20 Ottobre 2019

XXIX Domenica T. O.

Es 17,8-13; Sal 120 (121); 2Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8

Colletta: O Dio, che per le mani alzate del tuo servo Mosè hai dato la vittoria al tuo popolo, guarda la Chiesa raccolta in preghiera; fa’ che il nuovo Israele cresca nel servizio del bene e vinca il male che minaccia il mondo, nell’attesa dell’ora in cui farai giustizia ai tuoi eletti, che gridano giorno e notte verso di te. Per il nostro Signore Gesù Cristo...   

I Lettura - P. A. Schenker, o.p. - R. Scognamiglio o.p.: a) Il contesto - Nel suo cammino verso il Sinai, il popolo d’Israele viene a scontrarsi per la prima volta con bande di amaleciti, beduini che tentano di impedirne il passaggio. Il momento è sommamente critico. Mosè, affidata la conduzione della battaglia a Giosuè, sale l’indomani sulla cima del colle: la vittoria finale sarà d’Israele grazie al fatto che le matti di Mosè, sostenute da Aronne e Cur, restano elevate fino al tramonto del sole. b) Il tema - In una situazione di inferiorità militare JHWH è sperimentato da Israele come salvatore, colui che è vicino al suo popolo come lo è stato al momento dell’Esodo dall’Egitto. Mentre Giosuè combatte contro gli Amaleciti, Mosè sale sul colle e vi resta tutto il giorno in atteggiamento di estenuante preghiera. La vittoria la si deve ad entrambi: ai fini di un risultato positivo il Signore esige sia la fede che l’impegno pratico da parte dei suoi eletti

Salmo: Il Signore non farà vacillare il tuo piede - Benedetto XVI (Udienza Generale, 4 Maggio 2005): Questa fiducia è illustrata nel Salmo attraverso l’immagine del custode e della sentinella, che vigilano e proteggono. Si allude anche al piede che non vacilla (cfr v. 3) nel cammino della vita e forse al pastore che nella sosta notturna veglia sul suo gregge senza addormentarsi né prendere sonno (cfr v. 4). Il pastore divino non conosce riposo nell’opera di tutela del suo popolo.
Subentra, poi, un altro simbolo, quello dell’«ombra», che suppone la ripresa del viaggio durante il giorno assolato (cfr v. 5). Il pensiero corre alla storica marcia nel deserto del Sinai, ove il Signore cammina alla testa di Israele di «giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere» (Es 13,21). Nel Salterio non di rado si prega così: «Proteggimi all’ombra delle tue ali...» (Sal 16,8; cfr Sal 90,1).
Dopo la veglia e l’ombra, ecco il terzo simbolo, quello del Signore che «sta alla destra» del suo fedele (cfr Sal 120,5). È questa la posizione del difensore sia militare che processuale: è la certezza di non essere abbandonati nel tempo della prova, dell’assalto del male, della persecuzione. A questo punto il Salmista ritorna all’idea del viaggio durante un giorno caldo nel quale Dio ci protegge dal sole incandescente.
Ma al giorno succede la notte. Nell’antichità si riteneva che anche i raggi lunari fossero nocivi, causa di febbre, o di cecità, o persino di follia; perciò il Signore ci protegge anche nella notte (cfr v. 6).
Ormai il Salmo giunge alla fine con una dichiarazione sintetica di fiducia: Dio ci custodirà con amore in ogni istante, tutelando la nostra vita da ogni male (cfr v. 7). Ogni nostra attività, riassunta nei due verbi estremi dell’«uscire» e dell’«entrare», è sempre sotto lo sguardo vigile del Signore. Lo è ogni nostro atto e tutto il nostro tempo, «da ora e per sempre» (v. 8).

II Lettura - L’apostolo Paolo sente imminenti la condanna ed il martirio, senza alcuna prospettiva di liberazione (cf. 4,6-8). Siamo dunque probabilmente durante il periodo della prigione, a Roma (ca 67 d.C). Paolo scrive questa seconda lettera a Timoteo, che era rimasto nella comunità di Efeso come suo rappresentante (cf. 1Tm 1,3). Il contenuto della missiva (che con 1Tm e Tt fa parte delle cosiddette lettere «pastorali»), è caratterizzato da raccomandazioni concernenti la direzione pastorale della comunità cristiana cui Timoteo è preposto.
Nel brano di oggi, Paolo traccia al suo discepolo Timoteo una chiara linea di condotta: fuggire gli eretici e non lasciarsi contaminare dai loro cattivi esempi; sostenersi con l’esempio ricevuto dall’apostolo, rimanere fedele all’insegnamento tradizionale e istruirsi con le Scritture. La parola di Dio è atta a correggere, cioè efficace per combattere le eresie; idonea a insegnare e a convincere, quindi per istruire le anime; per formare alla giustizia, cioè a vivere secondo Dio e a salvare. L’istruzione biblica costituisce quel bagaglio vitale dell’uomo di Dio che lo rende atto al suo compito.

Vangelo: Pregare sempre, senza stancarsi mai significa fidarsi di Dio, sempre, sia quando ci ascolta, sia quando sembra ignorarci. Ed è proprio questo messaggio che Luca intende suggerirci. Difatti non dice soltanto di pregare sempre, ma aggiunge senza stancarsi mai. Ed è bene sottolineare anche che la figura principale del racconto evangelico non è la vedova che con la sua preghiera ostinata induce il giudice a farle giustizia, ma il giudice stesso. Nella Bibbia la vedova è il simbolo della persona debole, indifesa, e  così comprendiamo che qui la vedova rappresenta i poveri che domandano giustizia, il bene che viene loro negato. La preghiera della vedova somiglia alla preghiera dei martiri di cui parla il libro dell’Apocalisse: Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue contro gli abitanti della terra? (Ap 6,10). Alla luce di tutto questo possiamo comprendere l’insegnamento della parabola: esso non va cercato nell’insistenza della vedova, ma nella prontezza di Dio nel fare giustizia ai suoi eletti.

Dal Vangelo secondo Luca 18,1-8: In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Il fine della parabola è abbastanza chiaro: Gesù vuole insegnare ai suoi discepoli la necessità di «pregare sempre, senza stancarsi mai» e di attendere con perseveranza il suo ritorno perché Egli certamente ritornerà come giudice degli uomini.
Luca ama soffermarsi sulla preghiera di Gesù: è l’orante perfetto in continua comunione di amore con il Padre. Gesù prega sopra tutto nei momenti più importanti della sua vita: è orante nelle acque del Giordano (Lc 3,21); è orante sul monte Tabor (Lc 9,28); prega prima di compiere il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Lc 9,16); prega nel Cenacolo quando istituisce l’Eucarestia (Lc 22,19-20); prega prima di consegnarsi alla sua beata Passione (Lc 22,39-46); confitto sulla croce prega per i suoi aguzzini (Lc 23,34); muore pregan­do: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).
In quella città c’era anche una vedova. La vedova fa parte degli anawim, i poveri di Dio. Spesso abbandonati alla loro sorte vengono maltrattati, vessati, derubati. Un’accusa mossa ai Farisei è proprio quella di divorare le case delle vedove (Lc 20,47) con pretestuosi e interessati consigli.
Nonostante che la legge ammonisse i giudici ad emettere giuste sentenze (Cf. Dt 16,18), nella prassi contavano molto le regalie e le influenze degli amici potenti. La sentenza iniqua che condannò Nabot alla lapidazione fu confezionata solo per soddisfare i capricci del re Acab e della regina Gezabele (Cf. 1Re 21,1-16). Anna, Caifa e compagni di congrega si serviranno di falsi testimoni per emettere la sentenza di morte che porterà sulla croce il Figlio di Dio (Cf. Mt 26,60-61).
Che il giudice sia iniquo quindi non sorprende chi ascolta la parabola, la sorpresa sta nel fatto che alla fine il giudice, pur consapevole della sua empietà e del suo disprezzo verso il prossimo, si arrenda alle suppliche della vedova. Una manovra meschina pensata unicamente per liberarsi delle noiose insistenze della donna.
Che le istanze fossero veramente insistenti a suggerirlo è il verbo che Luca usa: hypopiazo, alla lettera «sbattere sotto gli occhi».
Nel commentare la parabola, Gesù mette in evidenza il punto focale del racconto: se quel giudice disonesto e crudele accondiscese ad aiutare una povera vedova unicamente per togliersela di torno, come potrebbe Dio, buono, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), non aiutare i suoi eletti che si rivolgono a lui «giorno e notte» con grande fede? Un’altra grande differenza tra i due attori principali della parabola sta nel loro intervenire: il giudice per la sua iniquità ha obbligato la vedova ad attendere penosamente la sentenza, Dio che è buono (Cf. Lc 18,19) invece interverrà prontamente.
Rifacendoci sempre alla lingua greca, l’espressione corrispondente all’avverbio prontamente può significare sia la prontezza di Dio, sia improvvisamente, di sorpresa: in tal caso il monito che Gesù rivolge al suo uditorio - Dio farà loro giustizia prontamente - assume una valenza preziosissima: è un’incitazione all’attesa e alla vigilanza escatologica: «Sì, vieni presto, Gesù!» (Cf. Ap 22,20).
Se vale quest’ultima lettura, allora si comprende nel suo significato più genuino la domanda di Gesù «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Negli ultimi tempi la fede avrà vita difficile, ma sarà salvato chi vigila nella preghiera con spirito pentito e umile.

La preghiera del discepolo - P. Luigi Fontana: 1) La chiesa di Luca, sottoposta a persecuzioni e sofferenze, invoca il Signore. Da una parte il Signore è fedele alla promessa di aiuto: «Ora Dio non renderà giustizia ai suoi eletti che lo invocano giorno e notte, anche se li fa attendere?» (Lc 18,7). Dall’altra è evidente l’attesa. Dio ritarda l’intervento liberatore per dare spazio alla conversione e al pentimento. Nel frattempo il fedele deve prepararsi alla venuta del Figlio dell’uomo accettando la prova con rassegnazione e con fede nella liberazione definitiva. Questo deve essere l’atteggiamento fondamentale del discepolo.
2) «Pregate per non cadere in tentazione» (Lc 22,40). L’invito di Gesù è quello di usare la preghiera come mezzo per restare fermi nel proposito di fare la volontà del Padre celeste.
3) Pregare per fare silenzio per ascoltare Dio. Manifestare a Dio i nostri desideri, le nostre richieste, i nostri progetti, è un confrontarli con la volontà di Dio per controllarne la validità, la liceità, la legittimità.
4) Pregare non è imporre a Dio la nostra volontà. La preghiera esemplare è quella di Gesù nel Getsemani: «Padre se vuoi allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia volontà ma la tua!». Il cristiano più che piegare Dio ai propri desideri, vuole ottenere la grazia di conformare la propria volontà a quella del Signore. Dio solo sa ciò che è veramente nostro bene.
Anche «la preghiera di domanda, quando è autentica, è sorgente di impegno per cominciare a fare quello che chiediamo. Pregare per la pace spinge a cominciare ad impegnarci per la pace; pregare perché cessino le sofferenze, spinge ad aiutare chi soffre... Per questo non deresponsabilizza mai l’uomo, anzi lo responsabilizza maggiormente» (Centro catechistico salesiano, Messale dell’assemblea festiva, pp. 1191). Anche la preghiera di domanda può riconfermarci nel proposito di compiere la volontà del Padre.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “La parabola termina con una domanda: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (v. 8). E con questa domanda siamo tutti messi in guardia: non dobbiamo desistere dalla preghiera anche se non è corrisposta. È la preghiera che conserva la fede, senza di essa la fede vacilla! Chiediamo al Signore una fede che si fa preghiera incessante, perseverante, come quella della vedova della parabola, una fede che si nutre del desiderio della sua venuta. E nella preghiera sperimentiamo la compassione di Dio, che come un Padre viene incontro ai suoi figli pieno di amore misericordioso” (Papa Francesco).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Signore, questa celebrazione eucaristica,
che ci ha fatto pregustare le realtà del cielo,
ci ottenga i tuoi benefici nella vita presente
e ci confermi nella speranza dei beni futuri.
Per Cristo nostro Signore.