26 Settembre 2019
Giovedì XXV Settimana T. O.
Ag 1,1-8; Sal 149; Lc 9,7-9
Colletta: O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
L’evangelista Luca, “invece di raccontare l’uccisione di Giovanni Battista, prepara [«cercava di vederlo», v 9] il futuro incontro di Erode e di Gesù [Lc 23,8-12]” (Bibbia di Gerusalemme). Ma non è semplice curiosità, Erode sa di essere al riparo da occhi indiscreti nel suo palazzo, sa di essere al sicuro perché circondato e vegliato da uomini ben armati, ma sa anche che non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto (Eb 4,13). Giovanni e Gesù dalla folla sono venerati come Profeti, e i profeti hanno gli occhi di Dio che penetrano in profondità nel cuore degli uomini. Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo (Mc 6,20), ma cedendo alla lussuria lo fa decapitare, ora vuole vedere Gesù, verrà anche per lui il momento dell’incontro, ma chiuderà il suo cuore. Aspettava miracoli (cfr. Lc 23,8) e non la salvezza come i poveri e i deboli.
Dal Vangelo secondo Luca 9,7-9: In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
Per un despota disposto a tutto, anche a spargere sangue innocente, acquietare la propria coscienza è un gioco da ragazzi, così anche per il re Erode. Ma nel sentire parlare di Gesù, le cose per Erode si ingarbugliano. Di certo conosceva le scritture che preconizzavano la venuta di Elia (Ml 3,23; Sir 48,10), ma per Erode la cosa era assai improbabile. Che genericamente poteva essere un profeta, era possibile, ma era assai improbabile che fosse Giovanni redivivo, lui aveva visto la sua testa mozzata su un vassoio. Scartate tutte le possibili ipotesi, rimaneva il dubbio: chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose? E cercava di vederlo. Ma perché cercava di vederlo? Forse voleva conoscere le sue intenzioni se erano leali verso il suo trono, oppure aveva paura che si rinnovassero le beghe di una denuncia pubblica del suo essere adultero. Luca più in avanti, nel suo vangelo, dirà che Erode era attirato dai miracoli che Gesù compiva (Lc 23,8). Queste ipotesi possono stare in piedi, ma forse Luca vuol dirci qualche cosa, che sarà svelata nei versetti che seguono (vv. 18-17). Dopo il ritorno degli apostoli dalla missione, Gesù chiederà loro Che dite che io sia? La risposta la darà Pietro, ma la risposta, come fa intendere Gesù, non è frutto di elucubrazione mentale, ma suggerimento che viene dallo Spirito Santo. Erode non può dare una risposta perché la sua vita è chiusa all’azione dello Spirito Santo, e non soltanto il re Erode, nessuno può dire: «Gesù è Signore!, se non sotto l’azione dello Spirito Santo (1Cor 12,3), forse era questo quello che vuole suggerire Luca ai suoi lettori.
Erode e Gesù - Carlo Ghidelli (Luca): Luca ci ha informati circa l’arresto di Giovanni il battezzatore (3,19s) e circa i rapporti tra Giovanni in carcere e Gesù impegnato nella predicazione (7,18-35). Ora perciò Luca omette il racconto della condanna del Battista, perché sostanzialmente ne ha già parlato e, forse, anche per una sua tendenza a tralasciare fatti troppo scandalosi o scene troppo violente e passionali: ancora una volta Luca ci si presenta come lo scriba mansuetudìnis Christi (Dante). L’intenzione principale di Luca, in questo brano, è certamente quella di preparare l’incontro di Erode con Gesù (23,8-12): lo sta ad indicare l’osservazione di 9c e cercava di vederlo. Il confronto tra Gesù e Giovanni (v. 7) ci fa sospettare che la predicazione di Gesù, all’inizio, assomigliasse molto a quella del Battista. Per il confronto con Elia cfr anche 1,17; 9,28-36; 19,38. Al v. 9 Luca, diversamente da Marco, non attribuisce ad Erode la convinzione che Giovanni è risorto in Gesù: è troppo inverosimile che un uomo, così scettico ed impregnato di cultura ellenistica, abbia condiviso quella credenza popolare. Emerge così la vera personalità di Erode, il cui desiderio di vedere Gesù va interpretato non come espressione di fede, ma solo di curiosità (23,8) o di malizia (13,31): pertanto il tentativo fatto da Luca di attutire, o addirittura, abbellire il dramma non riesce a fuorviare la nostra intelligenza dei fatti e delle persone. Per Luca Erode diventa il paradigma di coloro che pur desiderosi di vedere non riescono a «vedere» ( = credere). A costoro Gesù risponde non con un miracolo ma con un invito alla penitenza (cfr 11,29ss). Gesù rimane un enigma per coloro che lo cercano solo per curiosità (cfr 4,23 e Gv 6,30; 12,37.40). Solo coloro che accostano Gesù con fede «vedono» i suoi miracoli nel loro vero significato e, finalmente «vedono» Gesù (cfr 9,27; 13,35 e Gv 11,40). Come non riconoscere in questo una grossa affinità tra Luca e e Giovanni?
È risorto uno degli antichi profeti- Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): Il profeta atteso -Secondo la credenza popolare, all’inizio dei tempi messianici, come aveva profetizzato Malachia (3,23), sarebbe tornato il profeta Elia, che era stato rapito in cielo su un carro di fuoco (IX secolo). Elia sarebbe venuto «per placare l’ira prima che divampi, per ricondurre il cuore dei padri verso i figli e ristabilire le tribù di Giacobbe» (Sir 48,10). Alcuni avevano identificato Elia con il Battista, e ora lo identificano con Gesù di Nazaret. Altri aspettavano un nuovo Mosè. Anche la convinzione del ritorno di un grande profeta faceva parte della speranza escatologica, legata alla venuta del messia. Questi era già presente in Gesù; ma, sorprendentemente, tra tutte le ipotesi che si facevano sulla sua persona, nessuna prendeva in considerazione il suo messianismo. Perché? Perché il messia atteso era di tipo trionfalistico e politico; ed era chiaro che Gesù non aveva queste caratteristiche. Egli incarnava, piuttosto, il servo sofferente del Signore, d’accordo con i canti del profeta Isaia. Tuttavia, Gesù appariva evidentemente come un grande profeta. Tale fu giudicato dal popolo, dai suoi discepoli, da quelli che furono guariti da lui e anche dai suoi nemici dichiarati. Ciò che lo definiva era il suo annuncio del regno di Dio, i segni delle sue guarigioni e i miracoli che avallavano la buona novella della presenza del regno, la sua dedizione ai poveri, il suo invito alla conversione, la sua insistenza sulla fine dei tempi, già in parte compiuti con l’offerta della salvezza di Dio e, soprattutto, la sua fedeltà al messaggio e alla verità fino alla sua morte violenta, avvenuta a Gerusalemme, come quella degli antichi profeti.
Risposta della fede su Gesù - Secondo molti, tutto questo faceva di Gesù il grande profeta atteso. Ma c’era qualcosa di più che passò inosservato a tutti, perfino ai suoi discepoli, fin dopo la morte e risurrezione del Signore: egli era anche il messia annunciato dai profeti. La domanda su Gesù restava in piedi. Bisognerà aspettare la professione di fede di Pietro per superare le ipotesi popolari, come vedremo domani. Ma, soprattutto, bisognerà aspettare la risposta del Padre che risuscita suo Figlio dai morti, per rispondere completamente, alla luce della fede pasquale, alla domanda che poi farà Gesù ai suoi: «Chi sono io per voi? Tu sei il messia, il Figlio di Dio». Alla divinità Gesù univa la pienezza dei valori umani: profondamente umano e semplicemente divino, sublime come uomo e adorabile come Dio. Motivi più che sufficienti per seguire e amare Cristo appassionatamente, perché è una persona di oggi, viva, vicina a noi e nostro intimo amico.
Chi è dunque costui? - Bruno Maggioni: Gesù è il Signore: Una ricostruzione della figura di Gesù Cristo, così come si può leggerla nelle testimonianze di fede delle comunità cristiane delle origini, deve attirare l’attenzione su un’espressione brevissima, e molto antica, che bene esprime la fede e l’attesa dei primi cristiani. La formula è “Signore Gesù”, due semplici parole che dicono molte cose. Il nome “Gesù” rinvia alla storia di Gesù di Nazaret - una storia vera, non un mito, accaduta in un tempo preciso e in un luogo preciso - che Pietro nel suo discorso in casa del pagano Cornelio concentra in poche battute (At 10,38-41): …”Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con Lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da Lui compiute nella regione dei giudei e di Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con Lui dopo la sua risurrezione”. “Signore”, non dice soltanto che Gesù di Nazaret è risorto, ma che continua ora a vivere nella sua comunità e nel mondo, Salvatore di tutti gli uomini e Signore della storia, come suggerisce un antichissimo inno liturgico che si legge nella lettera di Paolo ai Filippesi (2,611): “Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sottoterra, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre”.
Paolo VI (Omelia, 29 Novembre 1970): Io, Paolo, successore di San Pietro, incaricato della missione pastorale per tutta la Chiesa, non sarei mai venuto da Roma fine a questo Paese estremamente lontano, se non fossi fermissimamente persuaso di due cose fondamentali: la prima, di Cristo; la seconda, della vostra salvezza.
Di Cristo! Sí, io sento la necessità di annunciarlo, non posso tacerlo: «Guai a me se non proclamassi il Vangelo!» (1 Cor. 9,16). Io sono mandato da Lui, da Cristo stesso, per questo. Io sono apostolo, io sono testimonio. Quanto più è lontana la meta, quanto più difficile è la mia missione, tanto più urgente è: l’amore che a ciò mi spinge (Cfr. 2 Cor. 5,14).
Io devo confessare il suo nome: Gesù è il Cristo, Figlio di Dio vivo (Matth. 16,16); Egli è il rivelatore di Dio invisibile, è il primogenito d’ogni creatura, è il fondamento d’ogni cosa; Egli è il Maestro dell’umanità, è il Redentore; Egli è nato, è morto, è risorto per noi; Egli è il centro della storia e del mondo; Egli è Colui che ci conosce e che ci ama; Egli è il compagno e l’amico della nostra vita; Egli è l’uomo del dolore e della speranza; è Colui che deve venire e che deve un giorno essere il nostro giudice e, noi speriamo, la pienezza eterna della nostra esistenza, la nostra felicità. Io non finirei più di parlare di Lui: Egli è la luce, è la verità, anzi: Egli è «la via, la verità e la vita» (Io. 14,6); Egli è il Pane, la fonte d’acqua viva per la nostra fame e per la nostra sete; Egli è il Pastore, la nostra guida, il nostro esempio, il nostro conforto, il nostro fratello. Come noi, e più di noi, Egli è stato piccolo, povero, umiliato, lavoratore, disgraziato e paziente. Per noi, Egli ha parlato, ha compiuto miracoli, ha fondato un regno nuovo, dove i poveri sono beati, dove la pace è principio di convivenza, dove i puri di cuore ed i piangenti sono esaltati e consolati, dove quelli che aspirano alla giustizia sono rivendicati, dove i peccatori possono essere perdonati, dove tutti sono fratelli.
Gesù Cristo: voi ne avete sentito parlare; anzi voi, la maggior parte certamente, siete già suoi, siete cristiani.
Ebbene, a voi cristiani io ripeto il suo nome, a tutti io lo annuncio: Gesù Cristo è il principio e la fine; l’alfa e l’omega; Egli è il Re del nuovo mondo; Egli è il segreto della storia; Egli è la chiave dei nostri destini; Egli è il mediatore, il ponte, fra la terra e il cielo; Egli è per antonomasia il Figlio dell’uomo, perché Egli è il Figlio di Dio, eterno, infinito; è il Figlio di Maria, la benedetta fra tutte le donne, sua madre nella carne, e madre nostra nella partecipazione allo Spirito del Corpo mistico.
Gesù Cristo! Ricordate: questo è il nostro perenne annuncio, è la voce che noi facciamo risuonare per tutta la terra (Cfr. Rom. 10,18), e per tutta la fila dei secoli (Rom. 9, 5).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Gesù Cristo è il principio e la fine; l’alfa e l’omega. (Paolo VI)
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Guida e sostieni, Signore, con il tuo continuo aiuto
il popolo che hai nutrito con i tuoi sacramenti,
perché la redenzione operata da questi misteri
trasformi tutta la nostra vita.
Per Cristo nostro Signore.
il popolo che hai nutrito con i tuoi sacramenti,
perché la redenzione operata da questi misteri
trasformi tutta la nostra vita.
Per Cristo nostro Signore.