3 Aprile 2019

Mercoledì della IV Settimana di Quaresima


Oggi Gesù ci dice: “Io sono la risurrezione e la vita, chiunque crede in me non morirà in eterno.” (Gv 11,25a.26).

Dal Vangelo secondo Giovanni 5,17-30: Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco: il pensiero giudaico “stentava a conciliare il riposo di Dio dopo la creazione, riposo di cui il sabato è l’immagine [Gen 2,2s], con la sua continua attività nel governo del mondo. Si distingueva l’attività di creatore, che è terminata, e l’attività di giudice, che non cessa mai. Gesù identifica la sua attività con quella del giudice sovrano. Da ciò l’indignazione dei giudei e il discorso con cui Gesù giustifica la sua pretesa.” (Bibbia di Gerusalemme). Il brano giovanneo può essere diviso in due parti: nella prima parte Gesù rivela di avere ottenuto dal Padre il potere di dare la vita, nella seconda parte viene messo in evidenza il potere giudiziale del Figlio. Gesù sarà il giudice supremo nell’ultimo giorno. Questo giudizio “rivelerà l’esito del processo [cfr. Gv 3,11] inaugurato dalla venuta del Figlio [Gv 5,25; 12,31]. Gli uomini saranno giudicati secondo la fede accordata o rifiutata a Gesù [Gv 3,18-21; 16,8-11), salvatore di quanti non lo respingono [Gv 3,18; 8,15; 12,47).” (Bibbia di Gerusalemme).

Il Padre infatti ama il Figlio: Silvano Fausti (Una comunità legge il Vangelo del Padre): il Padre ama il Figlio (cf. 3,35). Adamo, seguito dai suoi discendenti, non conobbe l’amore del Padre. Questa ignoranza è l’origine dei nostri mali: chi non si sente amato, non si ama e non sa amare. Gesù infatti dirà ai suoi accusatori che non hanno in se stessi l’amore del Padre (v. 42). Dio è amore di Padre verso il Figlio e di Figlio verso il Padre; e tutto ciò che esiste è partecipazione di questo amore.
L’amore del Padre si è reso visibile in quello del Figlio per tutti gli uomini e si manifesta in coloro che, credendo in lui, considerano gli altri come fratelli. Solo se ci amiamo tra noi, l’amore è credibile. Esso non si può dimostrare: si può solo mostrare.
gli mostra tutte le cose. «La legge» dell’agire del Figlio è vedere l’amore del Padre, il quale gli è sempre presente: gli «mostra», qui e ora, come agire con i fratelli. Qualunque azione che non viene dall’amore, viene dall’egoismo e dà morte invece di vita.
le cose che egli fa. «Egli» può indicare sia il Padre che il Figlio. Dal contesto pare indicare piuttosto il Figlio, perché si parla del suo agire.
gli mostrerà opere maggiori di queste (cf.14,12). «Queste» opere, che il Padre gli mostra e che Gesù ha compiuto, corrispondono a quanto i discepoli hanno visto,in particolare la guarigione dell’infermo. Le «opere maggiori» saranno quelle che seguono: il dono del pane (6,1 ), della luce (9,1ss) e, in particolare, della vita a Lazzaro (11,1ss).
affinché voi vi meravigliate. Sarà la meraviglia del mattino di Pasqua, in cui si compirà nel Figlio l’opera del Padre a favore dei suoi figli.

… gli ha dato il potere di giudicare - Catechismo della Chiesa Cattolica 1038-1039: La risurrezione di tutti i morti, «dei giusti e degli ingiusti» (At 24,15), precederà il giudizio finale. Sarà «l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce [del Figlio dell’uomo] e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna» (Gv 5,28-29). Allora Cristo «verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli [...]. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. [...] E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt 25,31-33.46). Davanti a Cristo che è la verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio. Il giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena: «Tutto il male che fanno i cattivi viene registrato a loro insaputa. Il giorno in cui Dio non tacerà (Sal 50,3) [...] egli si volgerà verso i malvagi e dirà loro: Io avevo posto sulla terra i miei poverelli, per voi. Io, loro capo, sedevo nel cielo alla destra di mio Padre, ma sulla terra le mie membra avevano fame. Se voi aveste donato alle mie membra, il vostro dono sarebbe giunto fino al capo. Quando ho posto i miei poverelli sulla terra, li ho costituiti come vostri fattorini perché portassero le vostre buone opere nel mio tesoro: voi non avete posto nulla nelle loro mani, per questo non possedete nulla presso di me».

Il Giudizio dell’ultimo Giorno: Catechismo della Chiesa Cattolica 678-679: In linea con i profeti e Giovanni Battista Gesù ha annunziato nella sua predicazione il Giudizio dell’ultimo Giorno. Allora saranno messi in luce la condotta di ciascuno e il segreto dei cuori. Allora verrà condannata l’incredulità colpevole che non ha tenuto in alcun conto la grazia offerta da Dio. L’atteggiamento verso il prossimo rivelerà l’accoglienza o il rifiuto della grazia e dell’amore divino. Gesù dirà nell’ultimo giorno: “Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Cristo è Signore della vita eterna. Il pieno diritto di giudicare definitivamente le opere e i cuori degli uomini appartiene a lui in quanto Redentore del mondo. Egli ha “acquisito” questo diritto con la sua croce. Anche il Padre “ha rimesso ogni giudizio al Figlio” (Gv 5,22). Ora, il Figlio non è venuto per giudicare, ma per salvare e per donare la vita che è in lui. È per il rifiuto della grazia nella vita presente che ognuno si giudica già da se stesso, riceve secondo le sue opere e può anche condannarsi per l’eternità rifiutando lo Spirito d’amore.

... quanti fecero il male per una risurrezione di condanna: Catechismo degli Adulti 1219-1221: La pena dell’inferno è per sempre: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno... E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt 25,4146). «Il loro verme non muore e il fuoco non si estingue» (Mc 9,48). «Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia» (Ap 14,11). L’eternità dell’inferno fa paura. Si è cercato di metterla in dubbio, ma i testi biblici sono inequivocabili e altrettanto chiaro è l’insegnamento costante della Chiesa. In che cosa consiste questa pena? La Bibbia per lo più si esprime con immagini: Geenna di fuoco, fornace ardente, stagno di fuoco, tenebre, verme che non muore, pianto e stridore di denti, morte seconda. La terribile serietà di questo linguaggio va interpretata, non sminuita. La Chiesa crede che la pena eterna del peccatore consiste nell’essere privato della visione di Dio e che tale pena si ripercuote in tutto il suo essere. Non si tratta di annientamento per sempre. Lo escludono i testi biblici sopra riportati, che indicano una sofferenza eterna e altri che affermano la risurrezione degli empi. Lo esclude la fede nella sopravvivenza personale, definita dal concilio Lateranense V. Del resto neppure il diavolo è annientato, ma tormentato «giorno e notte per i secoli dei secoli» (Ap 20,10) insieme con i suoi angeli. Quando la Sacra Scrittura parla di perdizione, rovina, distruzione, corruzione, morte seconda, si riferisce a un fallimento della persona, a una vita completamente falsata.

Da me, io non posso fare nulla - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Gesù conclude questa prima parte del suo discorso risottolineando la convergenza, la concomitanza, la perfetta sintonia del suo agire con quello del Padre: «Io non faccio nulla da me stesso». E poi, riprendendo l’idea di giudizio, con solennità afferma: «II mio giudizio è giusto», lo è per due motivi: I° perché egli giudica secondo quello che ascolta, si intende dal Padre; 2° perché egli cerca di fare la volontà di chi lo ha mandato.
Sono espressioni che indicano sempre un’indicibile autorità. Sembra di sentire l’eco delle parole che Gesù pronuncerà di fronte al Sinedrio: «Vedrete il Figlio dell’uomo, seduto accanto a Dio onnipotente, venire sulle nubi del cielo» (Mc 14,62). Come avverrà nel Sinedrio, anche qui i suoi ostili uditori potrebbero pronunciare, ancora una volta (vedi 5,18), la loro sentenza di morte. Da quanto segue, invece, ricaviamo che l’accusa non esplicitata degli uditori suonerebbe come in 8,13: «Tu dai testimonianza di te stesso. La tua testimonianza non è valida». Ma non è così, perché a Gesù non mancano testimoni di alta qualità.

«Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio - Gesù eguale al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità: Paolo VI (Il Credo del popolo di Dio): Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri, e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale, pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l’unità della persona. Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Se ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all’Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto. E il suo Regno non avrà fine.

Giovanni Paolo II (Udienza Generale,  21 dicembre 1988): L’apostolo Giovanni, nella sua prima lettera, ci annuncia, con gioioso entusiasmo, che la “vita - cioè la vita divina, la vita eterna, Dio stesso come vita - si è fatta visibile” [1Gv 1,2]. La vita può essere raggiunta, può essere “veduta” e “toccata”. Questo è il contenuto essenziale del messaggio evangelico, sul quale insiste in modo speciale Giovanni. È il mistero dell’incarnazione. Il mistero del Verbo “che si fa carne”, e viene ad “abitare in mezzo a noi”. È il mistero del Natale, che festeggeremo tra pochi giorni. La vita infinita di Dio, vita beata, vita di perfetta pienezza, vita trascendente e soprannaturale, ci viene incontro, si offre a noi, si rende accessibile all’uomo, si propone come possibile, anzi come la piena felicità dell’uomo. Chi mai lo avrebbe potuto pensare? Noi, povere e fragili creature, spesso incapaci di custodire e rispettare la nostra stessa vita fisica e naturale, noi esseri fatti per una vita divina ed eterna? Chi mai avrebbe potuto immaginarlo, se non fosse stato rivelato dall’amore di Dio infinitamente misericordioso? Eppure questo è il destino dell’uomo. Questa è la sorte fortunata offerta a tutti. Anche ai più miserabili peccatori, anche ai più odiosi spregiatori della vita. Tutti possono ascendere a partecipare della stessa vita divina, poiché così ha voluto, in Cristo, il Padre celeste. Questo è il messaggio cristiano. E questo è il messaggio del Natale. “La vita si è fatta visibile - dice Giovanni [1Gv 1,2] - noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna”. Noi certo oggi, dopo duemila anni dalla presenza fisica di Gesù sulla terra, non possiamo avere la stessa esperienza che di lui hanno avuto Giovanni e gli altri apostoli; eppure anche noi, oggi, possiamo e dobbiamo essere suoi testimoni. E chi è il “testimonio”? È colui che è stato “presente ai fatti”, che ha - per così dire - “visto e toccato” ciò di cui testimonia. Ha avuto una conoscenza diretta, sperimentale.

 Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  [Gesù] si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale, pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità, ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature, ma per l’unità della persona.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che dai la ricompensa ai giusti e non rifiuti il perdono ai peccatori pentiti, ascolta la nostra supplica: l’umile confessione delle nostre colpe ci ottenga la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...