23 Marzo 2019

 Sabato della Seconda Settimana di Quaresima


Oggi Gesù ci dice: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Vangelo).

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca 15,1-2.11-32: La parabola del “padre misericordioso” non va scollegata con le altre due parabole che la precedono: la parabola della pecora e quella della moneta ritrovata. Esse formano il trittico delle parabole della misericordia. Come palesemente si evince le tre parabole sono rivolte ai farisei e agli scribi i quali si scandalizzavano di Gesù perché accoglieva i peccatori e mangiava con loro. Le parabole mettono in relazione il perdono e la gioia, la conversione e la festa: come la moneta smarrita o la pecora perduta sono causa di gioia per chi le ritrova, così in cielo il Padre, con i suoi angeli, esulta di gioia quando uno dei suoi figli ritorna a lui. Tre racconti per cantare l’amore gratuito di Dio, incommensurabile e senza condizioni. Nella parabola evangelica del «Padre misericordioso», il comportamento ipocrita del figlio maggiore è il ritratto fedele dei farisei e degli scribi che si lusingavano di essere giusti perché non trasgredivano alcun comandamento della legge.

Dives in misericordia 6: La parabola del figliol prodigo esprime in modo semplice, ma profondo, la realtà della conversione. Questa è la più concreta espressione dell’opera dell’amore e della presenza della misericordia nel mondo umano. Il significato vero e proprio della misericordia non consiste soltanto nello sguardo, fosse pure il più penetrante e compassionevole, rivolto verso il male morale, fisico o materiale: la misericordia si manifesta nel suo aspetto vero e proprio, quando rivaluta, promuove e trae il bene da tutte le forme di male, esistenti nel mondo e nell’uomo, così intesa, essa costituisce il contenuto fondamentale del messaggio messianico di Cristo e la forza costitutiva della sua missione. Allo stesso modo intendevano e praticavano la misericordia i suoi discepoli e seguaci. Essa non cessò mai di rivelarsi, nei loro cuori e nelle loro azioni, come una verifica particolarmente creatrice dell’amore che non si lascia “vincere dal male”, ma vince “con il bene il male” (Rm 12,21). Occorre che il volto genuino della misericordia sia sempre nuovamente svelato. Nonostante molteplici pregiudizi, essa appare particolarmente necessaria ai nostri tempi.

... lo mandò a pascolare i porci - Il Libro del Levitico contiene alcune regole relative al puro e all’impuro. Gli animali sono divisi in terrestri, acquatici, uccelli e insetti alati. Tra gli animali terrestri, con il cammello, l’ìrace e la lepre, cita il porco come animale immondo: «non mangerete i seguenti [animali]: il cammello, perché rumina, ma non ha l’unghia divisa, lo considererete impuro... il porco, perché ha l’unghia bipartita da una fessura, ma non rumina, lo considererete impuro. Non mangerete la loro carne e non toccherete i loro cadaveri; li considererete impuri» (Lv 11,1-8).
«Le regole date qui si fondano su proibizioni religiose molto antiche: è puro ciò che può avvici­nare a Dio, è impuro ciò che rende inetti al suo culto o ne è escluso. Gli animali puri sono quelli che possono essere offerti a Dio [Gen 7,2], gli animali impuri sono quelli che i pagani considerano come sacri o che, sembrando ripugnanti o cattivi all’uomo, sono considerati non graditi a Dio [...]. Ma oltre questa impurità rituale, i profeti insisteran­no sulla purificazione del cuore [Is 1,16; Ger 33,8] preparando l’insegnamento di Gesù [Mt 15,10-20], che libera i suoi discepoli da prescrizioni di cui non si riteneva più che l’aspetto materiale [Mt 23,24-26]» (Bibbia di Gerusalemme).
Nel periodo maccabaico l’astensione dalla carne di maiale divenne uno dei simboli fondamentali dell’osservanza giudaica e tale è rimasto fino all’epoca moderna.
L’insegnamento di Gesù: «Non gettate le vostre perle ai porci» (Mt 7,6) ha un parallelo nel greco classico e rispecchia la ripugnanza che i Giudei hanno per il maiale. Così l’immagine lucana del «figlio prodigo» (Lc 15,11-32), guardiano di una mandria di porci a motivo della fame e della miseria in cui si era ridotto, vuol dare ai credenti un messaggio molto forte: il giovane non solo è scivolato nei vizi, ma ha anche apostato dalla fede dei Padri. In questa luce il perdono del Padre appare ancor più meraviglioso e, allo stesso tempo, immensa­mente più divino.

Caratteristiche ed esigenze del Regno di Dio: Redemptoris Missio 14: Gesù rivela progressivamente le caratteristiche ed esigenze del regno mediante le sue parole, le sue opere e la sua persona. Il regno di Dio è destinato a tutti gli uomini, essendo tutti chiamati a esserne membri. Per sottolineare questo aspetto, Gesù si è avvicinato soprattutto a quelli che erano ai margini della società, dando a essi la preferenza quando annunziava la «buona novella». All’inizio dei suo ministero egli proclama di essere stato mandato per annunziare ai poveri il lieto messaggio. (Lc 4,18) A tutte le vittime del rifiuto e del disprezzo dichiara: «Beati voi poveri» (Lc 6,20); inoltre, a questi emarginati fa già vivere un’esperienza di liberazione stando con loro (Lc 5,30; 15,2); andando a mangiare con loro, trattandoli come uguali e amici (Lc 7,34), facendoli sentire amati da Dio e rivelando così la sua immensa tenerezza verso i bisognosi e i peccatori. (Lc 15,1-32)
La liberazione e la salvezza, portate dal regno di Dio raggiungono la persona umana nelle sue dimensioni sia fisiche che spirituali. Due gesti caratterizzano la missione di Gesù: il guarire e il perdonare. Le molteplici guarigioni dimostrano la sua grande compassione di fronte alle miserie umane; ma significano pure che nel regno non vi saranno più né malattie né sofferenze e che la sua missione mira fin dall’inizio a liberare le persone da esse. Nella prospettiva di Gesù le guarigioni sono anche segno della salvezza spirituale, cioè della liberazione dal peccato. Compiendo gesti di guarigione, Gesù invita alla fede, alla conversione, al desiderio di perdono. (Lc 5,24) Ricevuta la fede, la guarigione spinge a proseguire più lontano: introduce nella salvezza. (Lc 18,42) I gesti di liberazione dalla possessione del demonio, male supremo e simbolo del peccato e della ribellione contro Dio, sono segni che «il regno di Dio è giunto fra voi» (Mt 12,28).

Il perdono di Dio - Lisa Cremaschi: Nella stessa prospettiva [dell’Antico testamento], il Nuovo Testamento sottolinea con forza l’azione gratuita e trasformante di Dio, che in Gesù Cristo rivela la sua illimitata misericordia e la sua potenza. L’annuncio del Regno dei cieli è l’insperato annuncio del perdono senza limiti, dell’iniziativa di Dio che cambia ciò che gli uomini non possono cambiare. In Gesù Cristo, che morì per i nostri peccati e risorse per la nostra salvezza, si manifesta il senso pieno del perdono di Dio. frutto della sua bontà e della sua potenza, che cambia il cuore dell’uomo e lo strappa dalla sua schiavitù, se l’uomo riconosce di essere peccatore bisognoso di perdono e accetta di essere invitato alla festa della vita.
Esemplare è in proposito la parabola “del figliol prodigo” o “del padre misericordioso” (Lc 15,1-32). Essa rivela che Dio è un Padre la cui gioia sta nel perdonare.
Nel suo amore senza riserve e senza condizioni, il Padre perdona il figlio e al suo ritorno lo accoglie tra le braccia senza nulla chiedergli, senza nulla fargli pagare. Lo stupore che attraversa molte pagine del Nuovo Testamento di fronte alla grazia di Dio rivelata e donata da Gesù Cristo scaturisce dall’assoluta novità e dalla totale gratuità di questa manifestazione di amore, di fedeltà e di misericordia capace di rigenerare il mondo e di riconciliarlo a sé. Gesù non annuncia soltanto questo perdono di Dio, ma lo attesta e lo esercita mediante le
sue opere e soprattutto mediante la croce. Proprio sulla croce Gesù si manifesta come “agnello di Dio” che toglie il peccato del mondo (Gv 1,29), nella piena solidarietà che porta e condivide il peso della colpa altrui. e riconosciuta e creduta come mistero di salvezza, la croce di Gesù ridona la speranza, la libertà, la vita. Come afferma s. Paolo, l’uomo che accoglie Gesù Cristo crocifisso è perdonato e riconciliato, è riabilitato e reso giusto dalla redenzione realizzata sulla croce da Gesù (Rm 3,23-26).

Il sacramento della penitenza e della riconciliazione - Catechismo della Chiesa Cattolica 1422: «Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l’esempio e la preghiera».
1423: È chiamato sacramento della conversione poiché realizza sacramentalmente l’appello di Gesù alla conversione, il cammino di ritorno al Padre da cui ci si è allontanati con il peccato.
È chiamato sacramento della Penitenza poiché consacra un cammino personale ed ecclesiale di conversione, di pentimento e di soddisfazione del cristiano peccatore.

Gerlando Lentini (Il vangelo di Luca oggi): Ogni cristiano ... deve ricordarsi che la Chiesa è la comunità dalla misericordia e dal perdono; non è la comunità di chi non sbaglia, di chi non tradisce, di chi non cade; è la comunità di chi, essendo precipitato nel peccato, vuol fare ritorno al Padre, di chi, rimasto nella sua casa, comprende il fratello peccatore e lo aiuta, lo attende e lo riabbraccia al suo rientrare in famiglia.
Nella parabola viene condannato il figlio maggiore che non ha capito tutto questo e che si rifiuta perfino di entrare nella casa di suo Padre che crede impazzito; a lui non ha dato neppure un capretto per premiarlo di non aver mai trasgredito un suo comando, al mascalzone di suo fratello regala il vitello grasso per aver divorato i suoi averi con le prostitute.
È veramente incomprensibile questo Padre il quale non solo è contento che ritorni a casa il figliol prodigo, ma vuole che anche il fratello rimasto a casa sia contento di questo ritorno!
In sostanza, peccatore non è solo chi si allontana da Dio trasgredendo i suoi Comandamenti, ma anche chi si rifiuta di amare, di donare, di accogliere gioiosamente chi fa questo. E il Padre della parabola è costretto ad uscire di casa per andare incontro anche a questo figlio che si ritiene falsamente giusto per persuaderlo che non lo è sino a quando non saprà amare come Lui.
Nella Chiesa il peccatore riceve il perdono da Dio, è vero; ma che dal fratello. Il sacerdote, infatti, che nella Chiesa è ministro perdono, agisce non solo in nome di Dio, in persona Christi, ma anche in nome della Chiesa, ossia dei fratelli i quali anch’essi perdonano: gioiscono perché il loro «fratello era morto ed è ritornato in vita, perduto ed è stato ritrovato». Perdono e gioia raggiungono l’apice della espressione esistenziale nel banchetto eucaristico

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Vangelo).
 Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa:  O Dio, che per mezzo dei sacramenti ci rendi partecipi del tuo mistero di gloria, guidaci attraverso le esperienze della vita, perché possiamo giungere alla splendida luce in cui è la tua dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo...