26 AGOSTO 2019

Lunedì XXI Settimana T. O.

1Ts 1,1-5.8b-10; Sal 149; Mt 23,13-22 

Colletta: O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

I farisei sono un gruppo religioso di giudei e il termine fariseo per lo più viene spiegato come “separato” da tutto ciò che è impuro. I Vangeli sottopongono la mentalità e la vita dei farisei ad una critica spietata: Gesù sferza la loro superbia (Lc 18,10-14), la loro avidità (Mc 12,40), la loro ambizione (Mt 23,5ss) e la loro ipocrisia (Mt 15,3-7). Assillati dalla osservanza fedele della legge e zelanti per ciò che essa raccomandava, i farisei respingono Gesù, in quanto credono che egli avanza la pretesa di essere sopra la legge e di annunziare un nuovo messaggio da parte di Dio (cfr. Discorso della montagna, Mt 5ss; Mc 2,7.24; 3,6; 8,11; 11,18; 12,13); così decidono insieme con i «sommi sacerdoti», in modo proditorio, la morte di Gesù (Mt 26,3; Mc 14,53-64). Spesso i farisei vengono qualificati come maligni oppositori di Gesù, pronti anche ad allearsi con i sadducei e gli erodiani, loro storici nemici, pur di eliminare il giovane Maestro di Nazaret. In questa ottica, i rimproveri di Gesù rivolti ai Farisei perdono un po’ della loro ruvidezza.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti: l’ipocrisia è una serpe che ha la sua tana in molti cuori, anche nei cuori di molti cristiani e questo scandalizza molti, credenti e non credenti. Forse ci scandalizziamo perché dimentichiamo che il peccato ineluttabilmente abita nell’uomo (Rm 7,22), anche negli uomini di Chiesa. La Chiesa è stata fondata da Cristo, e Lui solo è il Santo, e ha voluto la sua Chiesa, che è impastata di peccato e di santità,  unica via per giungere alla salvezza: chi rifiuta la Chiesa si aliena volontariamente da Colui che è la vera felicità.
«Solo per mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza» (Unitatis redintegratio, 3).

Dal Vangelo secondo Matteo 23,13-22: In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».

Scribi e Farisei ipocriti - Angelo Lancellotti (Matteo): Con un linguaggio insolitamente aggressivo, che ricorda le grandi invettive degli antichi profeti, Gesù denuncia la colpa delle guide d’Israele: l’ipocrisia. Essa è la cancrena della spiritualità; è l’immagine dell’uomo religioso che non raggiunge l’oggetto della sua pratica religiosa, che persegue un falso ideale di giustizia. L’ipocrisia, così come appare soprattutto nel vangelo di Matteo, è il fallimento della religione giudaica. L’ipocrita è un attore da teatro; nell’esercizio delle sue buone opere, come l’elemosina, la preghiera, il digiuno, ama la pubblicità, non il segreto riconoscimento di Dio (cf 6,2.5.16); ha bisogno di farsi notare (v. 5). Dovendo salvare la faccia, l’ipocrita sa fare una buona scelta tra i precetti divini, adattandoli con una sapiente casistica ai propri interessi (vv. 16-22); sa scegliere le minuzie, trascurando «i precetti più gravi della Legge, come il giudizio, la pietà, la fede» (v. 23). La sua condotta è in stridente contrasto con la volontà divina da lui professata, poiché la sua preoccupazione è solo quella di tener ben pulito «l’esterno della coppa», mentre il suo interno brulica di rapine e di immondizie (v. 26). Egli è un «sepolcro imbiancato» il cui aspetto esterno è attraente, bello a vedersi, mentre l’interno è pieno di putredine (v. 27). Ma il giudizio di Dio, che si fonda sulla realtà delle opere (cf 25,14-30) e sulla bontà dei frutti (cf 12,33-35), e non sull’apparenza ingannatrice, non si farà attendere e l’ipocrita non sfuggirà «al castigo della Geenna» (v. 33). Ora, se l’ipocrisia è la contraffazione dell’autentica religiosità e l’opposto dell’ideale evangelico, il discepolo di Cristo deve guardarsi dal pericolo di rendere «ipocrita» la propria giustizia e di incorrere così nella stessa condanna dei nemici del vangelo (5,20).

