Martedì 11 Giugno 2019
Messa del Giorno
SAN BARNABA APOSTOLO - MEMORIA
Prima Lettura: At 11,21b-26;13,1-3; Salmo Responsoriale: Dal Salmo 97 (98); Mt 10,7-13
Colletta: O Padre, che hai scelto san Barnaba, pieno di fede e di Spirito Santo, per convertire i popoli pagani, fa’ che sia sempre annunziato fedelmente, con la parola e con le opere, il Vangelo di Cristo, che egli testimoniò con coraggio apostolico. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Il cristiano è un “moto perpetuo”: strada facendo predicate ... non si può essere stanchi di non camminare (Alessandro Pronzato), e al dono dei “miracoli”, segni della presenza del Risorto nella Chiesa, si deve aggiungere la povertà, come perfetta testimonianza evangelica. E si deve aggiungere anche un po’ di buon senso .... domandate chi là sia degno, potremmo dire “ben disposto”, e questo “per non dare le cose sante ai cani” (Mt 7,6), per non sciupare il “seme”, che è la Parola di Dio, e sopra tutto per non perdere tempo in discussioni inutili e oziose (1Tm 6,4). Chi va, il missionario, non porta qualcosa di suo, non ricchezze o beni materiali, non scienza umana, né artefici mirabolanti per convincere i non credenti, chi va porta il dono di Dio, un dono che il missionario ha ricevuto, l’ha ricevuto gratuitamente, e per questo generosamente lo deve dare gratuitamente, senza specularci su o farsi assalire dalla tentazione di guadagnarci qualcosa.
Vangelo: Dal Vangelo secondo Matteo 10,7-13: In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi».
Non procuratevi oro… - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Le raccomandazioni del Maestro non vanno interpretate verbalmente, ma devono essere intese secondo lo spirito che le ha suggerite; esse infatti non costituiscono una prescrizione pratica, ma un insegnamento impartito con immagini sul pieno abbandono alla Provvidenza, che l’apostolo deve nutrire nell’animo. Non procuratevi nel senso di: non abbiate; oro, argento, bronzo, cioè moneta preziosa (oro, argento) e spicciola (bronzo). Nelle vostre cinture; gli antichi tenevano il denaro nelle pieghe della cintura. Due tuniche: non si parla di due tuniche per cambiarsi durante il viaggio, come potrebbe pensare un lettore moderno; avere due tuniche era indizio di ricchezza e di agio; l’apostolo, che spesso è in viaggio, deve essere spedito, quindi deve accontentarsi di una tunica. Il bastone oltre ad essere un appoggio per la persona, costituisce un mezzo di difesa; l’apostolo non deve essere armato. Marco concede all’apostolo di avere il bastone ed i sandali (cf. Mc., 8-9); Matteo esclude anche questi due oggetti. Non bisogna ricorrere ad un’esegesi meschina per spiegare questa divergenza tra i due evangelisti; il senso fondamentale è identico nei due racconti, anche se è espresso con termini differenti: l’operaio evangelico deve avere un radicale distacco dalle cose; egli merita il proprio sostentamento e Dio lo provvede del necessario.
La missione della Chiesa - Ad gentes 5 - Il Signore Gesù, fin dall’inizio « chiamò presso di sé quelli che voleva e ne costituì dodici che stessero con lui e li mandò a predicare» (Mc 3,13; cfr. Mt 10,1-42) (28). Gli apostoli furono dunque ad un tempo il seme del nuovo Israele e l’origine della sacra gerarchia. In seguito, una volta completati in se stesso con la sua morte e risurrezione i misteri della nostra salvezza e dell’universale restaurazione, il Signore, a cui competeva ogni potere in cielo ed in terra, prima di salire al cielo, fondò la sua Chiesa come sacramento di salvezza ed inviò i suoi apostoli nel mondo intero, come egli a sua volta era stato inviato dal Padre e comandò loro: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io vi ho comandato» (Mt 28,19-20); «Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi invece non crederà, sarà condannato» (Mc 16,15). Da qui deriva alla Chiesa l’impegno di diffondere la fede e la salvezza del Cristo, sia in forza dell’esplicito mandato che l’ordine episcopale, coadiuvato dai sacerdoti ed unito al successore di Pietro, supremo pastore della Chiesa, ha ereditato dagli apostoli, sia in forza di quell’influsso vitale che Cristo comunica alle sue membra: «Da lui infatti tutto quanto il corpo, connesso e compaginato per ogni congiuntura e legame, secondo l’attività propria di ciascuno dei suoi organi cresce e si autocostruisce nella carità» (Ef 4,16).
Non c’è testimonianza senza testimoni - Redemptoris Missio 61: Non c’è testimonianza senza testimoni, come non c’è missione senza missionari. Perché collaborino alla sua missione e continuino la sua opera salvifica, Gesù sceglie e invia delle persone come suoi testimoni e apostoli: “Sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). I Dodici sono i primi operatori della missione universale: essi costituiscono un “soggetto collegiale” della missione, essendo stati scelti da Gesù per restare con lui ed essere inviati “alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 10,6). Questa collegialità non impedisce che nel gruppo si distinguano singole figure, come Giacomo, Giovanni e, più di tutti, Pietro, la cui persona ha tanto rilievo da giustificare l’espressione: “Pietro e gli altri apostoli”. Grazie a lui si aprono gli orizzonti della missione universale, in cui successivamente eccellerà Paolo, che per volontà divina fu chiamato e inviato tra le genti.
Nell’espansione missionaria delle origini, accanto agli apostoli troviamo altri umili operatori che non si debbono dimenticare: sono persone, gruppi, comunità. Un tipico esempio di Chiesa locale è la comunità di Antiochia, che da evangelizzata si fa evangelizzatrice e invia i suoi missionari alle genti.
La Chiesa primitiva vive la missione come compito comunitario, pur riconoscendo nel suo seno degli “inviati speciali”, o “missionari consacrati alle genti”, come Paolo e Barnaba.
62. Quanto fu fatto all’inizio del cristianesimo per la missione universale conserva la sua validità ed urgenza anche oggi. La Chiesa è missionaria per sua natura, poiché il mandato di Cristo non è qualcosa di contingente e di esteriore, ma raggiunge il cuore stesso della Chiesa. Ne deriva che tutta la Chiesa e ciascuna Chiesa è inviata alle genti. Le stesse Chiese più giovani, proprio “perché questo zelo missionario fiorisca nei membri della loro patria”, debbono “partecipare quanto prima e di fatto alla missione universale della Chiesa, inviando anch’esse dei missionari a predicare dappertutto nel mondo il Vangelo, anche se soffrono di scarsezza di clero” (AGD 20).
Entrando nella casa, rivolgetele il saluto - Wolfgang Trilling (Vangelo secondo Matteo): Il brano contiene le istruzioni di Gesù per l’ospitalità ai missionari. Quando arrivano in un luogo devono anzitutto interessarsi quale sia la casa adatta per loro; trovatala, devono rimanervi finché lavoreranno in quel villaggio o città. Indirettamente è detto che i missionari non devono prendere alloggio in più case, passando dall’una all’altra. Forse a motivo di esperienze negative fatte al riguardo, nei primi tempi, questa norma di Gesù fu sempre applicata, per evitare il sorgere di gelosie, di invidie o di chiacchiere compromettendo la predicazione.
Entrando in una casa il missionario deve rivolgere a tutti il suo saluto. È il saluto della pace, in uso fino ai nostri giorni, in Oriente. Luca lo riporta esplicitamente: «In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa» (Lc 10,5). Essendo messaggeri del regno di Dio, il saluto di pace non è una pura formula di cortesia. Ciò che essi portano con sé - la potenza sanatrice e la virtù taumaturgica del regno di Dio - prenderà dimora in quella casa; in quell’abitazione benedetta giunge la pace di Dio. Ma se la casa non è disponibile per Dio, se non risponde con gioia e prontezza al saluto di pace, i messaggeri non possono concluder nulla e la pace da essi augurata e offerta, tornerà a loro. Quando il sacerdote va dal malato, entrando in casa dice: «Pace a questa casa». Anche senza usare tali parole «rituali», questo però dovrebbe essere il sentimento che ci anima quando visitiamo una casa come messaggeri del Signore, specialmente se si tratta di non credenti: portiamo la pace di Dio.
