7 Maggio 2019

 Martedì della III Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Io sono il pane della vita, chi viene a me non avrà fame.” (Gv 6,35ab).

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 6,30-35: Come la sapienza (Pr 9,1s), Gesù invita gli uomini a convito. Per l’evangelista Giovanni, “Gesù è la sapienza di Dio che la rivelazione biblica tendeva a personificare [cfr. Gv 1,1+]. Tale convinzione poggia sull’insegnamento del Cristo, che emerge già nei sinottici [Mt 11,19; Lc 11,31p), ma qui è molto più accentuato: la sua origine è misteriosa [Gv 7,27-29; 8,14.19; cfr. Gb 28,20-28]; lui solo conosce i misteri di Dio e li rivela agli uomini [Gv 3,11-12.31-32; cfr. Mt 11,25-27p; Sap 9,13-18; Bar 3,29-38]; egli è pane vivo che sazia la fame [Gv 6,35; cf. Pr 9,1-6; Sir 24,19-22: Mt 4,4p; cfr. Dt 8,3]” (Bibbia di Gerusalemme).

Ma chi è Gesù perché possano credere in lui? Per i giudei non basta la moltiplicazione dei pani, ed è poca cosa che in un convito nuziale abbia mutato l’acqua in vino, per credere in lui ora vogliono qualcosa di più. Se vuole accreditarsi come Messia rinnovi i prodigi dell’esodo. Come Mosè, Gesù dia al popolo da mangiare un pane dal cielo. Questo è il segno tangibile che i giudei chiedono, perché vedano e possano credere in lui.
«La risposta di Gesù è tagliente: la loro fede [dei giudei] è illusoria. Soltanto suo Padre dà il vero pane del cielo. La manna è cosa del passato; il pane di Dio è presente, una comunicazione permanente di vita che egli dona al  mondo. Questo pane scende dal cielo, come la manna pioveva dall’alto, ma senza cessare; e non si limita a dar vita a un popolo, ma all’umanità intera. Dato che è Gesù a dare questo pane [Gv 6,27], si afferma qui la comunicazione continua della vita di Dio all’uomo attraverso Gesù» (J. Mateos - J. Barreto).
Gesù sottolinea che il datore del pane del cielo è Dio e non Mosé e chiamandolo Padre mio si prepara ad identificarsi con il pane di Dio.
A queste parole, i giudei mostrano allegrezza, felici di aver trovato un tesoro senza la necessità di lavorare, e così chiedono di ricevere il pane del cielo. Poiché hanno omesso la condizione posta dal giovane Rabbi, e siccome Gesù non accetta le scorciatoie, ribadisce che soltanto lui è il pane della vita e per riceverlo bisogna credere in lui. Questa è l’unica condizione posta dal Padre e dal Figlio perché l’uomo non abbia più a soffrire la fame e la sete. La risposta di Gesù si oppone nettamente a quanto dice di se stessa la Sapienza: «Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me avranno ancora sete» (Sir 24,21).
Solo Gesù, pane della vita, può soddisfare pienamente l’uomo, nell’anima e nel corpo: risuscitandolo certamente dalla morte e aprendolo alla contemplazione della luce della Trinità.

Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): «Quale segno prodigioso fai tu? Puoi forse ripetere il miracolo della manna, secondo quanto c'è scritto: Diede loro da mangiare pane dal cielo?».
Nel testo biblico (Es 16,15) il verbo «diede» ha come soggetto Dio. Gesù, invece, suppone «Mosè» come soggetto. Se Gesù corregge, significa che la gente lo sta mettendo a confronto con Mose, mentre egli vuole parlare loro dell'agire di Dio (Gesù lo chiama: il Padre mio) che «vi dà ora il vero pane dal cielo». Potrebbe aggiungere: «e ve lo dà, perché Dio ha tanto amato il mondo» (3,16).
Due pani, doni di Dio, sono qui messi a confronto, e presto lo saranno in forma antitetica (vedi 6,48-50). Per ora interessa sottolineare il passaggio dal passato al presente e annotare che il «pane» che adesso Dio dà è «vero», cioè nessun altro pane, al suo confronto, può riceve e questa qualifica, fosse anche la manna; inoltre questo pane che viene dal cielo dà la vita al mondo (6,33), è cioè sorgente di vita per tutti, non solo per un popolo.
Ed ecco che la gente, come la Samaritana quando sentì parlare di un'acqua sorgente di vita (4,14-15), chiede in coro a Gesù: «Signore, dacci sempre di questo pane» (6,34). E Gesù risponde: «Io sono il pane della vita» (6,3). La prima definizione che Gesù dà di sé. Ne leggeremo altre sei in Giovanni. Qui Gesù si premura subito di spiegare che cosa ciò significhi per chi lo accoglie: «Chi viene a me non avrà più fame; chi crede in me non avrà più sete» (6,35). Sono due frasi sinonime. Il loro senso è ovvio: Gesù, nella totalità della sua persona, è quel nutrimento che solo può sostenere, saziare e dare quella vita che ha il carattere della definitività;  insomma, ancora una volta si ripete che egli è per l'uomo sorgente vera della vita: «Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha dato anche al Figlio la possibilità di avere la vita in se stesso» (5,26) e «il Figlio fa vivere chi vuole» (5,21).
Non è quindi possibile avere la vita senza Gesù. Il Padre infatti lo ha mandato «affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (3,16).
Gesù si è rivelato come «Pane, sorgente di vita». Ma coloro che lo hanno ascoltato sono disposti ad accoglierlo? Gesù già una volta aveva detto ai dirigenti giudei: «Voi non volete venire a me per avere la vita» (5,40). Ora dice alla gente: «Voi mi avete visto (cioè avete visto me e i segni, i miracoli, che ho compiuto) eppure non credete» (6,36). È una constatazione che si cala nella concreta situazione storica in cui Gesù ha operato e predicato: la maggioranza dei testimoni oculari non lo hanno accolto.
La situazione della comunità cristiana, e perciò nostra, è ben diversa. In essa è di norma che sono «beati quelli che credono senza aver visto» (20,26). Se è a questa categoria che noi apparteniamo, chi siamo noi per Gesù?

Io sono il pane della vita - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Io sono il pane della vita; l’incomprensione degli interlocutori induce il Maestro a compiere delle dichiarazioni più esplicite e dirette; la richiesta degli ebrei accelera il movimento dialogico e fa compiere al discorso un sensibile progresso nella rivelazione della verità; tale metodo è abituale nei discorsi riferiti dal quarto evangelista. La solenne affermazione «Io sono il pane della vita» rappresenta una di quelle formule, chiamate appunto formule γώ εἰμι (Io sono), che caratterizzano il quarto vangelo. Queste dichiarazioni affermano le qualità divine che Gesù possiede e che esplica nell’opera di salvezza; tali dichiarazioni ricorrono con frequenza nel quarto vangelo; Gesù infatti dice di sé: «io sono il pane di vita disceso dal cielo» (6,35,41,48,51), «la luce del mondo» (8,12; 9,5), «la porta delle pecore» (10,7,9), «il buon pastore» (10,11,14), «la risurrezione e la vita» (11,25), «la vera vite» (15,1,5). Alle dichiarazioni elencate si può aggiungere anche quella di «acqua viva»; cf. Giov., 4,10,14 (per una informazione compendiosa su queste espressioni metaforiche, cf. A. Wikenhauser, L’evangelo secondo Giovanni, trad. ital., Brescia, 1959, pp. 185-187). Nella formula «il pane della vita» l’accento si porta su «la vita»; il pane di cui si parla è il pane che dà la vita; l’espressione va messa in confronto con altre espressioni simili, come «la luce del mondo» (8,12), «la parola della vita» (1Giov., 1,1), «l’acqua della vita» (Apocalissi, 21,6; 22,1). L’origine di questa importante dichiarazione va ricercata in alcuni dati biblici dei quali il quarto evangelista ne approfondisce il senso. Il pane della vita richiama l’albero della vita (cf. Genesi, 2,9; 3,22-24; Proverbi, 3,18; 11,30; 13,12; 15,14), che è il simbolo dell’immortalità (cf. Giov., 6,51,58). Chi viene a me non avrà fame; siccome la vita (eterna) è inesauribile, così il cibo e la bevanda che la alimentano sono inesauribili. Chi crede in me non avrà mai sete; le espressioni «chi viene a me» e «chi crede in me» sono equipollenti (cf. verss. 37,44-45,65), poiché andare a Gesù è credere a lui. L’ultima dichiarazione: «chi crede in me non avrà mai sete» non deriva dall’immagine del pane della vita, ma da un’altra parallela non indicata esplicitamente; tale dichiarazione denota un ulteriore sviluppo della verità affermata. L’invito di Cristo «chi viene a me non avrà fame» riecheggia lo stile sapienziale dell’Antico Testamento, particolarmente quello degli inviti che la Sapienza, nei testi veterotestamentari, rivolge agli uomini perché prendano parte al banchetto che essa ha loro preparato (cf. Proverbi, 9,5-6; Ecclesiastico, 24,19 [26],21[29]). Tale invito è più volte ripetuto nella presente sezione giovannea; cf. Giov., 6,35,37, 44,56. Questo richiamo sapienziale mostra che il pane della vita designa ed in parte si identifica con la dottrina che Gesù stesso rivela, come inviato dal Padre.

Il pane - Fr. Merkel (Pane in Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento, EDB.): Il pane era il genere alimentare più importante di Israele, in origine fatto di un impasto di orzo, leguminacei acidi, lenticchie e altri ingredienti e quindi messi al forno: la Palestina era un paese povero. In seguito andò sempre diffondendosi il pane di frumento, che però soltanto lo strato più benestante poteva permettersi, mentre il pane d’orzo rimaneva il cibo, sovente quasi unico, dei poveri [...]. In caso di una visita inaspettata (Gn 19,3) o durante il raccolto (Rt 2,14) si mangiava pane fatto di pasta non lievitata o più semplicemente chicchi di frumento tostati, questo tipo di cibo veniva portato dietro, come vivanda quasi indeperibile, quando capitava di doversi mettersi in viaggio all’improvviso (1Sam 17,17 e altrove), come avvenne partendo dall’Egitto (Es 12,8-11.34-39).
La festa del pane non lievitato (festa degli azzimi) viene ricondotta secondo Es 12,14-20; 13,3ss, a questa imprevista partenza; nella sua celebrazione viene riattualizzata ogni anno la liberazione dall’Egitto ad opera di Dio.
Nel culto israelitico la farina o il pane venivano usati come offerta nel sacrificio alimentare (di origine preisraelitica: Lv 2). Anche in questo caso si offriva soltanto pane non lievitato. Si narra anche di dodici «pani dell’offerta» che si trovavamo su un tavolo speciale, nel santuario di Israele (Es 25,30; 1Cr 28,16). Si trattava di focacce di pane non lievitato che venivano deposte come offerta al cospetto di Jahvé [...].
Poiché al tempo e nell’ambiente storico del Nuovo Testamento il pane rappresentava l’alimento fondamentale, pane, oltre al suo significato specifico in senso stretto, può indicare anche alimento e sostentamento in generale (del resto anche noi diciamo «pane e lavoro», «guadagnare il pane» ecc.). Così il figlio prodigo si ricorda in terra straniera che gli operai giornalieri alle dipendenze di suo padre hanno pane in abbondanza (e cioè abbastanza di che vivere) (Lc 15,17). Perciò «mangiare il pane» ha il significato generale di «prendere un pasto» (Is 65,25); «spezzare il proprio pane» per chi è affamato significa dargli da mangiare e assisterlo (Is 58,7.10). Se uno non mangia «gratuitamente il pane di alcuno», vuol dire che non vive alle spalle degli altri, ma del proprio lavoro (2Ts 3,8). Chi si astiene dal pane e dal vino è un asceta che digiuna (Lc 7,33); la quarta richiesta della preghiera del Signore (Mt 6,11) si riferisce a tutto ciò che riguarda il nutrimento del corpo e i bisogni primari. Con l’espressione «mangiare il pane nel regno di Dio» (Lc 14,15) si intende la parte­cipazione al banchetto festivo nel regno celeste. La parola di Gesù «non di solo pane vive l’uomo» (citazione di Dt 8,3) si riferisce ai beni materiali nel senso più ampio, ai quali è contrapposta la forza vivificatrice della parola di Dio (Mt 4,4).
La storia del miracolo con il quale Gesù, con un po’ di pane e un paio di pesci, sfamò una folla di 5.000 (Mt 14,13-21 par.) o di 4.000 persone (Mt 15,32-39 par.), viene attestata - con poche varianti della tradizio­ne - complessivamente sei volte. Essa dimostra che Gesù, come signore messianico, distribuisce il vero pane della vita. Nella composizione del vangelo di Giovanni, al racconto del miracolo dei pani e del cammino sul lago (Gv 6,1-26) segue il discorso di rivelazione di Gesù: Gesù è il pane della vita. Dietro l’idea di «pane della vita» sta l’antica e universale aspirazione a un cibo che comunichi una vita che non viene meno. In questo senso va intesa anche la richiesta: «Signore, dacci sempre questo pane» (Gv 6,34). E Gesù risponde che è lui quello che i discepoli desiderano. Chi vuole partecipare a questa vita eterna deve sapere che Gesù è il pane e egli lo darà a quanti vengono a lui. Con questo egli si contrappone a tutti coloro che pretendono di essere essi stessi o di poter dare il pane della vita. Esiste una sola possibilità per dare la vita al mondo: «Il pane di Dio è il Rivelatore, che viene dal cielo e dà la vita al mondo» (R. Bultmann). Trova così risposta il problema sul senso e lo scopo della vita.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  “Io sono il pane della vita, chi viene a me non avrà fame.” (Gv 6,35ab).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che apri la porta del tuo regno agli uomini rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo, accresci in noi la grazia del Battesimo, perché liberi da ogni colpa possiamo ereditare i beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo...