19 Ottobre 2019


Sabato XXVIII Settimana T. O.

Rm 4,13.16-18; Salmo Responsoriale 104 (105); Lc 12,8-12

Colletta: Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, Signore, perché sorretti dal tuo paterno aiuto, non ci stanchiamo mai di operare il bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Tre note, la prima, o con Cristo o contro Cristo, non vi sono altre possibilità di scelta. Dinanzi a Cristo non si può essere neutrali, l’uomo deve scegliere, da qui le conseguenze: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. In verità si può essere neutrali, “tiepidi”, ma il fio da pagare è spaventoso: “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3,15-16).
La seconda nota, chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato. L’uomo che deliberatamente non accoglie Cristo si pone coscientemente fuori dalla salvezza. La terza nota è il dono dello Spirito Santo e la sua assistenza in ogni circostanza della vita, anche in quella più drammatica. In questo modo è esposto un cammino: l’uomo che accoglie il Cristo riceve in dono lo Spirito Santo che lo guiderà a tutta la verità (Gv 16,3).

Dal Vangelo secondo Luca 12,8-12: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato. Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli - Angelico Poppi (Sinossi e Commento Esegetico-Spirituale dei Quattro Vangeli): vv. 8-9 Viene qui ripreso il motivo iniziale (vv. 2-3) della proclamazione coraggiosa del Vangelo. La sorte nel giudizio finale dipenderà dalla fedeltà a Cristo anche nelle persecuzioni. Gesù, quale “Figlio dell’uomo”, sarà avvocato difensore dei giusti nell’assise giudiziaria finale dinanzi alla corte celeste degli angeli di Dio. Nel testo di Luca sembra che il potere decisionale spetti al Padre, che rinnegherà (in greco è al passivo i coloro che hanno rinnegato il Figlio dell’uomo. Invece, in Matteo si legge “anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio”.
Il peccato contro lo Spirito Santo (12,10-12): Luca inserisce a questo punto il lógion sul peccato irremissibile. Nel contesto di Matteo e Marco la prima parte della pericope è connessa con l’episodio della disputa tra Gesù e i farisei, quando lo calunniarono di scacciare i demoni in virtù di Beelzebul; nel presente contesto lucano il detto si riferisce al tempo postpasquale, contrassegnato dall’azione dello Spirito nella Chiesa, come Le sottolinea spesso negli Atti.
v. 10 Nel tempo del Gesù storico era comprensibile un atteggiamento di perplessità nei suoi confronti. Infatti, l’umiltà con cui esercitava il ministero, poteva suscitare dubbi sulla sua messianicità. Ma dopo l’evento pasquale della risurrezione e l’effusione pentecostale dello Spirito, il rifiuto del Vangelo diventava una colpa inescusabile, che escludeva dalla salvezza. [vv. 11-12] Questo detto d’incoraggiamento è connesso a quello precedente con il riferimento allo “Spirito Santo”. Egli assisterà i missionari del Vangelo in tempo di persecuzione, in modo che possano confessare il Vangelo dinanzi ai tribunali giudei e pagani con coraggio e senza cedimenti. L’apostasia da Cristo, anche in situazioni difficili, avrebbe costituito un peccato contro lo Spirito Santo, una colpa irremissibile. Il passo parallelo di Marco (13,11) nel contesto del discorso escatologico, è rapportato alle prove previste per la fine dei tempi, prima del giudizio finale. Luca e Matteo (10,19), in dipendenza dalla fonte Q. collegano la sentenza con la missione della Chiesa, ostacolata e perseguitata dagli avversari, come appare dall’accenno a comparizioni giudiziarie nelle sinagoghe e davanti ai governanti e magistrati pagani. Il detto implica una parola di consolazione e una promessa; Luca (21,14-15) ne propone un doppione nel contesto marciano del discorso escatologico, in riferimento alle tribolazioni previste per la fine dei tempi.

Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato - Gianfranco Ravasi (Secondo le Scritture): Perché tutte le bestemmie verranno perdonate, mentre quella contro lo Spirito Santo «non avrà perdono in eterno»? La risposta è proprio nella spiegazione aggiunta da Marco: «Poiché dicevano: E posseduto di spirito immondo». Diversamente da certe teorie giudaiche del suo tempo sull’impossibilità di remissione di certi peccati, Gesù è venuto ad annunziare il perdono assoluto di Dio egli dichiara spesso di non essere venuto a condannare ma a perdonare e tutte le miserie, vergogne e abiezioni dell’uomo non lo fermano in sua questa sua missione.
C’è, però, una barriera che non è in Dio e nel suo desiderio di perdono, bensì nell’uomo e nella sua ostinazioni Quando tu vedi il bene operato da Gesù, la liberazione dal male da lui offerta, lo Spirito di salvezza che egli effondi nei cuori e nella carne degli uomini e per motivi egoistici, di interesse, di tutela del tuo potere o di gelosia chiami tutto questo male e frutto di operazione diabolica, tu «bestemmi contro lo Spirito». E una cecità voluta e cosciente, è uni menzogna convinta e professata, è un’ostinazione nel male pur sapendo che esso è male. Chi giunge a questo livello di odio e di falsità ha già sigillato il suo destino e la sua condanna. Già Isaia aveva riservato una maledizione a coloro che «chiamano bene il male e male il bene, che cambiano la tenebra in luce e la luce in tenebra, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro» (5,20).

La bestemmia - R. Deville: Ogni ingiuria rivolta ad un uomo merita di essere punita (Mt 5,22). Quanto più la bestemmia, insulto fatto a Dio stesso! Essa è il contrario dell’adorazione e della lode che l’uomo deve a Dio, è il segno per eccellenza dell’empietà umana.
Antico Testamento -  La presenza di un solo bestemmiatore nel popolo di Dio è sufficiente per contaminare tutta la comunità. Perciò la legge dice: «Chiunque bestemmia il nome di Jahve, morirà, tutta la comunità lo lapiderà» (Lev 24,16; cfr. Es 20,7; 22,27; 1Re 21,13). Più sovente la bestemmia si trova sulle labbra dei pagani, i quali insultano il Dio vivente quando assalgono il suo popolo: un Sennacherib (2Re 19,4ss.16.22; Tob 1,18), un Antioco Epifane (2Mac 8,4; 9 28; 10,34; Dan 7,8.25; 11,36), cui si ispira senza dubbio il ritratto di Nabuchodonosor nel libro di Giuditta (9,7 s). Così pure gli Edomiti che plaudono alla rovina di Gerusalemme (Ez 35,12s) ed i pagani che insultano l’unto di Jahve (Sai 89,51s). A costoro Dio si riserva di applicare egli stesso il castigo meritato: Sennacherib cadrà di spada (2Re 19,7.28.37) come Antioco, la bestia satanica (Dan 7,26; 11,45; cfr. 2Mac 9), ed il paese di Edom sarà ridotto a deserto (Ez 35,14s). D’altronde il popolo di Dio deve guardarsi dal provocare egli stesso le bestemmie dei pagani (Ez 36,20; Is 52,5), perché Dio farebbe vendetta di questa profanazione del suo nome.
Nuovo Testamento 1. Lo stesso dramma si intreccia nel Nuovo Testamento attorno alla persona di Gesù. Egli, che onora il Padre, è accusato dei Giudei di bestemmia, perché si dice Figlio di Dio (Gv 8,49.59; 10,31-36), e proprio per questo sarà condannato a morte (Mc 14,64 par.; Gv 19,7). In realtà, questo stesso accecamento porta a consumazione il peccato dei Giudei, perché disonorano il Figlio (Gv 8,49) e, sulla croce, lo caricano di bestemmie (Mc 15,29 par.). Se non fosse che un errore sull’identità del figlio dell’uomo, sarebbe un peccato remissibile (Mt 12,32) dovuto ad ignoranza (Lc 23,34; Atti 3,17; 13,27). Ma è un disconoscimento più grave, perché i nemici di Gesù attribuiscono a Satana i segni che egli compie per mezzo dello Spirito di Dio (Mt 12,24.28 par.): c’è dunque bestemmia contro lo Spirito, che non può essere rimessa né in questo mondo, né nell’altro (Mt 12,31s par.), perché è un rifiuto volontario della rivelazione divina.
2. Il dramma continua ora attorno alla Chiesa di Gesù Cristo. Paolo era un bestemmiatore quando la perseguitava (1Tim 1,13); quando poi predica il nome di Gesù, i Giudei gli si oppongono con bestemmie (Atti 13,45; 18,6). La loro opposizione conserva quindi lo stesso carattere del Calvario. Vi si unisce ben presto l’ostilità dell’impero romano persecutore, nuova manifestazione della bestia dalla bocca piena di bestemmie (Apoc 13,1-6), nuova Babilonia adorna di titoli blasfemi (Apoc 17,3). Infine i falsi dottori, maestri di errore, introducono la bestemmia fin tra i fedeli (2Tm 3,2; 2Piet 2,2.10.12), tanto che talora diventa necessario consegnarli a Satana (1Tim 1,20). Le bestemmie degli uomini contro Dio vanno così verso un parossismo che coinciderà con la crisi finale, nonostante i segni annunziatori del giudizio divino (Apoc 16,9.11- 21). Di fronte a questa situazione, i cristiani non seguiranno l’esempio dei Giudei infedeli «a motivo dei quali il nome di Dio è bestemmiato» (Rom 2, 24). Eviteranno tutto ciò che provocherebbe gli insulti dei pagani contro Dio o contro la sua parola (1Tim 6,1; Tit 2,5). La loro buona condotta deve portare gli uomini a «glorificare il Padre che è nei cieli» (Mt 5,16).

… lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire - Gottfried Hierzenberger: [...] nel Nuovo Testamento ovunque le affermazioni sullo spirito sono messe in rapporto con Gesù Cristo. Dal miracoloso concepimento (Lc 1,35; nascita verginale), attraverso la “consacrazione in Spirito Santo e potenza” al battesimo di Giovanni al Giordano (At 10,38) e l’operare di Gesù “nello Spirito Santo di Dio” (Lc 10,21) fino alla sua sofferenza redentrice (Eb 9,14), la vita di Gesù sta nel campo d’azione dello Spirito; egli non può esser compreso se non come l’uomo che in maniera unica visse nel possesso pieno e continuo dello Spirito. La concezione veterotestamentaria dello spirito si presentava spontaneamente come strumento ermeneutico adatto per la comprensione della personalità di Gesù di Nazaret in tutte le sue dimensioni. Da quando i discepoli professarono Gesù come il proprio Signore risorto, quello di Spirito divenne una delle terminologie più importanti per esprimere l’unicità di Gesù e del suo operare. Nello Spirito del Signore s’incontra Dio stesso come principio trasformatore, come amore, come appello alla decisione e alla conversione. Nella chiesa primitiva lo Spirito Santo diviene espressione della straordinaria dinamica che si avvertiva ovunque nell’ambito dell’evangelo e che determinò l’intera vita dei discepoli. Chi riconosce il mondo come creazione, vede in Gesù Cristo il modello della figura piena, escatologica dell’uomo, accetta colmo di gioia e senso di gratitudine l’offerta del suo Spirito e sa di essere per mezzo suo indissolubilmente unito a Dio: “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rm 8,16). In questo Spirito egli sa anche di essere responsabile per il mondo: “La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio” (Rm 8,19). Tutto il mondo può esser chiamato in questo senso “dimora di Dio per mezzo dello Spirito” (Ef 2,22). Lo Spirito di Dio opera sullo spirito umano, vale a dire, non è possibile immaginare la sua opera in maniera magica, ma occorre partire da un’antropologia che vede l’uomo sempre nel possesso della propria libertà. Lo Spirito di Dio è sempre ciò che viene in più, ciò che viene offerto, ciò che è possibile - mai qualcosa di fruibile, mai un possesso. L’espressione Spirito Santo, che specie negli ultimi libri del Nuovo Testamento ricorre sempre più sovente, significa una personificazione dell’esperienza della forza divina, vuole rivolgersi all’elemento personale dell’uomo, non è però ancora inteso ontologicamente nel senso attribuitogli dalla successiva dottrina della Trinità.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Padre santo e misericordioso,
che ci hai nutriti con il corpo e il sangue del tuo Figlio,
per questa partecipazione al suo sacrificio
donaci di comunicare alla sua stessa vita.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.