12 AGOSTO 2019


Lunedì XIX Settimana T. O.

Dt 10,12-22; Sal 147; Mt 17,22-27


Colletta: Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Il cuore del racconto evangelico non è il miracolo in sé, ma il motivo per cui è compiuto: per evitare di scandalizzarli. La tassa consisteva in un contributo annuale e personale per i bisogni del tempio (Es 30,13-15). Gesù, in quanto Dio (Rm 9,5) e autore della Legge, poteva esentarsi da questo obbligo, ma per non dare scandalo invita Pietro a pagare la tassa del Tempio. Un insegnamento ancora oggi assai valido, essere inseriti in un contesto socio-politico significa accettare tutte le regole per una sana e civile convivenza. Solo dinanzi a leggi ingiuste e immorali è doveroso il dissenso.

Dal Vangelo secondo Matteo 17,22-27: In quel giorno, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».  

In quel giorno, mentre si trovavano insieme in Galilea - Ortensio Da Spinetoli (Matteo): Un nuovo sommario (cfr. 16,21) sui discorsi riguardanti la passione-risurrezione. Più succinto del precedente e meno dettagliato: non si fa menzione di Gerusalemme né delle autorità che condanneranno il messia. Anche qui (cfr. 16,21) l’accenno della risurrezione al terzo giorno, Questa volta gli apostoli cominciano a prendere sul serio l’annuncio e rimangono profondamente rattristati.
La questione del tributo per il santuario è riportata solo dal primo evangelista. L’intento di Matteo è dimostrare attraverso un esempio proveniente direttamente da Gesù, l’indipendenza della comunità cristiana dalle leggi del culto e dal tempio. Il fatto che Pietro venga interpellato al posto di Gesù è singolare, come è anche singolare che Gesù tratti solo con l’apostolo la questione e lo incarichi di pagare per entrambi. Pietro e Gesù, fanno ormai, al meno quando l’evangelista scrive, causa comune; per l’evangelista l’equiparazione era già avvenuta.
L’imposta per il tempio è una legge da cui Gesù riconosce esente se stesso e i suoi sudditi (i figli del regno).
Ma una volta salvato il principio della sua personale libertà, per evitare sgradevoli reazioni in anime innocenti o malintenzionate, paga egualmente. E per completare la lezione compie insieme un miracolo. Identico spirito di «accomodamento» mostrerà l’apostolo Paolo in analoghe circostanze (cfr. 1Cor. 8,13; At. 21,26 ecc.).

I figli sono liberi - Gli uomini, figli adottivi d Dio - H. Renard e P. Grelot (Dizionario di Teologia Biblica): 1. Nei sinottici la filiazione adottiva, di cui parlava già il VT, è affermata a più riprese: Gesù non insegna soltanto ai suoi a chiamare Dio «Padre nostro» (Mt 6,9), ma dà il titolo di «figli di Dio» ai pacifici (5,9), ai caritatevoli (Lc 6,35), ai giusti risuscitati (20,36). 2. Il fondamento di questo titolo è precisato nella teologia paolina. L’adozione filiale era già uno dei privilegi di Israele (Rom 9,4), ma in un senso molto più stretto tutti i cristiani sono ora figli di Dio mediante la fede in Cristo (Gal 3,26; Ef 1,5). Hanno in sé lo Spirito che li rende figli adottivi (Gal 4,5ss; Rom 8,14-17); sono predestinati a riprodurre in sé l’immagine del Figlio unico (Rom 8,29); sono istituiti coeredi con lui (Rom 8,17). Ciò suppone in essi una vera rigenerazione (Tit 3, 5; cfr. 1Piet 1,3; 2,2) Che li fa partecipare alla vita del Figlio; tale è di fatto il senso del battesimo, che fa vivere l’uomo di una vita nuova (Rom 6,4). Così siamo figli di adozione nel Figlio per natura, e Dio ci tratta come tali, anche quando gli avviene di mandarci i suoi castighi (Ebr 12,5-12). 3. La dottrina degli scritti giovannei ha esattamente lo stesso suono. Bisogna rinascere, dice Gesù a Nicodemo (Gv 3, 3. 5) dall’acqua e dallo Spirito. E questo perché, effettivamente, a coloro che credono in Cristo, Dio dà il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12). Questa vita di figli di Dio è per noi una realtà attuale, benché ignorata dal mondo (1Gv 3,1). Giorno verrà in cui essa sarà manifestata apertamente, ed allora saremo simili a Dio, perché lo vedremo come egli è (1Gv 3,2). Non si tratta quindi più soltanto di un titolo che mostra l’amore di Dio per le sue creature: l’uomo partecipa alla natura di colui che lo ha adottato come figlio (2 Piet 1,4).

Ma, per evitare di scandalizzarli: Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Per non suscitare dello stupore tra i semplici, Gesù paga l’imposta per il tempio; inoltre l’atto in sé era buono, poiché suggerito da un sentimento religioso, Cristo quindi lo compie. Il Maestro poteva servirsi di mezzi naturali per avere il denaro necessario per il pagamento, egli tuttavia è ricorso ad un miracolo; L’elemento soprannaturale consiste nell’aver predetto con circostanze dettagliate il modo con il quale il Maestro e Pietro avrebbero pagato la tassa. I pesci si gettano avidamente su ciò che avvistano, uno di essi aveva ingoiato uno statere. Pietro lo prende con l’amo e vi trova la moneta desiderata (per i particolari del fatto, cf. D. Buzy, Évangile selon St. Matthieu, Parigi 1950, p. 233). Lo statere valeva quattro dramme (cioè due didramme) e serviva esattamente per il pagamento della tassa di Gesù e di Pietro (consegnalo ad essi per me e per te). L’episodio ha un valore speciale per il Vangelo “ecclesiastico” di Matteo; quest’evangelista, che sottolinea la preminenza di Pietro sopra gli altri apostoli, ricorda come Gesù abbia associato questo discepolo a sé, facendolo partecipe dello stesso miracolo e dandogli un segno manifesto di una particolare attenzione. Il miracolo svela indirettamente le condizioni nelle quali amava vivere Cristo; egli non possedeva nemmeno la piccola somma per soddisfare il tributo al tempio.

