27 Settembre 2019
Venerdì XXV Settimana T. O.
S. VINCENZO DE’ PAOLI – SACERDOTE, MEMORIA
Ag 1,15b-2,9; Sal 42 (43); Lc 9,18-22
Dal Martirologio: Memoria di san Vincenzo de’ Paoli, sacerdote, che, pieno di spirito sacerdotale, a Parigi si dedicò alla cura dei poveri, riconoscendo nel volto di ogni sofferente quello del suo Signore e fondò la Congregazione della Missione, nonché, con la collaborazione di santa Luisa de Marillac, la Congregazione delle Figlie della Carità, per provvedere al ripristino dello stile di vita proprio della Chiesa delle origini, per formare santamente il clero e per assistere i poveri.
Colletta: O Dio, che per il servizio dei poveri e la formazione dei tuoi ministri hai donato al tuo sacerdote san Vincenzo de’ Paoli lo spirito degli Apostoli, fa’ che, animati dallo stesso fervore, amiamo ciò che egli ha amato e mettiamo in pratica i suoi insegnamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Le folle, chi dicono che io sia? Le risposte date dagli Apostoli sono le stesse che fermentavano nella testa del re Erode. Qui abbiamo la risposta giusta, ed è data da Pietro: Il Cristo di Dio. Non possiamo sapere che conoscenza avesse Pietro di questa risposta, ma è certo che il mistero di Gesù si va pian piano svelando, e non segue il sentire comune. Tutt’altro, seguirà un cammino avverso alla mentalità degli uomini, e degli stessi Apostoli: Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Due elementi in questa profezia che saranno svelati al momento opportuno e in due luoghi gravidi di morte: sul monte Calvario dove Gesù morirà crocifisso, e in un giardino dove una tomba non potrà trattenere nei legami della morte il Vivente, Colui che è risorto il terzo giorno.
Dal Vangelo secondo Luca 9,18-22: Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Si trovavano con lui i discepoli; l’importante episodio della confessione di Pietro, che nel vangelo di Marco è posto in notevole rilievo e segna una tappa decisiva nella vita pubblica di Gesù, in quello di Luca invece è introdotto con un’espressione incolore che non offre delle informazioni utili per ben inquadrarlo; anzi senza l’aiuto dei testi paralleli il lettore pensa che la scena sia avvenuta nelle vicinanze di Bethsaida (cf. Lc., 9,10), mentre il fatto in realtà si è svolto nei pressi di Cesarea di Filippo. Si è già osservato che Luca non ha interesse per le indicazioni geografiche; egli tuttavia ha taciuto il nome della regione per rispettare l’unità di luogo per la parte del suo vangelo che tratta del ministero galilaico di Gesù. L’evangelista ha questo rilievo personale: «mentre stava a pregare in disparte», che ricorre più volte nel suo scritto (cf. 3,21; 5,16; 6,12) e che non sembra avere un significato determinante per lo svolgimento del fatto. Probabilmente la notizia dell’evangelista richiama quella di Marco, 6,46-47.
Ma voi, chi dite che io sia: Pietro, facendosi portavoce dei discepoli, con la sua professione di fede viene a dare una risposta esauriente e definitiva alla domanda cruciale posta contemporaneamente da Gesù e dal tetrarca di Galilea: «il Cristo di Dio». La professione di fede di Pietro è presente sia in Matteo (16,13-20) che in Marco (8,27-30), ma con sfumature diverse.
«Pietro riconosce Gesù come “il Cristo di Dio”: si ha una definizione della messianicità [”Cristo” è la traduzione greca dell’ebraico “Messia”, cioè “consacrato”] di Gesù, con una forza maggiore rispetto a Marco che ha solo “il Cristo”, ma con una gradazione minore rispetto a Matteo, che già parla di “Figlio del Dio vivente”. Le diversità tra i vangeli si spiegano tenendo conto che le parole di Pietro esprimono la fede di tutti i credenti: in esse si riflettono le formule usate per la professione di fede nelle comunità degli evangelisti» (La Bibbia, Via Verità e Vita, San Paolo). Ma al di là delle diversità, la confessione di Pietro riferita da Luca è di grande importanza e segna una svolta decisiva nella vita terrena di Gesù: mentre «la folla si smarrisce nei suoi pensieri sul conto di lui allontanandosene sempre di più, i suoi discepoli riconoscono per la prima volta in maniera esplicita che egli è il Messia (Cf. Lc 2,26). Ormai Gesù dedica i suoi sforzi a formare questo piccolo nucleo dei primi credenti e a purificare la loro fede» (Bibbia di Gerusalemme).
Gesù accoglie la risposta di Pietro: non rifiuta il titolo di Messia, ingiunge ai discepoli di non parlarne alla gente per evitare ogni equivoco intorno alla sua Persona e annuncia apertamente, per la prima volta, la sua passione, forse per correggere errate conclusioni degli stessi discepoli. Una virata a trecentosessanta gradi. Il Messia non salverà il suo popolo fomentando rivoluzioni o arruolando combattenti ben agguerriti, ma con la sua passione, morte e risurrezione.
Il Figlio dell’uomo..., è spesso usato nel Nuovo Testamento e Gesù amava riferirlo a stesso, «ora per descrivere le sue umiliazioni (Mt 8,20; 11,19; 20,28), soprattutto quelle della passione (Mt 17,22, ecc.), ora per annunziare il suo trionfo escatologico della risurrezione (Mt 17,9), del ritorno glorioso (Mt 24,30) e del giudizio (Mt 25,31). Questo titolo infatti, di sapore aramaico e che in origine significa «uomo» (Ez 2,1), per l’originalità della locuzione attirava l’attenzione sull’umiltà della sua condizione umana; ma nello stesso tempo, applicato da Dn 7,13 e in seguito dall’apocalittica giudaica (Enoch) al personaggio trascendente, d’origine celeste, che riceve da Dio il regno escatologico, esso suggeriva, in maniera misteriosa ma sufficientemente chiara (Cf. Mc 1,34; Mt 13,13), il carattere del suo messianismo» (Bibbia di Gerusalemme).
Il messianismo di Gesù passerà attraverso la sofferenza, il rifiuto da parte dei sinedriti, le guide spirituale del popolo eletto, l’agonia dell’Orto, il dolore dei chiodi, la morte cruenta sulla Croce. Queste parole di Gesù sono da paragonare ad un annuncio sconvolgente sopra tutto perché precedute da quel deve che doveva suonare nel cuore dei discepoli al pari di una bestemmia. Lo attesta otre tutto il rimprovero che Pietro muove a Gesù, così come è riferito dall’evangelista Matteo (16,22).
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno - Hugues Cousin (Vangelo di Luca): Pietro è il primo a confessare Gesù come «Il Cristo di Dio» e, poiché seguirà l’ordine del silenzio, è solo nel discorso di Pentecoste che il portavoce dei Dodici lo proclamerà di nuovo (At 2,31.36.38). Senza rifiutare questo titolo che corrisponde a verità, Gesù impone il silenzio (v. 21) e integra la confessione con una necessaria precisazione (v. 22). Egli difatti rifiuta i tratti caratteristici del messianismo reale davidico, soprattutto il suo particolarismo e il suo imperialismo nazionalista. Un testo farisaico redatto circa ottant’anni prima, il Salmo di Salomone 17, descrive il Messia che scaccia l’immigrato e lo straniero dalla terra santa per bandirne ogni sozzura e che governa tutte le nazioni della terra a partire da Gerusalemme... Tutti elementi assenti nella predicazione della buona novella del regno! Gesù opera quindi una modifica sostanziale annunciando la sua passione e risurrezione, designandosi ancora, per la quinta volta, come «il Figlio dell’uomo». Il suo messianismo passa attraverso la sofferenza, il rifiuto da parte delle autorità giudaiche (i tre gruppi che costituiscono il grande sinedrio), l’uccisione... Ma Dio gli renderà giustizia facendolo risorgere il terzo giorno. I quattro verbi che indicano l’itinerario pasquale di Gesù sono introdotti da «è necessario»: quello che Gesù rivela ai discepoli, è il piano divino della salvezza che egli assume nella sua pienezza. Diversamente da quanto avviene in Mc 8,32-33, qui non vi è alcuna reazione dei discepoli; Pietro non rivolge nessun rimprovero a Gesù: ciò è tipico di Luca, a cui non piace mettere in rilievo le debolezze dei Dodici. Questo silenzio permette di trarre immediatamente le conseguenze di una tale cristologia per la vita concreta di chi vuole essere discepolo.
Chi dite che io sia? (vv. 18-27) - Rosanna Virgili (Vangelo secondo Luca): Comincia un nuovo giorno. Deve essere un giorno importante visto che Gesù lo apre con la preghiera (v. 18a) che condivide con i suoi discepoli. Anche per loro è un giorno decisivo, poiché dovranno affrontare una grande prova sugli insegnamenti sinora ricevuti. Due sono le domande che il Maestro rivolge loro: una piuttosto facile, l’altra molto difficile intorno alla sua identità. Vuole sapere se hanno capito chi egli sia. Le folle vedono in Gesù un profeta. Alcuni Giovanni Battista, altri Elia, profeti di cui si pensava che non fossero morti. Sull’identificazione con Giovanni Battista la gente risponde come pensava Erode. Tutto sommato, però, non se la cava male. Guadagnare il titolo di profeta non era poco presso i giudei. Ed Elia era considerato il secondo grande profeta dopo Mosè. Le folle, insomma, amano e stimano Gesù. «Ma voi, chi dite che io sia?». Il “voi” mette i discepoli vis à vis con Gesù, come lo era il popolo di Israele al tempo dell’Esodo, nel libro del Deuteronomio (cf Dt 5-6: il discorso è rivolto a un “tu”, od a un “voi”). «Voi non siete come le folle», fa capire Gesù. «Voi siete stati scelti, seguiti, educati, di voi ho avuto massima cura. Vi sono stato vicino in ogni momento dal giorno in cui salii sulla barca di Pietro per dargli una pesca miracolosa. Davanti ai vostri occhi ho liberato gli uomini dal male e guarito i malati e vi ho reso capaci di fare altrettanto. Insieme abbiamo dato pane ai cinquemila affamati, facendo sbocciare il miracolo dalle nostre stesse mani. Dunque, voi chi dite che io sia?». Nella domanda di Gesù molto più di una questione, c’è la speranza umile che avessero capito... Non sarà deluso.
Pietro risponde pronto, confessando che lui è il messia, il «messia di Dio», un titolo che si trova solo in Luca (cf anche Lc 23,35). Gesù tira un respiro di sollievo: i suoi discepoli conoscono la sua identità, che sarà rivelata a tutti dopo la risurrezione (cf At 2,36). Sì, Gesù è il messia di Dio, ma ora egli deve spiegare di che messia si tratti: un messia che dovrà soffrire e non godere, subire il rifiuto da parte dei custodi del tempio e della religione, piuttosto che essere esaltato. Lo metteranno a morte, ma poi risorgerà (cf v. 22). È il primo dei tre annunci della passione, morte e risurrezione (cf 9,4345; 18,31-34). Nessuno risponde. I discepoli tacciono e Gesù sembra uscire dalle immagini delle loro menti, quando si mette a parlare di cosa voglia dire continuare a seguirlo.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». (Vangelo)
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
O Padre, che ci hai nutriti alla tua mensa,
fa’ che per l’esempio e l’intercessione di san Vincenzo de’ Paoli
diventiamo imitatori del Cristo tuo Figlio e portiamo ai poveri
il lieto annunzio della salvezza.
Per Cristo nostro Signore.
fa’ che per l’esempio e l’intercessione di san Vincenzo de’ Paoli
diventiamo imitatori del Cristo tuo Figlio e portiamo ai poveri
il lieto annunzio della salvezza.
Per Cristo nostro Signore.