21 Maggio 2019

Martedì della V Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Vi do la mia pace” (Vangelo).

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 14,27-31a: Gesù sta per consegnarsi nelle mani dei carnefici, e nell’accomiatarsi dai suoi amici lascia loro il dono della pace. Non è la pace del mondo, bensì la pienezza della vita come dono di Dio. Un’ultima raccomandazione: «Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore». Praticamente, i discepoli devono avere la certezza che il Maestro, con la sua morte, ha vinto il mondo e nulla potrà separarli dal suo amore (cfr. Gv 16,13; Rom 8,37-38). Il Padre è più grande di me, per sant’Agostino, il «Padre è più grande per il fatto che il Verbo si è fatto carne». Bisogna, forse, «spiegare questa frase alla luce di Gv 13,16, in cui Gesù afferma che l’inviato “non è più grande di colui che lo ha mandato”. Il Padre è più grande perché tutto viene da lui tutto va a lui: in particolare l’invio del Figlio e la sua glorificazione» (Alain Marchadour).

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi: Gesù dona agli Apostoli la sua pace che è la salvezza escatologica (cfr. Is 52,7): «Gesù fa dono ai suoi discepoli della pace degli ultimi tempi per tutta la durata della storia, quali ne siano le prove» (Alain Marchadour). La pace che Gesù dona ai suoi amici (cfr. Gv 15,15) non è la pace del mondo. La pace che Gesù dona agli Apostoli è sinonimo di gioia, di felicità perfetta, di liberazione: in una parola, è la salvezza; per questo la pace donata da Gesù mette in fuga da ogni cuore turbamenti e inquietudini. In questa prospettiva i credenti non possono cedere allo scoramento o alla paura. La pace di Gesù ha profonde radici nella sua risurrezione: nasce dalla certezza che Gesù ha già vinto il mondo (cfr. Gv 16,33) e con la sua morte ha vinto la morte e «colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Eb 2,14).

La pace di Cristo - Xavier Léon Dufour: La speranza dei profeti e dei sapienti diventa realtà concessa in Gesù Cristo, perché il peccato è vinto in lui e per mezzo di lui; ma finché il peccato non è morto in ogni uomo, finché il Signore non sarà venuto nell’ultimo giorno, la pace rimane un bene futuro; il messaggio profetico conserva quindi il suo valore: «il frutto della giustizia si semina nella pace da coloro che praticano la pace» (Giac 3, 18; cfr. Is 32,17). Tale è il messaggio proclamato dal NT, da Luca a Giovanni [..]
Luca, nel suo vangelo, traccia in modo speciale il ritratto del re pacifico. Alla sua nascita gli angeli hanno annunziato la pace agli uomini che Dio ama (Lc 2,14); Gerusalemme non vuole accogliere questo messaggio (19,42), ripetuto dai discepoli festanti che scortano il re che entra nella sua città (19,38). Nella bocca del re pacifico l’augurio della pace terrena diventa l’annunzio di una salvezza: come un buon giudeo, Gesù dice: «Va’in pace!», ma con questa parola rende la salute alla emorroissa (8,48 par.), rimette i peccati alla peccatrice pentita (7,50), connotando in tal modo la sua vittoria sul potere della malattia e del peccato. Al pari di lui, i discepoli offrono alle città, con il loro saluto di pace, la salvezza in Gesù (10,5-9). Ma questa salvezza sconvolge la pace di questo mondo: «Credete che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma piuttosto la divisione» (12,51). Gesù quindi non si accontenta di proferire le stesse minacce dei profeti contro ogni sicurezza fallace (17,26-36; cfr. 1Tess 5,3), ma separa i membri di una stessa famiglia. Secondo la frase del poeta cristiano, egli non è venuto a distruggere la guerra, ma ad aggiungervi la pace, quella pace di Pasqua che consegue alla vittoria definitiva (Lc 24,36). I discepoli irradieranno quindi fino ai confini del mondo la pax israelitica (cfr. Atti 7,26; 9,31; 15,23) che sul piano religioso è come una trasfigurazione della pax romana (cfr. 24,2), perché Dio ha annunziato la pace per mezzo di Gesù Cristo rivelandosi come « il Signore di tutti» (10,36).  [...]
Alla stregua del VT, che vedeva nella presenza di Dio in mezzo al suo popolo il bene supremo della pace (ad es. Lev 26,12; Ez 37,26), Giovanni fa vedere nella presenza di Gesù la fonte e la realtà della pace, e questo è uno degli aspetti caratteristici della sua prospettiva. Quando la tristezza invade i discepoli che stanno per essere separati dal loro maestro, Gesù li rassicura: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14,27); questa pace non è più legata alla sua presenza terrena, ma alla sua vittoria sul mondo; Gesù, vittorioso della morte, dona quindi, con la sua pace, lo Spirito Santo ed il potere sul peccato (20,19-23).

