11 AGOSTO 2019

XIX DOMENICA T. O.

Sap 18,6-9; Sal 32 (33); Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48


Colletta: Arda nei nostri cuori, o Padre, la stessa fede che spinse Abramo a vivere sulla terra come pellegrino, e non si spenga la nostra lampada, perché vigilanti nell’attesa della tua ora siamo introdotti da te nella patria eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Prima Lettura - Sap 18,6-9: Il testo odierno del libro della Sapienza è un inno di lode alla potenza di Dio che «con braccio teso e con grandi castighi» (Es 6,6) ha liberato Israele dalla schiavitù egiziana conducendolo, come fa un padre con un figlio (Cf. 2Sam 7,14), fino alla terra promessa, una «terra bella e spaziosa... dove scorrono latte e miele» (Es 3,8).

Salmo Responsoriale - Dal Salmo 32 (33): Nessuno sfugge allo sguardo del Signore: Egli guarda dal cielo: egli vede tutti gli uomini, dal trono dove siede scruta tutti gli abitanti della terra (versetti 13-14), e il suo sguardo benevolo è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore. Uno sguardo paterno, di dolce amicizia, ma allo stesso tempo uno sguardo liberatore perché libera il timorato di Dio dalla morte e lo nutre in tempo di fame. Il salmista, unito agli uomini retti, pur nelle angosce di un quotidiano a volte ostile, esprime una professione di fede in Dio, una professione di fede gravida di speranza nel suo divino liberatore: “L’anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo”; una professione di fede chiosata da una ardente invocazione: “Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo”.

Seconda Lettura - Eb 11,1-2.8-19 (forma breve: Eb 11,1-2.8-12): L’autore della Lettera agli Ebrei, ricordando la fede e l’esempio di Abramo e di Sara e di innumerevoli altri testimoni, spiega ai suoi lettori, scoraggiati dalle persecuzioni, «che la fede è completamente orientata verso l’avvenire e si attacca solo all’invisibile. Questo versetto è diventato una specie di definizione teologica della fede, possesso anticipato e conoscenza certa delle realtà celesti [Cf. Eb 6,5; Rom 5,2; Ef 1,13s]. Gli esempi presi dall’agiografia dell’Antico Testamento [Cf. Sir 44,50] dimostrano di quale pazienza e di quale forza essa è fonte» (Bibbia di Gerusalemme).

Vangelo - Vangelo secondo  Luca 12,32-48 (Forma breve: Lc 12,35-40): Il Vangelo ci spinge a guardare a quelle ultime realtà verso le quali, consapevoli o no, siamo incamminati: è un invito a «dedicare un po’ di attenzione a quello che non è altro che il nostro destino: la morte, il giudizio finale di Dio, l’eternità, l’inferno, il paradiso, la interminabile schiavitù di Satana o la continua familiarità con Dio e i suoi amici» (Vincenzo Raffa). Quando Gesù verrà nella sua gloria, i morti risusciteranno e i vivi saranno rapiti in Cielo (Cf. 1Ts 4,13-18; 1Cor 15,12-23.51s) e tutti compariremo davanti al tribunale del Cristo (Cf. Mt 25,1s; Rom 14,10; 2Cor 5,10): «Davanti a Cristo che è la verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio» (CCC 1039). Sarà un giudizio imparziale che appartiene soltanto a Dio, il quale per mezzo del suo Cristo giudicherà i vivi e i morti (Cf. Atti 10,42; 2Tm 4,1; 1Pt 4,5). Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere (Cf. 1Cor 3,8.13-15; 2Cor 5,10; 11,15; Ef 6,8; Ap 2,23; 20,12; 22,12). In quel «giorno», l’uomo raccoglierà quello che avrà seminato: «Non fatevi illusioni: Dio non si lascia ingannare. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna» (Gal 6,7-9).

