9 Aprile 2019

Martedì della V Settimana di Quaresima


Oggi Gesù ci dice: “Le Scritture mi rendono testimonianza. Venite a me per avere la vita eterna” (Cfr. Gv 5,39.40 - Antifona alla comunione).

Dal Vangelo secondo Giovanni 8,21-30: Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo, con queste parole Gesù svela la sua identità che trascende l’orizzonte terreno perché le sue origini sono oltre il tempo e lo spazio. Ma i Giudei non hanno occhi per vedere al di là del velo della carne del Cristo, perché non hanno fede. Gesù così indica loro un percorso che inevitabilmente dovrà giungere alla sommità del Calvario: Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono. Inchiodato sulla Croce, svelerà a tutti la sua divinità e solo questa grande rivelazione sarà capace di suscitare la fede nel cuore degli uomini. Chi non accetterà questa testimonianza, chi non saprà cogliere il mistero della sua Persona morirà nei suoi peccati; è la morte eterna che porta con sé l’eterna separazione da Colui che è la risurrezione e la vita (Gv 11,25): Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati.

Il rivelatore escatologico - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Il quarto evangelista anche in Gv 8, a varie riprese e con diverse immagini, presenta Gesù come il rivelatore escatologico. Con la frase iniziale: Io sono la luce del mondo (Gv 8,12), il Maestro si proclama la manifestazione piena e perfetta della salvezza per tutta l’umanità. Lo abbiamo già messo in risalto nell’esegesi del prologo e del dialogo con Nicodemo (Gv 1,4s.9; 3,19ss): la metafora della luce, nella Bibbia e nella letteratura giudaica antica, indica la rivelazione della vita divina. Il Verbo incarnato in Gv 8,12, definendosi luce del mondo, si presenta come la manifestazione piena e perfetta dell’amore del Padre per l’umanità. In realtà Gesù finché è nel mondo, è la luce del mondo (Gv 9,5); egli è venuto nel mondo per essere la sua luce (Gv 12,46), cioè per illuminarlo con la sua parola divina.
Nella terza e nella quarta scena di Gv 8,12-59 Gesù si proclama la Parola primordiale che rivela al mondo ciò che ha udito presso il Padre (Gv 8,25s). Egli dice, cioè manifesta all’umanità, ciò che Dio gli ha insegnato (Gv 8,28), ciò che ha visto presso il Padre (Gv 8,38). Il Maestro è la persona divina che dice la verità ascoltata presso Dio (Gv 8,40), ossia rivela la parola definitiva del Padre, manifesta e comunica in pienezza la vita di Dio (Gv 8,46).

Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): v. 21 «Io (me ne) vado e mi cercherete ...». Gesù riprende qui alcuni motivi di un brano precedente (7,31-36); ma ora il tono si fa più severo perché prospetta ai giudei la morte eterna. In Gv 7,34 si legge: «Mi cercherete e non mi troverete»; qui: «Mi cercherete e morirete nel vostro peccato». II peccato, al singolare, consiste essenzialmente nel rifiuto della fede in Gesù; gli altri peccati (cf. v. 24 «peccati», al plurale) sono una conseguenza di questo atteggiamento di incredulità ostinata. L’ostilità nei confronti di Gesù avrebbe condotto i giudei alla rovina, alla morte eterna, per aver rifiutato colui che era venuto a portare la luce della verità. - «Dove vado io, voi non potete venire». Gesù sta per tornare al Padre attraverso la passione e la glorificazione; i giudei, persistendo nella loro incredulità, non potranno raggiungerlo nella gloria del cielo.
v. 22 Dicevano dunque i giudei: “Forse si ucciderà ... ». I giudei fraintendono le parole di Gesù e le interpretano in modo distorto e sarcastico. Mentre sopra (7,35) facevano dell’ironia, dicendo che forse voleva recarsi a insegnare ai pagani nella diaspora, cioè in terra pagana, ora prospettano la possibilità che voglia suicidarsi per disperazione, costatando il fallimento delle sue utopie. In effetti, Gesù avrebbe offerto volontariamente la propria vita per la salvezza del mondo, anche se sarebbero stati i giudei a ucciderlo, attuando inconsciamente il progetto salvifico di Dio. In precedenza (7,35) i suoi avversari avevano predetto senza saperlo  l’evangelizzazione universale; ora preannunziano la morte redentrice di Cristo, liberamente accettata. Il ricorso all’espediente dell’ironia consente a Giovanni di mettere in bocca ai nemici di Gesù affermazioni cristologi­che fondamentali, che erano ben note ai suoi lettori.

Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati - Henri van de Bussche (Giovanni): Qui sta la loro colpa: essi non hanno voluto riconoscere Io sono, né nell’Antico Testamento, né ora che Io sono è presente in Gesù. L’affermazione personale assoluta: «Io sono» è senza dubbio un’allusione diretta al nome del Dio dell’alleanza, Iahvé. Questo nome è stato rivelato a Mosè nel roveto ardente, con tutta la discrezione richiesta dal mistero della natura divina, come una promessa per l’avvenire: Io sono libera Israele dall’Egitto (Es. 3,15), sigilla l’elezione (Es. 33,19) e assicura la protezione personale di Dio e la restaurazione di Israele). La rivelazione personale di Gesù ci riporta ancora una volta al tempo del deserto. Questa volta la critica di Gesù raggiunge l’esistenza stessa di Israele, perché Israele deve la sua esistenza e la sua vita a lo sono che l’accompagna. Ma il nome di Iahvé, nome pieno di ricordi per il popolo dell’alleanza, non contiene soltanto una promessa. Se Israele non riconosce Io sono, questo nome assume l’aspetto di giudizio; tale è il messaggio di alcuni testi del tempo dell’esilio, per esempio di Ez. 7,27: Li tratterò secondo la loro condotta, li giudicherò secondo i loro giudizi; così sapranno che lo sono Iahvé! Io sono trova in Gesù la sua realizzazione più perfetta. per il loro bene o per il loro male. Non riconoscendo Io sono in Gesù, i giudei commettono il più grave dei peccati e sigillano una storia secolare di peccato.

Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo; accenno velato alla crocifissione ed alla glorificazione di Cristo secondo il linguaggio del quarto evangelista (cf. Giov., 3,14; 12,32,34). Allora conoscerete che io sono; cf. commento al vers. 24; le parole richiamalo quelle usate dai profeti a conclusione degli oracoli di minaccia pronunziati contro il popolo infedele (cf. Esodo 10,2; Ezechiele, 6,7,10, 13,14; 7,4,9,27; 11,10; 12,16,20 ecc.). L’«elevazione» («Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo») di Cristo sulla croce, alla quale seguirà la glorificazione di lui, darà ai giudei increduli la risposta esatta alla loro precedente domanda («Chi sei tu?», vers. 25) e suggellerà la loro condanna (cf. Giov., 19,37; Apocalisse, 1,7; Mt.,26,64 e testi paralleli). Non faccio nulla da me; con questa dichiarazione il Maestro mette in evidenza la sua intima unione e la continua dipendenza dal Padre. Dico ciò che il Padre mi ha insegnato, cf. vers. 40.

Conoscerete, troverete la risposta...: Giovanni Paolo II (Omelia, 30 marzo 1982): Cristo dice: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete...”: conoscerete, troverete la risposta a questo interrogativo che ora ponete a me, non fidandovi delle parole che vi dico. “L’innalzare” mediante la Croce costituisce in un certo qual senso la chiave per conoscere tutta la verità, che Cristo proclamava. La Croce è la soglia, attraverso la quale sarà concesso all’uomo di avvicinarsi a questa realtà che Cristo rivela. Rivelare vuol dire “rendere noto”, “rendere presente”. Cristo rivela il Padre. Mediante lui il Padre diventa presente nel mondo umano. “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo” (Gv 8,28). Cristo si richiama al Padre come all’ultima fonte della verità che annunzia: “Colui che mi ha mandato è veritiero, ed io dico al mondo le cose che ho udito da lui” (Gv 8,26). Ed infine: “Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite” (Gv 8,29). In queste parole si svela davanti a noi quella illimitata solitudine, che Cristo deve sperimentare sulla Croce, nella sua “elevazione”. Questa solitudine inizierà durante la preghiera nel Getsemani – la quale deve essere stata una vera agonia spirituale – e si compirà nella crocifissione. Allora Cristo griderà: “Elì, Elì, lemà sabactàni”, “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46). Ora, invece, come se anticipasse quelle ore di tremenda solitudine, Cristo dice: “Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo...”. Come se volesse dire, in primo luogo: anche in questo supremo abbandono non sarò solo! adempirò allora ciò che “Gli è gradito”, ciò che è la Volontà del Padre! e non sarò solo! - E, inoltre: il Padre non mi lascerà in mano alla morte, poiché nella Croce c’è l’inizio della risurrezione. Proprio per questo, “la crocifissione” diventerà in definitiva la “elevazione”: “Allora saprete che Io sono”. Allora, pure, conoscerete che “io dico al mondo le cose che ho udito da lui”.

Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Gesù non poteva dire con più chiarezza che un giorno anche il suo popolo giungerà alla fede in lui: allora conoscerete che io sono ... Sarà l’agire del Padre, che sul calvario dirà chi è il Figlio; sarà il Padre a confermare che il Figlio non ha fatto nulla da se stesso e ha portato a termine l’opera che gli ha affidato (5,30.36); e sarà ancora il Padre a sigillare, innalzando il Figlio nella gloria, che il Figlio suo ha solo detto quello che Egli gli ha insegnato. Perciò è vero quanto disse un giorno Gesù: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato» (7,16).
Le parole di Gesù sono state davvero solenni; molti dei suoi uditori ne hanno percepito l’importanza e credettero in lui (8,30). Ma si tratta di vera fede? Ebbene, Gesù passerà ora al vaglio la loro fede, per poterli davvero liberare dalla loro situazione di peccato.

Colui che mi ha mandato è con me: Bibbia di Navarra: «Colui che mi ha mandato»: è un’espressione che si rinviene assai di frequente nel Vangelo di san Giovanni per indicare Dio Padre (cfr Gv 5,37; 6,44; 7,28; 8,16).
I Giudei che ascoltavano Gesù non capivano a chi il Signore si riferisse nel dire “colui che mi ha mandato”; san Giovanni però, narrando l’episodio, spiega che Cristo parla di Dio Padre, dal quale procede.
«Parlava loro del Padre»: è la lettura proposta dalla maggior parte dei codici greci. Tra cui quelli più importanti. Altri codici e alcune versioni, come la Vulgata, leggono “chiamava Dio Padre suo”.
«Le cose che ho udito da lui»: Gesù ha del Padre una conoscenza connaturale, ed è alla luce di tale conoscenza che parla agli uomini; non conosce per rivelazione o per ispirazione, come i profeti o gli autori sacri, ma secondo una modalità infinitamente superiore. Perciò può affermare che nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare (cfr Mt 11,27).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Cristo rivela il Padre. Mediante lui il Padre diventa presente nel mondo umano.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Il tuo aiuto, Dio onnipotente, ci renda perseveranti nel tuo servizio, perché anche nel nostro tempo la tua Chiesa si accresca di nuovi membri e si rinnovi sempre nello spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...