15 Maggio 2019

Mercoledì della IV Settimana di Pasqua

Oggi Gesù ci dice: “Io sono venuto nel mondo come luce.” (Cfr. Vangelo)

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 12,44-50: Il dodicesimo capitolo del vangelo di Giovanni termina con l’ultimo discorso di Gesù sulla sua identità e il suo rapporto con il Padre. Tra il Padre e Gesù il legame è così profondo che vedere Gesù è vedere il Padre, e chi crede in Gesù crede in colui che lo ha mandato. Gesù è venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in lui non rimanga nelle tenebre: in questa ottica si comprende allora la radicalità del giudizio, il rifiuto di Gesù è un rigetto di Dio stesso, il rifiuto di Gesù è un precipitare nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti (Mt 22,13; 25,30).

Il tema della luce è molto caro alla sacra Scrittura. L’essere di Dio è luce, in contrasto con l’essere umano che è tenebra. La Parola, l’insegnamento sono luce (cfr. Sal 119,5; Pr 6,23). Possiamo ricordare ancora l’invito rivolto a Israele: «Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). In Is 42,6 e 49,6 Israele è chiamato «luce delle nazioni». Nel giudaismo l’immagine della luce «veniva riferita volentieri alla Legge o al Tempio, come anche ad eminenti personalità religiose. Qui si vuole insinuare che questa prerogativa passa al nuovo popolo di Dio» (Angelo Lancillotti). Per i cristiani convertirsi dalle tenebre alla luce (Atti 26,18) per credere alla luce (Gv 12,36) è un imperativo improrogabile, così è un impegno fruttuoso quello di far risplendere la propria luce davanti agli uomini, perché vedano le loro opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli. Essere luce della terra, ovvero camminare come figli della luce (Ef 5,9), è un servizio di alto valore costruttivo, rivolto a tutto il consorzio umano unicamente per la gloria Dio e non per amore di trionfalismo o per accaparrarsi i primi posti nella Chiesa e in mezzo agli uomini. Se vogliamo fare un inventario del come essere luce del mondo, possiamo dire che si è luce quando si spezza il pane con l’affamato;  quando si apre la casa e il cuore ai senza tetto, ai bisognosi, ai miseri; quando tra le pareti della propria casa domestica si è facitori di pace, di comunione; quando il cuore si apre alla grazia; quando si smette di tranciare giudizi, di condannare, di pettegolare, di ordire trame, di impastare la vita con la menzogna, la disonestà; quando si smette di parlare sporco, di usare parole equivoche, quando si smette di essere abili nel dire e nel non dire, nel dire sì e pensare no; quando si è onesti nell’andare al cuore del messaggio evangelico: “Gesù Cristo, e questi crocifisso”; quando si fonda la fede non “sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. Sono praticamente le buone opere che devono essere viste dagli uomini e che illuminano il mondo.

