Giovedì 13 Giugno 2019

Messa del Giorno

S. ANTONIO DI PADOVA, SACERDOTE E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA

Prima Lettura: 2Cor 3,15-4,1.3-6; Salmo Responsoriale: Dal Salmo 84 (85); Mt  5,20-26

Colletta: Dio onnipotente ed eterno, che in sant’Antonio di Padova, hai dato al tuo popolo un insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa’ che per sua intercessione seguiamo gli insegnamenti del Vangelo e sperimentiamo nella prova il soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo....

È chiaro che per gli eterni brontoloni il Vangelo non è un cibo digeribile. Chi si ferma ad una osservanza rigida e scrupolosa della Legge di Dio, al limite della mania, può sembrare molto esagerato che alcuni “peccatucci”, assai piccoli, come dire al prossimo cretino o pazzo, possa condurlo dritto dritto all’Inferno. Eppure la Verità ha detto: “Ma io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio; infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato (Mt 12,36-37).
Ma qualcuno potrà pensare: se è soltanto questione di linguaggio, allora, le cose si possono aggiustare, ma è veramente esagerato e inconciliabile con il buon senso questo ulteriore comandamento: “Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”. Si crede esagerato perché si ragiona così, “tu mi hai fatto un torto, covi nel tuo cuore qualcosa contro di me?”, ebbene tu devi fare il primo passo ..., da quando in qua l’offeso deve fare il primo passo? Eppure, così è, la Legge di Dio, Antico e Nuovo Testamento, ha questi parametri, i parametri dell’amore, e giustamente Gesù, in due occasioni, ci invita a guardare il Padre. Innanzitutto, “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt,5,48), e poi: “[...] siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45).
   
Vangelo: Dal Vangelo secondo Matteo 5,20-26: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».   

Io vi dico... i versetti 21-48 propongono sei antitesi. Si apre con Es 20,13. La formulazione «con l’indicativo futuro “non ucciderai” ricalca un uso tipico del linguaggio giuridico dell’Antico Testamento. Il significato è identico al più usuale “non uccidere”» (LA BIBBIA, Via Verità e Vita, Ed. Paoline). Questa sezione è preceduta da una introduzione (versetti 17-19), la quale oltre a mettere in risalto il valore perenne dell’Antico Testamento, insegna il valore della dottrina di Gesù, la nuova Legge, che porta  a compimento la Legge antica.
Se la vostra giustizia... è un aperto rimprovero ai farisei che avevano deformato lo spirito della Legge, riducendo il loro impegno religioso a una formale interpretazione della Legge di Dio. La giustizia dei farisei era quindi il frutto di una ipocrita osservanza esteriore della Legge, deprecata dagli uomini e rigettata da Dio (Cf. Lc 18,9-14). Invece, il vero giusto per la sacra Scrittura è colui che si sforza sinceramente di adempiere la volontà di Dio (Cf. Mt 1,19), che si manifesta sopra tutto nei Comandamenti. Per avvicinarci al nostro linguaggio cristiano, giustizia è sinonimo di santità (Cf. 1Gv 2,29; 3,7-10; Ap 22,11).
Ma io vi dico... un’espressione che mette in risalto l’autorità di Gesù: poiché la sua potestà è divina, Egli è superiore a Mosè e ai Profeti. Una prerogativa rigettata dai farisei, ma accolta dalla folla che seguiva il Maestro di Nazaret: «Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi» (Mc 1,22; Cf. Mt 7,28).
Stupido... La parola aramaica raqa significa: “testa vuota”, “senza cervello”. Un epiteto ingiurioso cui si accompagnava a un gran disprezzo, che spesso veniva espresso non solo con le parole, ma sputando a terra.
Pazzo, ancora più offensivo perché a volte voleva sottintendere un’aperta ribellione alla volontà di Dio: “Al primo significato del termine greco, «insensato», l’uso ebraico aggiungeva una sfumatura molto più grave di empietà religiosa (Bibbia di Gerusalemme, nota a Mt 5,22).
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare..., la preghiera è comunione con Dio e i fratelli, un legame spezzato storpia la preghiera la rende zoppa, da qui la necessità della riconciliazione: «Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4,20-21).
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario..., non  è soltanto un invito alla prudenza, ma una esortazione alla carità, è meglio ricomporre i dissidi in una cornice di carità e non in aula di tribunale (cfr. 1Cor 6,1-7).
Da queste note si evince l’alto magistero del Cristo che, superando gli insegnamenti degli uomini e le filosofie umane, “educa l’intimo dell’uomo, ne dirige i pensieri più segreti” (Bibbia di Gerusalemme).

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare.. - Ortensio da Spinetoli (Matteo): Il precetto dell’amore fraterno è superiore anche a quello del culto. L’evangelista richiama in questo contesto un brano connesso col tema della carità. La pace con il fratello condiziona il riappacificamento o l’incontro con Dio. Basta che l’offerente non sia pienamente in pace con i simili per non sentirsi pienamente in pace con Dio. Se vi è un ostacolo tra il cristiano e il suo prossimo, è inutile accostarsi a Dio perché il medesimo ostacolo si ritroverà tra lui e il Signore. Ciò che chiude il contatto con i fratelli lo chiude anche con Dio. Per questo la raccomandazione di Gesù è urgente: «Va’ prima, riconciliati, poi torna». Non solo chi ha offeso, ma anche chi è stato offeso deve riconciliarsi col fratello prima di compiere un’offerta o, semplicemente, di prender parte a un atto di culto. Ciò è ancora più chiaro nel testo parallelo di Mc. 11,25. Non è questione di torto o di ragione, il fatto è che c’è «qualcosa» che divide due membri della stessa comunità; tale ostacolo deve scomparire per poter comunicar con Dio.
Il tema della riconciliazione rievoca un altro detto, più generico, di Gesù sullo stesso argomento. Può darsi che
l’esortazione si riporti a due reali contendenti invitati a mettersi d’accordo prima di giungere in tribunale, evitando così il rischio di perdere la causa e di subirne le conseguenze, ma non è improbabile che si riferisca agli uomini in genere, più verosimilmente ai fedeli, esortandoli a vivere in pace con tutti per timore che il giudice o giudizio divino non li raggiunga prima che abbiano fatto in tempo ad accordarsi. Bisogna riconciliarsi finché si è ancora in cammino verso la mèta, perché ci si può trovare davanti a Dio prima di aver avuto il tempo di far pace. Il precetto, che ritorna anche qui alla fine è quello di essere caritatevoli in tutti i modi e con tutto l’impegno. È il comandamento di Cristo, che vale anche per il momento presente.

.... va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello - Riconciliazione fraterna - Giuseppe Barbaglio: Abbiamo qui il testo di Mt 5,23-24: «Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti  (diallegêthi) con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono», L’evangelista sottolinea l’esigenza prioritaria della riconciliazione fraterna rispetto alle doverose manifestazioni liturgiche o cultuali. Perché queste presuppongono che i fratelli siano In pace tra loro. E se qualcosa divide e separa, cioè si sono spezzati i rapporti di amicizia e fraternità, è indispensabile che siano ritessuti. Si noti che si tratta di un’esigenza che riguarda i fratelli, dunque i membri della comunità cristiana. Parimenti non deve passare inosservato il fatto che Matteo non fa dipendere l’atteggiamento del protagonista del suo «caso» da un ostacolo all’amicizia da lui posto, ma da qualcosa che il fratello ha contro di lui. Per dire che la rottura deve, essere sanata, da qualsiasi parte essa sia stata revocata e mantenuta.

Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Gesù consiglia di agire con carità; conviene accordarsi amichevolmente con l’avversario prima che la questione sia portata in tribunale e che si giunga all’imprigionamento. Le parole di Cristo non sono una semplice esortazione ispirata da prudenza e da accortezza umana; esse suggeriscono un atteggiamento interiore di remissività e d’indulgenza per cui l’uomo cerca di trattare le divergenze con gli altri non sul piano di una rigida giustizia umana, ma su quello dell’amore fraterno.

Il termine della legge è Cristo (Rm 10,4): Veritatis splendor 15: Nel «Discorso della Montagna», che costituisce la magna charta della morale evangelica, Gesù dice: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5,17). Cristo è la chiave delle Scritture: «Voi scrutate le Scritture: esse parlano di me» (cf Gv 5,39); è il centro dell’economia della salvezza, la ricapitolazione dell’Antico e del Nuovo Testamento, delle promesse della Legge e del loro compimento nel Vangelo; è il legame vivente ed eterno tra l’Antica e la Nuova Alleanza. Commentando l’affermazione di Paolo «Il termine della legge è Cristo» (Rm 10,4), sant’Ambrogio scrive: «Fine non in quanto mancanza, ma in quanto pienezza della legge: questa si compie in Cristo (plenitudo legis in Christo est), dal momento che Egli è venuto non a dissolvere la legge, ma a portarla a compimento. Allo stesso modo in cui c’è un Testamento Antico, ma ogni verità sta all’interno del Nuovo Testamento, così avviene per la legge: quella che è stata data per mezzo di Mosè è figura della vera legge. Dunque, quella legge mosaica è copia della verità».
Gesù porta a compimento i comandamenti di Dio, in particolare il comandamento dell’amore del prossimo, interiorizzando e radicalizzando le sue esigenze: l’amore del prossimo scaturisce da un cuore che ama, e che, proprio perché ama, è disposto a vivere le esigenze più alte. Gesù mostra che i comandamenti non devono essere intesi come un limite minimo da non oltrepassare, ma piuttosto come una strada aperta per un cammino morale e spirituale di perfezione, la cui anima è l’amore (cf Col 3,14). Così il comandamento «Non uccidere» diventa l’appello ad un amore sollecito che tutela e promuove la vita del prossimo; il precetto che vieta l’adulterio diventa l’invito ad uno sguardo puro, capace di rispettare il significato sponsale del corpo: «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio... Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda ad una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5,21-22.27-28). È Gesù stesso il «compimento» vivo della Legge in quanto egli ne realizza il significato autentico con il dono totale di sé: diventa Lui stesso Legge vivente e personale, che invita alla sua sequela, dà mediante lo Spirito la grazia di condividere la sua stessa vita e il suo stesso amore e offre l’energia per testimoniarlo nelle scelte e nelle opere (cf Gv 13,34-35).

 Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Basta che l’offerente non sia pienamente in pace con i simili per non sentirsi pienamente in pace con Dio.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Signore, la forza risanatrice del tuo Spirito,
operante in questo sacramento,
ci guarisca dal male che ci separa da te
e ci guidi sulla via del bene.
Per Cristo nostro Signore.