1 Maggio 2019

Mercoledì della II Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto.” (Gv 12,24-25).

Dal Vangelo secondo Giovanni 3,16-21: Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui: la salvezza sgorga dal cuore di Dio come fontana di acque cristalline, ogni uomo può accostarvi la bocca e bere in abbondanza. La salvezza esige però la risposta dell’uomo e l’Incarnazione ha indicato il percorso: chi crede in Gesù non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato. La questione della salvezza può essere risolta unicamente o nella fede e quindi nella vita eterna oppure nel rifiuto e quindi nella perdizione; non esiste una terza via alternativa. L’uomo ha ricevuto il dono della libertà, un dono preziosissimo, un dono fattoci da Dio, ma nello stesso tempo anche tanto gravido di responsabilità. L’uomo può accogliere il dono della salvezza, ma può anche opporsi alla volontà di Dio. La libertà umana è una stupenda realtà, e la salvezza, dono gratuito di Dio, è posta nelle mani dell’uomo, una verità così meravigliosamente formulata da sant’Agostino: “Chi ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te”. La salvezza di ciascuno è frutto dell’indissolubile cooperazione tra la grazia di Dio e la libera volontà dell’uomo.

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna: il colloquio con Nicodemo, uno dei capi dei Giudei (v.1), mette in evidenza l’amore misericordioso del Padre, che si fa dono di salvezza nella carne crocifissa del Figlio unigenito. La misericordia sta al vertice del piano divino e informa tutte le azioni benefiche di Dio a favore degli uomini.
Dio è «creatore perché ha creato dal nulla tutte le cose, effondendo le sue stupende meraviglie. È anche giustizia di fronte all’uomo peccatore, rivendicando la gloria e l’onore conculcato. Tuttavia Dio è soprattutto amore; e la giustizia, la sapienza, la potenza sono da Lui impegnate per fare risplendere il suo più grande amore» (P. Massimo Biocco).
Dio rivela la sua onnipotenza verso l’umanità non col punire i colpevoli distruggendoli con raffinate morti, non con l’annientare i nemici precipitandoli nell’Inferno, ma manifestando la sua pazienza, il suo perdono (Cf. 2Pt 3,9). Anche se questo suo agire lo può far apparire quasi un debole, come se dovesse sempre perdere dinanzi alla prepotenza dell’uomo.
Dà il massimo donando il Figlio e non poteva né dare né fare di più. L’umanità poteva essere salvata in altri modi. Ma Dio ama gli uomini in modo infinito, perciò ha voluto dare e fare il massimo possibile. In questo modo, la croce è il segno dell’amore smisurato di Dio: nel mistero della croce l’albero della vita ritorna a fiorire e si manifesta pienamente l’amore dello Sposo alla sposa (Cf. Ef 5,25); attraverso il cuore trafitto di Cristo Gesù, l’uomo può attingere alle «imperscrutabili ricchezze» (Ef 3,8) dell’amore di Dio.

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito - Catechismo degli Adulti: 247 Nel suo amore sempre fedele, nella sua misericordia senza limiti, «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Lo ha mandato, uomo tra gli uomini; gli ha ispirato e comunicato il suo amore misericordioso per i peccatori, lo ha consegnato nelle loro mani, donandolo incondizionatamente, nonostante il rifiuto ostinato e omicida.
L’iniziativa è del Padre: «È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo» (2Cor 5,19). È lui che ama per primo; è lui che per primo «soffre una passione d’amore», «la passione dell’impassibile»; è lui che infonde nel Cristo la carità e suscita la sua mediazione redentrice, da cui derivano a noi tutti i benefici della salvezza. «Questo imperscrutabile e indicibile “dolore” di Padre» suscita «l’ammirabile economia dell’amore redentivo di Gesù Cristo»
248 Il Cristo accoglie liberamente l’iniziativa del Padre: «Il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa» (Gv 5,19). Condivide l’atteggiamento misericordioso del Padre, la sua volontà e il suo progetto: «Ha dato se stesso per i nostri peccati..., secondo la volontà di Dio e Padre nostro» (Gal 1,4). Si è donato agli uomini senza riserve, si è consegnato nelle loro mani, senza tirarsi indietro di fronte alla loro ostilità, prendendo su di sé il peso del loro peccato: «Uno è morto per tutti» (2Cor 5,14). Così ha vissuto e testimoniato nella sua carne la fedeltà incondizionata di Dio all’umanità peccatrice. Questa è la sua obbedienza e la sua offerta sacrificale a Dio: «Ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,2).
249 Si è offerto «con uno Spirito eterno» (Eb 9,14). Come il fuoco consumava le vittime sacrificali degli antichi sacrifici rituali, così «lo Spirito Santo agì in modo speciale in questa assoluta autodonazione del Figlio dell’uomo, per trasformare la sofferenza in amore redentivo». Lo Spirito Santo era la forza divina della carità che il Padre ispirava nel Figlio e il Figlio accoglieva, offrendosi per noi.

