5 Maggio 2019

Domenica della III Settimana di Pasqua

Oggi Gesù ci dice: “Seguimi” (Vangelo).

I Lettura - At 5,27b-32.40b.41: Il Sinedrio non vuol sentire ragione, ha paura della nuova fede e perseguita gli Apostoli nel tentativo di farli tacere. Pietro ripercorre le vicende del Cristo senza tema di annunziare la sua risurrezione e di accusare il Sinedrio di aver ucciso l’Autore della Vita. La Risurrezione di Gesù è l’evento capitale al quale tutto deve essere subordinato e orientato. Gli Apostoli sono lieti «di subire oltraggi per il nome di Gesù» perché a loro è data «la grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui» (Fil 1,29). Solo lo Spirito Santo può donare questa gioia.

Salmo Responsoriale - Dal Salmo 29 (30): I. Il salmo 29 è un canto di ringraziamento per la liberazione dalla morte; il salmista, guarito prodigiosamente, ripensa ai momenti della sofferenza, ed esprime la sua gratitudine a Dio.
II La tradizione patristica legge nel salmo una profezia della risurrezione di Gesù; lo considera anche il ringraziamento di Cristo al Padre, dopo la liberazione dalla morte.
III Questo inno può giustamente essere elevato dalla Chiesa; infatti essa, riscattata in Cristo dalla morte, vede il suo pianto mutato in gioia, e la sua tristezza cambiata in canto di ringraziamento.
IV Dobbiamo abituarci a riconoscere gli interventi benefici di Dio nella nostra vita, per essere grati verso chi, spesso, cambia il nostro pianto in gioia” (Giambattista Montorsi, Salmi, Preghiera di ogni giorno).

II Lettura - Ap 5,11-14: Il 5° capitolo del libro dell’Apocalisse può essere considerato l’introduzione alle diverse sezioni che si susseguono nel libro: la sezione dei «sette sigilli» (6,1-8,1); la sezione delle «sette trombe» (8,2-11,19); la sezione delle «sette coppe» (15,1-16,21). L’Agnello è Gesù: è il Crocifisso e il Risorto; il Vivente, degno di «ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». L’aggettivo degno «non deve trarre in inganno: esso non si riferisce a valori morali, bensì alla capacità, da lui detenuta, di ricevere da Dio la potenza di agire, la ricchezza delle risorse divine, la sapienza nel condurre la storia e la forza di vincere il male, e dagli uomini l’onore, cioè la riconoscenza della sua azione di salvezza, insieme alla gloria e alla benedizione nella preghiera e nella liturgia» (Gaetano Di Palma).

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 21,1-19: Il brano evangelico fonde due episodi distinti: una pesca miracolosa, e un pasto postpasquale. Probabilmente il racconto della pesca miracolosa era in origine un avvenimento concernente l’inizio del ministero di Gesù, come nel vangelo di Luca. La sovrabbondanza dei pesci pescati richiama il miracolo dell’acqua mutata in vino alle nozze di Cana (Gv 2,6) e la moltiplicazione dei pani (Gv 6,11s). In alcuni particolari del racconto evangelico possiamo trovarvi significati simbolici: i pesci rappresentano i futuri discepoli di Gesù, il numero dei pesci pescati, centocinquantré, secondo un computo ben conosciuto nell’antichità, significa la moltitudine e la totalità, la rete che non si rompe simboleggia la Chiesa di cui Simon Pietro sarà il pastore. Nella triplice richiesta del Risorto Simon Pietro vi vede un richiamo al suo triplice rinnegamento (Gv 13,38; 18,17.25-27) e per questo motivo vien detto che rimase addolorato. Alla triplice professione di amore di Simon Pietro, Gesù risponde con una triplice investitura, affidando a Simon Pietro la cura di reggere in suo nome il gregge (cfr. Mt 16,18; Lc 22,31s). Simon Pietro è chiamato a seguire il Maestro fino alla morte (cfr. Gv 13,36), infatti la tradizione cristiana testimonierà il martirio di Simon Pietro a Roma durante la persecuzione dell’imperatore Nerone.

Riabilitazione e funzione di Pietro e la sua futura sorte - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): Prima di costituirlo pastore del gregge, Gesù offre a Pietro l’opportunità di riparare il triplice rinnegamento con una triplice affermazione di amore. È la riabilitazione.
Il mandato affidato a Pietro per tre volte ribadisce innanzitutto la dimensione missionaria della chiesa, fortemente sottolineata nel racconto della pesca, ma indica anche il conferimento a Pietro di un incarico specifico. L’immagine del pastore nell’antichità era spesso associata all’idea del potere regale. Nella Bibbia Dio stesso è presentato di frequente come pastore d’Israele (cf. Gn 49,24; Os 4,16; Ger 23,1-6; 31,10; Ez 34; Is 40,11; Sal 23; 80,2). Tale autorità fu conferita a Gesù, il quale si proclamò il Buon Pastore delle pecore, affidategli dal Padre (10,11-18). Ora Gesù a sua volta affida a Pietro le sue pecore, che gli appartengono come proprietà, di cui è estremamente geloso. Il triplice comando dinanzi agli altri discepoli come testimoni dà maggiore rilievo all’investitura pastorale di Pietro.
Ma quale tipo di autorità Gesù ha conferito a Pietro? Sant’Ambrogio afferma in forma plastica: «Egli (Gesù) ci lasciò Pietro come vicario del suo amore» (PL 15,1848). Il servizio di Pietro implica una profonda unione a Cristo con la disposizione a donare la propria vita per lui. «Su questo impegno di amore totale e di condivisione del destino di Gesù si fonda anche l’incarico di curare e guidare la comunità dei discepoli cre­denti in Gesù» (Fabris, p. 1086).

Simone, figlio di Giovanni: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 9 dicembre 1992): Quando Gesù sta per conferire la missione a Pietro, si rivolge a lui con un appellativo ufficiale: “Simone, figlio di Giovanni” (Gv 21,15), ma assume poi un tono familiare e d’amicizia: “Mi ami tu più di costoro?”. Questa domanda esprime un interesse per la persona di Simon Pietro e sta in rapporto con la sua elezione per una missione personale. Gesù la formula a tre riprese, non senza un implicito riferimento al triplice rinnegamento. E Pietro dà una risposta che non è fondata sulla fiducia nelle proprie forze e capacità personali, sui propri meriti. Ormai sa bene che deve riporre tutta la sua fiducia soltanto in Cristo: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo” (Gv 21,17). Evidentemente il compito di pastore richiede un amore particolare verso Cristo. Ma è lui, è Dio che dà tutto, anche la capacità di rispondere alla vocazione, di adempiere la propria missione. Sì, bisogna dire che “tutto è grazia”, specialmente a quel livello! E avuta la risposta desiderata, Gesù conferisce a Simon Pietro la missione pastorale: “Pasci i miei agnelli”; “Pasci le mie pecorelle”. È come un prolungamento della missione di Gesù, che ha detto di sé: “Io sono il buon Pastore” (Gv 10,11). Gesù, che ha partecipato a Simone la sua qualità di “pietra”, gli comunica anche la sua missione di “pastore”. È una comunicazione che implica una comunione intima, che traspare anche dalla formulazione di Gesù: “Pasci i miei agnelli... le mie pecorelle”; come aveva già detto: “Su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16,18). La Chiesa è proprietà di Cristo, non di Pietro.

Simon Pietro pietra della Chiesa di Cristo - Catechismo della Chiesa Cattolica 881: Del solo Simone, al quale diede il nome di Pietro, il Signore ha fatto la pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi; l’ha costituito pastore di tutto il gregge. «Ma l’incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta essere stato pure concesso al collegio degli Apostoli, unito col suo capo» (Lumen gentium, 22). Questo ufficio pastorale di Pietro e degli altri Apostoli costituisce uno dei fondamenti della Chiesa; è continuato dai vescovi sotto il primato del Papa.

Simon Pietro l’eletto - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Giovanni): Simon Pietro era l’eletto per antonomasia al quale Cristo stesso aveva affidato la guida suprema della Chiesa e che quindi aveva ricevuto da lui un particolare ammaestramento.
Ma egli aveva rinnegato il Signore per ben tre volte e quindi ci si poteva chiedere se non avesse per questo perduto la sua autorità. La questione è di un’importanza essenziale: il peccato può privare dell’autorità? O me­glio: l’autorità dipende dalla santità di chi ne è investito?
La risposta la dà questa scena, che si svolge sulle rive del lago di Genezaret: Simone non ha perduto l’autori­tà, la promessa di Gesù sarà mantenuta. Nonostante la triplice negazione, Cristo gli conferisce solennemente l’autorità di guida suprema. Pietro sarà il sommo pastore visibile del suo gregge.
La triplice affermazione ha prima di tutto un significato giuridico, perché esprime la solennità del conferi­mento, dando a quest’ultimo un carattere legale. Ha però anche un significato morale, in quanto ricorda a Pie­tro la sua triplice caduta. Questi se ne accorge e si addolora, ma espia il suo fallo con l’amore.
L’autorità gli viene conferita nonostante la sua debolezza e peccaminosità. Perciò l’esercizio dell’autorità è in­dipendente dalla santità e dalla grandezza morale di chi ne è investito. Ma d’altra parte ogni persona investita di autorità deve curare di mantenersi spiritualmente all’altezza della propria autorità, in modo da esercitarla con la giusta disposizione d’animo, che è quella dell’amore.
Fare penitenza non vuole dire irrigidirsi nel dolore, frugare nel passato; il pentimento non è un complesso di inferiorità o uno stato di desolazione, ma è un rinnovamento compiuto dall’amore e precisamente dall’amore fondato sull’umile sottomissione.
La risposta è quindi chiara: l’autorità è indipendente dalle disposizioni interiori; però, chi ne è investito deve cercare di avere quelle disposizioni, che consistono poi in un umile amore a Cristo Signore. In questo episodio trova soluzione il problema dei papi indegni, dei sacerdoti sacrileghi, dei cristiani peccatori.

Molti nell’unica barca che si spinge al largo per la pesca ravvisano la barca di Pietro, e quindi la Chiesa e nella rete che non si rompe credono di intravedere il simbolo dell’unità della Chiesa. La Chiesa è una per la sua origine: «Il supremo modello e il principio di questo Mistero è l’unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio nello Spirito Santo» (CCC 813). La Chiesa è una per il suo Fondatore: «Il Figlio incarnato, infatti... per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio, ... ristabilendo l’unità di tutti i popoli in un solo Popolo e in un solo corpo» (CCC 813; cfr. Unitatis redintegratio, 1: «Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica»). La Chiesa è una per la sua anima: «Lo Spirito Santo, che abita nei credenti e tutta riempie e regge la Chiesa, produce quella meravigliosa comunione dei credenti e tanto intimamente tutti unisce in Cristo, da essere il principio dell’unità della Chiesa» (CCC 813). Dunque è «proprio dell’essenza stessa della Chiesa di essere una: Che stupendo mistero! Vi è un solo Padre nell’universo, un solo Logos dell’universo e anche un solo Spirito Santo, ovunque identico; vi è ance una sola vergine divenuta madre, e io amo chiamarla Chiesa» (CCC 813). Tale unità dell’unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, senza possibilità di essere perduta (cfr. UR 4; LG 8). Tutti gli uomini sono «chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale; a questa unità in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiama alla salvezza» (LG 13). A motivo di tale unità la Chiesa non deve lacerarsi con scismi e fazioni. Le divisioni tra i cristiani impediscono che la chiesa attui in essi l’unità e la cattolicità che le sono proprie, e come rigurgito tali divisioni impediscono alla Chiesa di realizzare in modo pieno la pace, la concordia e la fratellanza tra i popoli. Non c’è da attendere che una nuova Pentecoste che infiammi i cuori e li muova all’unità: il tema centrale della preghiera che Gesù innalzò al Cielo prima di consegnarsi alla Passione (Gv 17).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** La Chiesa è proprietà di Cristo, non di Pietro.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Padre misericordioso, accresci in noi la luce della fede, perché nei segni sacramentali della Chiesa riconosciamo il tuo Figlio, che continua a manifestarsi ai suoi discepoli, e donaci il tuo Spirito, per proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore. Egli è Dio, e vive e regna con te...