DOMENICA 2 GIUGNO 2019

Messa del Giorno

VII DOMENICA DI PASQUA – ASCENSIONE DEL SIGNORE – ANNO C – SOLENNITÀ


Colletta: Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria. Egli è Dio, e vive e regna con te...

Prima Lettura: Dagli Atti degli Apostoli 1,1-11: La comunità cristiana prende coscienza dell’efficacia assoluta del sacrificio di Cristo, il quale ha cancellato il peccato e non ha bisogno di essere reiterato (Cf. II lettura). Allo stesso tempo, fa esperienza in mezzo ad essa, in tutta la sua potenza (Cf. Lc 1,35; 24,49; At 1,8; 10,38; Rom 15,13.19; 1Cor 2,4-5; 1Ts 1,5; Eb 2,4), della presenza dello Spirito Santo, promesso dal Padre e mandato dal Figlio (Cf. Vangelo). Lo Spirito Santo accordando alla Chiesa i carismi (Cf. 1Cor 12,4s) autentica la sua predicazione, ma soprattutto le dà la forza di annunziare Gesù Cristo, nonostante le persecuzioni (Cf. At 4,8.31; 5,32; 6,10) e di rendergli testimonianza (Cf. Mt 10,20; Gv 15,26; At 1,8; 2Tm 1,7s). La missione della Chiesa sta nel rendere testimonianza della risurrezione di Gesù e si estende sino agli estremi confini della terra.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 46 (47): «Oggi il Signore nostro Gesù Cristo sale ai cielo; salga con lui il nostro cuore. Ascoltiamo quanto ci viene detto dall’apostolo: Se siete risorti col Cristo, cercate i beni di lassù, dove si trova il Cristo, seduto alla destra del Padre, pensate ai beni di lassù, non a quelli terreni (Col 3,1-2). Come infatti egli è salito, senza allontanarsi da noi, così anche noi siamo già lassù con lui, anche se nel nostro corpo non è ancora avvenuto quel che ci viene promesso» (Sant’Agostino).

Seconda Lettura: Dalla lettera agli Ebrei 9,24-28; 10,19-23: L’autore della lettera agli Ebrei sta pensando al tempo dell’esodo, quando Dio stabilì l’alleanza con Israele per mezzo di Mosè e gli rivelò come costruire il santuario (Cf. Es 25,8-9.40). L’Arca, custodita nel tempio, è il segno della presenza di Dio (Cf. Es 25,22; 1Sam 4,4; 2Sam 6,2) e tutto porta ad essa. Per raggiungerla è necessario superare tre accessi (Cf. Es 26,31.32.36; 27,16-17). Il percorso che bisogna seguire incrocia l’altare degli olocausti (Cf. Es 27,1-8), l’altare dell’incenso (Cf. Es 30,1-6) e il propiziatorio su cui si sparge il sangue dei sacrifici (Cf. Es 25,17): «tutte cose che stanno a significare che l’uomo può accedere a Dio solo per mezzo del sacrificio, della preghiera e del sangue realmente sparso» (J. A. Motter). Soltanto il Sommo Sacerdote una volta l’anno poteva accedere nel Santo dei Santi, nel grande giorno dell’espiazione (Cf. Es 30,10; Eb 9,7), ma la ripetizione del sacrificio metteva in evidenza la sua inefficacia. «Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era ancora aperta la via del santuario, finché sussisteva la prima Tenda» (Eb 9,8). Infatti, queste cose erano ombre, che prefiguravano e preparavano gli uomini a Cristo, la vera realtà, l’unica via (Cf. Gv 14,6) che conduce a Dio. Gesù, «sommo sacerdote dei beni futuri» (Eb 9,11), offrendo se stesso come sacrificio senza macchia (Cf. Eb 9,14) ha cancellato in modo definitivo il peccato dell’uomo e nel suo sangue ha realizzato la Nuova Alleanza (Cf. Lc 22,20). Gesù avendo riconciliato l’uomo con Dio, «per mezzo della morte del suo corpo di carne» (Col 1,22), ha aperto all’umanità la via di accesso al Cielo rendendo così superfluo ogni altro sacrificio (Cf. Eb 10,9): «Ora, dove c’è il perdono [...], non c’è più bisogno di offerta per il peccato» (Eb 10,18). Ormai tutti i credenti hanno accesso presso Dio attraverso il Cristo, «via nuova e vivente» (Eb 10,19; Cf. Gv 14,6). Questa è la certezza che anima tutta la vita dell’uomo: noi già siamo sedenti alla destra del Padre (Cf. Ef 2,6) e un giorno lo raggiungeremo per condividere eternamente con lui, in pienezza di gioia, la sua gloria.

