8 Maggio 2019
  
Mercoledì della III Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.” (Cfr. Gv 6,40).  

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 6,35-40: Gesù rivela alla folla di essere il Pane della vita e rivela anche la volontà del Padre: Egli vuole che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna. Gli uomini che crederanno in Gesù si salveranno perché nessuna potenza, in cielo, in terra o sottoterra, potrà strapparli dalle sue mani.

Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Tutto ciò che mi dà il Padre verrà a me; l’espressione procede alla maniera semitica; «tutto ciò», in greco il neutro πᾶν ὁ (δίδωσιν...) significa: «tutti coloro che...»; «verrà» richiama la formula «chi viene a me» del vers. 36.
L’espressione non indica che il Padre predestina coloro che devono andare al Figlio, ma che il Padre esplica un’iniziativa di bontà, la quale si attua con l’andare al Figlio e fa raggiungere la salvezza per mezzo del Figlio. Il testo non intende toccare il mistero della predestinazione, ma indicare che l’iniziativa benevola del Padre è proseguita e condotta a termine dal Figlio. Chi viene a me non lo getterò fuori; l’espressione «gettar fuori» è assai forte ed incisiva; anche nel testo greco si ha una formula rude (ἐκβάλω ἔξω), Tale modo di esprimersi non va inteso come una intemperanza di pensiero, ma come una formula allusiva al testo del Genesi, dove si parla dell’albero della vita e dell’espulsione dei progenitori dal paradiso terrestre (cf. Genesi, 3,23-24). Per il senso dell’espressione si veda anche Apocalisse, 22,14-15.

Colui che mi ha mandato - Bibbia di Navarra versetti 37-40: Gesù rivela luminosamente che egli è l’Inviato del Padre. Ciò era stato già in precedenza annunziato da san Giovanni Battista (Gv 3,33-36), e Gesù stesso l’aveva asserito nel dialogo con Nicodèmo (Gv 3,17-21), come pure proclamato davanti ai Giudei in Gerusalemme (Gv 5,20-30). Poiché Gesù colui che è stato mandato dal Padre, il pane della vita disceso dal cielo per dare la vita al mondo, chiunque crede in lui ha la vita eterna; è infatti volontà di Dio che tutti siano salvati per mezzo di Gesù Cristo. Nelle parole del Signore sono racchiusi tre misteri: 1) il mistero della fede in Cristo, il che vuoi dire venire a Gesù accettandone i miracoli (cioè i segni) e le parole; 2) il mistero della risurrezione dei credenti, che ha inizio in questa vita per virtù della fede e trova compimento perfetto nel cielo; 3) il mistero della predestinazione, il disegno cioè del Padre nostro celeste, il quale vuole che la salvezza sia possibile a tutti gli uomini. Queste solenni parole del Signore colmano di speranza il credente.
Nel commentare i versetti 37-38, sant’Agostino esalta il valore dell’umiltà di Gesù, modello perfetto dell’umiltà del cristiano, non avendo egli voluto fare la sua volontà, bensì quella del Padre che l’ha mandato: «Grande mistero! [ ... ). Sono venuto umile, sono venuto a insegnare l’umiltà, sono venuto come maestro di umiltà. Chi viene a me, è incorporato a me; chi viene a me, diventa umile; chi è unito a me, sarà umile: perché non fa la propria volontà, ma quella di Dio» (In Joannis Evang. tractaius, 25,15 e 16).

Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato: Catechismo della Chiesa Cattolica 606-607: Il Figlio di Dio disceso dal cielo non per fare la sua volontà ma quella di colui che l’ha mandato, «entrando nel mondo dice: [...] Ecco, io vengo [...] per fare, o Dio, la tua volontà. [...] Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre» (Eb 10,5-10). Dal primo istante della sua incarnazione, il Figlio abbraccia nella sua missione redentrice il disegno divino di salvezza: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). Il sacrificio di Gesù «per i peccati di tutto il mondo» (1Gv 2,2) è l’espressione della sua comunione d’amore con il Padre: «Il Padre mi ama perché io offro la mia vita» (Gv 10,17). «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato» (Gv 14,31). Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la vita di Gesù perché la sua passione redentrice è la ragion d’essere della sua incarnazione: «Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!» (Gv 12,27). «Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?» (Gv 18,11). E ancora sulla croce, prima che «tutto [sia] compiuto» (Gv 19,30), egli dice: «Ho sete» (Gv 19,28).

Mio cibo è fare la volontà del Padre: Paolo VI (Omelia, 2 febbraio 1975): Gesù ci appare, fin dalla sua origine nel tempo, come l’interprete e l’esecutore della volontà del Padre. «Entrando nel mondo, leggiamo nella lettera agli Ebrei... Io dissi: ecco, Io vengo... per compiere, o Dio, la tua volontà!» (Hebr. 10,7); «mio cibo, Egli dirà nel Vangelo, consiste nel compiere la volontà di Colui che mi ha mandato» (Io. 4,34); «per questo Io sono disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato» (Io. 6,38); tutta la vita di Cristo è dominata infatti da questo collegamento con la volontà divina, fino al Gethsemani, dove l’uomo Gesù tre volte dirà: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice (dell’imminente passione), ma però non ciò che voglio Io, ma come vuoi Tu» (Matth. 26,39); così che l’epigrafe della sua esistenza temporale sarà riassunta da S. Paolo così: «Umiliò Se stesso, fattosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce» (Phil. 2,8).

Sia fatta la tua volontà: Catechismo della Chiesa Cattolica 2824: È in Cristo e mediante la sua volontà umana che la volontà del Padre è stata compiuta perfettamente e una volta per tutte. Gesù, entrando in questo mondo, ha detto: «Ecco, io vengo, [...] per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,7). Solo Gesù può affermare: «Io faccio sempre le cose che gli sono gradite» (Gv 8,29). Nella preghiera della sua agonia, egli acconsente totalmente alla volontà del Padre: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà!» (Lc 22,42). Ecco perché Gesù «ha dato se stesso per i nostri peccati [...] secondo la volontà di Dio» (Gal 1.4). «È appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo» (Eb 10,10).

Missione e opera di Gesù Lumen Gentium 3: Il Padre ha mandato il suo Figlio, nel quale ci aveva eletti prima della creazione del mondo e predestinati alla filiazione divina: aveva infatti deciso di ricapitolare in lui tutte le cose (cfr. Ef 1,4-5.10). Per compiere la volontà del Padre, Cristo è venuto ed ha inaugurato sulla terra il regno dei cieli, rivelandocene il mistero, e con la sua obbedienza ha operato la nostra redenzione.

Chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna: Catechismo della Chiesa Cattolica 161: Credere in Gesù Cristo e in colui che l’ha mandato per la nostra salvezza, è necessario per essere salvati «Poiché “senza la fede è impossibile essere graditi a Dio” (Eb 11,6) e condividere le condizioni di suoi figli, nessuno può essere mai giustificato senza di essa e nessuno conseguirà la vita eterna se non “persevererà in essa sino alla fine” (Mt 10,22; Mt 24,13 )»

.... e io lo risusciterò nell’ultimo giorno - Catechismo degli Adulti 1210:  L’insegnamento di Gesù conferma la fede nella risurrezione: «A riguardo dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi!» (Mc 12,26-27). Alla risurrezione sarà congiunto il giudizio universale, separazione del buon grano dalla zizzania, delle pecore dai capri. Anzi Gesù dichiara di aver ricevuto dal Padre il potere di risuscitare e di giudicare; perciò «verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna» (Gv 5,28-29).
1211 La vittoria di Dio si compie per mezzo del Signore Gesù; il giorno di Dio è il «giorno del Signore nostro Gesù Cristo» (1Cor 1,8). La risurrezione dei giusti è un prolungamento della sua, perché «tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,22). «Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo Spirito è vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,9-11). Gli stessi reprobi, nella misura in cui ne sono capaci, ricevono da Cristo l’energia per vivere e operare, ma in loro tutto è stravolto a causa del peccato: la loro “risurrezione” merita piuttosto il nome di «seconda morte» (Ap 20,14).
1212  Il legame tra la risurrezione di Gesù e la nostra è così stretto, che i primi cristiani ne arguirono, a torto, che avvenuta l’una fosse ormai imminente anche l’altra. Presto si accorsero che il “giorno del Signore” tardava a venire. Ma non si scandalizzarono: «davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo» (2Pt 3,8). Rimase il desiderio che il disegno di Dio si compisse e l’urgenza interiore di cooperare con lui.

Meister Eckhart: Non si deve cercare niente, né conoscenza né scienza, né interiorità né devozione né pace, ma soltanto la volontà di Dio. Se si cerca soltanto la volontà di Dio, si deve accettare quello che ci capita o che ci viene manifestato, come un dono di Dio e non stare a vedere e considerare se venga dalla natura o dalla grazia, o da dove o in qual modo: tutto ciò deve essere per noi indifferente. Allora uno è come deve essere; e si deve condurre una semplice vita cristiana, senza mirare a una condotta particolare. Quel che si fa è sempre sufficiente, se v’è in noi l’amore di Dio. L’anima è fatta per un bene così grande ed alto, che essa non può in alcun modo trovare riposo, ed è sempre infelice, finché non giunge, sopra ogni modo, a quel bene eterno che è Dio, per il quale essa è fatta. Non vi giunge però con impeto, con la rigida ostinazione a fare questo e a lasciare quello, ma con la mitezza, in fedele umiltà e rinuncia a se stesso, nei confronti di tutto quello che capita. A questo mira ciò che si può consigliare e insegnare: che l’uomo si lasci condurre e non abbia che Dio in vista, per quanto questo si possa presentare con molte e diverse parole. L’uomo non deve pensare di progredire in una vita buona per il fatto che digiuna molto o compie molte opere esteriori; un segno del suo progresso è invece l’avere maggiore amore per le cose eterne e più avversione per quelle effimere. L’uomo deve rivolgere il proprio volere a Dio in ogni opera ed avere negli occhi Dio solo. E così proceda e non abbia timore, senza stare a considerare se così va bene per non compiere passi falsi. L’uomo deve seguire la prima ispirazione e procedere avanti; allora giunge dove deve e va bene così.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.” (Cfr. Gv 6,40).  
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Assisti, o Dio nostro Padre, questa tua famiglia raccolta in preghiera: tu che ci hai dato la grazia della fede, donaci di aver parte all’eredità eterna per la risurrezione del Cristo tuo Figlio e nostro Signore. Egli è Dio, e vive e regna con te...