5 Aprile 2019


Venerdì della IV Settimana di Quaresima


Oggi Gesù ci dice: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.” (Cfr. Mt 4,4b - Acclamazione al Vangelo).


Dal Vangelo secondo Giovanni 7,1-2.10.25-30: La festa delle Capanne, molto frequentata dai contadini, si celebrava fra il 15-22 di Tsri (settembre - ottobre), e durava sette - otto giorni. Era la festa del ringraziamento per il raccolto e della implorazione della pioggia per la semina. Gesù partecipa alla festa, “non apertamente, ma quasi  di nascosto”. La sua presenza alla festa genera in “alcuni abitanti Gerusalemme” meraviglia in altri sconcerto, infatti Giovanni registra due opinioni discordanti: «I Giudei intanto lo cercavano durante la festa e dicevano: “Dov’è quel tale?”. E la folla, sottovoce, faceva un gran parlare di lui. Alcuni infatti dicevano: “È buono!”. Altri invece dicevano: “No, inganna la gente!”. Nessuno però parlava di lui in pubblico, per paura dei Giudei» (Gv 7,11-13).
Nessuno però parlava di Gesù in pubblico perché era “stata messa in atto da parte dei giudei una specie di terrore morale contro la popolarità dilagante di Gesù [9,22; 19,38; 201,9]” (Giuseppe Segalla, Giovanni). La stessa cosa capiterà anche alla prima comunità cristiana di origine giudaica.
Tanta miscredenza da parte dei giudei viene registrata da Giovanni anche al versetto 25: “Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia»”.
Gesù insegna nel tempio, pur sapendo che i giudei lo cercavano di ucciderlo, e il suo insegnamento-rivelazione, una risposta palese ai dubbi di “alcuni abitanti di Gerusalemme” (cfr. v. 25), provoca un ennesimo contenzioso: i giudei, sempre in agguanto, con proditoria malvagità cercarono di arrestarlo, ma “nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora”, ma ormai il tempo è vicino, è l’ora di Gesù, la piena manifestazione della sua gloria (Gv 17,1ss), ma anche l’ora dei suoi nemici (Lc 22,53), la massima manifestazione del loro odio rabbioso.

Giuseppe Segalla (Giovanni): Il brano iniziale prepara i discorsi di controversia che seguono. Dopo una breve introduzione storico- geografica, tipica di Giovanni (7,1-2; cfr 4,1-3.43-45), si possono distinguere due parti: 1) Gesù e i fratelli (7,3-10); 2) le diverse reazioni alla presenza di Gesù a Gerusalemme (7,11-13). La prima parte con il tema del tempo stabilito dal Padre e dell’odio del mondo prepara a comprendere l’odio contro Gesù fino a volerlo sopprimere; la seconda parte, con i vari giudizi sulla persona di Gesù, prepara le controversie sulla sua messianità (Gv 7) e sulla salvezza escatologica, legata alla sua persona (Gv 8).

I giudei cercavano di ucciderlo - Catechismo degli Adulti 226-227: Da tempo Gesù si rendeva conto del rischio mortale. Ripetutamente aveva affermato che quanti si convertono al Regno vanno incontro a persecuzioni: a maggior ragione la stessa sorte sarebbe toccata a lui; tanto più che anche Giovanni Battista era stato ucciso, per ordine di Erode.
Nei Vangeli troviamo numerose predizioni di Gesù riguardo a un suo futuro di sofferenza: alcune sono allusive; tre sono piuttosto dettagliate, rese probabilmente più esplicite dai discepoli alla luce degli eventi compiuti.
Gesù dunque è consapevole del pericolo; ma gli va incontro con decisione: «Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore» (Mc 10,32). Il pericolo non indebolisce la sua fedeltà a Dio e non rallenta i suoi passi.
L’ostilità contro Gesù fu alimentata da quanti, senza comprenderne le opere e l’insegnamento, lo considerarono un sovvertitore della religione e un pericoloso agitatore di folle.
Gesù era consapevole della morte che lo attendeva, ma andò incontro ad essa con coraggio, per essere fedele a Dio.

Gesù insegnava - A. Barucq e P. Grelot: Cristo Dottore 1. Durante la vita pubblica di Gesù, l’insegnamento costituisce un aspetto essenziale della sua attività: egli insegna nelle sinagoghe (Mt 4,23 par.; Gv 6,59), nel tempio (Mt 21,23 par.; Gv 7,14), in occasione delle feste (Gv 8,20) ed anche quotidianamente (Mt 26,55). Le forme del suo insegnamento non differiscono da quelle usate dai dottori di Israele, ai quali si è mescolato nella sua giovinezza (Lc 2,46), che all’occasione riceve (Gv 3,1s.10) e che più di una volta lo interrogano (Mt 22,16s.36 par.). Quindi a lui, come ad essi, viene dato il titolo di rabbi, cioè maestro, ed egli l’accetta (Gv 13, 13), pur rimproverando agli scribi del suo tempo di ricercarlo, come se non ci fosse per gli uomini un solo maestro, che è Dio (Mt 23,7 s).
2. Tuttavia, se appare alle folle come un dottore tra gli altri, se ne distingue in diversi modi. Talvolta parla ed agisce come profeta. O ancora, si presenta come l’interprete autorizzato della legge, che porta alla perfezione (Mt 5,17). A tale riguardo egli insegna con un’autorità singolare (Mt 13,54 par.), a differenza degli scribi, così pronti a nascondersi dietro l’autorità degli antichi (Mt 7,29 par.). Inoltre la sua dottrina presenta un carattere di novità che colpisce gli uditori (Mc 1,27; 11,18), sia che si tratti del suo annuncio del regno, oppure delle regole di vita che egli dà: trascurando le questioni di scuola, oggetto di una tradizione che rigetta (cfr. Mt 15,1-9 par.), egli vuol far conoscere il messaggio autentico di Dio e portare gli uomini ad accoglierlo.
3. Il segreto di questo atteggiamento così nuovo sta nel fatto che, a differenza dei dottori umani, la sua dottrina non è sua, ma di colui che l’ha mandato (Gv 7,16s); egli dice soltanto Cciò che il Padre gli insegna (Gv 8,28).
Accogliere il suo insegnamento significa quindi essere docili a Dio stesso. Ma per giungere a tanto occorre una certa disposizione del cuore che inclina a compiere la volontà divina (Gv 7,17). Più profondamente ancora, bisogna aver ricevuto quella grazia interiore che, secondo la promessa dei profeti, rende l’uomo docile all’insegnamento di Dio (Gv 6, 44 s). Si tocca qui il mistero della libertà umana alle prese con la grazia: la parola di Cristo-dottore urta contro l’accecamento volontario di coloro che pretendono di veder Chiaro (cfr. Gv 9,39ss).

Le opinioni della gente - Catechismo degli Adulti 250: Già al suo tempo la gente, presa dallo stupore, si domandava: da dove gli viene questa autorità, questa potenza nell’operare e questa sapienza nel parlare? qual è la vera identità di quest’uomo? I discepoli stessi non finivano di meravigliarsi e si dicevano tra loro: «Chi è dunque costui?» (Mc 4,41).
Presto «il suo nome era diventato famoso» (Mc 6,14) e in Galilea si affermava sempre più, nell’opinione popolare, l’idea che Gesù fosse un grande profeta taumaturgo; tant’è vero che, in occasione dell’ingresso solenne a Gerusalemme, ai cittadini che chiedono spiegazioni la folla dei pellegrini galilei risponderà: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea» (Mt 21,11).
Per alcuni farisei era invece un falso profeta, posseduto da Satana, perché violava la legge e si intratteneva con i peccatori.

Giudeo incredulo secondo san Giovanni - Xavier Léon-Dufout: I vangeli parlano dei Giudei contemporanei di Gesù, sia il quarto che gli altri (ad es. Gv 3,1; 12,9). Tuttavia, al tempo in cui Giovanni scriveva, la Chiesa e la sinagoga costituiscono due comunità nettamente separate; il problema della Chiesa nascente alle prese con i Giudei non esiste più, se non nel quadro generale dell’incredulità del mondo nei confronti di Cristo. Per lo più il termine Giudeo non è una designazione etnica, ma un vocabolo teologico a base storica. Si tratta in prima linea dei Giudei che crocifissero Gesù, ma più profondamente, attraverso ad essi, di tutti gli increduli. Diversi indizi fanno vedere che Giovanni tende a fare del Giudeo il «tipo» dell’incredulo, una categoria del pensiero religioso. Nel suo vangelo si parla delle usanze e delle feste giudaiche come proprie di un popolo straniero (Gv 2,6.13; 5,1; 6,4; 7,2 ...); a differenza di Nicodemo (7,51), Gesù parla ai Giudei come ad estranei (8,17; 10,34; cfr. 7,19.22); ordinariamente il termine designa avversari di Gesù (2,18.20; 5,16.18; 6,41 ... ); e, viceversa, chiunque appartiene a Gesù o si preoccupa veramente di lui è trattato da nemico dei Giudei, anche se è di origine giudaica (5,15; 7,15 confrontato con 7,11; 1,19). «I Giudei» finiscono per essere, sotto la penna di Giovanni, un tipo della incredulità, il che implica un pericolo di utilizzazione antisemita del quarto vangelo. Una simile interpretazione non è certo convalidabile. Nella misura in cui si tratta dei Giudei che parteciparono alla crocifissione di Gesù, questi sono stati sostituiti dal mondo, diventato a sua volta persecutore dei discepoli di Cristo come Gesù è stato costituito giudice dei Giudei (19,13) che non hanno voluto riconoscerlo come loro re (19,14.19-22), Così il cristiano deve giudicare il mondo che lo vuole giudicare: per questo sente continuamente la testimonianza del Paraclito, il difensore di Gesù.

Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): alzò la voce; forse per far tacere chi l’aveva interrotto mentre insegnava, ma anche per controbattere quanto essi dicevano. Questo «alzare la voce» è segno di autorità: è il Maestro che parla; il Maestro che si rivela. Gesù non rinnega la sua origine umana, che del resto è sotto gli occhi di tutti. Solo nega che sia questa sua origine umana a caratterizzare la sua missione e a dare significato alla sua vita. Bisogna andare oltre. Per questo dice: «Io non sono venuto da me stesso, ma c’è veramente qualcuno che mi ha mandato e che voi non conoscete. Io invece lo conosco perché vengo da lui ed è lui che mi ha mandato» (7,28-29).
Il lettore cristiano potrebbe completare quello che Gesù dice con quanto ha già udito: Gesù è «colui che è disceso dal cielo» (3,12; 6,42); è «colui che viene dall’alto ... e dà testimonianza di ciò che ha visto e udito» (3,31. 32); l’origine vera di Gesù è in Dio (1,14.18).
Questo però non è il caso dei Gerosolimitani, che ora vengono accusati di non conoscere Dio, come in 5,37 i loro capi erano stati accusati di «non avere mai udito la sua voce, né avere mai visto il suo volto». L’accusa è molto forte e spiega la violenta reazione dell’uditorio (7,30). Eppure con queste sue parole Gesù, come in 5,37-40, indica il cammino per entrare nel mistero della sua persona. L’evangelista non si ripete, ma il senso è lo stesso: solo chi accetta quella conoscenza di Dio che viene dalle Scritture e per mezzo di essa si lascia ammaestrare da Dio (6,45) e condurre da lui (6,44), riconoscerà chi è veramente Gesù; se non c’è questa docilità a Dio, l’unica reazione possibile è di far tacere la sua voce: cercarono di catturarlo, ma ... la sua ora non era ancora venuta (7,30).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato.” (cfr. Salmo Responsoriale).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Padre santo, che nei tuoi sacramenti hai posto il rimedio alla nostra debolezza, fa’ che accogliamo con gioia i frutti della redenzione e li manifestiamo nel rinnovamento della vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...