Eucaristia e Unzione degli infermi - Sacramentum caritatis 22: Gesù non ha soltanto inviato i suoi discepoli a curare gli infermi (cfr Mt 10,8; Lc 9,2; 10,9), ma ha anche istituito per loro uno specifico sacramento: l’Unzione degli infermi. La Lettera di Giacomo ci attesta la presenza di questo gesto sacramentale già nella prima comunità cristiana (cfr 5,14-16). Se l’Eucaristia mostra come le sofferenze e la morte di Cristo siano state trasformate in amore, l’Unzione degli infermi, da parte sua, associa il sofferente all’offerta che Cristo ha fatto di sé per la salvezza di tutti, così che anch’egli possa, nel mistero della comunione dei santi, partecipare alla redenzione del mondo. La relazione tra questi Sacramenti si manifesta, inoltre, di fronte all’aggravarsi della malattia: « A coloro che stanno per lasciare questa vita, la Chiesa offre, oltre all’Unzione degli infermi, l’Eucaristia come viatico ». Nel passaggio al Padre, la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo si manifesta come seme di vita eterna e potenza di risurrezione: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno » (Gv 6,54). Poiché il Santo Viatico schiude all’infermo la pienezza del mistero pasquale, è necessario assicurarne la pratica. L’attenzione e la cura pastorale verso coloro che si trovano nella malattia ridonda sicuramente a vantaggio spirituale di tutta la comunità, sapendo che quanto avremo fatto al più piccolo lo avremo fatto a Gesù stesso (cfr Mt 25,40).
Gesù Cristo non toglie la sofferenza - Gesù ha curato i malati donando a volte guarigioni impossibili o insperate. Egli vuole che la Chiesa curi e ami i sofferenti come li ha curati e amati Lui e in questo mandato ha manifestato la sua volontà di non voler cancellare il dolore, ma di donargli un valore.
La sofferenza è preziosa perché è memoria della Croce e sotto il suo peso tutti gli uomini, volenti o nolenti, devono curvare le loro spalle. Atei, miscredenti o credenti, ubbidienti o ribelli, giusti o malvagi, santi o peccatori, la croce c’è e resta per tutti: «La croce è, dunque sempre pronta e ti aspetta dappertutto; dovunque tu corra non potrai sfuggirla, poiché, in qualsiasi luogo tu giunga, porti e trovi te stesso.[...] Se scansi una croce, ne troverai senza dubbio, un’altra, e forse più grave» (L’imitazione di Cristo, Cap. XII, nn. 2-3).
La croce non è abolita, può essere alleviata: questa è la missione della Chiesa. La sofferenza, accettata con fede, diviene strumento di espiazione e di salvezza per sé e per gli altri: con il dolore accettato volontariamente e offerto generosamente Dio riequilibra gli scompensi provocati dai peccati.
Ma tutto resta avvolto nel mistero: l’uomo, la vita, il dolore, la croce, la morte. Solamente «nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. [...] Per Cristo e in Cristo riceve luce quell’enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci opprime. Cristo è risorto, distruggendo la morte con la sua morte, e ci ha donato la vita, affinché, figli nel Figlio, esclamiamo nello Spirito: Abbà, Padre» (GS 22).
L’uomo con la sofferenza può partecipare al mistero Pasquale. Si arriva alla gloria della risurrezione unicamente attraverso la croce del Golgota: «È necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio» (At 14,22).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Signore, che nel glorioso ricordo dell’apostolo Barnaba
ci hai dato il pegno della vita eterna, fa’ che un giorno
contempliamo nello splendore della liturgia celeste
il mistero che abbiamo celebrato nella fede.
Per Cristo nostro Signore.