Dal Vangelo secondo Luca 12,35-40 (Forma breve): In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno - Gino Rocca (Seguendo Gesù con Luca, Commento al Vangelo): Dopo averci messi in guardia domenica scorsa contro il pericolo delle false ricchezze (vedi la parabola dello stolto possidente), nel Vangelo di oggi Gesù ci parla delle vere ricchezze a cui siamo chiamati: «non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno».
Sono le parole che Gesù rivolge ai suoi discepoli. Li chiama un piccolo gregge, cioè un piccolo gruppo esposto a tutti i pericoli e difficoltà del mondo. Ma nonostante questo - appunto perché hanno accolto la parola di Gesù - essi sono oggetto di un amore e di una cura del tutto speciale da parte del Padre celeste, che li chiama a far parte del suo Regno.
Ma questo Regno che cosa è? È la casa del Padre, è la patria celeste, è la città nuova, è la società ideale, ma tuttavia molto concreta, nella quale non ci sarà più il peccato, l’egoismo, l’invidia, l’odio, cioè non ci saranno più tutte quelle passioni, che sono le radici di ogni male. È la città nuova, dalla quale saranno buttati fuori tutti gli scandali (Mt 13, 41).
E quali sono le condizioni per costruire e far parte di questo Regno? Vengono indicate da Gesù subito dopo: «vendete ciò che avete e datelo in elemosina». Traducendo questo appello di Gesù in un linguaggio accessibile a tutti, la prima condizione è quella di usare i beni che possediamo non egoisticamente, ma con animo aperto e sollecito verso le necessità dei poveri; cooperare con i mezzi di cui disponiamo alla edificazione della giustizia e della vera pace; servirsi dei beni materiali per costruire la vera fraternità umana.

Siate pronti - Luca nel ricordare queste parole di Gesù vuole, forse, mettere in luce la delusione di quei primi cristiani i quali credevano imminente la venuta del Cristo (cfr. 2Ts 2,1-12): il ritardo non deve sfiancare i credenti i quali non devono prendere pretesto da questo ritardo per agire irresponsabilmente (cfr. Mt 24,48).
L’insegnamento di Gesù è illustrato in modo molto incisivo da due parabole: quella del padrone che rientra di notte e quella del ladro che viene di notte.
La fine, quella personale e quella del mondo, sarà improvvisa perché è incerto il momento della morte e del ritorno del Signore. Quindi, la prospettiva è «quella della parusia: bisogna star pronti perché non si sa a che ora il Signore ritornerà. [Con i] fianchi cinti e le lucerne accese ... Si tratta di tenersi pronti, cioè in tenuta da viaggio [cfr. Es 12,11 per celebrare la Pasqua è necessario avere i fianchi cinti!]: si tratta, ancora una volta, di andare incontro al Signore che passa, che viene. Tenetevi pronti: come si vede, l’invito alla vigilanza viene articolato in ammonimenti [vv. 35 e 40], in parabole [36-38.39-40] e in beatitudini [37s]: alla luce dell’insegnamento sapienziale, Gesù non lascia mancare la promessa delle beatitudini» (Carlo Guidelli, Luca, Nuovissima Versione della Bibbia).
Oltre a tenersi pronto per il ritorno del padrone, il servo, come diligente amministratore, deve imparare ad essere fedele, per custodire i beni del padrone, e farsi prudente per una oculata amministrazione. Queste qualità in seguito verranno richieste agli episcopi e ai presbiteri (cfr. 1Tm 3,2-7; Tt 1,5-9).
Come il premio è commisurato alla diligenza, così il castigo alla pigrizia e alla conoscenza più o meno approfondita della volontà del padrone: come ricompensa, il servo fedele e saggio si vedrà affidare dal suo padrone un incarico più prestigioso, l’amministrazione di tutti i beni; come castigo il servo infedele sarà punito con rigore e sarà posto nel numero dei servi infedeli, fuori dalla comunità dei credenti.
Fuori metafora, se si sposta tutto al giorno del giudizio, Gesù, salutarmente, ha voluto suggerire ai suoi amici che la partita della vita eterna si gioca tutta sul campo del lavoro e dell’impegno quotidiano: solo chi è fedele fino alla fine potrà varcare la porta del Regno di Dio (cfr. Eb 3,19).

Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Siano cinti i vostri fianchi; si esorta alla vigilanza in attesa dell’arrivo del padrone in modo che i servi siano pronti a riceverlo degnamente ed a servirlo. L’immagine considera la tenuta che devono indossare i servi all’arrivo del loro padrone; l’espressione tuttavia può essere interpretata in due modi distinti: avere cioè le vesti strette da una cintura perché non siano svolazzanti e, così, non impediscano la libertà dei movimenti nel servizio della mensa (cf. vers. 37; Lc., 17,8); oppure: indossare la montura di servizio – noi diremmo la tenuta di gala – per accogliere degnamente il padrone al suo arrivo. Questa seconda interpretazione, oltre ad essere più fedele alla etimologia del verbo περιζζώνυμι (cingo tutto all’intorno; avvolgo intorno...), rispetta il parallelismo della frase, poiché nella seconda parte si parla di lampade accese; infatti per evitare ogni precipitazione e confusione all’arrivo del padrone - il quale potrebbe giungere anche in ore notturne – bisogna che i servi abbiano tutto pronto, specialmente le lampade.