Se uno giura per il tempio - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): La terza invettiva (16,22): la concezione giuridica del voto e del giuramento. La casistica degli Scribi e dei Farisei non rifuggiva da distinzioni sofistiche e da sottigliezze verbali per esonerare dagli obblighi religiosi contratti da coloro che imprudentemente avevano fatto delle promesse rafforzate con giuramento. Per denunziare la cecità di simili interpretazioni della Legge, il Maestro enumera alcuni esempi concreti. Egli rileva, contro la presunzione dei rabbini che si ritenevano giudici insindacabili sul valore o sulla nullità di un voto (è obbligato vers. 16, non vale, vers. 18), che le loro distinzioni non sono valide, perché prive di fondamento; infatti il tempio e l’altare che appartengono a Dio sono più sacri dell’oro (dono votivo) e dell’offerta (sacrificio); tanto l’oro, quanto i sacrifici (prodotti del suolo ed animali) diventano sacri quando vengono offerti nel tempio, o sull’altare. Gesù aveva già preso una posizione decisa contro questi falsi aspetti della religiosità ebraica (cf. Mt., 5,37), per questo motivo egli apre l’invettiva contro gli Scribi ed i Farisei chiamandoli: guide cieche (cf. Mt., 15,14).

I farisei - La critica di Gesù - Pio Jörg: I punti principali su cui i farisei esercitarono maggiormente la loro attività giuridica furono tre: il sabato, la purità legale, il pagamento delle decime.
E i li interpretavano in modo rigorista, elencando con minuziosità una casistica onerosa. Ma proprio qui si esercitò la critica di Gesù. Per lui la legge del sabato viene dopo l’esigenza del bene dell’uomo (Mc 2,23-28; 3,1-6 e par.). Quanto alle prescrizioni sul puro e l’impuro, la tradizione evangelica ci ha conservato un suo detto che incentra tutta l’attenzione sul «cuore», vera sede profonda da cui scaturisce l’azione, che porta a una prassi creatrice di morte: «Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo» (Mc 7,15). Parimenti Gesù contesta il massimalismo farisaico circa il dovere di pagare le decime: «Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l’amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre» (Lc 11,42; cf. Mt 23,23). Soprattutto, egli ha contestato l’ipocrisia farisaica. In proposito basta leggere, nel discorso antifarisaico di Mt 23, i sette «guai» agli scribi e farisei ipocriti (cf. anche Mt 6,2.5.16).
Certo, Gesù ha anche riconosciuto il loro magistero, ma nello stesso tempo ne ha messo sotto processo la prassi incoerente: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno» (Mt 23,2-3).

Il fariseismo. - J. Cantinat e X. Léon-Dufour: Questa utilizzazione del termine «farisei» in un contesto di polemica ha purtroppo determinato un abuso di linguaggio che non si può definire cristiano. Tuttavia se si ha cura di stigmatizzare così, non i Giudei, ma il comportamento di ogni uomo chiuso, il fariseismo così inteso non ha nulla a che vedere con il fariseismo: è uno spirito opposto al vangelo. Il quarto vangelo ha conservato alcune scene tipiche sull’accecamento dei Farisei (Gv 8,13; 9,13.40), ma li assimila ordinariamente ai «Giudei», facendo così vedere che il loro conflitto con Gesù ha un valore ultrastorico. C’è fariseismo quando ci si ricopre della maschera della  giustizia per dispensarsi dal viverla internamente o dal riconoscersi  peccatori e dall’ascoltare la chiamata di Dio, quando si chiude l’amore di Dio nella stretta cerchia della propria scienza religiosa. Questa mentalità si ritrova nel cristianesimo nascente, nei giudeo-cristiani con i quali si scontrò Paolo (Atti 15,5): essi vogliono sottomettere a pratiche giudaiche i convertiti provenienti dal paganesimo, e mantenere così sotto il giogo della legge coloro che ne erano stati liberati dalla morte di Cristo. Fariseismo ancora nel cristiano che disprezza il Giudeo troncato dall’albero (Rom 11,18ss). Il fariseismo minaccia il cristianesimo nella misura in cui questo ritorna allo stadio di un’osservanza legale e disconosce l’universalità della grazia.