Il tema della luce nel Nuovo Testamento - Bibbia di Gerusalemme (nota Gv 8,12): Nel Nuovo Testamento, il tema della luce si sviluppa secondo tre linee principali, più a meno distinte, 1) Come il sole illumina una strada, così è «luce » tutto quello che rischiara la strada verso Dio: un tempo erano la Legge, la sapienza e la parola di Dio (Qo 2,13; Pr 4,18-19; 6,23; Sal 119,105); ora è Cristo (l,9; 9,1-39; 12,35; 1Gvv 2,8-11; cf. Mt 17,2; 2Cor 4,6), paragonabile alla nube luminosa dell’esodo (8,12; cf. Es 13,21s; Sap 18,3s), e anche ogni cristiane, che manifesta Dio agli occhi del mondo (Mt 5,14-16; Lc 8,16; Rm 2,19; Fil 2,15; Ap 21,24). 2) La luce è simbolo di vita, di felicità e di gioia; le tenebre sono simbolo di morte, di sventura e di lacrime (Gb 30,26; Is 45,7; Sal 17,15+), Alle tenebre della prigionia si oppone dunque la luce della liberazione e della salvezza messianica (Is 8,22-9,1; Mt4,16; Le 1,79; Rm 13,11-12). Essa raggiunge anche le nazioni non ebraiche, cioè «le genti» (Lc 2,32; At 13,47), mediante Cristo-luce (Gv: cf, testi citati sopra; Ef 5,14), per consumarsi nel regno dei cieli (Mt 8,12; 22,13; 25,30; Ap 22,5; cf, 21,3-4), 3) Il dualismo «luce-tenebre. caratterizza così i due mondi opposti del bene e del male (cf. i testi esseni di Qumran), Nel Nuovo Testamento appaiono perciò due im­peri sotto il rispettivo dominio di Cristo e di Satana (2Cor 6,14-15; Col 1,12-13: At 26.18; 1Pt 2,91; l’uno cerca di vincere l’altro (Lc 22,53; Gv 13.27-30). Gli uomini si dividono in «figli della luce» e «figli delle tenebre» (Lc 16,8, 1Ts 5,4-5; Ef 5,7-8; Gv 12,36), secondo che vivono sotto l’influenza della luce (il Cristo) o delle tenebre (Satana) (Mt 6,23, 1Ts 5,4s; 1Gv 1,6-7; 1Gv 2,9-10), e si riconoscono dalle loro opere (Rm 13,12-14; Ef 5,8-11). Questa separazione (giudizio) tra gli uomini si è resa manifesta con la venuta della luce, che obbliga ciascuno a pronunziarsi per o contro di essa (Gv 3,19-21; 7,7; 9,39, Gv 12,46; cf. Ef 5,12-13). La prospettiva resta ottimistica: le tenebre dovranno un giorno sparire davanti alla luce (Gv 1,5; 1Gv 2,8, Rm 13,12).

Il simbolo della luce in Giovanni - Emanuela Ghini - Giuseppe Barbaglio ( Luce in Schede Bibliche Pastorali - Vol V): Nel IV vangelo il simbolo della luce è usato dall’autore per dare espressività alla sua cristologia: Gesù, Verbo incarnato, è il rivelatore definitivo del Padre. Già nel prologo, anticipatore dei motivi tematici di tutta l’opera, le affermazioni dell’evangelista sono nette: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta» (1,4-5). Il confronto tra Gesù e il Battista non fa che evidenziare il salto di qualità che divide i due: «Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (1,7-9).
La definizione di Gesù come luce dell’umanità, il suo ingresso nel mondo come evento disvelativo di Dio e il dualismo antagonistico luce-tenebre caratterizzano anche il famoso testo 3,19-21: «E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Il simbolismo della luce dunque non qualifica solo l’essere intimo di Cristo, ma serve all’evangelista per presentare il dramma storico della «luce» che è apparsa nella storia come fonte esclusiva di salvezza per tutti gli uomini, responsabilizzati di fronte alla sua apparizione: chi apre gli occhi della fede uscirà dal mondo delle tenebre e raggiungerà la vita, mentre chi si chiude in se stesso e nella propria autosufficienza rimarrà nelle tenebre, cioè nella perdizione.
Giovanni vi insiste variando le sue formule teologiche: «Di nuovo Gesù parlò loro: Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (8,12); «Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (12,46).
Un aspetto particolare della «storia» drammatica di Gesù-luce è la sua delimitazione in un tempo ristretto. Le parole del rivelatore hanno dunque un timbro ultimativo: non si può tramandare la decisione di fede; urge decider i per lui adesso: «Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo» (9,5); «Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce» (12,35-36).

Se qualcuno ascolta le mie parole ... - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Se qualcuno ascolta le mie parole e non le custodiscenon sono io che lo condanno; altri codici leggono: «Se qualcuno... e le custodisce, io non lo condanno». Si insiste nella fede attiva ed operante; bisogna fare la verità (cf. 3,21), perché i veri discepoli di Cristo sono quelli che compiono i suoi comandamenti (13, 35) e che «dimorano» nella sua parola (8,31). «Non sono io che lo condanno»; letteral.: «... che lo giudico»; il giudizio va qui preso in senso negativo, cioè nel senso di condanna. La parola che Gesù annunzia è e rimane il criterio assoluto e supremo di verità e di condotta; chi non ascolta tale parola o chi non l’adempie, incorre subito nel giudizio di condanna. Nel giudizio finale la parola di Cristo sarà una testimonianza a carico di chi non l’ha ascoltata, né l’ha messa in pratica. Infatti non sono venuto per condannare il mondo...; cf. 3,17; 5,45; 8,18; Gesù riafferma la sua missione salvifica, dopo aver chiaramente stabilito che la sua stessa parola sarà «giudice» di tutti coloro che non l’hanno ascoltata, né presa come norma di vita (Chi mi rigetta e non accoglie le mie parole...).

E io so che il suo comandamento è vita eterna: Giovanni Paolo II (Omelia, 9 giugno 1992): Dio ha indicato a tutti il cammino verso la salvezza, verso la vita eterna, dando agli uomini i suoi comandamenti. La via che conduce alla vita eterna è la via dei comandamenti di Dio: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti” (Mt 19,17) risponde subito dopo Gesù al giovane. Allo stesso tempo, il cammino della salvezza consiste nella risposta fondamentale alla questione della vocazione nella vita dell’uomo. Ciascuno di voi, uomini e donne, troverà in questi comandamenti la via che conduce a Dio, e lungo la quale dovrà camminare. I Comandamenti sono una condizione fondamentale e indispensabile perché l’uomo possa realizzare la vocazione della sua vita: raggiungere il fine per il quale vive sulla terra. Questa è la prima ed essenziale risposta di Cristo, di Colui che “è luce e salvezza” dell’uomo: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”.

Gesù è la luce: Paolo VI (Udienza Generale, 22 giugno 1966): Cristo è la sorgente della luce; è la luce. Ma come giunge a noi questa luce? Il Signore ha voluto stabilire un sistema, disporre un ordine, per cui la sua luce giungesse a noi mediante un servizio umano, mediante un riflesso qualificato e autorizzato, e cioè mediante il magistero e il ministero apostolico. Egli infatti disse agli Apostoli: «Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14); e mediante una trasparenza interiore di Cristo stesso, emanante dall’intero corpo mistico e visibile della Chiesa, quasi ch’essa fosse l’ostensorio di Cristo; così che è essa stessa chiamata «sacramento», segno sacro cioè e tramite dell’unione di Dio con l’umanità (cfr. Cost. Lumen Gentium, 1). «Chi ascolta voi, disse Gesù riferendosi ai discepoli elevati a funzioni gerarchiche, ascolta me; e chi disprezza voi, disprezza me» (Lc. 10,16). Praticamente perciò noi non potremo arrivare a Cristo, se non cercandolo e trovandolo nella sua Chiesa. Ricordiamo ancora la famosa esortazione di S. Giovanni Crisostomo: «Non ti allontanare dalla Chiesa! Nulla è più forte di essa! La tua speranza è la Chiesa, il tuo rifugio è la Chiesa. Essa è più alta del cielo e più vasta della terra. Essa non invecchia mai, ma sempre vigoreggia». Un altro grande dottore orientale, Origene, fin dalla prima metà del terzo secolo, commentando la Genesi, diceva: «Se vogliamo essere noi pure come il cielo, avremo in noi i luminari che ci possono illuminare: Cristo e la sua Chiesa. Egli infatti è la luce del mondo, che illumina pure la Chiesa con la sua luce; ... e la Chiesa, preso il lume di Cristo, illumina tutti quelli che si trovano nella notte dell’ignoranza» (In Gen. Hom. 1, 5; P. G. 12, 150).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Io sono la luce del mondo: chi segue me avrà la luce della vita.” (Gv 8,12).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, vita dei tuoi fedeli, gloria degli umili, beatitudine dei giusti, ascolta la preghiera del tuo popolo, e sazia con l’abbondanza dei tuoi doni la sete di coloro che sperano nelle tue promesse. Per il nostro Signore Gesù Cristo...