Vangelo - Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo.

Con l’Ascensione culmina l’esaltazione di Cristo, che già si realizza nella risurrezione e che forma, con la passione e morte, il mistero pasquale (Cf. SC 5). L’insegnamento essenziale «della risurrezione-ascensione è che Gesù col suo ritorno al Padre, ha aperto per sé e per tutti l’accesso al mondo “celeste”, che sarà la sede dell’umanità rigenerata. Egli ne è il primo abitante, ma un giorno dovrà accogliere l’intera massa dell’umanità rigenerata» (Ortensio da Spinetoli). Con l’Ascensione è terminato il tempo della presenza visibile di Gesù. Inizia un’era nuova della storia della salvezza: l’ultima, l’era dello Spirito Santo e quella della Chiesa. L’Ascensione muta i rapporti tra il Cristo e i suoi discepoli: prima della morte tra Gesù e i discepoli si instaurarono dei contatti fisici, fatti di conversazioni, di condivisione di pasti, di insegnamenti, di ammestramenti; con la risurrezione la gloria di Gesù risorto non sarà più compatibile con i precedenti rapporti e dopo l’Ascensione muteranno radicalmente: le apparizioni verranno dal cielo (Cf. At 7,55; 9,1-9). L’Ascensione indica che Gesù è il Signore e che ha il dominio del cielo e della terra (Cf. Mt 28,18).

Dal Vangelo secondo Luca 24,46-53: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed
essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Ascensione di Cristo - Alice Baum: [L’ascensione di Cristo] Non va fraintesa come processo visibile spaziale, quasi fosse un “viaggio nello spazio”.

La scena dell’ascensione nelle due opere lucane (Lc 24,50-53; At 1,9-11) illustra, servendosi di motivi e stilemi biblici (gesto di benedizione, nube, angelo­ interprete), la fede pasquale fondata sulle apparizioni del Risorto: l’esaltazione di Gesù, avvenuta con la risurrezione, nella gloria di Dio e la sua intronizzazione come Figlio di Dio messianico. Illustra così un evento reale, ma in tutto e per tutto soprannaturale, la cui invisibilità è indicata dal simbolo biblico della nube, la presenza velata della gloria di Dio. La durata di quaranta giorni delle apparizioni (At 1,3) non vuol datare l’ascensione, che anche per Luca coincide con la risurrezione (Lc 24), ma sottolineare che gli apostoli hanno sperimentato la realtà della risurrezione per un lasso di tempo prolungato, grazie al quale la loro testimonianza acquista autorevolezza. Gli angeli servono, in fondo, all’interpretazione del misterioso evento: l’esaltazione di Gesù garantisce il suo potente ritorno. Al tempo stesso viene respinta l’attesa del ritorno imminente, che al tempo di Luca era ancora dominante. Invece di guardare verso il Signore che ritorna, è necessario rendergli testimonianza nel presente. Il tempo della presenza terrena di Gesù è finito.
Ha inizio il tempo della sua presenza invisibile nella chiesa. 
  

Così sta scritto - Anche alla luce del racconto dei Discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35), si evince che Luca rinchiude nella divina volontà tre eventi: la passione, la risurrezione e la predicazione a tutti i popoli. Dai tre Sinottici e dall’epistolario paolino si comprende in modo chiaro che la missione alle Genti è oggetto della divina volontà; l’euntes docete omnes gentes non è ai margini dell’evento cristologico, ma ne fa parte: Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità» (1Tm 2,4).
Destinatari dell’annuncio sono tutti i popoli, dunque l’universalità più ampia possibile. E l’annuncio deve avvenire nel suo nome, cioè, deve poggiare sulla sua autorità, non su altro. Contenuto dell’annuncio è la conversione e il perdono dei peccati, a partire da Gerusalemme.
Ed ecco io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso, cioè lo Spirito Santo (Cf.  Gv 1,33; At 1,4s; 2,33.39; Gal 3,14.22; 14,6; Ef 1,13). Lo Spirito Santo rivestirà di potenza gli Apostoli rendendoli saldi nelle persecuzioni, forti nel martirio, coraggiosi nella testimonianza: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Mt 10,16-20).
Con l’Ascensione di Gesù si apre la storia della Chiesa (Cf. Atti 1,9-11). Ma Gesù sta sempre in mezzo ai suoi (Gv 20,19). Gesù non è più «nell’orizzonte terreno nel quale era entrato con l’incarnazione, ma nella gloria della divinità. Ed è proprio così che può essere sempre presente accanto alla Chiesa che lo riconosce e lo adora come Figlio di Dio, e lo testimonia annunziandolo al mondo come Salvatore» (La Bibbia, Via Vita e Verità, Ed. Paoline).
Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Per Luca l’Ascensione è un salire al Padre (veniva portato su, in cielo), precisando in tal modo che la risurrezione di Gesù non è un ritorno alla vita di prima, quasi un passo all’indietro, ma l’entrata in una condizione nuova, un passo in avanti, nella gloria di Dio: «sacrificato sulla croce più non muore, e con i segni della passione vive immortale» (Prefazio Pasquale III).
Ma è anche un distacco, una partenza (si staccò da loro): gli occhi degli Apostoli non possono più mirare la sua Presenza, ma la potranno cogliere nella fede, nell’intelligenza delle Scritture, nell’ascolto della Parola, nella frazione del pane e nella fraternità.

Ed essi si prostrarono davanti a lui... - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Si erano prostrati davanti a lui; la Volgata traduce con: adorantes; il particolare descrittivo è ritenuto non autentico da vari critici perché non attestato da alcuni codici; esso probabilmente è originale perché va messo in relazione con il gesto di benedizione compiuto da Gesù (cf. Ecclesiastico, 50,23 [21]). Gli apostoli assumendo questo atteggiamento compiono un atto di omaggio deferente a Cristo glorioso.
Se ne tornarono in Gerusalemme con grande gioia; si ricorda esplicitamente che gli apostoli rientrano a Gerusalemme, secondo l’ordine impartito loro dal Maestro risorto (cf. vers. 49). «Con grande gioia»; il rilievo dell’evangelista non manca di stupire il lettore. Umanamente parlando non si può negare che gli apostoli rimasero sorpresi e disorientati, anche se la loro sorpresa era mista a meraviglia, dopo che il Salvatore, ascendendo in cielo, si era sottratto definitivamente ai loro sguardi (cf. Atti, 1,10); essi dovettero sentire non poco la nostalgia per la scomparsa dell’amato Maestro che li aveva confortati con varie apparizioni. Luca tuttavia non indugia a segnalare questi sentimenti, egli preferisce dar rilievo ad un fatto di carattere spirituale, fatto che al suo sguardo assumeva un valore più profondo di quello rappresentato dai sentimenti umani che potevano avere gli apostoli dopo quella separazione; gli apostoli erano gioiosi non già per la scomparsa di Gesù, ma per il suo trionfo sulla morte, per la sua entrata nella gloria e soprattutto per la rassicurante promessa che egli aveva loro fatta. Il vangelo lucano si conclude così con una vibrante nota di gioia, nota che ne aveva già segnato l’inizio (cf. Lc., 2, 10) e che ne costituisce un elemento caratteristico.
... tornarono a Gerusalemme con grande gioia... La gioia è il dono messianico per eccellenza, preannunciato e ora donato e portato a tutti i popoli dal vento impetuoso dello Spirito Santo.

Fino ai confini della terra - Papa Francesco (Regina Coeli, 1 Giugno 2014): Gesù è presente anche mediante la Chiesa, che Lui ha inviato a prolungare la sua missione. L’ultima parola di Gesù ai discepoli è il comando di partire: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). È un mandato preciso, non è facoltativo! La comunità cristiana è una comunità “in uscita”, “in partenza”. Di più: la Chiesa è nata “in uscita”. E voi mi direte: ma le comunità di clausura? Sì, anche quelle, perché sono sempre “in uscita” con la preghiera, con il cuore aperto al mondo, agli orizzonti di Dio. E gli anziani, i malati? Anche loro, con la preghiera e l’unione  alle piaghe di Gesù.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La gioia è il dono messianico per eccellenza, preannunciato e ora donato e portato a tutti i popoli dal vento impetuoso dello Spirito Santo.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Dio onnipotente e misericordioso,
che alla tua Chiesa pellegrina sulla terra
fai gustare i divini misteri,
suscita in noi il desiderio della patria eterna,
dove hai innalzato l'uomo accanto a te nella gloria.
Per Cristo nostro Signore.