3 Agosto 2019

SABATO DELLA XVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

Lv 25,8-17; Sal 66 (67); Mt 4,1-12 

Colletta: O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo; effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Il tetrarca Erode, come tanti suoi pari, aveva sulla coscienza delitti e intrighi, e questo non era motivo di inquietudine, ma il pensare che Gesù fosse Giovanni il Battista risorto dai morti suggerisce che forse la morte cruenta del figlio di Zaccaria gli pesava sulla coscienza. Al di là del ruolo spregevole di Erodiade e della figlia, che a detta di Giuseppe Flavio si chiamava Salome, il vero meschino è il tetrarca Erode che in quel sventurato avvenimento ebbe l’occasione di mettere a nudo tutto il suo animo vile, testimoniando la sua incapacità di essere veramente uomo assumendone tutti i rischi, cosicché tutta la sua vita era “dominata dalla paura”, ebbe paura della folla, dalla “morbosa attrazione” verso le donne, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode, dalla incapacità di essere veramente all’altezza del ruolo che aveva nella società: per non perdere la faccia dinanzi a una scostumata danzatrice e a dei commensali è pronto a lordarsi la coscienza del sangue di un innocente. Potremmo dire, un re scoronato, un quaquaraquà, direbbe Leonardo Sciascia. Ma al di là queste povere considerazioni, la morte cruenta di Giovanni Battista, uomo giusto e santo, fedele al suo mandato e messo a morte per la sua libertà di parola, fa presentire l’arresto e la condanna ingiusta di Gesù. Giovanni Battista muore per la malvagità di una donna e la debolezza di un sovrano, ma la sua morte non è uno dei tanti fatti di cronaca che da sempre fanno parte della storia umana, è invece una Parola che Dio rivolge a tutti gli uomini: morire per la Verità è farsi discepolo del Cristo, ed è offrire la propria vita per la salvezza degli uomini: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando.” (Gv 15,12-14).

Dal Vangelo secondo Matteo 14,1-12: In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!». Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta. Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre. I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.

Erode è molto spiccio nelle sue conclusioni, ma a volte metterle in atto è un po’ difficile, anche per un re. Erode voleva far morire Giovanni il Battista perché aveva il coraggio di accusarlo pubblicamente di adulterio, ma non osava farlo perché aveva paura della folla che considerava il figlio di Zaccaria un profeta. Anche i re possono avere paura, e possono avere anche vizi e passioni. E fu il vizio, quello di essere troppo attento alle ballerine, a trasformarlo in un assassino. Anche la regina Erodiade era alla pari del suo amato compagno, ma essendo più perfida e con meno sensi di colpa, venuta l’ora opportuna, passa all’azione. L’ora opportuna è la festa di compleanno del re Erode, e come esca usa la figlia. La ragazza, le cronache diranno che si chiama Salome, danza alla presenza del re e dei notabili presenti alla festa. Erode ha gli occhi sgranati, e il corpo frustato dalla passione, e così decide di fare un dono alla dolce, sensuale danzatrice. Il tutto accompagnato da un solenne giuramento. E Salome, istruita dalla madre, chiede con disinvoltura la testa di Giovanni Battista. Il Vangelo dice ancora che il re si rattristò, ma i giuramenti vanno rispettati e così per una donna Giovanni perse la testa, e il re l’onore. Un altro particolare, Salome riesce a fissare lo sguardo sopra una testa mozzata per suo volere e a portarla, alla madre desiderosa di vedere la fine di quella vita. Certamente si continuò a danzare, a bere vino, a banchettare, una testa in più o in meno non poteva far cambiare il programma. È una storia triste che getta una luce sinistra nella vita delle corti e mostra con una tragicità impressionante gli effetti delle passioni dei grandi e degli ambiziosi. Una storia che si rinnova ogni giorno, le cronache sono piene di questi fatti. Da questo fattaccio di sangue intrecciato di turpitudini, di ingiustizie, di abuso di potere e di sangue balza la coraggiosa figura del figlio di Zaccaria che non si piega davanti ai grandi e che muore per la verità. E purtroppo i prepotenti sono assai numerosi, un vera e propria caterva, e i difensori della verità, sopra tutto ai nostri giorni, sfortunatamente assai poco. Una testa mozzata può tenere ancora per qualche anno in più sulla sella del prestigio l’arrogante di turno, e una danzatrice può servire all’occasione. 

Il ministero di Giovanni Battista - Catechismo degli Adulti 116: Tra le tante voci si distingueva, per il tono austero e minaccioso, quella di Giovanni Battista. Proclamava come imminente l’intervento decisivo di Dio nella storia di Israele; intimava di prepararsi ad accoglierlo con una pronta e seria conversione: «La scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco» (Lc 3,9). Quelli che si recavano da lui e si riconoscevano peccatori, li battezzava nel fiume Giordano. A tutti dava la testimonianza di una vita ascetica, di digiuno e di preghiera, insieme con i suoi discepoli

Il martirio di Giovanni Battista - Veritatis splendor 91-92: Alle soglie del Nuovo Testamento Giovanni Battista, rifiutandosi di tacere la legge del Signore e di venire a compromesso col male, «immolò la sua vita per la verità e la giustizia» e fu così precursore del Messia anche nel martirio (cf Mc 6,17-29). Per questo, «fu rinchiuso nell’oscurità del carcere colui che venne a rendere testimonianza alla luce e che dalla stessa luce, che è Cristo, meritò di essere chiamato lampada che arde e illumina... E fu battezzato nel proprio sangue colui al quale era stato concesso di battezzare il Redentore del mondo» [...].
Nel martirio come affermazione dell’inviolabilità dell’ordine morale risplendono la santità della legge di Dio e insieme l’intangibilità della dignità personale dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio: è una dignità che non è mai permesso di svilire o di contrastare, sia pure con buone intenzioni, qualunque siano le difficoltà. Gesù ci ammonisce con la massima severità: «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?» (Mc 8,36).
Il martirio sconfessa come illusorio e falso ogni «significato umano» che si pretendesse di attribuire, pur in condizioni «eccezionali», all’atto in se stesso moralmente cattivo; ancor più ne rivela apertamente il vero volto: quello di una violazione dell’«umanità» dell’uomo, prima ancora in chi lo compie che non in chi lo subisce. Il martirio è quindi anche esaltazione della perfetta «umanità» e della vera «vita» della persona, come testimonia sant’Ignazio di Antiochia rivolgendosi ai cristiani di Roma, luogo del suo martirio: «Abbiate compassione di me, fratelli: non impeditemi di vivere, non vogliate che io muoia... Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente uomo. Lasciate che io imiti la passione del mio Dio»

I testimoni di Gesù - M. Prat e P. Grelot (Dizionario di Teologia Biblica): 1. La testimonianza apostolica. - Per giungere agli uomini la testimonianza assume una forma concreta: la predicazione del vangelo (Mt 24,14). Per portarla a tutto il mondo gli apostoli sono costituiti testimoni di Gesù (Atti 1,8): dovranno attestare solennemente dinanzi agli uomini tutti i fatti avvenuti dal battesimo di Giovanni fino alla ascensione di Gesù, e specialmente la risurrezione che ha consacrato la sua sovranità (1,22; 2,32; ecc.). La missione di Paolo viene definita negli stessi termini: sulla via di Damasco egli è stato costituito testimone di Cristo dinanzi a tutti gli uomini (22,15; 26,16); in terra pagana egli attesta dovunque la risurrezione di Gesù (1Cor 15,15), e la fede nasce nelle comunità con l’accettazione di questa testimonianza (2Tess 1,10; 1Cor 1,6). Stessa identificazione del vangelo e della testimonianza negli scritti giovannei. Il racconto evangelico è un’attestazione data da un testimone oculare (Gv 19,35; 21,24); ma la testimonianza, ispirata dallo Spirito (Gv 16,13), verte pure sul mistero che i fatti nascondono: il mistero del Verbo di vita venuto nella carne (lGv 1,2; 4,14). I credenti che hanno accettato questa testimonianza apostolica hanno ormai in sé la testimonianza stessa di Gesù, che è la profezia dei tempi nuovi (Apoc 12,17; 19,21). Perciò i testimoni incaricati di trasmetterla riprendono i tratti dei profeti antichi (11,3-7). 2. Dalla testimonianza al martirio. - La funzione dei testimoni di Gesù è messa ancor più in evidenza quando devono rendere testimonianza dinanzi alle autorità ed ai tribunali, secondo la prospettiva che Gesù apriva già ai Dodici (Mc 13,9; Mt 10,18; Lc 21,13s). Allora l’attestazione assume un carattere solenne, ma prelude sovente alla sofferenza. Di fatto, se i credenti sono perseguitati, si è «a motivo della testimonianza di Gesù» (Apoc 1,9). Stefano per primo ha suggellato la sua testimonianza con il suo sangue versato (Atti 22, 20). La stessa sorte attende quaggiù i testimoni del vangelo (Apoc 11,7): quanti saranno sgozzati «per la testimonianza di Gesù e la parola di Dio» (6,9; 17,6)! Babilonia, la potenza nemica che si accanisce contro la Città celeste, si inebrierà del sangue di questi testimoni, di questi martiri (17,6). Ma riporterà soltanto una vittoria apparente. In realtà saranno essi ad aver vinto, con Cristo, il diavolo, «mediante il sangue dell’agnello e la parola della loro testimonianza» (12, 11). Il martirio è la testimonianza della fede consacrata dalla testimonianza del sangue. 

I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): L’atto di pietà compiuto dai discepoli dell’austero Precursore chiude questo fatto di sangue. Probabilmente Erode-Antipa, il quale – come abbiamo visto – era perplesso sul modo di trattare il suo prigioniero, permise ai discepoli del Battista di dare una degna sepoltura al loro Maestro per far tacere la sua coscienza. L’episodio getta una luce sinistra nella vita delle corti e mostra con una tragicità impressionante gli effetti delle passioni dei grandi e degli ambiziosi. Il ruolo che due donne ricoprono in questa scena di sangue rivela angoli misteriosi dell’animo femminile. Erodiade donna ambiziosa ed altera per la sua discendenza regale (ella era nipote di Erode il Grande) preferì al marito modesto (Erode-Filippo) l’uomo elevato e tetrarca della Galilea (Erode-Antipa) e per non avere censori al suo operato fa pressioni sul monarca e suggerisce alla figlia di voler la testa del Battista. Da questo dramma intrecciato di turpitudini, d’ingiustizie, di abuso di potere e di sangue balza la coraggiosa figura del Battista che non si piega davanti ai grandi e che muore per la difesa, della santità del matrimonio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?» (Mc 8,36).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, nostro Padre, che ci hai dato la grazia
di partecipare al mistero eucaristico,
memoriale perpetuo della passione del tuo Figlio,
fa’ che questo dono del suo ineffabile amore
giovi sempre per la nostra salvezza.
Per Cristo nostro Signore.