11 Aprile 2019

Giovedì della V Settimana di Quaresima


Oggi Gesù ci dice: “Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore.” (Cfr. Sal 94,8ab - Acclamazione al Vangelo)

Dal Vangelo secondo Giovanni  8,51-59: I Giudei accusano Gesù di essere indemoniato. E forse anche un esaltato perché pretende di liberare dalla morte i suoi discepoli. Tutti gli uomini sono segnati con il sigillo della morte... Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”... Chi credi di essere? A questa domanda Gesù risponde ai Giudei istituendo un confronto tra la loro incredulità e la fede di Abramo di cui essi si vantano di essere figli: Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia. Abramo che perseverò nella fede, ha avuto la gioia e la luce interiore per contemplare, al di là del tempo, il giorno del Verbo, un giorno rilucente di gloria divina: In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono.

In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno: J-M. fenasse e J. Guillet: L’aspetto tragico della morte manifesta il disordine del mondo, ed uno dei capisaldi del pensiero religioso israelitico è lo scoprire che questo disordine è il frutto del peccato. A mano a mano che questa coscienza si afferma, i tratti dell’inferno assumono un aspetto sempre più sinistro. Esso apre la sua gola per inghiottire Korakh, Dathan ed Abiron (Num 16,32 s), mette in moto tutta la sua potenza per divorare «la gloria di Sion e la sua folla rumoreggiante, le sue grida, la sua gioia» (Is 5,14), fa sparire gli empi nello spavento (Sal 73,19).
Di questa fine terrificante Israele ha cono­sciuto due immagini particolarmente espressive: l’incendio di Sodoma e Gomorra (Gen 19,23; Am 4,11; Sal 11,6) e la devastazione della località di Tofet, nella valle della Geenna, luogo di piacere destinato a diventare un luogo di orrore, dove «si vedranno i cadaveri di coloro che si sono rivoltati contro di me, il cui verme non morrà, il cui fuoco non si spegnerà» (Is 66,24).
La morte nel fuoco ed il suo perpetuarsi indefinitamente nella corruzione, sono già le immagini evangeliche dell’inferno. È un inferno che non è più l’inferno per così dire «normale» quale era lo sheol, ma un inferno che si può dire caduto dal cielo, «venuto da Jahve» (Gen 19,24). Se esso riunisce «l’abisso senza fondo» e «la pioggia di fuoco» (Sal 140,11), l’immagine dello sheol e il ricordo di Sodoma, si è perché questo inferno è acceso dal «soffio di Jahve» (Is 30, 33) e «dall’ardore della sua ira» (30,27).
Quest’inferno promesso ai peccatori non poteva essere la sorte dei giusti, soprattutto quando questi, per restare fedeli a Dio, dovevano subire la persecuzione dei peccatori e talvolta la morte. È logico che dal «paese della polvere», lo sheol tradizionale, dove dormono confusi i santi e gli empi, questi ultimi si risveglino per «l’orrore eterno», mentre le loro vittime si risvegliano «per la vita eterna » (Dan 2,12). Ed il Signore, mentre consegna ai giusti la loro ricompensa, «arma la creazione per castigare i suoi nemici» (Sap 5,15ss). L’inferno non è più localizzato nel più profondo della terra, è «l’universo scatenato contro gli insensati» (5,20). I vangeli riprendono queste immagini: «Dal soggiorno dei morti» dov’è «torturato dalle fiamme», il ricco scorge Lazzaro «nel seno di Abramo», ma tra essi si apre invalicabile «un grande abisso» (Lc 16,23-26). Fuoco ed abisso, l’ira del cielo e la terra che si apre, la maledizione di Dio e l’ostilità della creazione, questo è l’inferno.

Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Abramo... esultò... e [lo] vide e se ne rallegrò; le parole di Cristo racchiudono in pari tempo un argomento contro gli interlocutori e una dichiarazione in favore della sua persona. Lo stesso patriarca Abramo, di cui i giudei vanno tanto orgogliosi, esultò nell’attendere uno più grande di lui, cioè il Messia; egli lo vide e ne ebbe immensa gioia. Il modo con il quale Gesù parla di Abramo implica una visione unitaria della storia della salvezza, secondo la quale le distanze storiche sono superate e tutti i fatti che hanno preceduto e preparato la venuta di Cristo sono posti in immediata relazione con lui; in tal modo Gesù può dire che Mosè stesso ha scritto di lui (cf. 5,46), che Isaia ha visto la sua gloria (12,41) e che Abramo ha visto ed ha esultato per il giorno del Messia (per questo generi di interpretazioni dell’Antico Testamento cf. C. Larcher, L’actualité chrétienne de l’Ancien Testament d’après le Nouveau Testament, Parigi, 1962). Abramo ha visto il giorno di Gesù in un fatto profetico della sua vita, ma la sua visione fu una visione in lontananza (cf. Ebrei, 11,13), cioè una visione concernente il futuro messianico. L’esultanza di cui parla il versetto (esultò; se ne rallegrò) richiama il fatto della nascita di Isacco e particolarmente i testi di Genesi, 17,17; 21,6, dove si accenna che il nome Isacco significa: ha riso; il riso di Abramo all’annunzio della nascita del figlio Isacco è stato interpretato dalla tradizione come segno di gioia. Le parole di Gesù indicano che il vero termine della promessa fatta ad Abramo è la sua persona; di conseguenza egli costituisce il vero motivo dell’esultanza dell’antico patriarca ed è il vero discendente promesso ad Abramo.

Prima che Abramo fosse, Io Sono - Catechismo della Chiesa Cattolica 590: Soltanto l’identità divina della persona di Gesù può giustificare un’esigenza assoluta come questa: «chi non è con me è contro di me» (Mt 12,30); altrettanto quando egli dice che in lui c’è «più di Giona, [...] più di Salomone» (Mt 12,41-42), qualcosa più grande del Tempio; quando ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il Messia suo Signore, e quando afferma: «Prima che Abramo fosse, Io Sono» (Gv 8,58); e anche: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30).

Gesù è Dio - Catechismo degli Adulti 301: La prima comunità dei credenti, animata dallo Spirito Santo e guidata dagli Apostoli, penetra progressivamente nella profondità del mistero di Gesù; comprende che tutta la sua esistenza è rivelazione di Dio e causa di salvezza per noi. In questa prospettiva anche gli episodi salienti che circondano la sua nascita diventano vangelo, perché lasciano già intravedere quello che poi si manifesterà pienamente alla luce di Pasqua, che cioè Dio è con noi per salvarci e riportarci alla comunione con sé. Si tratta di ricordi, fedelmente custoditi e trasmessi in ambito familiare, che ora vengono compresi nel loro profondo significato.

Gesù per sua natura è onnipotente - Catechismo Tridentino (Articolo II - 40): Le sacre Scritture attribuiscono al Salvatore molteplici qualità, di cui alcune chiaramente gli spettano come Dio, altre come uomo, avendo Egli in sé, con la duplice natura, le proprietà rispettive. Rettamente dunque dicevamo che Gesù Cristo, per la sua natura divina, è onnipotente, eterno, immenso; mentre per la sua natura umana, diciamo che ha patito, è morto, è risorto. Ma, oltre questi, altri attributi convengono a entrambe le nature, come quando, in questo articolo, lo diciamo nostro Signore; a buon diritto del resto, potendosi riferire tale qualifica all’una e all’altra natura. Infatti egli è Dio eterno come il Padre; cosi pure è Signore di tutte le cose quanto il Padre. E come egli e il Padre non sono due distinti Dei, ma assolutamente lo stesso Dio, cosi non sono due Signori distinti. Ma anche come uomo, per molte ragioni è chiamato Signore nostro. Innanzi tutto perché fu nostro Redentore e ci libero dai nostri peccati, giustamente ricevette la potestà di essere vero nostro Signore e meritarne il nome. Insegna infatti l’Apostolo: Si umilio, fattosi ubbidiente fino alla morte e morte di croce; per cui Dio lo ha esaltato, conferendogli un nome, che è sopra ogni altro, onde al nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, in cielo, in terra, nell’inferno; e ogni lingua proclami che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre (Fil 2,8-11). Egli stesso disse di sé dopo la risurrezione: Mi è stato conferito ogni potere in cielo e sulla terra (Mt 28,18). Inoltre è chiamato Signore per aver riunito in una sola Persona due nature, la divina e l’umana. Per questa mirabile unione merito, anche senza morire per noi, d’essere costituito quale Signore, sovrano di tutte le creature in genere, e specialmente dei fedeli che gli obbediscono e lo servono con intimo affetto. 

Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio - Catechismo della Chiesa Cattolica 594: Gesù ha compiuto azioni, quale il perdono dei peccati, che lo hanno rivelato come il Dio Salvatore. Alcuni Giudei, i quali non riconoscevano il Dio fatto uomo, ma vedevano in lui «un uomo» che si faceva «Dio» (Gv 10,33), l’hanno giudicato un bestemmiatore.

La fede nell’Io Sono - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Nel dramma grandioso di Gv 8,12-59, Gesù si rivela come il Signore, il vero Dio. I piloni portanti di questo dialogo, dalle scene così vive e polemiche, sono costituiti dalle tre proclamazioni del Maestro di essere 1’Io SONO (Gv 8,24.28.58). In questi passi, il Maestro si rivela come il Signore, per invitare i suoi interlocutori a una fede esistenziale nella sua persona divina. Questo è l’elemento essenziale e caratterizzante della fede cristiana.
I giudei purtroppo si ostinano nel rifiuto della luce, preferiscono le tenebre dell’incredulità, si lasciano soggiogare completamente dal padre dell’odio e della menzogna; quindi rigettano il loro Dio, 1’Io SONO. Il tentativo di lapidazione sigilla bene questo atteggiamento ostile dei nemici del Cristo (Gv 8,59).
Noi, pur condannando l’incredulità dei giudei, pur aderendo con la mente alla verità rivelata dal Verbo incarnato, c n la nostra vita pratica tante volte rigettiamo il Signore della gloria e preferiamo il nostro egoismo, adoriamo i nostri idoli di carne o d’oro. Quante volte una creatura soggioga il nostro cuore e lo rende chiavo! Quante volte il successo, il guadagno il danaro ci tiranneggiano e prendono il posto dell’IO SONO! Eppure sappiamo di dover adorare solo il Signore, di dover orientare la nostra esistenza unicamente verso di lui, il Figlio di Dio che si è fatto nostro fratello.

La pienezza della fede cristiana - Lumen fidei 15: «Abramo […] esultò nella speranza di vedere il mio giorno, lo vide e fu pieno di gioia» (Gv 8,56). Secondo queste parole di Gesù, la fede di Abramo era orientata verso di Lui, era, in un certo senso, visione anticipata del suo mistero. Così lo intende sant’Agostino, quando afferma che i Patriarchi si salvarono per la fede, non fede in Cristo già venuto, ma fede in Cristo che stava per venire, fede tesa verso l’evento futuro di Gesù. La fede cristiana è centrata in Cristo, è confessione che Gesù è il Signore e che Dio lo ha risuscitato dai morti (cfr Rm 10,9). Tutte le linee dell’Antico Testamento si raccolgono in Cristo, Egli diventa il “sì” definitivo a tutte le promesse, fondamento del nostro “Amen” finale a Dio (cfr 2Cor 1,20). La storia di Gesù è la manifestazione piena dell’affidabilità di Dio. Se Israele ricordava i grandi atti di amore di Dio, che formavano il centro della sua confessione e aprivano lo sguardo della sua fede, adesso la vita di Gesù appare come il luogo dell’intervento definitivo di Dio, la suprema manifestazione del suo amore per noi. Quella che Dio ci rivolge in Gesù non è una parola in più tra tante altre, ma la sua Parola eterna (cfr Eb 1,1-2). Non c’è nessuna garanzia più grande che Dio possa dare per rassicurarci del suo amore, come ci ricorda san Paolo (cfr Rm 8,31-39). La fede cristiana è dunque fede nell’Amore pieno, nel suo potere efficace, nella sua capacità di trasformare il mondo e di illuminare il tempo. «Abbiamo conosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi» (1Gv 4,16). La fede coglie nell’amore di Dio manifestato in Gesù il fondamento su cui poggia la realtà e la sua destinazione ultima.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** La fede cristiana è dunque fede nell’Amore pieno, nel suo potere efficace, nella sua capacità di trasformare il mondo e di illuminare il tempo.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Assisti e proteggi sempre, Padre buono, questa tua famiglia che ha posto in te ogni speranza, perché liberata dalla corruzione del peccato resti fedele all’impegno del Battesimo, e ottenga in premio l’eredità promessa. Per il nostro Signore Gesù Cristo...