25 AGOSTO 2019
XXI Domenica T. O.
Is 66,18b-21; Sal 116 (117); Eb 12,5-7.11-13; Lc 13,22-30
Colletta: Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Prima Lettura: Il ministero profetico di Isaia si snoda in un tempo di decadenza religiosa e morale e nel corso di tragiche vicende politiche che rischiavano di trascinare Israele fuori dal patto di alleanza con Dio. Fedele alla sua vocazione, Isaia richiamò caparbiamente gli impegni dei re e del popolo con il Signore, proclamando la necessità della fede a quanti erano inclini a risolvere i problemi del popolo eletto con mezzi esclusivamente umani, specialmente facendo ricorso a effimere alleanze politiche. Il testo odierno è di grande portata universale: tutti i popoli si convertiranno e si congregheranno a contemplare la gloria di Dio. I nomi geografici coprono un arco che va dall’estremo occidente, passa per l’Africa, risale verso il Mar Nero e si conclude con la Grecia. Anche i pagani convertiti avranno accesso alle funzioni del culto.
Salmo Responsoriale: «Lodate il Signore, o genti tutte; lodatelo, o popoli tutti... Ecco cosa sono gli atri del Signore: il popolo di Dio nella sua totalità. Questa è la vera Gerusalemme. Lo ascoltino bene quelli che si sono rifiutati di essere figli di questa città, separandosi dalla comunione con tutte le genti... La misericordia del Signore si è in effetti rafforzata su di noi quando di fronte al suo nome, per opera del quale siamo stati liberati, si sono arrese le genti, un tempo ostili, e hanno chiuso la loro bocca fremente di rabbia. E la verità del Signore persiste in eterno, e questo tanto nelle promesse fatte ai giusti quanto nelle minacce pronunciate contro gli empi» (Sant’Agostino).
Seconda Lettura - Il valore della sofferenza è immenso. In essa vi è il sigillo dell’amore del Padre il quale a volte permette le prove perché l’uomo possa fare una esperienza più profonda della sua figliolanza divina. Ai tanti cristiani scoraggiati, il nostro autore non poteva non rivolgere discorso più appropriato: «Ricordatevi che i vostri padri furono messi alla prova per vedere se davvero temevano il loro Dio. Ricordate come fu tentato il nostro padre Abramo e come proprio attraverso la prova di molte tribolazioni egli divenne l’amico di Dio. Così pure Isacco, così Giacobbe, così Mosè e tutti quelli che piacquero a Dio furono provati con molte tribolazioni e si mantennero fedeli» (Cf. Gdt 8,26).
Vangelo - La liturgia di questa domenica, che presenta un aspetto fondamentale della salvezza già compiuta in Cristo Gesù, mette in evidenza due temi molto cari al mondo biblico. Da una parte, il Signore Dio apre la porta del suo regno a tutti gli uomini e dall’altra essa si presenta “stretta”, sottintendendo in questo modo il grande impegno necessario per entravi, così come è sottolineato dalla seconda lettura e dalla parte centrale del vangelo. Tutto è grazia, ma il dono esige l’operosa collaborazione dell’uomo.
Dal Vangelo secondo Luca 13,22-30: Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».
La domanda del tale era una questione molto dibattuta anche nelle scuole rabbiniche. Gesù non risponde a questa domanda, certamente oziosa e capziosa, e si limita a mettere l’interlocutore in guardia da simili considerazioni che non portano a nulla di concreto. Importante invece è sforzarsi di entrare per la porta stretta.
Più che sforzo il testo greco ha lotta: come dire che tutta la vita cristiana è milizia. La «lotta [agon] accentua l’impegno cosciente delle proprie forze per raggiungere una meta [...]. Il lavoro dell’apostolo non è solamente un adempimento fedele del dovere, ma un agon, collegato a pesi e strapazzi [Col 1,29; lTm 4,10]. Si tratta della meta ultima e immutabile, la sola che valga: [...] il premio della vittoria, che il cristiano sarà in grado di raggiungere solo se si impegna, talvolta con il sacrificio di tutta la vita e mediante la comunione con le sofferenze di Cristo [Cf. Fil 3,15]» (A. Ringward).
All’anonimo interlocutore, Gesù sta dicendo, con estrema chiarezza, che per entrare nel regno di Dio non è solo richiesto il massimo impegno, ma anche la massima rinuncia. Qui siamo molto lontano da quel Vangelo edulcorato, infantile, dove tutto si poggia su un preteso buonismo di Dio che perdona tutti e tutto. Per salvarsi non basterà aver mangiato e bevuto in sua presenza, non sarà sufficiente aver avuto l’onore di averlo ospitato come maestro nelle nostre piazze, non serviranno nemmeno i legami di razza, essere figli di Abramo non servirà a nulla per evitare l’esclusione meritata da una condotta iniqua (Cf. Lc 3,7-9; Gv 8,33s).
Quando il padrone di casa si alzerà... Il padrone di casa è Cristo Gesù, il quale «chiude la porta alla morte di ogni peccatore, il cui tempo per accumulare meriti è ormai finito, poiché la penitenza dopo la morte è infruttuosa. Per questo Egli dirà ai peccatori: Non vi conosco!» (Nicola di Lira, Postilla super Lucam, XIII).
In Luca, gli operatori di ingiustizia non sono i falsi profeti e guaritori come in Mt 7,21-23, ma i Giudei increduli e i pagani convertiti che non fanno la volontà del Padre.
Gli esclusi, quei Giudei che ritenevano di essere giusti davanti agli uomini (Lc 16,15), piangeranno come disperati e saranno in preda del risentimento e della rabbia quando vedranno i pagani sedere a mensa nel regno di Dio.
Verranno da oriente e da occidente... Quanto sognato dai profeti, cioè il raduno di tutte le genti nell’unico ovile di Cristo (Cf. Is 2,2-5; 25,6-8; 60,1ss; 66,18-21; Gv 10,16), «incomincia a realizzarsi fin d’ora, nel ministero pubblico di Gesù [Cf. Lc 14,21.23,26; 15,32; 16,9], e troverà più pieno compimento nel ministero apostolico [Cf. Atti degli Apostoli]» (Carlo Ghidelli).
In questo modo e con queste immagini (pianto e stridore di denti... siederanno a mensa), Gesù proclama ai Giudei, che ritenevano di essere i primi e gli unici destinatari delle promesse messianiche fatte ai profeti, l’universalità della salvezza. L’unica condizione che viene chiesta è la libera e gioiosa risposta alla chiamata misericordiosa di Dio.
Il rifiuto degli Ebrei infedeli e la chiamata dei pagani - Beda Rigaux (Testimonianza del Vangelo di Luca): L’insegnamento vien impartito mentre Gesù «attraversava città villaggi, insegnando e dirigendosi verso Gerusalemme». Un personaggio anonimo chiede: «Signore, son pochi quelli che si salvano? Luca costruisce il suo racconto mettendo insieme due espressioni che sottintendono due situazioni diverse. I due testi son stati accostati perché hanno per oggetto ambedue il rifiuto degli Ebrei.
Nella prima, la casa in cui si trova il padrone, ha soltanto una porta stretta; dopo, la porta sarà chiusa e sarà troppo tardi. Il padrone dirà a coloro con cui ha mangiato e che hanno inteso i suoi insegnamenti: «Non so di dove voi siate». Sono condannati per le loro ingiustizie. Nel secondo testo, la situazione presente è quella del banchetto messianico: nel Regno ci saranno Abramo, Isacco e Giacobbe, e dai quattro angoli della terra altri verranno a sedersi al banchetto divino. È chiara la chiamata alla salvezza dei pagani.
Voi, non so di dove siete - Don Primo Gironi: Il tema principale da sviluppare è l’impegno che il cristiano deve avere nel collaborare con Dio alla propria salvezza. Certo, la salvezza è un dono di Dio, è uno stato di grazia, di perdono, di riconciliazione nei quale Dio gratuitamente ci ha collocati attraverso il battesimo e la conoscenza di Gesù. Ma questo «stato» va alimentato, sviluppato e mantenuto con la vita attenta e fervorosa del credente. Non si può vivere di rendita in questo campo, né si può delegare ad altri l’impegno che il singolo cristiano deve personalmente avere. Non si può ritenere
sufficiente il solo andare in chiesa di tanto in tanto o il solo ricordarsi del Natale, della Pasqua o del giorno dei Morti... Bisogna vivere da cristiani, sapendo che ciò esige radicalità («la porta stretta» che il Vangelo ricorda) e scelte che vanno contro corrente, contro il quieto vivere e il «così fan tutti».
Senza questo impegno, il credente va incontro al fallimento totale di se stesso, che il Vangelo esprime attraverso le parole «essere cacciati fuori dal Regno». E un fallimento che il credente è andato man mano preparando lungo la vita, pensando di prender tutto alla leggera, di bluffare con le esigenze del Vangelo, di poter pattuire con la sua coscienza il bene e il male e poi magari di ricorrere a Dio all’ultimo momento. Un fallimento che non rischiano solo i contemporanei di Gesù (quelli che si vantavano di averlo avuto come amico e concittadino e si facevano forti del privilegio di essere discendenti di Abramo, come se questo fosse un «automatismo» per la loro salvezza), ma i cristiani di ogni tempo, che non si convertono all’invito del Vangelo ad «abbracciare la croce», «a rinnegare se stessi», «ad entrare per la porta stretta», «ad essere vigilanti» e preferiscono invece comportarsi come se «il padrone (Dio) non tornasse più».
Signore, sono pochi quelli che si salvano? - Giovanni Paolo II (24 Agosto 1980): L’interpellanza circa il problema fondamentale dell’esistenza: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?” (Lc 13,23), non ci può lasciare indifferenti. A tale domanda Gesù non risponde direttamente, ma esorta alla serietà dei propositi e delle scelte: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non vi riusciranno” (Lc 13,24). Il grave problema acquista sulle labbra di Gesù un’angolazione personale, morale, ascetica. Egli afferma con vigore che il raggiungimento della salvezza richiede sacrificio e lotta. Per entrare per quella porta stretta, bisogna, afferma letteralmente il testo greco, “agonizzare”, cioè lottare vivacemente con ogni forza, senza sosta, e con fermezza di orientamento. Il testo parallelo di Matteo sembra ancor oggi più categorico: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via, che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta, invece, è la porta e angusta la via che conduce alla vita e quanti pochi sono quelli che la trovano” (Mt 7,13-14).
La porta stretta è anzitutto l’accettazione umile, nella fede pura e nella fiducia serena, della parola di Dio, delle sue prospettive sulle nostre persone, sul mondo e sulla storia; è l’osservanza della legge morale, come manifestazione della volontà di Dio, in vista di un bene superiore che realizza la nostra vera felicità; è l’accettazione della sofferenza come mezzo di espiazione e di redenzione per sé e per gli altri, e quale espressione suprema di amore; la porta stretta è, in una parola, l’accoglienza della mentalità evangelica, che trova nel discorso della montagna la più pura enucleazione.
Bisogna, insomma, percorrere la via tracciata da Gesù e passare per quella porta che è egli stesso: “Io sono la porta; se uno entra attraverso di me sarà salvo” (Gv 10,9). Per salvarsi bisogna prendere come lui la nostra croce, rinnegare noi stessi nelle nostre aspirazioni contrarie all’ideale evangelico e seguirlo nel suo cammino: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9,23).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Sforzatevi di entrare per la porta stretta» (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Porta a compimento, Signore,
l’opera redentrice della tua misericordia
e perché possiamo conformarci in tutto alla tua volontà,
rendici forti e generosi nel tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.
l’opera redentrice della tua misericordia
e perché possiamo conformarci in tutto alla tua volontà,
rendici forti e generosi nel tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.