Gesù occasione di scandalo - J. Guhrt (Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento): a) Il Nuovo Testamento dà molto rilievo al fatto che Gesù diventa occasione di scandalo per qualcuno [...] I discepoli si scandalizzano a motivo della sua passione (Mt 26,31), non trovando conciliabile con le loro idee quest’estrema umiliazione del Signore. Anche per Giovanni Battista, Gesù è in qualche modo motivo di scandalo (cf. Mt 11,3-6), perché non si aspettava che il messia comparisse sulla scena in quel modo. I farisei, dal canto loro, prendono scandalo dalla dottrina di Gesù (Mt 15, 12), che non corrisponde alla loro concezione legalistica, alla loro religiosità «sinergistica», basata cioè sulle opere: uno scandalo, questo dei farisei, tanto più profondo, se si pensa che Gesù li paragona alla gramigna che, prima a poi, dev’essere divelta e buttata via (v. 13; cf. Mt 13,24ss).
b) Lo scandalo provocato da Gesù ha la sua radice nella croce (1Cor 1,23), che sconvolge ogni sapienza umana ed esclude qualsiasi concorso dell’uomo alla salvezza (Gal 5,11: la circoncisione). Ed è uno scandalo che deve rimanere, se si vuole che il vangelo resti messaggio di salvezza.
c) Lo scandalo provocato da Cristo ha il suo fondamento nel piano di Dio. Sia la citazione di Rm 9,33: « Ecco che io pongo in Sion una pietra di scandalo e un sasso d’inciampo» (citazione composita da Is 8,14 e 28,16) sia il passo di 1Pt 2,8 («sasso d’inciampo e pietra di scandalo») si riferiscono entrambi a Gesù. Questa testimonianza della Scrittura spiega perché i giudei siano stati dapprima, ma non definitivamente, esclusi dalla salvezza (Rm) e perché a causa dell’incredulità respingano Gesù (1Pt). Nello scandalo si manifesta un lato dell’elezione divina (cf. 1Pt 2,8: «essi vi inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati»; cf. anche Lc 2,34).
Tuttavia Gesù e il suo vangelo diventano causa di peccato soltanto attraverso l’incredulità, quando cioè la salvezza che egli porta viene respinta perché non risponde alle aspettative umane. Chi infatti crede in lui «non sarà deluso» (Rm 9,33b; 1Pt 2,6b), mentre in lui inciamperà chi non crede (2,8). È per colpa della cecità dell’uomo se Gesù diventa motivo di scandalo e di perdizione. Questo vale (cf. per es. Mt 15,14) per i farisei o, più in generale - come è detto nella 1Gv - per l’uomo che cammina nelle tenebre perché non ama il prossimo; per chi invece ama il prossimo, non v’è occasione d’inciampo (cf. 1Gv 2,10-11). Le parole di Gesù sul suo corpo come cibo per la vita eterna suonano come un « discorso duro» per molti discepoli, che ne restano turbati e scandalizzati (Gv 6,60-61) e in parecchi lo abbandonano (ivi vv. 66ss). Il loro è un comportamento colpevole. In Gesù essi non vedono altro che carne («la carne non giova a nulla: v. 63).

Lo scandalo - Tentiamo innanzi tutto una definizione: «Lo scandalo è l’atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla rettitudine, può trascinare il proprio fratello alla morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione e omissione induce deliberatamente altri in grave mancanza» (Catechismo della Chiesa Cattolica 2284). E ancora, lo scandalo «assume una gravità particolare a motivo dell’autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono [...]. Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona ai lupi rapaci in veste di pecore» (ibidem 2285).
La gravità sta nel fatto che è in gioco la fede dei “piccoli” (cfr Mc 9,42ss)), sta nel fatto che possono essere uccisi spiritualmente. L’uomo, oggi, ha trovato dei sotterfugi per trarsi d’impaccio e per non farsi sbranare dal verme che non muore. I suoi trucchi sono quelli di trasformare tutto in arte o di propagare vergognose licenziosità come conquiste di civiltà; così la pornografia è arte e i matrimoni gay, l’aborto, il divorzio spacciati come conquiste ...  È grottesco, come fa notare Vincenzo Raffa, «sbandierare gli ideali di libertà, di arte, di cultura, di civiltà, di liberazione umana, di progresso e così via, quando altro non c’è che profonda depravazione, sollecitudine alla violazione delle leggi più fondamentali, offesa alla religione, sovvertimento della legittima autorità» (Liturgia festiva). Il tutto diventa ancora più disgustoso e più ripugnante quando «il movente reale è l’impinguamento del proprio portafoglio, l’eliminazione disonesta dell’avversario, la destabilizzazione di una dirigenza scomoda, magari pienamente legittima e fattivamente impegnata al bene comune» (ibidem).
Ormai siamo abituati a tutto, ma, come affermava, Erasmo da Rotterdam, «i mali che non si avvertono sono i più pericolosi».

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  «I mali che non si avvertono sono i più pericolosi» (Erasmo da Rotterdam).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

La partecipazione a questi sacramenti
salvi il tuo popolo, Signore,
e lo confermi nella luce della tua verità.
Per Cristo nostro Signore.