15 Ottobre 2019
Martedì XXVIII Settimana T. O.
Santa Teresa di Gesù, Vergine e Dottore della Chiesa - Memoria
Rm 1,16-25; Salmo Responsoriale 18 (19); Lc 11,37-41
Dal Martirologio: Memoria di santa Teresa di Gesù, vergine e dottore della Chiesa: entrata ad Ávila in Spagna nell’Ordine Carmelitano e divenuta madre e maestra di una assai stretta osservanza, dispose nel suo cuore un percorso di perfezionamento spirituale sotto l’aspetto di una ascesa per gradi dell’anima a Dio; per la riforma del suo Ordine sostenne molte tribolazioni, che superò sempre con invitto animo; scrisse anche libri pervasi di alta dottrina e carichi della sua profonda esperienza.
Colletta: O Padre, che per mezzo del tuo Spirito hai suscitato nella Chiesa santa Teresa di Gesù per indicare una via nuova nella ricerca della perfezione, concedi a noi, tuoi fedeli, di nutrirci spiritualmente della sua dottrina e di essere infiammati da un vivo desiderio di santità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Non tutti i farisei erano ostili Gesù, possiamo pensare a Nicodemo il visitatore notturno (Gv 3,1ss), e l’invito a pranzo che il Vangelo di Luca ricorda sottolinea proprio questo amichevole approccio, non dimenticando che quando predicato da Gesù, era ritenuto ortodosso in quanto rientrava nei canoni dottrinali accettati e insegnati dai Farisei. Ma si deve aggiungere che viene celato il fine dell’invito, se per pura amicizia, o se per meglio avere l’“avversario” a portata di mano, e quindi avere una sua conoscenza di prima mano. Ma farisei si è e farisei si rimane, anche con tutte le buone intenzioni, e così quando Gesù si mette a tavola il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. La meraviglia non è livore, è semplicemente sorpresa e permette a Gesù di dare al pio osservante una buona lezione, che può essere divisa in due parti, con una breve conclusione. La prima parte mette a nudo l’ipocrisia dei farisei con la quale celavano la loro avidità e la loro cattiveria: Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Naturalmente non tutti erano ipocriti, alcuni sinceramente cercavano nella scritture la verità e la volontà di Dio, e Gesù in più occasioni loda tale amore verso la Parola di Dio. La seconda parte mette in evidenza la stoltezza delle guide spirituali del popolo d’Israele. Ma più che stoltezza dovremmo parlare di incoerenza di dottrina. Di fatto sapevano che l’uomo era uscito dalle mani del Creatore, ed era chiaro che bisognava attenzionare più la purità delle intenzioni che la purità del corpo: Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Come dire che a Dio interessava di più un cuore puro, scevro da ogni forma di avidità e di cattiveria piuttosto che la pulitura di bicchieri o di stoviglie. Una tentazione strisciante, ancora oggi, assai presente anche nella Chiesa. Gesù, in questo rimprovero si conforma alla predicazione dei profeti: “Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova” (Is 1,15-17)
Con la conclusione Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro, Gesù vuol suggerire al suo interlocutore che a “una luminosità esteriore” bisogna contrapporre “la luce del dono e della misericordia che viene dal di «dentro»” (Silvano Fausti).
Dal Vangelo secondo Luca 11,29-32: In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
Un fariseo lo invitò a pranzo - Hugues Cousin (Vangelo di Luca): Ecco Gesù invitato a pranzo da un fariseo. Come in 7,36ss e 14,1ss, si tratta di un’occasione per mostrare che con lui la situazione cambia. In questo quadro narrativo (vv. 37-38; vv. 53-54), egli rivolge anzitutto dei rimproveri ai farisei (vv. 39-44), poi, dopo l’intervento di un dottore della legge, prosegue la sua critica rivolgendola agli scribi (vv. 45-52). Per questi due gruppi, l’intervento del Maestro rientra nel genere letterario dei «Guai!», già incontrato in 10,13 a proposito delle città sulla riva del lago e soprattutto in 6,24-26 nell’antitesi delle beatitudini. Il punto di partenza è il comportamento di Gesù. Non facendo l’abluzione rituale delle mani (cfr. anche Mc 7,1-5) egli trascura una pratica prescritta dalla tradizione. Per i farisei non è un problema di igiene, in senso moderno; si tratta di un rimedio religioso alle impurità rituali, a diversi tipi di contaminazione, in un certo senso contagiose. Gesù, d’altronde, non ha appena avuto contatti con un indemoniato ( 11,14) e con la folla (11,29)?
È su questo problema di purità che il Signore apre il suo intervento (vv. 39-41). Il titolo che Luca attribuisce a Gesù all’inizio di questa requisitoria rivela la sua autorità dottrinale su un argomento che resta scottante nel cristianesimo primitivo. Il rimprovero gioca sull’antitesi «esterno/interno» e procede così dalla pratica rituale al comportamento morale. Alla cura per il rito esterno e materiale - si è passati dall’abluzione delle mani a quella degli utensili - Gesù oppone il fatto che i farisei sono incuranti dell’impurità («furti e cattiverie») che è dentro di loro. Tuttavia un vasaio foggia contemporaneamente l’esterno e l’interno di una brocca; il Creatore è preoccupato dell’interno della persona umana almeno quanto del suo esterno. Infine - ed è un elemento decisamente tipico di Luca - il Cristo afferma che l’elemosina sostituisce tutte le norme di purità; per chi dona ai poveri, tutto è puro. Egli trasferisce nel campo della purità rituale l’affermazione di Tobia: «L’elemosina... purifica da ogni peccato» (Tb 12,9). Il credente del XX secolo, d’ora in poi, non deve far altro che ascoltare ciò che lo Spirito del Cristo dice alle Chiese: l’elemosina assume ormai le molteplici forme attuali della solidarietà.
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo - Carlo Ghidelli (Luca): un fariseo lo invitò a pranzo... si meravigliò: Gesù accettava volentieri inviti a pranzo (cfr 7,36; 14,1), ma in questo caso non si sottomette alle prescrizioni legalistiche dei Giudei, quali le abluzioni, per far nascere la questione alla quale vuol rispondere. I giudei annettevano grande importanza alle abluzioni (cfr Mc 7,3s), ma Gesù le rifiuta (cfr Mt 15,20) e pure i suoi discepoli non le praticano (Mt 15,2; Mc 7,2-5).
Ma il Signore gli disse: - leggendo nel cuore dell’ospite Gesù si indigna di fronte ad un capovolgimento così radicale e così abnorme: ciò che dovrebbe essere solo un segno viene assolutizzato a scapito della realtà stessa. In altri termini, la minuziosità e la scrupolosità nell’osservanza delle prescrizioni della legge minaccia di compromettere l’impegno nella ricerca della purezza interiore. Gesù dunque si scaglia contro il formalismo farisaico e gli oppone la religione del cuore (cfr 6,45; 10,27; 12,34; 16,15; 21,34; 24,25). Il v. 40 è esclusivo di Luca e ribadisce che bisogna preoccuparsi di tutto quello che Dio ha creato, dell’esterno e dell’interno, la parte visibile e tangibile della nostra esperienza e la parte intima e profonda della nostra vita. Dio non può accontentarsi delle pratiche esteriori, però egli ama vedere impegnato tutto l’uomo nei confronti del Vangelo.
Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro...: l’accenno all’elemosina ce l’ha solo Luca. Lo sappiamo, è
un tema caro a Luca (cfr 12,33; 16,9; 19,8; At 9,36; 10, 2.4.31; 11,29; 24,17 e, in parallelo con Matteo e Marco, anche 6,30; 18,22; 21,1-4). Questo versetto è uno dei più difficili di tutto il vangelo lucano; d’altra parte, dalla sua interpretazione dipende anche il concetto di purezza interiore. L’espressione greca ta enonta può significare quello che c’è dentro, oppure quello che possedete, o infine, come nella Volgata quello che avanza. I significati qui possibili però sembrano soltanto due: - date in elemosina i frutti delle vostre ingiustizie (cfr Lc 16,9) e solo allora tutto sarà puro in voi; - oppure: date in elemosina ciò che possedete, impegnatevi cioè nel precetto della carità, e solo allora potrete dire di aver agito secondo la legge. In ambedue i casi è sempre il comandamento dell’amore (cfr 6,27-36; 10,29-37) che viene ribadito da Gesù e questo amore, per Luca specialmente, esige di tradursi in opere di misericordia.
Nei vangeli i farisei sono spesso ricordati come ipocriti, un epiteto che naturalmente non fa onore a coloro che si reputavano di essere i maestri e le guide spirituali del popolo d’Israele. L’ipocrita guarda la pagliuzza nell’occhio del fratello nonostante la trave presente nel proprio occhio (Mt 7,5). I farisei venivano tacciati con questo epiteto poiché si permettevano giudicare il prossimo partendo dalla loro presunta perfezione. Per questo Gesù stigmatizza come ipocrisia la comprensione che i farisei (cfr. Mc 7,6) avevano di sé. Avevano, come ci ricorda il Vangelo di Luca, l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri (Lc 18,9).
I farisei concepivano la vera pietà come adempimento della Legge veterotestamentaria, e da questa osservanza pretendevano la salvezza. Una idea malsana perché credevano a un Dio obbligato a dare loro come debitore la salvezza e ogni bene temporale. Ma in verità era impossibile osservare tutta la legge così come l’avevano ulteriormente imbastita e di norme e leggine umane. E in fondo, Gesù con la sua critica alle norme sclerotizzate della Legge, vuole smascherare proprio l’incompletezza dell’ubbidienza alla Legge. I farisei si attengono per esempio alle minuziose prescrizioni delle abluzioni, al tempo stesso però permettono di sottrarre ai genitori il sostentamento vitale necessario, qualora si renda il tesoro del tempio erede dei propri beni (Mc 7,1ss), o rimproverano Gesù che guarisce nel giorno di sabato, pur essendo loro stessi trasgressori del sabato se in quel giorno c’era da salvare una capra caduta in un dirupo. L’ipocrisia, lebbra della anima, minaccerà anche la comunità primitiva. In Antiochia Pietro diventa un ipocrita perché su pressione dei giudeocristiani rompe la comunione di mensa con gli etnicocristiani incirconcisi, ponendo un’usanza giudaica, la circoncisione, al di sopra del comandamento divino dell’amore (Gal 2,13). Corretto dall’apostolo Paolo Pietro si emenderà e più tardi, forse memore di questa correzione, scriverà ai cristiani di allontanare ogni genere di cattiveria e di frode, ipocrisie, gelosie e ogni maldicenza, e di vivere semplici come un neonati, consapevoli che l’ipocrisia li attende al varco (1Pt 2,1s) e li porterebbe a cadere nell’apostasia (1Tim 4,2).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Se vogliamo far prosperare i nostri interessi spirituali e materiali, procuriamo anzitutto di far prosperare gli interessi di Dio; e promuoviamo il bene spirituale e morale del nostro prossimo col mezzo dell’elemosina” (San Giovanni Bosco).
Nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Signore Dio nostro,
che ci hai nutriti con il corpo e sangue del tuo Figlio,
fa’ che sull’esempio di santa Teresa
questa famiglia a te consacrata
canti in eterno il tuo amore misericordioso.
Per Cristo nostro Signore.
che ci hai nutriti con il corpo e sangue del tuo Figlio,
fa’ che sull’esempio di santa Teresa
questa famiglia a te consacrata
canti in eterno il tuo amore misericordioso.
Per Cristo nostro Signore.