23 AGOSTO 2019

Venerdì XX Settimana T. O.

Rt 1,1.3-6.14b-16.22; Sal 145 (146); Mt 22,34-40

Colletta: O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi in noi la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

I farisei, i sadducei, sono inquieti, esagitati come cani che si azzuffano per la conquista di un osso. Tutto è pianificato, studiato a tavolino, nulla viene tralasciato, nemmeno i più insignificanti particolari. Un unico obiettivo mettere in difficoltà Gesù, metterlo in difficoltà per avere qualcosa per condannarlo, ed è chiaro che se manca la materia per il giudizio e per la condanna, potranno sempre avvalersi di falsi e iniqui testimoni (Mt 26,59-61), e così sarà fatto. La domanda fatta a Gesù è bene calibrata e i farisei pensavano così di trovare nella sua risposta una smagliatura. Lo pensavo perché vedevano Gesù versato in un instancabile, febbrile apostolato vero gli indigenti, i poveri, gli ammalati. E così speravano che Gesù avesse risposto: “Il primo comandamento è ama il prossimo come te tesso”. Speravano in questa risposta, speravano e attendevano, ma le loro attese ancora una volta vengono deluse: ‘Il primo comandamento è «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”’. E ancora una volta gli devono dare ragione. Ma ciechi non riescono a cogliere un sfumatura. Se per il popolo di Israele il prossimo era il correligionario, se il prossimo era colui che osservava i precetti di Mosè, se il prossimo era colui che non era colluso con il potere romano, se il prossimo era il sodale della loro congrega, per Gesù nella categoria del prossimo entrano i samaritani, odiati dagli Ebrei e banditi dalla vita religiosa, i peccatori, schifati dai Farisei, i malati, i poveri, gli storpi, i lebbrosi, gli indemoniati, esclusi dalla società civile, i bambini e le vedove prede di occhiuta rapina (Mc 12,40; Lc 20,47). E il discorso è lineare, Dio ama tutti, dinanzi a Lui tutti sono uguali, tutti sono figli, tutti hanno gli stessi diritti, Lui non ha preferenze (At 10,34). Ma ad essere onesti il buon Dio ha una preferenza: “Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi trema alla mia parola” (Is 66,2).  

Dal Vangelo secondo Matteo 22,33-40: In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

I farisei, avendo udito… - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Matteo): Chiedono i farisei: «Qual è il maggior comandamento della legge?». Essi si attendono che Gesù non consideri la legge come la cosa più importante e lasci intendere in qualche modo che più importante è la sua parola, perché allora avrebbero un punto d’attacco. Oppure sperano ch’egli si afferri a una fra le tante prescrizioni secondarie della legge, offrendo loro ugualmente una possibilità d’accusa. Ma Cristo li prende in parola e sceglie il punto centrale, il più importante e risolutivo, in cui l’Antico e il Nuovo Testamento, l’antica e la nuova legge, l’antico e il nuovo patto concordano: la dottrina dell’amore. L’amore di Dio è la cosa più importante. Non l’umile giacere nella polvere della creatura di fronte al creatore, quindi, non il contrito battersi il petto del peccatore, non lo stupore di chi è stato coperto di doni, non il raptus del mistico, ma l’amore, quella calda corrente che si alterna fra il tu e l’io, quel sacro fuoco del cuore, quell’unione profonda e intima, quella dedizione che dimentica ogni cosa, quel completo smarrirsi nel solo, unico, infinito e maestoso Dio. Amare ed essere amati è il segreto più profondo della religione di Gesù. Qui egli non vuole eliminare la legge, ma dischiude con chiarezza la sua essenza. Tutte le singole leggi sono un sussidio per quest’unica legge, tutti i dieci comandamenti sono esplicazioni di quest’unico comandamento. Dev’essere però amore totale: con tutta l’anima, con tutto il cuore, con tutta la mente. L’uomo dev’essere interamente compreso e pieno di Dio. Tutto gli apparirà allora indicibilmente facile e, al tempo stesso, indicibilmente vasto e grande. L’amore umano deve provenire dall’amore di Dio. Il rapporto con il prossimo non è dunque la lotta, non il diritto, o l’indifferenza, o la simpatia, ma l’amore. Un amore che non vien destato dalle qualità fisiche o spirituali del proprio simile, e tanto meno un amore che mira al vantaggio personale, ma un amore che nasce dal fatto che Dio ama il prossimo e ch’egli porta in sé qualche traccia di Dio e la sua immagine. In tal modo l’amore divino e l’amore umano diventano una cosa sola, perché in Dio si amano gli uomini e negli uomini si ama Dio. In tal modo l’etica cristiana tocca il suo vertice.

Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento? - Daniel J. Harrington (Il vangelo di Matteo): La presenza nella Torah di 613 precetti costituiva un problema per quelli che li consideravano la rivelazione della volontà di Dio per Israele. Com’è mai possibile tener conto di tutti questi precetti? Ce ne sono alcuni più importanti di altri? Questo problema veniva risolto in diversi modi. Si faceva una distinzione tra comandamenti «pesanti» o più importanti come quello di onorare i genitori (Dt 5,16) e i comandamenti «leggeri» come la legge sui nidi degli uccelli (Dt 22,6-7). Entrambe le categorie dovevano essere prese sul serio e la ricompensa per la loro osservanza era la stessa per entrambe (...). Un’altra soluzione consisteva in una dichiarazione riassuntiva della Torah rilasciata da qualche insigne maestro (...). Così, ad esempio, in b. Sabb.31a Hillel dice: «Ciò che è odioso per te tu non lo fare al tuo prossimo; questo è tutta la Torah, mentre il resto è un commento ad essa; va’ e imparalo».
La dichiarazione riassuntiva di Gesù è perfettamente tradizionale e ortodossa. In essa si trovano combinati due comandamenti positivi della Torah: «Amerai il Signore tuo Dio (Dt 6,5) ... il prossimo tuo come te stesso (Lv 19,18)». Se c’è un minimo di originalità nella risposta di Gesù, essa consiste nella combinazione di questi due comandamenti. La dichiarazione di Gesù significava forse che i suoi seguaci potevano non curarsi degli altri 611 precetti della Torah? Matteo non è senz’altro di questo parere. La sua affermazione che da questi due comandamenti «dipendono tutta la Legge e i Profeti» (22,40) dà per scontato che tutta la Legge rimane in vigore (almeno in teoria). Il comandamento dell’amore proclamato da Gesù va alla radice delle cose e rappresenta un principio coerente per poter apprezzare e osservare gli altri comandamenti.

Amerai il Signore - Angelo Lancellotti (Matteo): Amerai il Signore: è il precetto dell’amore verso Dio imposto a Israele nell’Antico Testamento (cf Dt 6,5), amore che non si esaurisce nell’adempimento delle esigenze esterne del culto, ma coinvolge la parte più «interiore» dell’uomo: cuore... anima... mente. Questo precetto fondamentale della religione ebraica veniva ricordato all’Israelita nella sua preghiera quotidiana detta sema isra’el («ascolta, Israele»; infatti nella relazione parallela di Marco la risposta di Gesù si rifà esplicitamente al testo di quella preghiera che suona appunto così: «Ascolta, Israele: Jahvé è il nostro Dio; Jahvé è uno solo. Amerai Jahvé tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze. Le parole che oggi ti ordino restino nel tuo cuore » (Dt 6,4-6; cf Mc 12,29). Celebre, al riguardo, l’esempio di Rabbi Aqiba, il quale sul punto di dare la vita per la propria fede poteva affermare: «Io l’ho amato con tutto il mio cuore e con tutte le mie forze; non avevo avuto ancora l’occasione di amarlo con tutta la mia anima (anima = vita). Il momento è ora giunto!».

Benedetto Prete (I Quattro Vangeli)Amerai il tuo prossimo come te stesso; citazione del Levitico, 19, 18. La presentazione dell’amore del prossimo come il secondo comandamento da non disgiungersi dal primo (il secondo gli è equivalente) rivela apertamente il pensiero di Cristo. Egli, quantunque non richiesto, afferma che l’amore di Dio è la fonte dell’amore del prossimo e che, di conseguenza, i due precetti sono inseparabili; l’amore del prossimo infatti va considerato come una ridondanza dell’amore di Dio; chi ama il creatore, ama anche le sue creature. Il tuo prossimo; Gesù non spiega il termine (cf. Lc., 10, 25-37), ma ad esso va dato il senso più ampio, cioè: ogni uomo che ha bisogno di noi.

I due amori - C . Wiener (Dizionario di Teologia Biblica): Da un capo all’altro del Nuovo Testamento l’amore del prossimo appare indissociabile dall’amore di Dio: i due comandamenti sono il vertice e la chiave della legge (Mc 12,28-33 par.) la carità fraterna è la realizzazione di ogni esistenza morale (Gal 5,14; 6,2; Rom 13,8s; Col 3,14), è in definitiva l’unico comandamento (Gv 15,12; 2 Gv 5), l’opera unica e multiforme di ogni fede viva (Gal 5,6.22): Chi non ama il fratello che vede, non può amare quel Dio che non vede... amiamo i figli di Dio quando amiamo Dio» (1Gv 4,20s). Non si potrebbe affermare meglio che, in sostanza, non c’è che un solo amore. L’amore del prossimo è quindi essenzialmente religioso; non è una semplice filantropia.
Anzitutto è religioso per il suo modello: imitare l’amore stesso di Dio (Mt 5,44 s; Ef 5,1s. 25; 1Gv 4,11s). Poi, e soprattutto, per la sua sorgente, perché è l’opera di Dio in noi: come potremmo essere misericordiosi come il Padre celeste (Lc 6,36), se il Signore non ce lo insegnasse (1Tess 4,9), se lo Spirito non lo effondesse nei nostri cuori (Rom 5,5; 15,30)? Questo amore viene da Dio ed esiste in noi per il fatto stesso che Dio ci prende come figli (1Gv 4,7). E, venuto da Dio, esso ritorna a lui: amando i nostri fratelli, amiamo il Signore stesso (Mt 25,40), perché tutti assieme forniamo il corpo di Cristo (Rom 12,5-10; 1Cor 12,12-17). Questo è il modo in cui possiamo rispondere all’amore con cui Dio ci ha amati per primo (1Gv 3,16; 4,19s). In attesa della parusia del Signore, la carità è l’esigenza essenziale, in base alla quale gli uomini saranno giudicati (Mt 25,31-46). Questo è il testamento lasciato da Gesù: «Amatevi gli imi gli altri, come io vi ho amati» (Gv 13,34s). L’atto d’amore di Cristo continua ad esprimersi attraverso gli atti dei discepoli. Questo comandamento, benché antico perché legato alle sorgenti stesse della rivelazione (1Gv 2,7s), è nuovo: di fatto Gesù ha inaugurato una nuova era mediante il suo sacrificio, fondando la nuova comunità annunziata dai profeti, donando ad ognuno lo Spirito che crea dei cuori nuovi. Se dunque i due comandamenti sono uniti, si è perché l’amore di Cristo continua ad esprimersi attraverso la carità che i discepoli manifestano tra loro.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». (Vangelo)
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

O Dio, che in questo sacramento
ci hai fatti partecipi della vita del Cristo,
trasformaci a immagine del tuo Figlio,
perché diventiamo coeredi della sua gloria nel cielo.
Per Cristo nostro Signore.