19 Aprile 2019


Venerdì della Settimana Santa

Oggi Gesù ci dice: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce»” (Vangelo)

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni 18,1– 19,42: In Gesù si compiono le Scritture, il Cielo si riconcilia con la terra e l’uomo diviene partecipe della natura divina (2Pt 1,4). Il Cristo Crocifisso dona agli uomini una Madre, e dal suo costato trafitto fa scaturire i doni dell’Eucarestia e del Battesimo, e con il legno della Croce, chiave benedetta e tutta divina, apre le porte del Paradiso chiamando a salvezza tutti gli uomini.

Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): Il ritmo dell’ora si fa incalzante per giungere al culmine con l’innalzamento di Gesù in croce.
L’evangelista aveva annotato all’inizio della cena che Gesù sapeva «che era venuta l’ora di passare da questo mondo al Padre» (13,l). Il racconto della passione è strettamente connesso con quello della cena, tanto da formare un’unica grande composizione, «il libro della passione» o «della gloria», «dell’ora». Però di solito i commentatori separano il racconto dell’ultima cena da quello della passione-risurrezione, data la sua ampiezza e ricchezza dottrinale. Comunque, l’evangelista passa immediatamente dalla preghiera sacerdotale alla cattura di Gesù con una breve annotazione di transizione (18,1). Al genere discorsivo, usato per riportare il testamento spirituale di Gesù (13,31-17,26), subentra di nuovo quello narrativo con il quale si apriva il racconto della cena (13,1-30). Nei sinottici la «storia della passione» in senso largo inizia con il complotto delle autorità giudaiche contro Gesù, che ebbe luogo due giorni prima di Pasqua (Mc 14,1-2 e parr.), cioè prima dell ‘ultima cena; in Giovanni, invece, i commentatori in genere considerano come inizio della passione l’arresto di Gesù (18,1ss.).
Si tratta di una composizione unitaria, che l’evangelista ha elaborato con accuratezza, creando un racconto drammatico di rara intensità.
L’«orto» al di là del Cedron, il «luogo» della cattura (18, 1-2), si riallaccia chiasticamente formando un’inclusione al «luogo» della crocifissione, dove c’ era un «orto e nell’orto un sepolcro nuovo», nel quale fu deposto Gesù (19,41-42).
La struttura appare abbastanza lineare. Si possono distinguere cinque unità letterarie: 1) arresto di Gesù (18,1-2); 2) Gesù davanti a Anna e a Caifa (18,12-27); 3) Gesù davanti a Pilato (18,28-19,16a); 4) crocifissione e morte di Gesù (19, 16b-37); 5) sepoltura (19,38-42).
Si può dividere la composizione in tre articolazioni principali: 1) arresto di Gesù e interrogatorio presso Anna (18,1-27); 2) processo a davanti a Pilato (18,28-19,16a); 3) crocifissione, morte e sepoltura (l9,16b-42).

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala - Deus caritas est 41:  Tra i santi eccelle Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Nel Vangelo di Luca la troviamo impegnata in un servizio di carità alla cugina Elisabetta, presso la quale resta «circa tre mesi» (1,56) per assisterla nella fase terminale della gravidanza. «Magnificat anima mea Dominum», dice in occasione di questa visita - «L’anima mia rende grande il Signore» - (Lc 1,46), ed esprime con ciò tutto il programma della sua vita: non mettere se stessa al centro, ma fare spazio a Dio incontrato sia nella preghiera che nel servizio al prossimo - solo allora il mondo diventa buono. Maria è grande proprio perché non vuole rendere grande se stessa, ma Dio. Ella è umile: non vuole essere nient’altro che l’ancella del Signore (cfr Lc 1,38.48). Ella sa di contribuire alla salvezza del mondo non compiendo una sua opera, ma solo mettendosi a piena disposizione delle iniziative di Dio. È una donna di speranza: solo perché crede alle promesse di Dio e attende la salvezza di Israele, l’angelo può venire da lei e chiamarla al servizio decisivo di queste promesse. Essa è una donna di fede: «Beata sei tu che hai creduto», le dice Elisabetta (cfr Lc 1,45). Il Magnificat - un ritratto, per così dire, della sua anima - è interamente tessuto di fili della Sacra Scrittura, di fili tratti dalla Parola di Dio. Così si rivela che lei nella Parola di Dio è veramente a casa sua, ne esce e vi rientra con naturalezza. Ella parla e pensa con la Parola di Dio; la Parola di Dio diventa parola sua, e la sua parola nasce dalla Parola di Dio. Così si rivela, inoltre, che i suoi pensieri sono in sintonia con i pensieri di Dio, che il suo volere è un volere insieme con Dio. Essendo intimamente penetrata dalla Parola di Dio, ella può diventare madre della Parola incarnata. Infine, Maria è una donna che ama. Come potrebbe essere diversamente? In quanto credente che nella fede pensa con i pensieri di Dio e vuole con la volontà di Dio, ella non può essere che una donna che ama. Noi lo intuiamo nei gesti silenziosi, di cui ci riferiscono i racconti evangelici dell’infanzia. Lo vediamo nella delicatezza, con la quale a Cana percepisce la necessità in cui versano gli sposi e la presenta a Gesù. Lo vediamo nell’umiltà con cui accetta di essere trascurata nel periodo della vita pubblica di Gesù, sapendo che il Figlio deve fondare una nuova famiglia e che l’ora della Madre arriverà soltanto nel momento della croce, che sarà la vera ora di Gesù (cfr Gv 2,4; 13,1). Allora, quando i discepoli saranno fuggiti, lei resterà sotto la croce (cfr Gv 19,25-27); più tardi, nell’ora di Pentecoste, saranno loro a stringersi intorno a lei nell’attesa dello Spirito Santo (cfr  At 1,14).

Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): [Tuttoè compiuto; il testo greco è di una concisione sacra e solenne, poiché si ha unicamente una forma verbale (perfetto): τετέλεσται. Il verbo τελέω è qui preso nel senso più esteso; non soltanto esso significa: compiere, portare a compimento (cf. τελειόω), Giov., 17,4), ma anche compiere un’azione sacra, come un sacrificio o un rito di iniziazione. Come Gesù ha usato il termine liturgico ἁγιάζειν (cf. Giov., 17,19) per indicare l’atto del suo sacrificio, cosi qui egli dichiara che la propria morte porta a termine questo stesso suo sacrificio, che è il mezzo della salvezza per gli uomini (cf. C. H. Dodd, op. cit., p. 437). Veramente con la morte di Gesù tutto è compiuto, vale a dire vengono attuate e compiute la Sacra Scrittura, il piano salvifico del Padre, (la volontà del Padre), il sacrificio di Cristo, la salvezza degli uomini. Giovanni pone la morte del Redentore in questo sfondo di elevatezza teologica e di grandezza divina, per tale motivo omette il grido con il quale Gesù lamenta l’abbandono del Padre (cf. Mt., 27,46; Mc., 15,34). Rese lo spirito; letteralmente: «dette lo spirito»; l’espressione greca poté essere scelta intenzionalmente dall’evangelista per indicare una verità più profonda: l’ultimo respiro (spirito) di Gesù è preparazione alla venuta dello Spirito Santo (cf. 1,33; 3,34; 4,14; 7,37-39; 20,22).

Spesso si deve esporre al popolo la passione del Signore - Catechismo Tridentino (Articolo IV n. 57): Il Parroco non tralascerà di narrare la storia contenuta in questo articolo, che i santi evangelisti espongono con la massima diligenza, affinché i fedeli posseggano una chiara nozione di quei capisaldi del mistero, che più appaiono necessari per corroborare la verità della nostra fede. In verità tutta la religione e la fede cristiana poggiano, come su granitica base, su questo articolo, posto il quale, il resto si regge perfettamente. Tra le difficoltà in cui possono imbattersi l’intelligenza e la ragione umana, senza dubbio il mistero della croce appare come la più ardua di tutte. E appena concepibile che la nostra salvezza possa dipendere da una croce e da Colui che vi fu confitto; ma è proprio qui che si ammira, secondo la frase dell’Apostolo, la suprema provvidenza di Dio: Vedendo che il mondo con la scienza non lo aveva riconosciuto nelle opere della sua divina sapienza, piacque a Dio di salvare, mediante la follia della predicazione, coloro che avrebbero creduto (1Cor 1,21).
Nessuna meraviglia dunque se i profeti, prima dell’avvento di Gesù Cristo, e gli apostoli dopo la sua morte e risurrezione, si adoperarono cosi tenacemente a persuadere gli uomini che egli era il Redentore del mondo, inducendoli all’ossequio e all’obbedienza verso il Crocifisso. Appunto perché il mistero della croce costituisce il fatto più strano per l’umana ragione, il Signore non ha mai cessato, dopo il primo peccato, di annunciare la morte del proprio Figlio, mediante gli oracoli dei profeti e gli episodi prefigurativi.
Ecco qualche breve evocazione delle figure: Abele soppresso dalla gelosia del fratello (Gn 4,8); il sacrificio di Isacco (Gn 22,6-8); l’agnello immolato dagli Ebrei all’uscita dall’Egitto (Ex 12,5-7); il serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto (Nb 21,8-9). Tutto ciò raffigurava in anticipo la passione e la morte di Cristo N. S. (Jn 3,14). Circa poi le profezie, è troppo noto, perché occorra esporlo largamente qui, quanti pronunciarono vaticini sull’una e sull’altra. Senza parlare di David, i Salmi del quale abbracciano tutti i misteri fondamentali della nostra redenzione (Ps 2, 21, 68, 109), gli oracoli di Isaia (56) risultano cosi limpidi ed espliciti da potersi dire che raccontano eventi accaduti, anziché profetare gesta future (Girol., Let. 53, a Paolino).

Nella Croce vediamo l’immensità della misericordia di Dio - Francesco (Omelia, 18 Aprile 2014): Dio ha messo sulla Croce di Gesù tutto il peso dei nostri peccati, tutte le ingiustizie perpetrate da ogni Caino contro suo fratello, tutta l’amarezza del tradimento di Giuda e di Pietro, tutta la vanità dei prepotenti, tutta l’arroganza dei falsi amici. Era una Croce pesante, come la notte delle persone abbandonate, pesante come la morte delle persone care, pesante perché riassume tutta la bruttura del male. Tuttavia, è anche una Croce gloriosa come l’alba di una notte lunga, perché raffigura in tutto l’amore di Dio che è più grande delle nostre iniquità e dei nostri tradimenti. Nella Croce vediamo la mostruosità dell’uomo, quando si lascia guidare dal male; ma vediamo anche l’immensità della misericordia di Dio che non ci tratta secondo i nostri peccati, ma secondo la sua misericordia. Di fronte alla Croce di Gesù, vediamo quasi fino a toccare con le mani quanto siamo amati eternamente; di fronte alla Croce ci sentiamo “figli” e non “cose” o “oggetti”, come affermava San Gregorio Nazianzeno rivolgendosi a Cristo con questa preghiera: «Se non fossi Tu, o mio Cristo, mi sentirei creatura finita. Sono nato e mi sento dissolvere. Mangio, dormo, riposo e cammino, mi ammalo e guarisco. Mi assalgono senza numero brame e tormenti, godo del sole e di quanto la terra fruttifica. Poi, io muoio e la carne diventa polvere come quella degli animali, che non hanno peccati. Ma io, cosa ho di più di loro? Nulla, se non Dio. Se non fossi Tu, o Cristo mio, mi sentirei creatura finita. O nostro Gesù, guidaci dalla Croce alla resurrezione e insegnaci che il male non avrà l’ultima parola, ma l’amore, la misericordia e il perdono. O Cristo, aiutaci a esclamare nuovamente: “Ieri ero crocifisso con Cristo; oggi sono glorificato con Lui. Ieri ero morto con Lui, oggi sono vivo con Lui. Ieri ero sepolto con Lui, oggi sono risuscitato con Lui”». Infine, tutti insieme, ricordiamo i malati, ricordiamo tutte le persone abbandonate sotto il peso della Croce, affinché trovino nella prova della Croce la forza della speranza, della speranza della resurrezione e dell’amore di Dio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Gesù, è tanto il suo amore che si è fatto schiavo per servirci, per guarirci, per pulirci.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nella passione del Cristo nostro Signore ci hai liberati dalla morte, eredità dell’antico peccato trasmessa a tutto il genere umano, rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio; e come abbiamo portato in noi, per la nostra nascita, l’immagine dell’uomo terreno, così per l’azione del tuo Spirito, fa’ che portiamo l’immagine dell’uomo celeste. Per Cristo nostro Signore.