24 AGOSTO 2019

Sabato XX Settimana T. O.

SAN BARTOLOMEO, APOSTOLO – FESTA

Ap 21,9b-14; Sal  144 (145); Gv 1,45-51

Dal Martirologio: Festa di san Bartolomeo Apostolo, comunemente identificato con Natanaele. Nato a Cana di Galilea, fu condotto da Filippo a Cristo Gesù presso il Giordano e il Signore lo chiamò poi a seguirlo, aggregandolo ai Dodici. Dopo l’Ascensione del Signore si tramanda che abbia predicato il Vangelo del Signore in India, dove sarebbe stato coronato dal martirio.

Colletta: Confermaci nella fede, o Padre, perché aderiamo a Cristo, tuo Figlio, con l’entusiasmo sincero di san Bartolomeo apostolo, e per sua intercessione fa’ che la tua Chiesa si riveli al mondo come sacramento di salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Nato a Cana di Galilea, Bartolomeo fu condotto da Filippo a Cristo Gesù presso il Giordano e il Signore lo chiamò poi a seguirlo, aggregandolo ai Dodici. Da molti è identificato con Natanaele perché l’evangelista Matteo nell’enumerare i dodici apostoli scelti da Gesù cita Bartolomeo insieme con Filippo. Dopo l’Ascensione del Signore si tramanda che abbia predicato il Vangelo del Signore in India, dove sarebbe stato coronato dal martirio. L’evangelista Giovanni nel raccontare la vocazione di Bartolomeo mette in evidenza la sua generosità nel donarsi a Cristo, ed elogia la sua fede esplicitata con queste stupende parole: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Rabbì e re d’Israele sono titoli di risonanza rabbinica, Figlio di Dio è il più significativo e pregnante, e che troverà piena luce e comprensione nella riflessione cristiana postpasquale. È proprio questa solenne professione di fede che ci stimola a rinnovare la nostra fede in Gesù, Maestro, Figlio di Dio e Re dell’Universo, e nella Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica.

Dal Vangelo secondo Giovanni 1,45-51: In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».   

Da Nàzaret può venire qualcosa di buono? - Benedetto XVI (Udienza Generale, 4 ottobre 2006): A Natanaele, Filippo aveva comunicato di aver trovato “colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti: Gesù, figlio di Giuseppe, da Nazaret” (Gv 1,45). Come sappiamo, Natanaele gli oppose un pregiudizio piuttosto pesante: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46a). Questa sorta di contestazione è, a suo modo, importante per noi. Essa, infatti, ci fa vedere che, secondo le attese giudaiche, il Messia non poteva provenire da un villaggio tanto oscuro come era appunto Nazaret (vedi anche Gv 7,42). Al tempo stesso, però, pone in evidenza la libertà di Dio, che sorprende le nostre attese facendosi trovare proprio là dove non ce lo aspetteremmo. D’altra parte, sappiamo che Gesù in realtà non era esclusivamente “da Nazaret”, ma che era nato a Betlemme (cfr. Mt 2,1; Lc 2,4) e che ultimamente veniva dal cielo, dal Padre che è nei cieli. Un’altra riflessione ci suggerisce la vicenda di Natanaele: nel nostro rapporto con Gesù non dobbiamo accontentarci delle sole parole. Filippo, nella sua replica, fa a Natanaele un invito significativo: “Vieni e vedi!” (Gv 1,46b). La nostra conoscenza di Gesù ha bisogno soprattutto di un’esperienza viva: la testimonianza altrui è certamente importante, poiché di norma tutta la nostra vita cristiana comincia con l’annuncio che giunge fino a noi ad opera di uno o più testimoni. Ma poi dobbiamo essere noi stessi a venir coinvolti personalmente in una relazione intima e profonda con Gesù; in modo analogo i Samaritani, dopo aver sentito la testimonianza della loro concittadina che Gesù aveva incontrato presso il pozzo di Giacobbe, vollero parlare direttamente con Lui e, dopo questo colloquio, dissero alla donna: “Non è più per la tua parola che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo” (Gv 4,42).

Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni - Vol I): Con tale elogio Gesù mostra che Natanaele per lui non è uno sconosciuto, anche se lo incontra per la prima volta, come farà in seguito con la samaritana, parlandole della sua vita privata (Gv 4,16ss). Con tali cenni alla vita privata dei suoi interlocutori, Gesù mostra di essere dotato di una scienza sovrumana. In realtà Natanaele si meraviglia del giudizio di Gesù sul suo conto e gli chiede: Donde mi conosci? (v. 48). L’avverbio “donde” - caratteristico del quarto vangelo - spesso indica l’origine misteriosa delle realtà: la scienza sovrumana di Gesù (Gv 1,48), il vino buono di Cana (Gv 2,9), il vento (Gv 3,8), l’acqua viva donata da Gesù (Gv 4, 11); esso si riferisce in modo speciale all’origine misteriosa del Messia (Gv 7,27s), ossia di Gesù (Gv 8,14; 9,29s; 19,9). Gesù conosce molto bene Natanaele, anche se lo incontra per la prima volta, perché egli conosce tutti (Gv 2,24), sa che cosa v’è nell’uomo (Gv 2,25); perciò conosce bene anche i suoi avversari (Gv 5,42). Ma Gesù conosce soprattutto le sue pecore (Gv 10,14.27); anzi questa conoscenza è simile a quella che il Padre ha di Gesù e Gesù ha del Padre (Gv 10,15). In realtà Gesù sa tutto e conosce anche l’amore di Simon Pietro per lui (Gv 21,17); ha la stessa conoscenza di Dio. Con la sua risposta prima che Filippo ti chiamasse, mentre eri sotto il fico, ti ho visto (v. 48), Gesù mostra al suo interlocutore di conoscere la sua vita anche nei dettagli più banali. Alcuni esegeti in questo fatto vedono un’allusione all’amore di Natanaele per le Scritture: sotto il fico, questo israelita stava studiando la parola di Dio. I rabbini infatti solevano sedere sotto un albero per meditare e insegnare la Scrittura. “Natanaele quindi doveva essere una scriba o un dottore della legge”. «Anche Natanaele, dunque, fa parte di quella cerchia di uomini, applicati allo studio della Scrittura, che attendevano e cercavano il Messia».
Sembra tuttavia che con questo cenno a un dettaglio della vita di Natanaele Gesù voglia far capire al suo interlocutore di conoscerlo molto a fondo, anche se lo vede per la prima volta; Gesù perciò vuole dargli una prova che ha una scienza sovrumana.
«L’espressione “essere sotto il fico” significa talvolta “studiare la legge”. Gesù non si interessa a tal punto degli studi dei rabbini; egli non si rallegra con Natanaele del suo zelo rabbinico, ma vuole unicamente fargli sentire l’acutezza della sua conoscenza superumana».
Così lo comprese anche Natanaele; per cui la sua reazione diventa una pubblica confessione della messianicità di Gesù: Rabbi, tu sei il figlio di Dio, tu sei il re d’Israele! (v. 49). Questo vero israelita riconosce in Gesù il re messianico, adottato da Dio come suo figlio.

Tu sei il Figlio di Dio -  H. Renard e P. Grelot (Dizionario di Teologia Biblica): Per mezzo della risurrezione di Gesù gli apostoli hanno finalmente compreso il mistero della filiazione divina [di Gesù]: la risurrezione realizzava il Sal 2,7 (cfr. Atti 13, 33); apportava la conferma di Dio alle rivendicazioni di Gesù dinanzi a Caífa e sulla croce. Già l’indomani della Pentecoste, la testimonianza apostolica e la confessione di fede cristiana hanno dunque per oggetto «Gesù, Figlio di Dio» (Atti 8,37; 9,20). Presentando l’infanzia di Gesù, Matteo e Luca sottolineano discretamente questo tema (Mt 2,15; Lc 1,35). In Paolo esso diventa il punto di partenza di una riflessione teologica molto più spinta. Dio ha inviato quaggiù il Figlio suo (Gal 4,4; Rom 8,3) affinché siamo riconciliati mediante la sua morte (Rom 5,10). Attualmente egli lo ha stabilito nella sua potenza (Rom 1,4) e ci chiama alla  comunione con lui (1Cor 1,9), perché ci ha trasferiti nel suo regno (Col 1,13). La vita cristiana è una vita «nella fede nel Figlio di Dio che ci ha amati e si è dato per noi» (Gal 2,20), ed un’attesa del giorno in cui egli ritornerà dal Cielo per «liberarci dall’ira» (1Tess 1,10). Le stesse certezze pervadono la lettera agli Ebrei (1,2.5.8; passim). In S. Giovanni la teologia della filiazione divina diventa un tema dominante. Talune confessioni di fede dei personaggi del vangelo possono ancora implicare un senso ristretto (Gv 1,34; 1,51; soprattutto 11,27). Ma Gesù parla in termini chiari dei rapporti tra il Figlio ed il Padre: c’è tra essi unità di operazione e di gloria (Gv 5,19.23; cfr. 1Gv 2,22s); il Padre comunica tutto al Figlio perché lo ama (Gv 5,20): potere di vivificare (5, 21. 25 s) e potere di giudicare (5,22.27); quando Gesù ritorna a Dio, il Padre glorifica il Figlio affinché il Figlio lo glorifichi (Gv 17,1; cfr. 14,13). Si precisa in tal modo la dottrina della incarnazione: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unico per salvare il mondo (1Gv 4,9s.14); questo Figlio unico è il rivelatore di Dio (Gv 1,18), e comunica agli uomini la vita eterna che viene da Dio (1Gv 5,11s). L’opera da compiere è quindi di credere in lui (Gv 6,29; 20,31; 1Gv 3,23; 5,5.10): chi crede nel Figlio ha la vita eterna (Gv 6,40), chi non crede è condannato (Gv 3,18).

In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo - Giuseppe Segalla: In questo versetto è riportato un detto isolato di Gesù. Lo dimostra la seconda introduzione (« E gli dice »), mentre apparentemente continua il discorso a Natanaele; e l’uso della seconda plurale («vedrete») invece del singolare. Il detto è costruito con l’introduzione tipica di Giovanni: «Amen amen vi dico», «In verità, in verità vi dico» (25 volte). Questi strana formulazione, il raddoppiamento dell’Amen, sembri provenire da ambiente liturgico. È difficile trovare a questo detto una conveniente ed univoca circostanza storica: «il cielo aperto» farebbe pensare al battesimo di Gesù (Lc 3,21), gli angeli e il salire alla risurrezione, il Figlio dell’uomo alla parusia ed al giudizio finale, nella risposta di Gesù alla domanda del sommo sacerdote, che reinterpreta, come qui, la figura del Messia (Mc 14,62 par). Ciò che invece è certo è la allusione alla scala di Giacobbe (Gn 28,10-17) col senso conseguente che Gesù si considera mediatore fra Dio e gli uomini o, meglio, il luogo dell’autentica ed ultima rivelazione di Dio. In questo senso troviamo già qui la tipica escatologia presenziale di Giovanni. Già durante la sua vita terrena compare in Gesù la sua gloria di Unigenito. Il «Figlio dell’uomo», di figura centrale della escatologia futura, diviene una persona storica, in cui si rivela la presenza salvifica di Dio. «Figlio dell’uomo» ritorna 13 volte in Giovanni ed, eccetto 13,31, tutte nel « libro dei segni» (1-12): tre riguardano il suo «essere innalzato» (3,14;8,28; 12,34); la maggior parte però riguarda li gloria futura e solo una ha carattere escatologico nel senso apocalittico (5,27).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!» (Vangelo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Signore, il pegno della salvezza eterna,
che abbiamo ricevuto alla tua mensa
nella festa di san Bartolomeo apostolo,
ci aiuti e ci sostenga oggi e sempre.
Per Cristo nostro Signore.