Tenersi pronti per il ritorno del Signore - M. Didier (Dizionario di Teologia Biblica): Vegliare, in senso proprio, significa rinunziare al  sonno della notte; lo si può fare per prolungare il proprio lavoro (Sap 6,15) o per evitare di essere sorpresi dal nemico (Sal 127,1s). Di qui un senso metaforico: vegliare significa essere vigilante, lottare contro il torpore e la negligenza per giungere alla meta prefissa (Prov 8, 34). Per il credente la meta è d’essere pronto ad accogliere il Signore, quando verrà il suo giorno; per questo egli veglia ed è vigilante, per vivere nella notte senza essere della notte.
1. Nei vangeli sinottici l’esortazione alla vigilanza è la raccomandazione principale che Gesù rivolge ai suoi discepoli a conclusione del discorso sui fini ultimi e sull’avvento del figlio dell’uomo (Mc 13,33-37). «Vegliate dunque, perché non sapete in qual giorno il vostro Signore verrà» (Mt 24,42). Per esprimere che il suo ritorno è imprevedibile, Gesù si serve di diversi paragoni e parabole che stanno all’origine dell’uso del verbo vegliare (astenersi dal dormire). La venuta del figlio dell’uomo sarà imprevista come quella di un ladro notturno (Mt 24,43 s), come quella del padrone che rientra durante la notte senza avere preavvisato i suoi servi (Mc 13, 35 s). Come il padre di famiglia prudente, oppure il buon servo, il cristiano non deve lasciarsi vincere dal sonno, deve vegliare, cioè stare in guardia e tenersi pronto per accogliere il Signore. La vigilanza caratterizza quindi l’atteggiamento del discepolo che  spera ed attende il ritorno di Gesù; consiste innanzitutto nell’essere sempre all’erta, e per ciò stesso esige il distacco dai piaceri e dai beni terreni (Lc 21,4ss). Poiché l’ora della parusia è imprevedibile, bisogna prendere le proprie disposizioni per il caso che si faccia attendere: è l’insegnamento della parabola delle vergini (Mt 25,1-13).
2. Nelle prime lettere paoline, dominate dalla prospettiva escatologica, si trova l’eco dell’esortazione evangelica alla vigilanza, specialmente in 1Tess 5,1-7. «Noi non siamo della notte, né delle tenebre; non dormiamo quindi come gli altri, ma vegliamo, siamo sobri» (5,5s). Il Cristiano, essendosi convertito a Dio, è «figlio della  luce», quindi deve rimanere sveglio e resistere alle tenebre, simbolo del male, altrimenti corre il rischio di essere sorpreso dalla parusia. Questo atteggiamento vigilante esige la sobrietà, cioè la rinuncia agli eccessi «notturni» ed a tutto ciò che può distrarre dall’attesa del Signore; esige nello stesso tempo che si indossi l’armatura spirituale: «rivestiamoci della fede e della carità Come di Corazza, e della speranza della salvezza come di elmo» (5,8). In una lettera posteriore S. Paolo, temendo che i cristiani abbandonino il loro fervore primitivo, li invita a risvegliarsi, ad uscire dal loro sonno ed a prepararsi per ricevere la salvezza definitiva (Rom 13, 11-14).
3. Nell’Apocalisse il messaggio che il giudice della fine dei tempi rivolge alla comunità di Sardi è una esortazione pressante alla vigilanza (3,1ss). Questa Chiesa dimentica che Cristo deve ritornare; se non si risveglia, egli la sorprenderà come un ladro. Viceversa, beato «colui che veglia e conserva le sue vesti» (16, 15); egli potrà partecipare al corteo trionfale del Signore.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  “Dovunque tu vada, qualunque cosa tu compia, sia nelle tenebre, sia alla luce del giorno, hai l’occhio di Dio che ti guarda” (San Basilio, Omelia sul Salmo 32,8 PG 29,343A).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

La partecipazione a questi sacramenti
salvi il tuo popolo, Signore,
e lo confermi nella luce della tua verità.
Per Cristo nostro Signore.