18 Maggio 2019

Sabato della IV Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Chi ha visto me, ha visto il Padre.” (Vangelo).

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 14,7-14: La rivelazione di Gesù si incunea in una atmosfera gravida di tristezza. Gli apostoli sono in uno stato di profondo turbamento per le tre predizioni che Gesù ha fatto poco prima relativamente al tradimento di Giuda, alla sua dipartita da questo mondo e al rinnegamento di Pietro (Gv 13,21.33.38). Gesù li esorta a superare tale momento difficile invitandoli a credere in lui in modo rinnovato e più profondo: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1). Questa fede trova la sua ragione nel fatto che il Figlio possiede la stessa natura divina del Padre, e per questo motivo la preghiera che viene rivolta al Padre nel nome del Figlio verrà immantinente accolta. Le parole di Gesù sono rivelazione e, allo steso tempo, profezia: chi rimane in Gesù compirà le opere che Lui compie e ne compirà di più grandi. Nella fede e nel rimanere in Gesù la missione dell’apostolo troverà le risorse per raggiungere il cuore dell’uomo.

Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio... Tommaso, l’apostolo incredulo (Gv 20,27), dice di non conoscere la via della verità e della vita pur avendola davanti. I sensi sono inutili, occorre mettere in campo la fede: bisogna «conoscere che Gesù è l’Unigenito del Padre per riconoscere che Dio è il Padre che ci ama [Gv 3,14]» (Bibbia di Gerusalemme).
Allo stupore segue la rivelazione. Gesù e il Padre sono una «cosa sola» (Gv 10,30): «Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me». Chi vede Gesù vede il Padre. È il vedere della fede, non della visione. Ma lo stesso testo giovanneo afferma che il Padre e il Figlio sono due persone distinte: Gesù dichiara di recarsi dal Padre per preparare un posto ai suoi discepoli, è la via che conduce gli uomini al Padre, infine i seguaci devono credere in Lui e nel Padre. Il Padre e il Figlio, pur vivendo l’uno nell’altro, sono due Persone distinte e quindi non vanno confuse. Gesù è pertanto vero Uomo e vero Dio. Un’affermazione che aveva precedentemente provocato un tentativo di lapidazione, perché considerata blasfema dai Giudei (Cf. Gv 10,30-31).
Gesù chiede ai suoi Apostoli un supplemento di fede che può essere rinforzata dalla memoria delle opere da lui compiute. È un invito a leggere la vita del Maestro alla luce della fede, una lettura però attualmente ardua perché non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo: il «Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). Solo quando riceveranno lo Spirito Santo comprenderanno la personalità misteriosa del Cristo: come egli ha compiuto le Scritture (Cf. Gv 5,39), quale sia il senso delle sue parole e dei suoi insegnamenti (Cf. Gv 2,19), dei suoi atti, dei suoi «segni», delle sue opere (Cf. Gv 14,16; 16,13; 1Gv 2,20s), della sua passione, morte e risurrezione (Cf. Lc 24,25-26).
Chi crede in me, anch’egli compirà le opere... Non si intenda che il discepolo sarà più grande del Maestro. Queste opere grandi sono il molto frutto che i discepoli porteranno restando uniti a Gesù: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5). Solo la fede in Gesù, e la comunione con lui, donerà al discepolo di partecipare al suo potere di rimettere i peccati e di dare la vera vita attraverso l’opera dello Spirito Santo.

Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? - Jean Corbon e Albert Vanhoye - 1. Sinottici. - Gesù era il solo capace di rivelare il Padre (Lc 10, 22) e di spiegare il mistero del regno di Dio (Mt 13,11). Egli insegnava con autorità (Mt 7,29). Rifiutando di soddisfare le vane curiosità (Atti 1,7), il suo insegnamento non era teorico, ma si presentava come una «buona novella» ed un appello alla conversione (Mc 1,14s). Dio si fa vicino, bisogna discernere i segni dei tempi (Lc 12,56; 19,42), ed essere disposti ad accoglierlo (Mt 25,10 ss). Alle parole Gesù univa i miracoli, segni della sua missione (ad es. Mt 9,6). Ma tutto questo non era che una preparazione. Non soltanto i suoi nemici (Mc 3,5), ma i suoi stessi discepoli avevano lo spirito ottuso (Mc 6,52; Mt 16,23; Lc 18,34). Soltanto quando sarà sparso il sangue della nuova alleanza (Lc 22,20 par.) potrà farsi la piena luce: « allora egli aprì la loro intelligenza » (Lc 24,45), allora effuse lo Spirito Santo (Atti 2,33). Così furono instaurati gli ultimi tempi, tempi della vera conoscenza di Dio.
2. San Giovanni. - Ancor più nettamente dei sinottici, Giovanni nota le tappe di questa rivelazione. Bisogna anzitutto lasciarsi istruire dal Padre; coloro che sono docili nei suoi confronti sono attratti verso Gesù (Gv 6,44s). Gesù li riconosce ed essi lo riconoscono (10,14), ed egli li conduce verso il Padre (14,6). Tuttavia tutto ciò che egli dice e fa rimane per essi enigmatico (16,25) finché egli non è stato innalzato sulla croce. Soltanto questa elevazione glorificante lo mette veramente in evidenza (8,28; 12,23.32); essa sola ottiene ai discepoli il dono dello Spirito (7,39; 16,7). Questi rivela loro tutta la portata delle parole e delle opere di Gesù (14,26; cfr. 2,22; 12,16) e li conduce a tutta la verità (16,13). Così i discepoli conoscono Gesù, e per mezzo di Gesù, il Padre (14,7.20). Come aveva predetto Geremia, si stabilisce un nuovo rapporto con Dio: «Il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza affinché conoscessimo il vero» (1Gv 5,20; 2,14). La vita eterna non si definisce diversamente: consiste nel «conoscere te, solo vero Dio, ed il tuo inviato Gesù Cristo» (Gv 17,3), conoscenza diretta, la quale fa sì che in un certo senso i cristiani «non hanno più bisogno di essere ammaestrati» (1Gv 2,27; cfr. Ger 31,34; Mt 23,8). Questa conoscenza implica una capacità di discernimento di cui Giovanni spiega gli aspetti fondamentali (1Gv 2,3ss; 3,19.24; 4,2.613), mettendo in guardia contro le false dottrine (2,26; 4,1; 2 Gv 7). Tuttavia, questa conoscenza di Dio, colta nella sua estensione, merita il nome di «comunione» (1Gv 1,3), perché è partecipazione ad una stessa vita (Gv 14,19s), unione perfetta nella verità dell'amore (Gv 17,26; cfr. 1Gv 2,3s; 3,16...).

Chi ha visto me, ha visto il Padre: Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica 101: Tutta la vita di Cristo è evento di rivelazione. Ciò che è visibile nella vita terrena di Gesù conduce al suo Mistero invisibile, soprattutto al Mistero della sua filiazione divina: «Chi vede me, vede il Padre» (Gv 14,9). Inoltre, anche se la salvezza viene compiutamente dalla Croce e dalla Risurrezione, la vita intera di Cristo è Mistero di salvezza, perché tutto ciò che Gesù ha fatto, detto e sofferto aveva come scopo di salvare l’uomo decaduto e di ristabilirlo nella sua vocazione di figlio di Dio.

Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 4 dicembre 1985): Se la perfettissima unità delle tre Persone divine è il vertice trascendente che illumina ogni forma di autentica comunione tra noi, esseri umani, è giusto che la nostra riflessione ritorni di frequente alla contemplazione di questo mistero, a cui così spesso si fa cenno nel Vangelo. Basti ricordare le parole di Gesù: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30); e ancora: “Credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre” (Gv 10,38). E in altro contesto: “Le parole che io vi dico non le dico da me; ma il Padre che è in me” (Gv 14,10-11). Gli antichi scrittori ecclesiastici si soffermano spesso a trattare di questo reciproco compenetrarsi delle Persone divine. I Greci lo definiscono come “perichóresis”, l’Occidente (specialmente dall’XI secolo) come “circumincessio” (reciproco compenetrarsi) o “circuminsessio” (reciproca inabitazione). Il Concilio di Firenze ha espresso questa verità trinitaria con le seguenti parole: “Per questa unità... il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio” (Denz.-S. 1331). Le tre Persone divine, i tre “Distinti”, essendo pure relazioni reciproche sono il medesimo Essere, la medesima Vita, il medesimo Dio.

E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò… - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 13 Qualunque cosa chiederete in nome mio io la farò; oltre la promessa di compiere opere grandi, il Salvatore assicura i discepoli che la loro preghiera sarà esaudita. La dichiarazione enunzia due principi teologici: la necessità della preghiera e la certezza che essa verrà esaudita (cf. 15,16; 16,23, 24,26). La formula «in nome mio» non significa elevare la propria preghiera al Padre in qualità di discepoli di Gesù, né semplicemente in unione con lui, né facendo proprio ciò che sta a cuore a lui, ma significa fare appello al potere di Cristo, come intendevano tale formula i primi cristiani; per l’importanza del nome di Gesù nella vita della Chiesa primitiva cf. Atti, 3,6,16; 4,10; 16,18; Filippesi, 2,10; Romani, 10,13 ecc. Il potere di Cristo non si limita a quello di un intercessore o di un mediatore, ma è un potere che Gesù esplica di sua propria autorità («io la farò»). Affinché il Padre sia glorificato nel Figlio; il Padre è glorificato per mezzo dell’opera del Figlio (cf. 17,1), poiché il Figliò attuerà quanto i discepoli gli chiederanno con la loro preghiera.
14 Se voi mi domanderete qualche cosa nel mio nome io lo farò; ora in modo esplicito si dichiara che la preghiera dei discepoli è rivolta a Cristo personalmente. Il Maestro parla dell’efficacia della preghiera in occasione dell’annunzio della sua andata al Padre; ciò significa che egli è presso il Padre per ascoltarli e per esaudirli; il testo ha una notevole importanza dottrinale, perché mette in luce la necessità apostolica della preghiera, vera anima di ogni apostolato. Indubbiamente i discepoli pregano Cristo per i bisogni della loro opera apostolica; egli li esaudisce, e così continua la sua opera in stretta collaborazione con gli apostoli di tutti i tempi.

Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Ad uomini arsi dal fuoco del dubbio, Gesù rivela il suo volto e nel suo volto vediamo il volto del Padre rivolto verso di noi; nel suo volto trasfigurato dalla risurrezione, ora vediamo i tratti dell’Amore della Trinità: del Padre che ci ha tanto amato da donarci il suo Figlio unigenito (cfr. Gv 3,16); del Figlio che ci ha amati sino alla fine (cfr. Gv 13,1); dello Spirito Santo che ha effuso nei nostri cuori l’amore del Padre e del Figlio (cfr. Rom 5,5). Ad uomini increduli e paurosi, Gesù rivela il mistero della sua natura: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,11). E allo stesso tempo rivela loro un’esaltante missione. Come Gesù è nel Padre ed è il rivelatore perfetto del volto del Padre, così il discepolo, trovandosi in Gesù e nello stesso tempo nel Padre, è chiamato ad essere perfetto ostensorio del Padre e del Figlio: «voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato» perché riveli il volto glorioso del Padre (1Pt 2,9). I cristiani hanno il compito di essere sacramento della presenza di Dio, nel suo profondo mistero trinitario. Ed è possibile soltanto se si identificano con Cristo Gesù (2Cor 3,18). La Chiesa «è quel segno, quella realtà visibile, che Gesù ha lasciato sulla terra per continuare la sua missione di «mostrare il Padre» ... Ogni uomo ha il diritto di rivolgersi a lei, come Filippo a Gesù «immagine di Dio invisibile», e chiederle: «Mostraci il Padre, e ci basta» ... Ci basta, perché questo è il desiderio dell’uomo: vedere Dio ... ci basta, perché in questo sta la vita eterna» (Mons. Luigi Olgiati). Quando nei tempi antichi Cicerone finiva di parlare, la folla applaudiva commentando: «Come ha parlato bene!», ma quando parlava Demostene, il popolo si alzava in piedi e gridava: «Mettiamoci in marcia». Così la nostra testimonianza al Signore attraverso le opere dev’essere tale, che tutti si sentano spinti a mettersi immediatamente in cammino per annunciare «a tutte le nazioni» (Mt 28,19) il Vangelo dell’Amore.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Gv 14,13-14).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, rendi sempre operante in noi il mistero della Pasqua, perché, nati a nuova vita nel Battesimo, con la tua protezione possiamo portare molto frutto e giungere alla pienezza della gioia eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo...