MARTEDÌ 4 GIUGNO 2019
Messa del Giorno
MARTEDÌ DELLA VII SETTIMANA DI PASQUA
Prima Lettura: Dagli Atti degli Apostoli 20,17-27; Salmo Responsoriale: Dal Salmo 67 (68); Vangelo: Dal Vangelo secondo Giovanni 17,1-11a
Colletta: Padre onnipotente e misericordioso, fa’ che lo Spirito Santo venga ad abitare in noi e ci trasformi in tempio della sua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Vangelo - Padre, glorifica il Figlio tuo.
Padre, è venuta l’ora: è giunta l’ora, il momento della glorificazione che avverrà mediante la passione, morte e risurrezione; è l’ora della prova, gli Apostoli abbandoneranno Gesù, ma dopo lo smarrimento ritorneranno nell’ovile, rinfrancati dalla luce della Risurrezione. Nel momento di lasciare il mondo e ritornare al Padre, Gesù prega per i suoi amici (Gv 15,15): essi restano nel mondo, e il mondo è pieno di insidie e di tentazioni. Gesù non prega per il mondo, cioè per coloro che non hanno accolto la sua parola di verità, ma prega per coloro che il Padre gli ha dato e hanno creduto che il Padre lo ha mandato nel mondo per la salvezza di tutti gli uomini.
Dal Vangelo secondo Giovanni 17,1-11a: In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».
Gesù, alzàti gli occhi al cielo... Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Questa preghiera, a motivo del tono ieratico, è stata chiamata sacerdotale. In Gv 17 infatti Gesù è presentato come il sommo sacerdote celeste che intercede per i suoi fratelli (cf. 1Gv 2,ls; Rm 8,34; Eb 4,15; 7,25). II Cristo infatti prega per i suoi discepoli presenti e assenti (Gv 17,6-26), adoperando alcune espressioni che lo mostrano nella sua condizione celeste (cf. Gv 17,11). Ciò nonostante, la preghiera di Gv 17 è segnata profondamente dagli ultimi eventi della vita terrena di
Gesù; essa si apre con la locuzione: «Padre, è venuta l’ora» (v. 1) e le richieste a Dio sono legate profondamente allo scoccare di quest’«ora» del Cristo: la glorificazione del Figlio, la protezione paterna dei discepoli soprattutto nei momenti di prova, l’unità dei credenti.
Il genere letterario di questa sublime preghiera rientra negli schemi dei testamenti a discorsi di addio dei patriarchi. Non solo nei documenti giudaici ma anche nell’AT troviamo esempi di questo genere letterario. I discorsi di Mosè riportati nel libro del Deuteronomio, alla vigilia della sua morte, sono conclusi da un cantico di lode (Dt 32) e da una lunga preghiera di benedizione per le singole tribù d’Israele (Dt 33). Nel libro dei giubilei sono riportate le ultime esortazioni dei patriarchi ai loro discendenti; questi ammonimenti spesso sono coronati da una preghiera di ringraziamento a d’intercessione (cf. 21,1-25; 22,6ss; 36,1-16). In Gv 17 Gesù e prime le sue ultime volontà in forma di preghiera al Padre. In questo contesto di testamento spirituale il verbo «voglio», adoperato dal Cristo in Gv 17,24, rafforza la tesi del genere letterario qui proposto.
La sublime preghiera di Gv 17 chiude il quarto vangelo, prima del racconto della passione, morte e risurrezione di Gesù; per il suo carattere poetico forma una grande inclusione con il prologo, la pagina lirica che apre quest’opera giovannea. Inoltre l’uso del nome «Gesù Cristo», che nel quarto vangelo ricorre unicamente in Gv 1,17; 17,3, il riferimento alla vita del Figlio di Dio prima della creazione del mondo (Gv 1,1ss; 17,5.24), la tematica della incredulità espressa mediante la locuzione «il mondo non ha riconosciuto» (Gv 1,10; 17:,25), che nel quarto vangelo sembra trovarsi solo in questi due passi, parimenti la contemplazione della gloria del Figlio unigenito da parte dei discepoli, argomento che solo in Gv 1,14; 17,24 viene espresso con la locuzione «contemplare la gloria», accentuano questo carattere di inclusione tra l’inno al Verbo (Gv 1,1-18) e la preghiera dell’«ora» (Gv 17),
Padre - Alain Marchadour (Vangelo di Giovanni): La preghiera di Gesù inizia con un’invocazione filiale: la parola «Padre» potrebbe essere la trascrizione dell’aramaico “abba”, termine familiare per dire «papà», poco usato nel giudaismo e abituale a Gesù (Lc 11,2; Mc 14,36).
La gloria del Figlio e la gloria del Padre sono interdipendenti (13,31-32). L’esaltazione in croce segna l’avvento dell’ora. Portando a compimento la missione che il Padre gli ha affidato, Gesù glorifica Dio. Colui che accoglie questa gloria di Dio presente in Gesù crocifisso riceve la vita eterna, vale a dire entra nell’intimità (la «conoscenza») del vero Dio e di suo Figlio Gesù Cristo. Stranamente, pur parlando egli stesso, Gesù è indicato con il suo nome: «Colui che tu hai mandato, Gesù Cristo». Possiamo scorgere in ciò un evidente elemento redazionale, per cui Giovanni mescola il discorso della comunità con le parole del Cristo. I vv. 6-8 sottolineano che, nella glorificazione del Padre, l’opera di Gesù fu di «manifestare il nome di Dio».
L’insistenza di Gesù sulla «conoscenza di Dio» come sorgente della vita è stata considerata da alcuni come un’influenza gnostica. Ma alla gnosi mancano due tratti presenti in Giovanni, anzitutto questa conoscenza è trasmessa attraverso un evento concreto e singolare: la morte e la risurrezione di Gesù; in secondo luogo la vita eterna è data fin d’ora su questa terra, che la gnosi invece esorta a disertare.
La gloria di Gesù qui manifestata e riconosciuta esisteva «prima che il mondo fosse», nell’amore eterno che unisce il Padre e il Figlio (17,24), a immagine della sapienza che, «costituita prima dei primordi della terra, era la delizia del Signore» (Pro 8,23-31).
Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te - Fausto Longo L - Giuseppe Barbaglio (Schede Bibliche Pastorali - Vol. IV): L’autore del quarto vangelo racconta l’incarnazione, il ministero pubblico, la passione e risurrezione di Gesù nella convinzione che la gloria di Dio ci si è manifestata dall’inizio alla fine. Ma essa viene colta solo con gli occhi della fede. Giovanni omette la trasfigurazione, perché nel suo vangelo la gloria non è riservata ad alcun episodio particolare, ma si estende a tutta la vita del Verbo incarnato. Il suo è davvero il vangelo della gloria!
Nel prologo l’ascesa della spirale tocca il suo vertice con la grande affermazione: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14).
La gloria di Gesù, per Giovanni, non è un fulgore luminoso esterno, ma la potenza spirituale di cui è penetrato e che, datagli dal Padre, gli permette di vivificare o giudicare ogni creatura. Tale gloria si manifesta nelle parole e nelle opere del suo ministero terrestre, ma soprattutto nei miracoli. Essi sono segni che simboleggiano tutta la sua opera spirituale: guarigione dal peccato, comunicazione della vita eterna. L’evangelista annota in 2,11: «Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Can a di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui».
Passando poi da un senso all’altro del termine «gloria», Giovanni ci mostra Gesù che cerca unicamente la gloria - nel senso biblico - del Padre e rinuncia alla gloria - nel senso greco di fama - di origine umana, quella che gli sarebbe stata a portata di mano con una manifestazione messianica terrestre (8,50.54; 5,44; 7,18).
Poiché la passione è l’opera per eccellenza che il Padre ha affidato a Gesù, essa è per Giovanni la glorificazione di Gesù (12,23; 13,31) e la sua esaltazione (3,14; 8,28; 12,32-34), non solo perché si completa nella risurrezione e forma con essa un movimento unico verso la gloria piena, ma anche perché essa stessa è la manifestazione suprema dell’amore di Gesù per gli uomini e dell’amore del Padre per Gesù.
Anche per l’autore della lettera agli Ebrei, il tema della gloria ha notevole rilievo. Il Figlio di Dio vi è descritto come «irradiazione della gloria» del Padre (Eb 1,3), così come la sapienza di Dio era detta «splendore della luce eterna» (Sap 7,25-26).
Anche il mistero di Cristo che muore e che risorge viene spiegato con il tema della gloria: «Però quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti» (2,9).
Dio, il Padre dei cristiani - Paul Ternant: Gli uomini hanno il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12), perché Gesù lo è per natura. Il Cristo dei sinottici apporta i primi barlumi su questo punto, identificandosi con i suoi (ad es. Mt 18,5; 25,40), dicendosi loro fratello (28,10) ed una volta designandosi persino con essi sotto l’ appellativo comune di «figli» (17,26). Ma la piena luce ci viene da Paolo, secondo il quale Dio ci libera dalla schiavitù e ci adotta come figli (Gal 4,5 ss; Rom 8,14-17; Ef 1,5) mediante la fede battesimale, che fa di noi un solo essere in Cristo (Gal 3,26 ss), e di Cristo un figlio primogenito, che divide con i suoi fratelli l’eredità paterna (Rom 8,17.29; Col 1,18). Lo Spirito, essendo l’agente interno di questa adozione, ne è pure il testimone; e l’attesta ispirandoci la preghiera stessa di Cristo al quale ci conforma: Abba (Gal 4,6; Rom 8,14ss.29).
Dalla Pasqua la Chiesa, recitando il «Padre nostro », esprime la coscienza di essere amata dello stesso amore di cui Dio circonda il suo Figlio unico (cfr. 1Gv 3,1); ed è questo che Luca indubbiamente suggerisce facendoci dire soltanto: «Padre!» (Lc 11,2), come Cristo.
La nostra vita filiale, manifestata nella preghiera, si esprime pure con la carità fraterna; infatti se amiamo il nostro Padre, non possiamo non amare anche tutti i suoi figli, nostri fratelli: «Chiunque ama colui che ha generato, ama anche il generato da lui» (1Gv 5,1).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La nostra vita filiale, manifestata nella preghiera, si esprime pure con la carità fraterna.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Padre santo, che ci hai nutriti di Cristo pane vivo,
fa’ che il tuo Spirito, operante in questi misteri pasquali,
ci guidi alla verità tutta intera, perché con la parola
e le opere edifichiamo la tua Chiesa.
Per Cristo nostro Signore.
fa’ che il tuo Spirito, operante in questi misteri pasquali,
ci guidi alla verità tutta intera, perché con la parola
e le opere edifichiamo la tua Chiesa.
Per Cristo nostro Signore.