Chi crede in lui non è condannato - Il brano evangelico conclude il dialogo di Gesù con Nicodemo, «uno dei capi dei Giudei» (Gv 3,1). Nella prima parte del colloquio era stata sottolineata la necessità del Battesimo per entrare nel regno di Dio: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3). Ora, in quest’ultima parte del dialogo, si afferma la necessità della fede per fruire del dono della salvezza: «Chi crede in lui (in Cristo) non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio» (Gv 3,18).
Battesimo e fede inscindibili dunque, ma con alcune precisazioni. Innanzi tutto, la fede scaturisce dal Battesimo: infatti, in questo lavacro salutare, «sorgente della vita nuova in Cristo», la «Santissima Trinità dona al battezzato la grazia santificante, la grazia della giustificazione che lo rende capace di credere in Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica 1254.1266); ma il Battesimo introduce l’uomo nel regno di Dio solo quando si ha l’adesione personale per mezzo della fede.
Una esplicitazione necessaria perché si comprenda che il Battesimo da solo non costituisce una garanzia per la giustificazione.
Quindi, per salvarsi, è necessario che al battesimo si accompagni la fede: «La fede è necessaria alla salvezza. Il Signore stesso lo afferma: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” [Mc 16,16]» (Catechismo della Chiesa Cattolica 83). O come recita il n. 161: «Credere in Gesù Cristo e in colui che l’ha mandato per la nostra salvezza, è necessario per essere salvati. “Poiché senza la fede è impossibile essere graditi a Dio” [Eb 11,6] e condividere la condizione di suoi figli, nessuno può essere mai giustificato senza di essa e nessuno conseguirà la vita eterna se non “persevererà in essa sino alla fine” [Mt 10,22; 24,13]».
Va sottolineato ancora che la fede pur essendo un «atto personale», una «libera risposta dell’uomo all’iniziativa di Dio che si rivela» (Catechismo della Chiesa Cattolica 166) ha due tratti inconfondibili. Innanzi tutto, è «impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo» (Catechismo della Chiesa Cattolica 154); poi, rimane sempre nell’ambito dei doni divini, soprannaturali, un «dono che Dio fa all’uomo gratuitamente» (Catechismo della Chiesa Cattolica 162). Un dono che deve essere accolto dal credente con grande responsabilità: giorno dopo giorno, con l’aiuto della grazia, deve far sì che in lui la fede cresca, fruttifichi e così, con insonne impegno, sia portato a compimento il progetto di salvezza iniziato nel fonte battesimale (Cf. 2Tm 4,7-8).
La fede è «un dono di Dio [Cf. Gv 3,3.5-8], al quale dobbiamo chiedere di fortificarla e di accrescerla, come fecero gli apostoli: Signore, “aumenta la nostra fede!” [Lc 17,6]. Anche se la fede è un dono divino, soprannaturale e gratuito, essa è in pari tempo una virtù, una buona consuetudine, che ogni persona può esercitare e, dunque, irrobustire vivendola. Ne segue che il cristiano, già in possesso del dono divino della fede, è tenuto con l’aiuto della grazia a fare atti espliciti di fede, in modo che quella virtù cresca sempre in lui» (La Bibbia di Navarra).

.. ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie: Benedetto XVI, (Omelia, 22 marzo 2009): Nel Vangelo di oggi vi sono parole pronunciate da Gesù che suscitano una certa impressione: Egli ci dice che la sentenza di Dio sul mondo è già stata emessa (cfr. Gv 3,19ss). La luce è già venuta nel mondo. Ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Quanto grandi sono le tenebre in tante parti del mondo! Tragicamente, le nuvole del male hanno ottenebrato anche l’Africa, compresa questa amata Nazione di Angola. Pensiamo al flagello della guerra, ai frutti feroci del tribalismo e delle rivalità etniche, alla cupidigia che corrompe il cuore dell’uomo, riduce in schiavitù i poveri e priva le generazioni future delle risorse di cui hanno bisogno per creare una società più solidale e più giusta – una società veramente ed autenticamente africana nel suo genio e nei suoi valori. E che dire di quell’insidioso spirito di egoismo che chiude gli individui in se stessi, divide le famiglie e, soppiantando i grandi ideali di generosità e di abnegazione, conduce inevitabilmente all’edonismo, all’evasione in false utopie attraverso l’uso della droga, all’irresponsabilità sessuale, all’indebolimento del legame matrimoniale, alla distruzione delle famiglie e all’eliminazione di vite umane innocenti mediante l’aborto? La parola di Dio, però, è una parola di speranza senza limiti. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito ... perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,16-17). Dio non ci dà mai per spacciati! Egli continua ad invitarci ad alzare gli occhi verso un futuro di speranza e ci promette la forza per realizzarlo.

Preghiera a San Giuseppe artigiano - Pio XII (11 Marzo 1958): O glorioso Patriarca S. Giuseppe, umile e giusto artigiano di Nazareth, che hai dato a tutti i cristiani, ma specialmente a noi, l’esempio di una vita perfetta nell’assiduo lavoro e nell’ammirabile unione con Maria e Gesù, assistici nella nostra fatica quotidiana, affinché anche noi, artigiani cattolici, possiamo trovare in essa il mezzo efficace di glorificare il Signore, di santificarci e di essere utili alla società in cui viviamo, ideali supremi di tutte le nostre azioni.
Ottienici dal Signore, o Protettore nostro amatissimo, umiltà e semplicità di cuore, affezione al lavoro e benevolenza per quelli che ci sono in esso compagni, conformità ai divini voleri nei travagli inevitabili di questa vita e letizia nel sopportarli, consapevolezza della nostra specifica missione sociale e senso della nostra responsabilità, spirito di disciplina e di orazione, docilità e rispetto verso i superiori, fraternità verso gli uguali, carità e, indulgenza coi dipendenti. Accompagnaci nei momenti prosperi, quando tutto c’invita a gustare onestamente i frutti delle nostre fatiche; ma sostienici nelle ore tristi, allorché il cielo sembra chiudersi per noi e perfino gli strumenti del lavoro paiono ribellarsi nelle nostre mani.
Fa’ che, a tua imitazione, teniamo, fissi gli occhi sulla Madre nostra Maria, tua sposa dolcissima, che in un angolo della tua modesta bottega silenziosa filava, lasciando scorrere sulle sue labbra il più soave sorriso; e non allontaniamo lo sguardo da Gesù, che si affannava teco al tuo banco di falegname; affinché in tal guisa possiamo condurre sulla terra una vita pacifica e santa, preludio di quella eternamente felice che ci attende nel cielo, per tutti i secoli dei secoli. Così sia!

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.” (Vangelo).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che nella Pasqua del tuo Figlio hai ristabilito l’uomo nella dignità perduta e gli hai dato la speranza della risurrezione, fa’ che accogliamo e viviamo nell’amore il mistero celebrato ogni anno nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo ...