considera una situazione irrealizzabile nel mondo umano (cf. 17,7-9). La beatitudine, proclamata nel vers., ha unicamente un senso religioso. In verità vi dico; Luca, contrariamente alla sua abitudine, usa qui l’ebraico ἀμήν (in verità). Alla sua venuta - nella parusia - il Figlio dell’uomo preparerà ai suoi discepoli un banchetto ed egli stesso li servirà, ricompensandoli così della vigilanza e fedeltà con cui lo hanno atteso e servito (li farà mettere a tavola e passerà a servirli).
versetto 38: Alla seconda o alla terza vigilia; molto probabilmente qui l’evangelista segue la numerazione ebraica delle vigilie della notte – gli Ebrei ne contavano tre (cf. Esodo, 14,24: «vigilia del mattino»; Giudici, 7,19), invece di quella romana che ne distingueva quattro (cf. Mc., 6,48; 13,35). Tali indicazioni sono puramente descrittive, perché «il giorno e l’ora» (Mc., 13,32) della parusia è ignota a tutti.

Tenersi pronti per il ritorno del Signore - M. Didier: 1. Nei vangeli sinottici l’esortazione alla vigilanza è la raccomandazione principale che Gesù rivolge ai suoi discepoli a conclusione del discorso sui fini ultimi e sull’avvento del figlio dell’uomo (Mc 13,33-37). «Vegliate dunque, perché non sapete in qual giorno il vostro Signore verrà» (Mt 24,42). Per esprimere che il suo ritorno è imprevedibile, Gesù si serve di diversi paragoni e parabole che stanno all’origine dell’uso del verbo vegliare (astenersi dal dormire). La venuta del figlio dell’uomo sarà imprevista come quella di un ladro notturno (Mt 24,43s), come quella del padrone che rientra durante la notte senza avere preavvisato i suoi servi (Mc 13,35s). Come il padre di famiglia prudente, oppure il buon servo, il cristiano non deve lasciarsi vincere dal sonno, deve vegliare, cioè stare in guardia e tenersi pronto per accogliere il Signore. La vigilanza caratterizza quindi l’atteggiamento del discepolo che spera ed attende il ritorno di Gesù; consiste innanzitutto nell’essere sempre all’erta, e per ciò stesso esige il distacco dai piaceri e dai beni terreni (Lc 21,34ss). Poiché l’ora della parusia è imprevedibile, bisogna prendere le proprie disposizioni per il Caso che si faccia attendere: è l’insegnamento della parabola delle vergini (Mt 25,1-13).
2. Nelle prime lettere paoline, dominate dalla prospettiva escatologica, si trova l’eco dell’esortazione evangelica alla vigilanza, specialmente in 1Tess 5,1-7. «Noi non siamo della notte, né delle tenebre; non dormiamo quindi come gli altri, ma vegliamo, siamo sobri» (5,5s). Il cristiano, essendosi convertito a Dio, è «figlio della luce», quindi deve rimanere sveglio e resistere alle tenebre, simbolo del male, altrimenti corre il rischio di essere sorpreso dalla parusia. Questo atteggiamento vigilante esige la sobrietà, cioè la rinuncia agli eccessi «notturni» ed a tutto ciò che può distrarre dall’attesa del Signore; esige nello stesso tempo che si indossi l’armatura spirituale: «rivestiamoci della fede e della carità come di corazza, e della speranza della salvezza come di elmo» (5,8). In una lettera posteriore S. Paolo, temendo che i cristiani abbandonino il loro fervore primitivo, li invita a risvegliarsi, ad uscire dal loro sonno ed a prepararsi per ricevere la salvezza definitiva (Rom 13,11-14).
3. Nell’Apocalisse il messaggio che il giudice della fine dei tempi rivolge alla comunità di Sardi è una esortazione pressante alla vigilanza (3,1ss). Questa chiesa dimentica che Cristo deve ritornare; se non si risveglia, egli la sorprenderà come un ladro. Viceversa, beato «colui che veglia e conserva le sue vesti» (16,15); egli potrà partecipare al corteo trionfale del Signore.

I servi che vigilano. Il padrone di casa vigilante - Hugues Cousin (Vangelo di Luca): Gesù comincia invitando tutti i discepoli a rimanere in «tenuta di lavoro»; dopo l’ascensione, dedicandosi senza sosta alle loro funzioni che dovranno aspettare il momento di aprire al loro Signore (v. 35). Vengono allora paragonati (vv. 36-38) a dei servi il cui padrone, recatosi a nozze, può tornare in qualsiasi momento della notte; la prima parabola è così preceduta dalla sua applicazione (cosa che avviene di rado). Gesù dichiara a due riprese beati i servi che il padrone «troverà ancora svegli»: essi avranno parte alla sua tavola. Il riferimento al banchetto escatologico che Dio ha previsto per il suo popolo (cfr. Is 25,6-8) si chiarirà con 13,29 e, ancora di più, con 22,30, in cui il Cristo annuncia che i suoi mangeranno e berranno alla sua tavola nel suo regno. Per di più, la ricompensa giunge fino al capovolgimento dei ruoli: è il padrone che «prenderà un grembiule» per servirli. Anche in questo caso le parole di Gesù portano, se necessario, la luce: egli è in mezzo a loro «come uno che serve» (22,27). Per illustrare ancora il tema della vigilanza, nella seconda parabola si afferma che un padrone di casa non sa mai quando potrà essere derubato. E impossibile svegliarsi al momento giusto! L’ammaestramento che ne deriva - vigilare senza sosta - viene questa volta applicato esplicitamente ai membri della Chiesa nella loro attesa della parusia, della venuta ultima del Figlio dell’uomo. Se Gesù qui si attribuisce questo titolo e non, ad esempio, quello di Signore, è per insistere sul suo ruolo di giudice universale (cfr. 21,36) e sul carattere assolutamente imprevedibile della sua venuta (cfr. 17,23-36).

Parusia: il ritorno di Gesù - Corrado Ginami: Il termine (dal greco parousia: presenza, ritorno, visita), nel mondo ellenistico designava la visita del principe a una città o a una provincia, momento di particolare gioia e importanza, celebrato con solennità secondo uno specifico cerimoniale. Nella Bibbia il termine è utilizzato in modo particolare dall’apostolo Paolo e assume fondamentalmente un significato religioso, in riferimento al ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi (cfr. 1 Ts 2,19; 3,13; 4.15; 5,23; 1Cor 15,23) o alla manifestazione di Satana (cfr. 2 Ts 2,9); in senso profano, è relativo alla presenza o alla venuta di qualche persona (cfr. 1Cor 16, 17; 2 Cor 7,6-7; 10,10). Nelle giovani comunità cristiane - forse anche alla luce di alcuni detti di Gesù (cfr. Mc 9,1) e dell’interpretazione escatologica della risurrezione di Cristo - il ritorno del Signore era atteso come imminente. Questo creava ansioso turbamento circa la sorte di coloro che erano già morti (cfr. 1Ts 14,13-18) e induceva alcuni a una vita indisciplinata e disordinata, “senza far nulla e in continua agitazione” (2Ts 3,11), mangiando a spese degli altri senza lavorare (cfr. 2Ts 3,12). Paolo replica affermando la comunione con il Signore di tutti i “morti in Cristo” e sottolineando l’impossibilità di determinare il giorno della parusia, che verrà all’improvviso “come un ladro di notte” (1 Ts 5,2). L’apostolo inoltre, invita i cristiani a sentirsi impegnati in una perseveranza robusta e realistica (cfr. 2Ts2,15), non evadendo nell’ozio e nella continua agitazione, ma accettando la legge dell’impegno nel lavoro (cfr. 2 Ts 3,10-12).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli” (Vangelo).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Signore, questa celebrazione eucaristica,
che ci ha fatto pregustare le realtà del cielo,
ci ottenga i tuoi benefici nella vita presente
e ci confermi nella speranza dei beni futuri.
Per Cristo nostro Signore.