21 Luglio 2019

XVI Domenica T. O.

Gen 18,1-10a; Sal 14 (15); Col 1,24-28; Lc 10,38-42


Colletta: Padre sapiente e misericordioso, donaci un cuore umile e mite, per ascoltare la parola del tuo Figlio che risuona ancora nella Chiesa, radunata nel suo nome, e per accoglierlo e servirlo come ospite nella persona dei nostri fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


Prima Lettura: È il racconto di una apparizione di Jahve ad Abramo accompagnato da due «uomini», che, secondo Gen 19,1, sono due angeli. Inizialmente Abramo alla vista dei «tre uomini» riconosce solo ospiti umani. Prostrandosi dinanzi a loro fino a terra in segno di omaggio li accoglie con grande gioia e abbondanza di cibo. Il carattere divino dei «tre uomini» non si manifesterà che progressivamente (vv. 2.9.13.14). Nel lasciare la tenda di Abramo, Dio promette al patriarca la nascita di un figlio compiendo così la promessa di una posterità. Il vecchio Abramo avendo «creduto in Dio, camminando alla sua presenza e in alleanza con lui, è pronto ad accogliere sotto la propria tenda l’Ospite misterioso: è la stupenda ospitalità di Mamre, preludio dell’Annunciazione del vero Figlio della Promessa» (Catechismo della Chiesa Cattolica 2571). Poiché il testo esita in parecchi luoghi tra il plurale e il singolare, in «questi tre uomini», ai quali Abramo si rivolge al singolare, molti Padri hanno visto l’annunzio del mistero della Trinità, la cui piena rivelazione era riservata al Nuovo Testamento.

Salmo Responsoriale: Il salmista considera le condizioni necessarie per abitare nella tenda del Signore, e dimorare sul suo santo monte. Ne risulta una preghiera piena di propositi e di sentita, seppur implicita, invocazione per poterli attuare e mantenere. La tenda del Signore sul santo monte è il tempio, dove nel “santo dei santi” c’era l’arca dell’alleanza con la presenza tra i cherubini della gloria di Jahwéh. Questo salmo noi lo recitiamo guardando alla reale presenza di Cristo nell’Eucaristia. Per dimorare col cuore nella tenda, cioè rimanere nel raggio dell’Eucaristia, è necessaria una vita secondo il Vangelo. L’espressione “Ai suoi occhi è spregevole il malvagio”, va spogliata della tentazione del disprezzo. E’ solo un non vedere il malvagio come un modello da imitare. Noi dobbiamo separare il peccato dal peccatore, per non cadere nell’errore di giudicare e condannare, benché egli sia ben riconoscibile quale peccatore (Mt 7,20): “Dai loro frutti dunque li riconoscerete”. Onorare chi teme il Signore è, per viceversa, stimarne l’esempio, imitarne il comportamento; è un rispetto profondo poiché Dio è presente - inabitazione - nel cuore del giusto. Chi agisce con rettitudine rimane nel raggio dell’Eucaristia e da essa trae la forza per rimanervi con sempre maggiore intensità d’amore. Egli “resterà saldo per sempre” (Perfetta letizia, I Salmi commentati).

Seconda Lettura: Cristo Gesù «ha sofferto per stabilire il regno di Dio e tutti coloro che condividono la sua opera devono condividere le sue sofferenze. Paolo non pretende certamente di aggiungere qualche cosa al valore propriamente redentivo della croce, a cui non potrebbe mancare nulla; ma si associa alle “prove” di Gesù, cioè alle sue tribolazioni apostoliche [Cf. 2Cor 1,5; Fil 1,20]. Queste prove dell’era messianica [Cf. Mt 24,8; At 14,22; 1Tm 4,1] comportano una misura prevista dal piano divino e che Paolo, in quanto apostolo dei pagani, si sente particolarmente chiamato a colmare» (Bibbia di Gerusalemme). Il mistero ora manifestato è la chiamata dei pagani alla salvezza e alla gloria celeste con l’unione al Cristo (Cf. Ef 2,13-22; 3,3-6).

Vangelo: Questo racconto è esclusivo di Luca. Il villaggio è Betania dove abitavano le sorelle Marta e Maria con il fratello Lazzaro. È una località della Giudea, attualmente parte della Cisgiordania, molto vicina a Gerusalemme. La casa dei tre fratelli era sempre aperta al Maestro (Mt 26,6-13; Mc 14.3-9; Lc 10,38-42; Gv 11,1-46; 12,1-8), ma, soprattutto, era aperto il loro cuore, una cara intimità frutto di una sincera amicizia. Le due sorelle si ritrovano con gli stessi tratti di carattere nel racconto della risurrezione del fratello Lazzaro (Cf. Gv 11,1-46). Ad accogliere Gesù è Marta la quale, facendo onore al suo nome che significa «padrona», si affretta ad infilarsi in cucina tra le stoviglie per accogliere con una magnifica ospitalità il divino Ospite. Maria invece si accoccola ai piedi del Maestro per ascoltare la sua parola.
Marta tra le pentole, Maria ai piedi del Maestro. Anche se sant’Agostino dice che entrambi «i comportamenti sono degni di lode», in verità solo Maria viene lodata dal Signore, diventando in questo modo il tipo del vero discepolo di Gesù.

Dal Vangelo secondo Luca 10,38-42: In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».   
Maria seduta ai piedi del Signore - Il mettersi ai piedi di Gesù Maestro è l’atteggiamento del discepolo, ma non bisogna trascurare il fatto che Maria è una donna. Per capire la portata rivoluzionaria del gesto basta ricordare il posto che la donna occupava nella società contemporanea ai fatti evangelici. Praticamente, il più basso.
In Gv 4,27 i discepoli si meravigliano che Gesù stia parlando con una donna. Lo scandalo non viene dal fatto che quella donna era una samaritana di facili costumi, ma semplicemente donna e perciò stesso non degna di considerazione. In tribunale non veniva accettata la testimonianza della donna ed era esclusa dalla vita cultuale e liturgica. Nel tempio e nella sinagoga vi erano ambiti esclusivamente destinati alle donne, per cui erano separate fisicamente dagli uomini. Così in casa in quanto non mangiavano con gli uomini, ma in sale appartate. Potevano essere ripudiate per futili motivi. Non partecipavano alle discussioni in pubblico, non potevano uscire, se non per lavorare nei campi o per prendere l’acqua; dovevano portare il velo. Nell’ambiente rabbinico circolava l’opinione secondo cui, piuttosto che consegnare la Torà ad una donna, era meglio bruciarla.
Gesù in questa occasione, ma non soltanto in questa circostanza, sta sovvertendo un modo di pensare, una convenzione sociale del suo tempo. Gesù è un uomo libero da pregiudizi o idee preconcette e anche per tale questione agisce con grande libertà. Accetta di essere ospitato da donne e va oltre, accettando di avere anche un seguito femminile per il soddisfacimento dei comuni bisogni logistici (Cf. Lc 8,1-3).
Anche in quest’occasione, in casa di Marta e Maria, Gesù «va oltre, ammettendo una di esse come uditrice della parola. La formula nell’opera lucana indica l’annuncio del messaggio specifico di Gesù: Lc 5,2; At 13,7.44; 19,10. Tra Maria e Gesù non è dunque in corso una conversazione qualsiasi, tanto per intrattenere l’ospite in attesa che il pranzo sia servito. Le posizioni fisiche stesse dei due personaggi dicono che qui Gesù è ritratto come il Maestro che insegna e Maria come la discepola che ascolta [...]. Maria è ammessa anche lei nel gruppo dei discepoli senza inferiorità alcuna» (G. Corti).

Maria ascoltava la parola di Gesù - C. Augustin (Dizionario di Teologia Biblica): La rivelazione biblica è essenzialmente parola di Dio all’uomo. Ecco perché, mentre nei misteri greci e nella gnosi orientale la relazione dell’uomo con Dio si fonda soprattutto sulla visione, secondo la Bibbia «la fede nasce dall’ascolto» (Rom 10, 17).
1. L’uomo deve ascoltare Dio. a) Ascoltate, grida il profeta con l’autorità di Dio (Am 3,1; Ger 7,2). Ascoltate, ripete il sapiente in nome dell’esperienza e della conoscenza della legge (Prov 1,8). Ascolta, Israele, ripete ogni giorno il pio israelita per compenetrarsi della volontà del suo Dio (Deut 6,4; Mc 12,29). Ascoltate, riprende a sua volta Gesù stesso, parola di Dio (Mc 4,3.9 par.). Ora, secondo il senso ebraico della parola verità, ascoltare, accogliere la parola di Dio, non significa soltanto prestarle attento orecchio, significa aprirle il proprio cuore (Atti 16,14), metterla in pratica (Mt 7,24 ss), obbedire. Questa è l’obbedienza della fede richiesta dalla predicazione ascoltata (Rom 1,5; 10,14 ss).
b) Ma l’uomo non vuole ascoltare (Deut 18,16.19), ed è questo il suo dramma. È sordo agli appelli di Dio; il suo orecchio ed il suo cuore sono incirconcisi (Ger 6, 10; 9,25; Atti 7,51). Ecco il peccato dei Giudei denunziato da Gesù: «Voi non potete ascoltare la mia parola... Chi è da Dio ascolta le parole di Dio; se voi non ascoltate, è perché non siete da Dio» (Gv 8,43.47). Di fatto Dio solo può aprire l’orecchio del suo discepolo (Is 50,5; cfr. 1Sam 9,15; Giob 36,10), «forarglielo» perché obbedisca (Sal 40,7s). Quindi, nei tempi messianici, i sordi sentiranno, ed i miracoli di Gesù significano che infine il popolo sordo comprenderà la parola di Dio e gli obbedirà (Is 29,18; 35,5; 42,18ss; 43,8; Mt 11,5). È quel che proclama ai discepoli la voce dal cielo: «Questo è il mio Figlio diletto, ascoltatelo» (Mt 17,5 par.). Maria, abituata a conservare fedelmente le parole di Dio nel proprio cuore (Lc 2,19.51), è stata proclamata beata dal figlio Gesù, quando ha rivelato il senso profondo della sua maternità: «Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono» (Lc 11,28)
2. Dio ascolta l’uomo. - Nella sua preghiera l’uomo domanda a Dio di ascoltarlo, cioè di esaudirlo. Dio non ascolta né gli ingiusti, né i peccatori (Is 1,15; Mi 3,4; Gv 9,31); ma ascolta il povero, la vedova e l’orfano, gli umili, i prigionieri (Es 22,22-26; Sal 10,17; 102,21; Giac 5,4). Ascolta i giusti, coloro che sono pii e fanno la sua volontà (Sal 34,16.18; Gv 9,31; 1Piet 3,12), coloro che domandano secondo la sua volontà (1 Gv 5,14s). E lo fa perché ascolta «sempre» il suo Figlio Gesù (Gv 11,41s), attraverso il quale passa per sempre la preghiera del cristiano. 

Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? - L’esempio di Maria ai piedi del Maestro che ascolta la sua parola servirà come paradigma per la Chiesa nascente.
I capi della primitiva comunità cristiana andranno per le vie di Maria e così al servizio delle mense (diaconia, il verbo che troviamo in Lc 10,40 e Atti 6,2) preferiranno la predicazione e la preghiera. Quando alcuni ellenisti si lamenteranno perché le loro vedove erano trascurate «nella assistenza quotidiana» (Atti 6,1), la risposta di Pietro non si farà attendere: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate tra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo quest’incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola» (Atti 6,2-4).
Nella risposta di Pietro vi è un salutare insegnamento: l’eccessivo impegno sociale spegne l’annunzio e rarefà la preghiera. Le comunità cristiane di ogni tempo trovano la vera loro identità nel cercare «anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6,33), nell’occuparsi «delle cose del Padre» (Lc 2,49) e nel vivere «non di solo pane [...], ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».   (Vangelo)
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Assisti, Signore, il tuo popolo,
che hai colmato della grazia di questi santi misteri,
e fa’ che passiamo dalla decadenza del peccato
alla pienezza della vita nuova.
Per Cristo nostro Signore.