7 Aprile 2019

V Domenica di Quaresima

Oggi Gesù ci dice: “Ritornate a me con tutto il cuore, perché io sono misericordioso e pietoso” (Gl 2,12-13 - Acclamazione al Vangelo).

I Lettura - Is 43,16-21: Il vaticinio è rivolto a Israele, popolo «sordo» e «cieco» (Cf. Is 43,8), perché si affranchi dalla paura e si apra alla speranza. La «cosa nuova» che Dio sta preparando per il suo popolo è la fine della prigionia. Con potenza Dio trasformerà interiormente Israele e lo renderà capace di dargli gloria: «Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi». Come Dio, ai tempi dell’esodo, rese asciutto il Mar Rosso per far transitare Israele, così ora aprirà «nel deserto una strada»; immetterà «fiumi nella steppa», che serviranno a dissetare il suo popolo. Il Signore Dio, per tale prodigio, sarà glorificato dalle bestie selvatiche della steppa e lodato dal suo popolo. Tale unisono di lodi sta a significare che la salvezza del popolo eletto coinvolge l’intero universo.

Salmo Responsoriale - Dal Salmo 125 (126): «Per la messe materiale come per quella spirituale sono necessarie fatiche e sudori; è per questo che Dio rende stretta e angusta la via che conduce alla virtù (Cf. Mt 7,14). E come l’acqua è necessaria per far crescere la messe, così le lacrime servono alla virtù; come l’aratro è necessario per la terra, così giovano all’anima fedele le tentazioni e le afflizioni che la lacerano. Il profeta quindi vuol dire che dobbiamo ringraziare Dio non solo per il ritorno ma anche per la prigionia. E come il seminatore non si rattrista ma pensa alla messe futura, quando siamo nell’afflizione non tormentiamoci ma pensiamo che ciò ci procurerà un gran bene» (San Giovanni Crisostomo).

II Lettura - Fil 3,8-14: Agli eterni litigiosi, Giudei e Giudeo-cristiani, incapaci di staccarsi dall’osservanza della Legge, Paolo dichiara che per lui ormai conta solo Gesù Cristo, la sua «sublime conoscenza», la fede in lui, «la comunione alle sue sofferenze... nella speranza di giungere alla risurrezione dei morti». Paolo poggia la speranza di giungere alla risurrezione dei morti su due preziosi elementi: da una parte, perché, per pura benevolenza, è stato conquistato da Cristo Gesù; dall’altra lui, l’apostolo, si sforza di correre «verso la mèta» per conquistare Cristo. Una somma di sforzi: tutto è grazia, tutto è generosa adesione umana.

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 8,1-11: Da molti esegeti, per motivi di critica testuale e letteraria, la storia dell’“adultera perdonata” è ritenuta un masso erratico proveniente dalla tradizione sinottica. La pericope, al di là della questione dell’adulterio, mette in risalto la misericordia di Gesù perfettamente in sintonia con l’amore misericordioso del Padre celeste: «Io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva» (Ez 33,11). Gesù non è venuto «per condannare il mondo, ma per salvare il mondo» (Gv 12,47; Cf. Gv 8,15): l’invito perentorio rivolto alla donna adultera di non peccare più è una forte spinta a uscire fuori dalla miseria del peccato per incominciare una vita nuova. In questa luce, il racconto giovanneo, è un appello rivolto a tutti gli uomini perché, smettendo di giudicarsi a vicenda, sentano il bisogno di essere salvati da Dio.

«Relicti sunt duo, misera et misericordia» (Sant’Agostino) - Nel tentativo di cogliere in fallo Gesù, i farisei e gli scribi si servono di un sotterfugio: gli trascinano dinanzi una donna colta in flagrante adulterio. Solo un espediente, ma non si fanno scrupolo di esporre la povera sventurata al dileggio della folla. Ciechi tutori della Legge, non si rendono conto che è mostruoso amministrare la giustizia calpestando la dignità della persona umana nella quale, come maestri della Parola, avrebbero dovuto cogliere l’immagine di Dio secondo cui era stata creata (Cf. Gen 1,27).
«La dignità umana si radica nella creazione ad immagine e somiglianza di Dio. Dotata di un’anima spirituale e immortale, d’intelligenza e di libera volontà la persona umana è ordinata a Dio e chiamata, con la sua anima e il suo corpo, alla beatitudine eterna» (Catechismo della Chiesa Cattolica, Compendio 358).
Come verità fondamentale, ma non soltanto per i credenti, «la giustizia sociale non può essere ottenuta se non “nel rispetto della dignità trascendente dell’uomo”, perché la persona umana rappresenta sempre lo scopo ultimo verso cui è orientata la società» (Catechismo della Chiesa Cattolica 1929).
La stima della persona umana implica sempre «il rispetto dei diritti che scaturiscono dalla sua dignità di creatura. Questi diritti sono anteriori alla società e ad essa si impongono. Essi sono il fondamento di ogni autorità: una società che li irrida o rifiuti di riconoscerli nella propria legislazione positiva, mina la propria legittimità morale. Se manca tale rispetto, un’autorità non può che appoggiarsi sulla forza o sulla violenza per ottenere l’obbedienza dei propri sudditi» (Catechismo della Chiesa Cattolica 1930). E ancora, il rispetto della persona umana «non può assolutamente prescindere dal rispetto di questo principio: “I singoli” devono “considerare il prossimo, nessuno eccettuato, come un altro se stesso, tenendo conto della sua vita e dei mezzi necessari per viverla degnamente”» (Catechismo della Chiesa Cattolica 1931). Calpestando questo principio fondato sulla carità, nessuna legislazione «sarebbe in grado, da se stessa, di dissipare i timori, i pregiudizi, le tendenze all’orgoglio e all’egoismo, che ostacolano l’instaurarsi di società veramente fraterne. Simili comportamenti si superano solo con la carità, la quale vede in ogni uomo un “prossimo”, un fratello» (Catechismo della Chiesa Cattolica 1931).
I farisei avvelenati dalla legge del taglione «occhio per occhio, dente per dente» (Es 21,23) sono incapaci di amare: avrebbero dovuto sentire il dovere di farsi prossimo per quella sventurata donna perché bisognosa di tutto; avrebbero dovuto capire che invece delle pietre aveva bisogno di amore perché bisognosa di un aiuto sincero per ritrovare la via della conversione; aveva bisogno che le indicassero la Via (Cf. Gv 14,6) per ritornare tra le braccia del Padre.
Gli antichi erano soliti scrivere sui sepolcri Sit tibi terra levis (la terra ti sia lieve). Parole che a volte, in tono scherzoso, si usavano per dire: Va’! i tuoi errori, i fastidi che ci hai dato siano perdonati.
I farisei non volevano rinunciare a questo rito, ma c’era un problema: l’adultera era viva e la tomba vuota. Urgeva quindi ammazzare la donna e poi vergare, forse con mano tremula, sulla tomba Sit tibi terra levis. Ipocrita perdono postumo: una prassi che è diventata abitudine e che ha messo profonde radici nel cuore di molti!

Felipe F. Ramos (Il Vangelo secondo Giovanni): I dottori della legge e i farisei avevano tutto da guadagnare. Gesù poteva pronunziarsi per l’applicazione della legge, e, in questo caso, come è stato detto molte volte, la sua fama di uomo compassionevole e misericordioso sarebbe crollata. Vi era però qualcosa di più serio e più compromettente. Sotto l’amministrazione dell’impero romano, i giudei avevano perso il diritto d’applicare la pena di morte (v. Gv 18,31). Un parere a favore dell’applicazione della legge avrebbe compromesso seriamente Gesù davanti alle autorità romane, come se avesse voluto intromettersi nell'amministrazione di quella provincia dell’impero.
Nel caso contrario, cioè nel caso che Gesù si fosse pronunziato contro la legge, la situazione - tenendo conto della sua missione - sarebbe stata non meno imbarazzante. Con quale diritto esponeva la legge un uomo che pronunziava contro le sue disposizioni? Con quale autorità si presentava al popolo come maestro? E quanto, siano minori i diritti con cui poteva avanzare qualsiasi pretesa messianica!

Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra  - Giuseppe Segalla (Giovanni): tracciava dei segni per terra: al v. 8 è detto «scriveva». Tra le diverse soluzioni, talora molto ingegnose, ma poco probabili, ne ricordiamo solo due: o è un gesto di disinteresse e di imperturbabilità, di cui vengono portati anche esempi dalla letteratura araba [E. POWER, Writing on the Ground (Joh. 8,6.8), Biblica 2 (1921) 54-57] oppure, e questo mi sembra più probabile, è un gesto simbolico che richiama concretamente Gr 17,13: «Sulla terra verrà scritto chi ti abbandona, perché ha abbandonato il Signore, la sorgente di acqua viva». Non quindi ai peccati, ma ai peccatori si riferirebbe e questo sarebbe conforme al contesto di carattere profetico.

Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo - Silvano Fausti (Una Comunità legge il Vangelo di Giovanni): rimase solo e la donna che era nel mezzo. La donna era stata posta nel mezzo dagli zelanti della legge che condanna. Ora essa rimane sola con il solo Gesù, nel mezzo della sconfinata misericordia di Dio. Il peccato è il luogo dove si manifesta la sovrabbondanza della sua grazia (cf. Rm 5,20).
Dice Agostino: «Sono rimasti due: la misera e la misericordia». Alla fine ciò che rimane di ogni uomo è l’incontro della propria miseria con la misericordia di Dio.
Maggiore è l’abisso del peccato, maggiore è l’amore che si riceve e la conoscenza di Dio e di sé che si ottiene.
E maggiore sarà la capacità di amare (cf. Lc 7,42b.43a).
Gesù, l’unico senza peccato, non se ne va. Rimane con la peccatrice: è il Figlio, misericordioso come il Padre. Se condanna il peccato perché è e fa male, assolve e ne slega il peccatore perché lo ama.
C’è in ciascuno di noi la parte adultera e la parte di chi vuoi lapidarla. Invece di lapidarla, bisogna riconoscersi in essa: è il luogo d’incontro con il Signore.

«Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?» - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Il racconto dà l’impressione che neppure si sia accorto che se ne sono andati via tutti, perché, rialzandosi, chiede: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?», Quella risponde: «Nessuno, Signore».
Allora Gesù, che già si era presentato come il realizzatore delle Scritture (7,38), come colui che porta a compimento una Legge che è stata data per la vita, non per la morte (Dt 30,15-20), si trova in situazione di dare alla Legge la possibilità di raggiungere il suo scopo. Non nega la colpevolezza della donna.
Sa che è sotto la condanna della Legge. Secondo la norma della Legge è già morta. Ma le ridà la vita. Annulla la condanna, non la norma della Legge. Alla donna infatti dice: «Va’ e non peccare più» (8,11). L’aveva già detto al rattrappito guarito presso la piscina di Betzatà: «Non peccare più perché non ti accada di peggio» (5,14).
L’immagine di Gesù è davvero solenne. Egli di nuovo appare come colui che toglie il peccato del mondo (1,20), come colui che è venuto non per condannare, ma per salvare e dare la vita eterna (3,16-17).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Vangelo).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi. Egli è Dio e vive e regna con te...