Avete udito che vi ho detto - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Avete udito che io vi ho detto: Vado e ritornerò a voi; cf; verss. 3,18. Non c’è motivo di turbarsi, perché Gesù ha assicurato i suoi discepoli di non abbandonarli. Se mi amastevoi godreste che io vado al Padre; il Maestro offre qui una spiegazione più compiuta della sua andata al Padre; non soltanto egli assicura i discepoli del suo ritorno, ma anche li invita a godere per la sua andata al Padre. «Se mi amaste...»; la proposizione non esprime un dubbio, ma ha scopo di determinare una dichiarazione di fede; qui Gesù non solleva delle riserve sulla sincerità dell’amore dei suoi. «Amare» nel presente contesto implica anche la fede; per coloro che credono, l’andata di Gesù al Padre è un motivo di profonda gioia. Il Padre è più grande di me; l’affermazione non nega l’eguaglianza del Figlio con il Padre, chiaramente proclamata in altri testi (cf. Giov., 5,17; 10,30), ma si limita a stabilire una dipendenza del Figlio dal Padre. L’espressione quindi non va interpretata nel senso dell’eresia ariana che considerava il Figlio inferiore al Padre, ma nel senso di un rapporto di obbedienza tra il Figlio ed il Padre. Non è necessario domandarsi se Gesù parli qui come Verbo incarnato oppure come uomo, perché le sue parole intendono mettere in luce il suo rapporto di obbedienza nei confronti del Padre. Chi comanda è detto più grande di chi obbedisce. Il Figlio è inviato nel mondo come rivelatore ed egli ha accettato questa missione per fare la volontà del Padre e compierne le opere (cf. 4, 36; 6,38; 7,16-17; 8,28; 12,49-50).

Non parlerò più a lungo con voi - Silvano Fausti (Una comunità legge il Vangelo di Giovanni): non parlerò più (di) molte cose con voi. La rivelazione di Gesù volge al termine, perché è completa: non c’è nulla da aggiungere all’amore estremo. La Parola sta per tornare al suo silenzio divino. Ma il Signore, grazie al Vangelo, parlerà sempre con noi; e noi, grazie allo Spirito, potremo comprendere, ricordare e vivere ciò che ha detto.
viene infatti il capo del mondo. Il capo, usurpatore, del mondo sta venendo per prendere Gesù e innalzarlo sulla croce.
in me non ha nulla. La tenebra non ha nulla in comune con la luce e non può nulla contro di essa. Presto la menzogna sarà sbugiardata dalla verità, la morte vinta dalla vita. Il capo di questo mondo sarà confitto dalla propria vittoria.

Viene il principe del mondo - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): «Viene il capo del mondo; (eppure) contro di me non può nulla». Satana sta per sferrare l’attacco finale. Tuttavia non ha alcun potere contro Gesù, il quale dà spontaneamente la sua vita nel momento stabilito dal Padre. L’adesione totale al volere del Padre, l’abbandono filiale nelle sue mani dimostrano il grande amore di Gesù verso di lui. Egli, pertanto, desidera fare tutto ciò che il Padre gli ha comandato. In precedenza aveva chiesto ai discepoli di osservare i suoi comandamenti, per provare concretamente il loro amore (vv. 15.21.23-24). L’amore si dimostra con i fatti e non con le parole. Gesù ne ha offerto l’esempio più luminoso con il sacrificio volontario della propria vita.
Il comando finale, «Alzatevi; andiamo (via) da qui», conclude il primo discorso di addio e riproduce quasi letteralmente una frase parallela in Mt (26,46a) e in Mc (14,42a).

Satana l’avversario di Cristo - Stanislas Lyonnet: Fin da questo primo episodio della sua storia [Il peccato di Adamo e di Eva Gen 3,1ss - NdR], l’umanità vinta intravvede tuttavia che un giorno trionferà del suo avversario (Gen 3,15). La vittoria dell’uomo su Satana, tale è di fatto lo scopo stesso della missione di Cristo, venuto «a ridurre alla impotenza colui che aveva il potere della morte, il diavolo» (Ebr 2,14), «a distruggere le sue opere» (1Gv 3,8), in altre parole, a sostituire il regno del Padre suo a quello di Satana (1Cor 15,24-28; Col 1,13s). I vangeli presentano quindi la sua vita pubblica come una lotta contro Satana. Essa incomincia con l’episodio della tentazione in cui, per la prima volta dopo la scena del paradiso, un uomo, rappresentante l’umanità, «figlio di Adamo» (Lc 3,38), viene a trovarsi faccia a faccia con il diavolo. Si inasprisce con le liberazioni degli indemoniati (cfr. demoni, prova che «il regno di Dio è giunto» (Mc 3,22ss par.) e che quello di Satana ha avuto termine (cfr. Lc 10,17-20), nonché con le guarigioni di semplici malati (cfr. Atti 10,38). Continua pure, più dissimulata, nello scontro che oppone Cristo ai Giudei increduli, a questi veri «figli del diavolo» (Gv 8,44; cfr. Mt 13,38), a questa «razza di vipere» (Mt 3,7ss; 12,34; 23,33). Raggiunge il suo parossismo nell’ora della passione. Coscientemente Luca la collega alla tentazione (Lc 4,13; 22,53), e Giovanni non vi sottolinea la funzione di Satana (Gv 13,2.27; 14,30; cfr. Lc 22,3.31) se non per proclamarne la sconfitta finale. Satana sembra condurre il gioco; ma in realtà «non ha su Cristo alcun potere»: tutto è opera dell’amore e dell’obbedienza del Figlio (Gv 14,30). Nel momento preciso in cui si crede certo della vittoria, il «principe di questo mondo» è «gettato fuori» (Gv 12,31; cfr. 16,11; Apoc 12,9-13); il dominio del mondo, che una volta egli aveva osato offrire a Gesù (Lc 4, 6), appartiene ormai al Cristo morto e glorificato (Mt 28,18; cfr. Fil 2,9).

La pace consiste nella tranquillità dell’ordine: Giovanni Paolo II (Messaggio XXXV Giornata Mondiale della Pace - 1° Gennaio 2002): Come ha affermato il Concilio Vaticano II la pace è «il frutto dell’ordine immesso nella società umana dal suo Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini assetati di una giustizia sempre più perfetta» (Costituzione pastorale Gaudium et spes , 78). Da oltre quindici secoli, nella Chiesa cattolica risuona l’insegnamento di Agostino di Ippona, il quale ci ha ricordato che la pace, a cui mirare con l’apporto di tutti, consiste nella tranquillitas ordinis, nella tranquillità dell’ordine (cfr De civitate Dei, 19, 13).
La vera pace, pertanto, è frutto della giustizia, virtù morale e garanzia legale che vigila sul pieno rispetto di diritti e doveri e sull’equa distribuzione di benefici e oneri. Ma poiché la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta, esposta com’è ai limiti e agli egoismi personali e di gruppo, essa va esercitata e in certo senso completata con il perdono che risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati. Ciò vale tanto nelle tensioni che coinvolgono i singoli quanto in quelle di portata più generale ed anche internazionale. Il perdono non si contrappone in alcun modo alla giustizia, perché non consiste nel soprassedere alle legittime esigenze di riparazione dell’ordine leso. Il perdono mira piuttosto a quella pienezza di giustizia che conduce alla tranquillità dell’ordine, la quale è ben più che una fragile e temporanea cessazione delle ostilità, ma è risanamento in profondità delle ferite che sanguinano negli animi. Per un tale risanamento la giustizia e il perdono sono ambedue essenziali.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Da oltre quindici secoli, nella Chiesa cattolica risuona l’insegnamento di Agostino di Ippona, il quale ci ha ricordato che la pace, a cui mirare con l’apporto di tutti, consiste nella tranquillitas ordinis, nella tranquillità dell’ordine [cfr De civitate Dei, 19, 13]”.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che nella risurrezione del tuo Figlio ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, rafforza in noi la fede e la speranza, perché non dubitiamo mai di raggiungere quei beni che tu ci hai rivelato e promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo..