LUNEDÌ 3 GIUGNO 2019

Messa del Giorno

SANTI CARLO LWANGA E COMPAGNI, MARTIRI – MEMORIA

Prima Lettura: Dagli Atti degli Apostoli 19,1-8; Salmo Responsoriale: Dal Salmo 67 (68); Vangelo: Dal Vangelo secondo Giovanni 16,29-33

Colletta: O Dio, che nel sangue dei martiri hai posto il seme di nuovi cristiani, concedi che il mistico campo della Chiesa, fecondato dal sacrificio di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni, produca una messe sempre più abbondante, a gloria del tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo ...

Vangelo - Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!

La professione di fede dei discepoli, per questo crediamo che sei uscito da Dio, ancora non è intaccata dallo scandalo della Croce. Gli Apostoli sembrano aver dimenticato che il Calvario è dietro l’angolo, e così quando tutto sembra tranquillo e quando la pace regna sovrana nel cuore è facile professare la fede, ma sarà un po’ più difficile farlo nella prova, e quanto vuol suggerire Gesù ai discepoli: Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conti suo e mi lascerete solo. Nel proseguo del brano giovanneo tre affermazioni: Gesù nel momento estremo della prova non sarà solo, perché il Padre è con lui; la profezia di quanto avverrà nei giorni della sua passione, fuga dei discepoli, tradimento di Giuda e apostasia di Pietro, è tesa rafforzare la fede dei discepoli nel Maestro, colui che sa tutto; e, infine, il mondo sarà sempre ostile, un nemico da osteggiare. ma non potrà mai prevalere perché Gesù ha vinto il mondo, intendendo per mondo tutte le potenze offensive nei confronti della Chiesa. 

Dal Vangelo secondo Giovanni 16,29-33: In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio». Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato - vv. 29-32 Gli dicono i suoi discepoli: «Ecco, adesso parli apertamente ... Adesso sappiamo che sai tutto e non hai bisogno che nessuno ti interroghi; per questo crediamo che sei uscito da Dio». I discepoli con queste parole professano la loro fede nella divinità di Gesù, proclamandone l’onniscienza e l’origine trascendente. Però si tratta di una fede ancora superficiale; lo dimostrerà presto la loro defezione. Essi saranno dispersi e abbandoneranno il Maestro lasciandolo solo. Il passo dei vv. 31-33 è affine alla tradizione sinottica, dove Gesù parla della dispersione dei discepoli, prima di predire il tradimento di Giuda (cf. Mc 14,27 e parr.). Giovanni però rileverà la fedeltà del discepolo prediletto, che sarà presente ai piedi della croce (19,26-27).
v. 33 II discorso termina con un richiamo alla pace (cf. 14,27), che scaturisce dall’adesione di fede e dall’unione con Gesù. Per conseguire questa pace i discepoli avranno da sopportare nel mondo tribolazione.
Però non devono scoraggiarsi. Gesù li invita alla fiducia: «Coraggio! Io ho vinto il mondo!». Questo invito finale al coraggio rappresenta un grido di vittoria, che esprime la certezza di ogni cristiano di poter vincere con la fede il mondo (cf. 1Gv 5,4-5).

Vi ho detto questo perché abbiate pace in me: Dominum et vivificantem 67: La Chiesa col suo cuore, che in sé comprende tutti i cuori umani, chiede allo Spirito Santo la felicità, che solo in Dio ha la sua completa attuazione: la gioia “che nessuno potrà togliere” (cfr. Gv 16,22), la gioia che è frutto dell’amore e, dunque, di Dio che è amore; chiede “la giustizia, la pace e la gioia dello Spirito Santo”, in cui, secondo san Paolo, consiste il Regno di Dio (cfr. Rm 14,17; Gal 5,22). Anche la pace è frutto dell’amore: quella pace interiore, che l’uomo affaticato cerca nell’intimo del suo essere; quella pace chiesta dall’umanità, dalla famiglia umana, dai popoli, dalle nazioni, dai continenti, con una trepida speranza di ottenerla nella prospettiva del passaggio dal secondo al terzo Millennio cristiano. Poiché la via della pace passa in definitiva attraverso l’amore e tende a creare la civiltà dell’amore, la Chiesa fissa lo sguardo in colui che è l’amore del Padre e del Figlio e, nonostante le crescenti minacce, non cessa di aver fiducia, non cessa di invocare e di servire la pace dell’uomo sulla terra. La sua fiducia si fonda su colui che, essendo lo Spirito-amore, è anche lo Spirito della pace e non cessa di esser presente nel nostro mondo umano, sull’orizzonte delle coscienze e dei cuori, per “riempire l’universo” di amore e di pace. Davanti a lui io m’inginocchio al termine di queste considerazioni, implorando che, come Spirito del Padre e del Figlio, egli conceda a noi tutti la benedizione e la grazia, che desidero trasmettere, nel nome della Santissima Trinità, ai figli e alle figlie della Chiesa ed all’intera famiglia umana.

Pace - Xavier Léon-Dufour: L’uomo desidera la pace dal più profondo del suo essere. Ma spesso ignora la natura del bene che invoca con tutte le sue forze, e le vie che segue per ottenerlo non sono sempre le vie di Dio. Deve quindi imparare la storia sacra in che cosa consista la ricerca della vera pace, e sentir proclamare il dono di questa pace da Dio in Gesù Cristo.
LA PACE, FELICITÀ PERFETTA - Per apprezzare nel suo pieno valore la realtà indicata dalla parola, occorre sentire il sapore locale che sussiste nell’espressione semitica sin nella sua concezione più rituale, e nella Bibbia sin nell’ultimo libro del Nuovo Testamento.
1. Pace e benessere. - La parola ebraica salom deriva da una radice che, secondo i suoi usi, designa il fatto di essere intatto, completo (Giob 9,4), ad es. terminare una casa (1Re 9,25), o l’atto di ristabilire le cose nel loro stato primitivo, nella loro integrità, ad es. «pacificare» un creditore (Es 21,34), compiere un voto (Sal 50,14).
Perciò la pace biblica non è soltanto il «patto» che permette una vita tranquilla, né il «tempo della pace» in opposizione al «tempo della guerra» (Eccle 3,8; Apoc 6,4); designa il benessere dell’esistenza quotidiana, lo stato dell’uomo che vive in armonia con la natura, con se stesso, con Dio; in concreto è benedizione, riposo, gloria, ricchezza, salvezza, vita.
2. Pace e felicità. - «Essere in buona salute» ed «essere in pace» sono due espressioni parallele (Sal 38,4); per domandare come sta uno, se sta bene, si dice: «È in pace?» (2Sam 18,32; Gen 43,27); Abramo che morì in una vecchiaia felice e sazio di giorni (Gen 25,8) se ne andò in pace (Gen 15,15; cfr. Lc 2,29). In senso più largo, la pace è la sicurezza. Gedeone non deve più temere la morte dinanzi alla apparizione celeste (Giud 6,23; cfr. Dan 10,19); Israele non ha più da temere i nemici, grazie a Giosuè vincitore (Gios 21,44; 23,1), a David (2Sam 7,1), a Salomone (1Re 5,4; 1Cron 22,9; Eccli. 47,13).
Infine la pace è concordia in una vita fraterna: il mio familiare, il mio amico, è «l’uomo della mia pace» (Sal 41,10; Ger 20,10); è mutua fiducia sanzionata sovente da una alleanza (Num 25,12; Eccli 45,24) o da un trattato di buona vicinanza (Gios 9,15; Giud 4,17; 1 Re 5,26; Lc 14,32; Atti 12,20).
3. Pace e salvezza. - Tutti questi beni materiali e spirituali sono compresi nel saluto, nell’augurio di pace (in arabo, il salamelecco) mediante il quale, nel VT e nel NT, si dice «buon giorno», ed «addio», sia nella conversazione (Gen 26,29; 2Sam 18,29), sia nelle lettere (ad es. Dan 3,98; Filem 3). Ora, se è conveniente augurare la pace o porsi la domanda circa le disposizioni pacifiche del visitatore (2 Re 9,18), si è perché la pace è uno stato da conquistare o da difendere; è vittoria su un qualche nemico. Gedeone od Achab sperano di ritornare in pace, cioè vincitori della guerra (Giud 8,9; 1 Re 22,27s); allo stesso modo si augura il successo di una esplorazione (Giud 18,5 s), il trionfo sulla sterilità di Anna (1Sam 1,17), la guarigione delle ferite (Ger 6,14; Is 57,18 s); infine si offrono «sacrifici pacifici» (salutaris hostie) che significano la comunione tra Dio e l’uomo (Lev 3,1).
4. Pace e giustizia. - Infine la pace è ciò che è bene in opposizione a ciò che è male (Prov 12,20; Sal 28,3; cfr. Sal 34, 15). «Non c’è pace per i malvagi» (Is 48,22), viceversa, «guardare l’uomo giusto: c’è una posterità per l’uomo di pace» (Sal 37,37); «gli umili possederanno la terra e gusteranno le delizie di una pace senza fine» (Sal 37,11; cfr. Prov 3,2). La pace è la somma dei beni accordati alla giustizia: avere una terra fertile, mangiare a sazierà, abitare in sicurezza, dormire senza timore, trionfare dei propri nemici, moltiplicarsi, e tutto questo in definitiva perché Dio è con noi (Lev 26,1-13). Lungi, quindi, dall’essere soltanto una assenza di guerra, la pace è pienezza della felicità.

La pace nella vita della Chiesa e dei cristiani - Bruno Liverani (Schede Bibliche Pastorali - Vol. VI): La pace scende come benedizione sulla comunità di coloro che hanno accolto il messaggio di pasqua. Gli Atti ci mostrano ad un certo punto la chiesa in una situazione di pace: tale situazione non è solo tranquillità da persecuzioni, ma soprattutto progresso e prosperità spirituali sotto l’azione dello Spirito (At 9,31).
La pace, oltre che dono, è anche impegno etico per la chiesa: va perseguita con costanza tra i membri di essa come pegno della presenza consolatrice del Dio pace (2Cor 13,11).
Solo nel vincolo della pace la chiesa può vivere la vocazione di unità cui è chiamata, esercitando l’amore fraterno superando ogni divisione (Ef 4,3). Non si tratta di una pura concordia esteriore, ma è la pace di Cristo, la stessa realtà salvifica della pasqua che custodisce interiormente i battezzati (Col 3,15).
La pace va vissuta non solo come rapporto interno alla chiesa, ma anche coma rapporto pacifico con tutti (Rm 14,19). Essa è, infatti, frutto della nuova saggezza che viene dall’alto come dono e non sopporta disordini e cattiverie. Come tale, essi i accompagna inscindibilmente con la giustizia, che è pure dono della misericordia di Dio apparso in Gesù Cristo (Gc 3,17-18).|
L’unione di pace e giustizia nella vita dei credenti è il dono caratteristico dello Spirito, secondo le profezie dell’AT (Is 32,15-20; 61,1-3). Lo stesso Spirito realizza la pace messianica nella risurrezione del Signore e la trasmette come Vangelo di salvezza per bocca degli apostoli, la rende operante nella vita di coloro che Cristo sono una nuova creatura (Rm 8,5). Essa è ad un tempo dono e imperativo interiore, elemento tipico della vita nuova e, perciò, degno di essere annoverato tra i frutti che essa produce sotto l’azione dello Spirito (Gal 5,22). Unita alla giustizia e alla gioia, essa forma l’essenza stessa del regno di Dio (Rm 14,17).
Esser trovati nella pace nell’ultimo giorno equivale ad essere pronti per l’entrata definitiva nel Regno: essa definisce, perciò, la situazione di salvezza del cristiano (2Pt 3,14). Si comprende, allora, in pieno perché gli operatori di pace sono beatificati dal Signore (Mt 5,9): essi, che l’hanno ricevuta come dono di Dio nello Spirito e l’hanno fatta fruttificare in opere di amore, otterranno nell’ultimo giorno la benedizione che spetta ai figli di Dio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Abbiamo partecipato ai tuoi misteri, Signore,
nel glorioso ricordo dei tuoi martiri:
questo sacramento, che li sostenne nella passione,
ci renda forti nella fede e nell’amore,
in mezzo ai rischi e alle prove della vita.
Per Cristo nostro Signore.