Ipocrita, cieco che inganna se stesso - X. Léon-Dufour: Il formalismo può essere guarito, ma l’ipocrisia è vicina all’indurimento. I «sepolcri imbiancati» finiscono per prendere come verità ciò che vogliono far credere agli altri: si credono giusti (cfr. Lc 18,9; 20,20) e diventano sordi ad ogni appello alla conversione. Come un’attore di teatro (in gr. hypocritès), l’ipocrita continua a recitare la sua parte, tanto più che occupa un posto elevato e si obbedisce alla sua parola (Mt 23,2s). La correzione fraterna è sana, ma come potrebbe l’ipocrita strappare la trave che gli impedisce la vista, quando pensa soltanto a togliere la pagliuzza che è nell’occhio del vicino (7,4s; 23,3s)? Le guide spirituali sono necessarie in terra, ma non prendono il posto stesso di Dio quando alla legge divina sostituiscono tradizioni umane? Sono ciechi che pretendono di guidare gli altri (15,3-14), e la loro dottrina non è che un cattivo lievito (Lc 12,1). Ciechi, essi sono incapaci di riconoscere i segni del tempo, cioè di scoprire in Gesù l’inviato di Dio, ed esigono un «segno dal cielo» (Lc 12,56; Mt 16,1ss); accecati dalla loro stessa malizia, non sanno Che farsene della bontà di Gesù e si appellano alla legge del sabato per impedirgli di fare il bene (Lc 13,15); se osano immaginare che Beelzebul è all’origine dei miracoli di Gesù, si è perché da un cuore malvagio non può uscire un buon linguaggio (Mt 12,24- 34). Per infrangere le porte del loro cuore, Gesù fa loro perdere la faccia dinanzi agli altri (Mt 23,1ss), denunziando il loro peccato fondamentale, il loro marciume segreto (23,27s): ciò è meglio che lasciarli condividere la sorte degli empi (24,51; Lc 12,46). Qui Gesù si serviva indubbiamente del termine aramaico hanefa, che nel VT significa ordinariamente «perverso, empio»: l’ipocrita può diventare un empio. Il quarto vangelo cambia l’appellativo di ipocrita in quello di cieco: il peccato dei  Giudei consiste nel dire: «Noi vediamo», mentre sono  ciechi (Gv 9,40).
Il pericolo permanente dell’ipocrisia - Sarebbe un’illusione pensare che l’ipocrisia sia propria soltanto dei farisei. Già la tradizione sinottica estendeva alla folla l’accusa di ipocrisia (Lc 12,56); attraverso ai «Giudei» Giovanni ha di mira gli increduli di tutti i tempi. Il cristiano, soprattutto se ha una funzione di guida, corre anch’egli il rischio di diventare un ipocrita. Pietro stesso non è sfuggito a questo pericolo nell’episodio di Antiochia che lo mise alle prese con Paolo: la sua condotta era una «ipocrisia» (Gal 2,13). Lo stesso Pietro raccomanda al fedele di vivere semplice come un neonato, conscio che l’ipocrisia lo attende al varco (1Pt 2,1s) e lo porterebbe a cadere nell’apostasia (1Tim 4,2). 

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Solo per mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza» (Unitatis redintegratio, 3).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Porta a compimento, Signore,
l’opera redentrice della tua misericordia
e perché possiamo conformarci in tutto alla tua volontà,
rendici forti e generosi nel tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.