31 Marzo 2019

Quarta Domenica di Quaresima


Oggi Gesù ci dice: «Rallégrati, figlio mio, perché tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». (Lc 15,32 - Antifona alla comunione)

I Lettura - Gs 5,9a.10-12 «Ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto»: poiché questo testo va compreso alla luce dell’ordine divino di circoncidere gli Israeliti (Cf. Gs 5,2), l’«infamia» consisteva nell’essere non circoncisi. La circoncisione fu imposta ad Abramo dal Signore come segno dell’alleanza che Egli concludeva con il suo popolo (Cf. Gen 17,9-27). Osservata dai patriarchi (Cf. Gen 31,13-24) e ripresa dopo l’entrata nella Terra promessa, acquistò tutta la sua importanza solo a partire dall’esilio (Cf. 1Mac l,60ss; 2Mac 6,10). La Pasqua, un’antica festa celebrata dai pastori durante la transumanza, nel libro dell’Esodo viene messa in relazione con la decima piaga, la morte dei primogeniti egiziani, e l’uscita dall’Egitto. La Pasqua ebraica, memoriale della liberazione dalla schiavitù egiziana, nel Nuovo Testamento, da Gesù viene insignita di un nuovo e profondo significato: la liberazione dal peccato e dalla morte.

Salmo Responsoriale: Dal Salmo 33 (34): Messaggio di gioia e di speranza di un umile agli altri umili, del povero del Signore agli altri poveri. Ad essi egli racconta la sua meravigliosa esperienza di Dio. Credete a me, egli dice, io ho cercato il Signore, ed egli mi ha risposto davvero: io, questo povero, grido, e trovo nientemeno che il Signore ad ascoltarmi. Su, fate la prova anche voi: toccherete con mano quanto è buono il Signore! Egli è vicino a chi ha il cuore ferito, egli salva gli spiriti affranti.

I Lettura - 2Cor 5,17-21: Essere «creatura nuova» è un dono del tutto gratuito «che viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo». Con il dono della sua vita, Gesù libera l’uomo dalla morte e dal peccato, rendendolo «creatura nuova». In virtù del sacrificio di Cristo e del dono dello Spirito Santo, gli uomini non sono più schiavi, ma figli ed «eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rom 8,17).

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32: Luca, con le parabole della pecora e della dramma perdute e ritrovate e del figlio prodigo, vuole annunciare ai suoi lettori la misericordia di Dio per i peccatori: tre parabole «nelle quali Gesù descrive con vivezza l’infinita e paterna misericordia di Dio, nonché la sua gioia per la conversione del peccatore. Il Vangelo insegna che nessun uomo viene escluso dal perdono, e che i peccatori possono diventare figli diletti di Dio per mezzo del pentimento e della conversione. E tanto fortemente Dio desidera la conversione dei peccatori, che tutte e tre le parabole terminano con parole che esprimono, a mo’ di ritornello, la grande gioia che vi sarà in cielo per ogni peccatore pentito» (La Bibbia di Navarra).

La parabola del figlio perduto e del figlio la si trova soltanto nel Vangelo di Luca, ed è preceduta dalla parabola della “pecora perduta” e della moneta perduta”. I personaggi sono abbastanza riconoscibili: il figlio perduto è tutta quella massa di popoli considerati pagani e chi di lì a poco sarebbero entrati nella Chiesa di Gesù, e questo subito dopo la morte, la risurrezione di Cristo e il dono dello Spirito Santo nel giorno della festa di Pentecoste.
Il figlio fedele, e anche villano, è il popolo d’Israele, qui ben rappresentato dai farisei e scribi i quali, come perenne litania, mormoravano di Cristo “dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro»” (Lc 15,2), e a loro è rivolta la parabola Lc 15,3).
V’è da sottolineare che la conversione del figlio più giovane parte dallo stomaco vuoto: “Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.” (Lc 15,16-20). Veramente le vie che Dio usa per raggiungere il cuore dell’uomo sono infinite e misteriose, tutto è grazia.
Il padre compassionevole reinserisce il figlio scapestrato nella sua dimora, non come salariato ma come figlio, e il “vestito più bello”, l’“anello”, e i “sandali” mettono in evidenza tale dignità, riacquistata solo per grazia e amore del padre. Ma se facciamo memoria di Zaccaria 1,3-5 abbiamo un altro messaggio, ancora più profondo e pregnante: e come se il padre misericordioso avesse detto al figlio ritrovato: “Ecco, io ti tolgo di dosso il peccato; fatti rivestire di abiti preziosi” (Zc 3,4).
Al termine di questa investitura, viene introdotta la nota stonata, ma scontata, “all’atteggiamento misericordioso del padre, simbolo della misericordia divina, si contrappone nel figlio maggiore l’atteggiamento dei farisei e degli scribi che si lusingano di essere «giusti» perché non trasgrediscono alcun comandamento della Legge [v. 29; cf. 18,9s]” (Bibbia di Gerusalemme). Ma anche loro, alla fine si ravvederanno, riconosceranno i loro errori e si salveranno (Rm 11,1-32).

Si alzò e torno da suo padre - Catechismo della Chiesa Cattolica 1439: Il dinamismo della conversione e della penitenza è stato meravigliosamente descritto da Gesù nella parabola detta «del figlio prodigo» il cui centro è «il padre misericordioso»: il fascino di una libertà illusoria, l’abbandono della casa paterna; la miseria estrema nella quale il figlio viene a trovarsi dopo aver dilapidato la sua fortuna; l’umiliazione profonda di vedersi costretto a pascolare i porci, e, peggio ancora, quella di desiderare di nutrirsi delle carrube che mangiavano i maiali; la riflessione sui beni perduti; il pentimento e la decisione di dichiararsi colpevole davanti a suo padre; il cammino del ritorno; l’accoglienza generosa da parte del padre; la gioia del padre: ecco alcuni tratti propri del processo di conversione. L’abito bello, l’anello e il banchetto di festa sono simboli della vita nuova, pura, dignitosa, piena di gioia che è la vita dell’uomo che ritorna a Dio e in seno alla sua famiglia, la Chiesa. Soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità dell’amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l’abisso della sua misericordia in una maniera così piena di semplicità e di bellezza.

La conversione - Benedetto XVI, Udienza Generale 21 febbraio 2007: Convertirsi, che cos’è in realtà? Convertirsi vuol dire cercare Dio, andare con Dio, seguire docilmente gli insegnamenti del suo Figlio, di Gesù Cristo; convertirsi non è uno sforzo per autorealizzare se stessi, perché l’essere umano non è l’architetto del proprio destino eterno. Non siamo noi che abbiamo fatto noi stessi. Perciò l’autorealizzazione è una contraddizione ed è anche troppo poco per noi. Abbiamo una destinazione più alta. Potremmo dire che la conversione consiste proprio nel non considerarsi i ‘creatori’ di se stessi e così scoprire la verità, perché non siamo autori di noi stessi. Conversione consiste nell’accettare liberamente e con amore di dipendere in tutto da Dio, il vero nostro Creatore, di dipendere dall’amore. Questa non è dipendenza ma libertà. Convertirsi significa allora non inseguire il proprio successo personale - che è una cosa che passa - ma, abbandonando ogni umana sicurezza, porsi con semplicità e fiducia alla sequela del Signore.

Dives in misericordia 6: Nella parabola del figliol prodigo non è usato neanche una sola volta il termine “giustizia”, così come, nel testo originale, non è usato quello di “misericordia”; tuttavia, il rapporto della giustizia con l'amore, che si manifesta come misericordia, viene con grande precisione inscritto nel contenuto della parabola evangelica. Diviene più palese che l'amore si trasforma in misericordia, quando occorre oltrepassare la precisa norma della giustizia: precisa e spesso troppo stretta. Il figliol prodigo, consumate le sostanze ricevute dal padre, merita - dopo il ritorno - di guadagnarsi da vivere lavorando nella casa paterna come mercenario, ed eventualmente, a poco a poco, di conseguire una certa provvista di beni materiali, forse però mai più nella quantità, in cui li aveva sperperati. Tale sarebbe l'esigenza dell'ordine di giustizia, tanto più che quel figlio non soltanto aveva dissipato la parte del patrimonio spettantegli, ma inoltre aveva toccato sul vivo ed offeso il padre con la sua condotta. Questa, infatti, che a suo giudizio l'aveva privato della dignità filiale, non doveva essere indifferente al padre. Doveva farlo soffrire. Doveva anche, in qualche modo, coinvolgerlo. Eppure si trattava, in fin dei conti, del proprio figlio, e tale rapporto non poteva essere né alienato, né distrutto da nessun comportamento. Il figliol prodigo ne è consapevole, ed è appunto tale consapevolezza a mostrargli chiaramente la dignità perduta ed a fargli valutare rettamente il posto, che ancora poteva spettargli nella casa del padre.

Alla luce di questa inesauribile parabola della misericordia - Reconciliatio et Paenitentia 5: La parabola del figlio prodigo è, anzitutto, l’ineffabile storia del grande amore di un Padre - Dio - che offre al figlio, tornato a lui, il dono della piena riconciliazione. Ma essa, nell’evocare, con la figura del fratello maggiore, l’egoismo che divide fra di loro i fratelli, diventa anche la storia della famiglia umana: segna la nostra situazione e indica la via da percorrere. Il figlio prodigo, nella sua ansia di conversione, di ritorno fra le braccia del padre e di perdono, raffigura coloro che avvertono nel fondo della propria coscienza la nostalgia di una riconciliazione a tutti i livelli e senza riserva, e intuiscono con intima certezza che questa è possibile soltanto se deriva da una prima e fondamentale riconciliazione: quella che porta l’uomo dalla lontananza all’amicizia filiale con Dio, del quale riconosce l’infinita misericordia. Letta però nella prospettiva dell’altro figlio, la parabola dipinge la situazione della famiglia umana divisa dagli egoismi, mette in luce la difficoltà di assecondare il desiderio e la nostalgia di una medesima famiglia riconciliata e unita; richiama, pertanto, la necessità di una profonda trasformazione dei cuori nella riscoperta della misericordia del Padre e nella vittoria sull’incomprensione e l’ostilità tra fratelli. Alla luce di questa inesauribile parabola della misericordia che cancella il peccato, la Chiesa, accogliendo l’appello in essa contenuto, comprende la sua missione di operare, sulle orme del Signore, per la conversione dei cuori e per la riconciliazione degli uomini con Dio e fra di loro, due realtà, queste, intimamente connesse.

Papa Francesco (Angelus, 6 Marzo 2016): In questa parabola [del figlio prodigo] si può intravedere anche un terzo figlio. Un terzo figlio? E dove? È nascosto! È quello che «non ritenne un privilegio l’essere come [il Padre], ma svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo» (Fil 2,6-7). Questo Figlio-Servo è Gesù! È l’estensione delle braccia e del cuore del Padre: Lui ha accolto il prodigo e ha lavato i suoi piedi sporchi; Lui ha preparato il banchetto per la festa del perdono. Lui, Gesù, ci insegna ad essere “misericordiosi come il Padre”. La figura del padre della parabola svela il cuore di Dio. Egli è il Padre misericordioso che in Gesù ci ama oltre ogni misura, aspetta sempre la nostra conversione ogni volta che sbagliamo; attende il nostro ritorno quando ci allontaniamo da Lui pensando di poterne fare a meno; è sempre pronto ad aprirci le sue braccia qualunque cosa sia successa. Come il padre del Vangelo, anche Dio continua a considerarci suoi figli quando ci siamo smarriti, e ci viene incontro con tenerezza quando ritorniamo a Lui. E ci parla con tanta bontà quando noi crediamo di essere giusti. Gli errori che commettiamo, anche se grandi, non scalfiscono la fedeltà del suo amore. Nel sacramento della Riconciliazione possiamo sempre di nuovo ripartire: Egli ci accoglie, ci restituisce la dignità di figli suoi e ci dice: “Vai avanti! Sii in pace! Alzati, vai avanti!”.
In questo tratto di Quaresima che ancora ci separa dalla Pasqua, siamo chiamati ad intensificare il cammino interiore di conversione. Lasciamoci raggiungere dallo sguardo pieno d’amore del nostro Padre, e ritorniamo a Lui con tutto il cuore, rigettando ogni compromesso col peccato. La Vergine Maria ci accompagni fino all’abbraccio rigenerante con la Divina Misericordia.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Convertirsi vuol dire cercare Dio, andare con Dio, seguire docilmente gli insegnamenti del suo Figlio, di Gesù Cristo.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la nostra redenzione, concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina. Per il nostro Signore Gesù Cristo... 

Oppure: O Dio, Padre buono e grande nel perdono, accogli nellabbraccio del tuo amore tutti i figli che tornano a te con animo pentito; ricoprili delle splendide vesti di salvezza, perché possano gustare la tua gioia nella cena pasquale dell'Agnello. Per il nostro Signore Gesù Cristo...