13 Marzo 2019

Mercoledì della Prima Settimana di Quaresima


Oggi Gesù ci dice: “Ritornate a me con tutto il cuore, perché sono misericordioso e pietoso.”  (Cfr. Gl 2,12-13).
 
Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca 11,29-32: Il segno che la generazione malvagia chiedeva era sotto gli occhi di tutti, ma quando gli occhi sono ottenebrati dalla malvagità e dai pregiudizi è impossibile scorgere anche la forte luce del sole. Quando Giona predicò la conversione agli abitanti di Ninive, essi accolsero la predicazione di Giona e si pentirono dei loro peccati. La regina del sud venne a Gerusalemme per rendersi conto della saggezza di Salomone (1Re 10,1-6), e ne rimase profondamente colpita. Gesù è più grande di Giona e di Salomone, quindi gli scribi e i farisei hanno una buona ragione per pentirsi. Anche per noi cristiani non vi sono altri segni se non Gesù crocifisso: “avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio.” (Eb 12,1-3). Gesù crocifisso è il segno e non ve ne sono altri: come i Niniviti, ora è il tempo di aprire gli orecchi per ascoltare la Parola di Dio che ci spinge alla conversione e alla penitenza, ora, come la regina del sud, è il tempo di allargare il cuore per accogliere il seme della Sapienza divina.

Mentre le folle si accalcavano - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Poiché come Giona fu un segno per i Niniviti...; il versetto è molto arduo, poiché non si riesce a precisare l’aspetto specifico di segno, aspetto comune a Giona ed a Cristo. Le difficoltà d’interpretazione sono determinate da vari motivi: prima di tutto dal confronto del testo di Luca con quello di Matteo – quest’ultimo è molto più chiaro di Luca perché attribuisce ad un preciso evento della vita di Giona il valore di segno («poiché come Giona stette tre giorni e tre notti nel ventre del mostro marino, così il Figlio dell’uomo rimarrà tre giorni e tre notti nel seno della terra», Mt.,12,40) – poi dalle relazioni che esistono tra il testo di Luca e di Matteo da una parte e quello di Marco, 8,11-13 dall’altra (cf. Mt.,16,1-4); infine da ciò che afferma in seguito Luca stesso (vers. 32) e che in Matteo si trova in posizione invertita (l’ordine dei verss. 31-32 di Luca in Matteo è capovolto, cioè il vers. 32 precede il vers, 31; cf.Mt., 12, 41-42). Cercheremo di indicare gli elementi che, a nostro avviso, sembrano chiarire il senso della misteriosa affermazione di Gesù e di precisare l’intenzione che egli ha avuto nel rievocare la figura di Giona. Non bisogna intendere il «segno» come una realtà che, verificatasi in Giona, si ripete in forma identica in Cristo; per salvare la nozione di «segno» è sufficiente una semplice analogia tra i due personaggi; l’esegeta quindi richiederebbe troppo dal testo se volesse scoprire ad ogni costo una perfetta somiglianza tra il segno e la realtà da esso prefigurata. Anche la spiegazione offerta da Matteo si fonda sopra una vaga analogia, non già sopra una perfetta e stretta somiglianza tra Giona e Gesù (Giona, ribelle alla vocazione profetica, vuol fuggire lontano da Jahweh; il profeta, è gettato in mare e, divorato da un cetaceo, rimane vivo nel ventre di esso; soltanto quest’ultimo particolare presenta un’analogia con il destino di Gesù). Inoltre, contrariamente a quanto propongono vari studiosi, il testo di Luca non è anteriore a quello di Matteo, né rappresenta una formulazione più vicina a quella primitiva, ma è posteriore e rivela alcuni ritocchi compiuti dall’evangelista allo scopo di dare alla dichiarazione del Maestro un valore più universale e valevole per tutti. Matteo ha visto l’aspetto profetico dell’affermazione di Cristo ed egli, nell’intento di offrire ai suoi lettori provenienti dall’ebraismo, un argomento biblico ben determinato e chiaro parla di Giona «profeta» e richiama esplicitamente il testo profetico ricordando che «(Giona) stette tre giorni e tre notti nel ventre del mostro marino» (Giona, 2, 1); Luca invece spoglia l’importante dichiarazione da questi particolari che interessavano l’ambiente ebraico e lo lascia in una indeterminatezza, che in un primo momento può apparire come un oscuramento della profezia, ma in realtà essa, con la sua brevità, acquista in efficacia e suscita maggior interesse, Per il terzo evangelista quindi il segno di Giona è la persona stessa di Cristo che ha una missione straordinaria come quella di Giona, profeta suscitato da Jahweh. Le parole del Maestro tuttavia non costituiscono soltanto una decisa affermazione della sua missione, ma racchiudono anche un accento comminatorio che deve far riflettere gli uomini di quella «generazione malvagia». Giona ha predicato la penitenza ai Niniviti ed è stato ascoltato; Gesù invece, che ha annunziato agli uomini della sua generazione il messaggio della salvezza, ha trovato in essi maggiore ostilità. Il verbo al futuro con cui è espressa questa dichiarazione (così anche il Figlio dell’uomo [lo] sarà per questa generazione) indica che in avvenire si avranno manifestazioni ancora più convincenti di ciò che Gesù è e può compiere.

Un nuovo modo di pensare e di agire - Catechismo degli Adulti 142: Convertirsi significa assumere un diverso modo di pensare e di agire, mettendo Dio e la sua volontà al primo posto, pronti all’occorrenza a rinunciare a qualsiasi altra cosa, per quanto importante e cara possa essere. Significa liberarsi dagli idoli che ci siamo creati e che legano il cuore: benessere, prestigio sociale, affetti disordinati, pregiudizi culturali e religiosi. La decisione deve essere netta, senza riserve: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te... E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te» (Mt 5,2930). Tuttavia Gesù conosce la fragilità umana e sa essere paziente. Lo rivela narrando di un padrone, il quale aveva nel campo un magnifico albero, che da tre anni però non gli dava frutti; ordinò al contadino di tagliarlo; ma questi gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai» (Lc 13,8-9).

Una continua conversione...: Lumen gentium 35: Cristo, il grande profeta, il quale con la testimonianza della sua vita e con la potenza della sua parola ha proclamato il regno del Padre, adempie il suo ufficio profetico fino alla piena manifestazione della gloria, non solo per mezzo della gerarchia, che insegna in nome e con la potestà di lui, ma anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce suoi testimoni provvedendoli del senso della fede e della grazia della parola (cfr. At 2,17-18; Ap 19,10), perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale. Essi si mostrano figli della promessa quando, forti nella fede e nella speranza, mettono a profitto il tempo presente (cfr. Ef 5,16; Col 4,5) e con pazienza aspettano la gloria futura (cfr. Rm 8,25). E questa speranza non devono nasconderla nel segreto del loro cuore, ma con una continua conversione e lotta «contro i dominatori di questo mondo tenebroso e contro gli spiriti maligni» (Ef 6,12), devono esprimerla anche attraverso le strutture della vita secolare.

Sempre bisognosi di conversione e di purificazione: Catechismo della Chiesa Cattolica Compendio 165: La Chiesa è santa, in quanto Dio Santissimo è il suo autore; Cristo ha dato se stesso per lei, per santificarla e renderla santificante; lo Spirito Santo la vivifica con la carità. In essa si trova la pienezza dei mezzi di salvezza. La santità è la vocazione di ogni suo membro e il fine di ogni sua attività. La Chiesa annovera al suo interno la Vergine Maria e innumerevoli Santi, quali modelli e intercessori. La santità della Chiesa è la sorgente della santificazione dei suoi figli, i quali, qui sulla terra, si riconoscono tutti peccatori, sempre bisognosi di conversione e di purificazione.
Affinché gli uomini cambino condotta: Sacrosanctum Concilium 9: La sacra liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa. Infatti, prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e alla conversione: «Come potrebbero invocare colui nel quale non hanno creduto? E come potrebbero credere in colui che non hanno udito? E come lo potrebbero udire senza chi predichi? E come predicherebbero senza essere stati mandati?» (Rm 10,14-15). Per questo motivo la Chiesa annunzia il messaggio della salvezza a coloro che ancora non credono, affinché tutti gli uomini conoscano l’unico vero Dio e il suo inviato, Gesù Cristo, e cambino la loro condotta facendo penitenza. Ai credenti poi essa ha sempre il dovere di predicare la fede e la penitenza; deve inoltre disporli ai sacramenti, insegnar loro ad osservare tutto ciò che Cristo ha comandato, ed incitarli a tutte le opere di carità, di pietà e di apostolato, per manifestare attraverso queste opere che i seguaci di Cristo, pur non essendo di questo mondo, sono tuttavia la luce del mondo e rendono gloria al Padre dinanzi agli uomini.


Rinnovatevi nello spirito della vostra mente - Paolo VI (Udienza Generale, 1 marzo 1972): In questo periodo liturgico, nel quale l’esortazione a questa metánoia, a questa penitenza interiore, a questo riordinamento della nostra mentalità e della nostra moralità, si fa pressante, dobbiamo domandare a noi stessi con coraggiosa franchezza: che cosa dobbiamo correggere nel nostro segreto, intimo governo personale? Ancora una volta ritorna alle labbra la sentenza scultorea di Pascal: «Tutta la nostra dignità consiste nel pensiero... Procuriamo dunque di pensare bene: ecco il principio della morale» (PASCAL, Pensées, 347). Pensare bene! Sarebbe questa la migliore metánoia, la migliore conversione, la migliore penitenza! Cioè la migliore disposizione per entrare nel piano della salvezza, per bene celebrare il mistero pasquale, per dare al nostro cristianesimo la sua verace e felice espressione, personalmente e socialmente! Pensare bene! Fratelli e Figli carissimi! Ricordate che da questo punto si deve cominciare. Ricordate che non è facile. Non solo per un certo sforzo mentale a ciò richiesto, che ai professionisti del pensiero, ai filosofi, ai cercatori della verità speculativa può essere faticosissimo e drammatico (ricordiamo i grandi convertiti), ma anche, e questo per tutti, per un certo sforzo morale, che il ben pensare richiede. Il cambiare la propria mentalità errata e difettosa domanda umiltà e coraggio. Il dire a se stesso: ho sbagliato, esige non poca forza di animo. La rinuncia a certe proprie idee fisse, che sembrano definire la personalità: «Io la penso così! io sono libero di pensare come voglio! io appartengo alla tale ideologia, e nessuno me la farà cambiare», ecc., domanda davvero un rivolgimento di spirito, solo possibile a chi sacrifica ciò che ha di più suo, la propria opinione o convinzione, alla verità. E per chi di solito è dominato da istinti passionali o da interessi illeciti, l’innestare un’altra marcia nella guida delle proprie azioni, la marcia dell’onestà, della virtù, della religiosità, è operazione sconvolgente e rinnovatrice assai costosa e meritoria. Perdonare un’offesa, ad esempio, superare un’antipatia capricciosa, un puntiglio d’onore, un’occasione di usare la violenza, ecc., può essere esercizio di penitenza, proprio sulla buona linea dell’amore cristiano. Del resto, cambiare, demolire, rinnovare... non è nell’indole del nostro tempo rivoluzionario? Tutto sta a vedere che cosa, e come, e perché si deve tutto mutare. Per noi cristiani valga l’esortazione, che la Chiesa fa propria, di S. Paolo: «Rinnovatevi nello spirito della vostra mente» (Eph. 4, 23; Rom. 12, 2).

La conversione è una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita: Benedetto XVI (Udienza Generale, 13 febbraio 2013): Superare la tentazione di sottomettere Dio a sé e ai propri interessi o di metterlo in un angolo e convertirsi al giusto ordine di priorità, dare a Dio il primo posto, è un cammino che ogni cristiano deve percorrere sempre di nuovo. “Convertirsi”, un invito che ascolteremo molte volte in Quaresima, significa seguire Gesù in modo che il suo Vangelo sia guida concreta della vita; significa lasciare che Dio ci trasformi, smettere di pensare che siamo noi gli unici costruttori della nostra esistenza; significa riconoscere che siamo creature, che dipendiamo da Dio, dal suo amore, e soltanto «perdendo» la nostra vita in Lui possiamo guadagnarla. Questo esige di operare le nostre scelte alla luce della Parola di Dio. Oggi non si può più essere cristiani come semplice conseguenza del fatto di vivere in una società che ha radici cristiane: anche chi nasce da una famiglia cristiana ed è educato religiosamente deve, ogni giorno, rinnovare la scelta di essere cristiano, cioè dare a Dio il primo posto, di fronte alle tentazioni che una cultura secolarizzata gli propone di continuo, di fronte al giudizio critico di molti contemporanei. Le prove a cui la società attuale sottopone il cristiano, infatti, sono tante, e toccano la vita personale e sociale. Non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio alla preghiera e al silenzio interiore; non è facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in caso di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie. La tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** La tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Guarda, o Padre, il popolo a te consacrato, e fa’ che mortificando il corpo con l’astinenza si rinnovi nello spirito con il frutto delle buone opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo...