17 Febbraio 2019

VI Domenica del Tempo Ordinario

Oggi Gesù ci dice: “Rallegratevi ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.” (Lc 6,23ab - Acclamazione al Vangelo).

I Lettura - Ger 17,5-8: Mentre il re ed i suoi ministri si affannano a cercare alleanze ed appoggio con l’Egitto contro l’Assiria, il profeta Geremia predica la fiducia in Dio. Solo Dio, certo non l’esercito egiziano, avrebbe salvato Israele dagli Assiri; ma non viene ascoltato. A ragione pertanto può dire: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo… Sarà come un tamerisco nella steppa… dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere». Maledetto, non perché il Signore voglia per lui il male, o gli mandi delle disgrazie, ma perché da se stesso si è messo sulla strada della rovina. L’uomo che confida nell’uomo è sulla strada sbagliata. Mettere tutta la propria fiducia nelle cose materiali e fare di esse il fine ed il fondamento della propria vita, è andare incontro alla delusione e al fallimento.

Salmo Responsoriale - Dal salmo 1: «Annunciando Cristo, Giobbe dice: l’albero ha una speranza; se è tagliato, rigermoglia, e i suoi rami si moltiplicano... Chi è quest’albero, se non colui che, al momento in cui veniva tagliato, diceva: Se si tratta così il legno verde, che ne sarà del secco? (Lc 23,31). Se lo si taglia, rigermoglia - il terzo giorno - con la risurrezione. Questo perché non c’è mai stato nulla di morto in lui, alcuna traccia di peccato... e molto più perché questo uomo era Dio, la cui vita è eterna. L’uomo nuovo è dunque l’albero della vita, sempre verde al soffio dello Spirito della Sapienza. Al fine di produrre il suo frutto per noi - nella vita presente, la salvezza delle anime, e nella vita futura la risurrezione dei corpi egli ha permesso che lo si tagliasse, avendo la certezza di germogliare di nuovo, dopo aver vinto in se stesso la frattura violenta della morte corporale che aveva subito» (Ruperto).

II Lettura - 1Cor 15,12.16-20: Negare la risurrezione di Cristo significa negare anche la risurrezione dell’uomo. Non solo: negare «la risurrezione dei morti pregiudica altresì il regno di Cristo e ultimamente il regno di Dio. Al dominio del Signore e alla signoria divina sarebbe sottratta la morte, ultimo nemico dell’uomo: e non sarebbe più vero ciò che dichiara il salmo 110 inteso da tutta la tradizione della chiesa primitiva in senso cristologico: “finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi”. E sarebbe irrealizzabile il “Dio tutto in ogni cosa” che costituisce appunto il traguardo della regalità divina» (G. B.). Verrebbero annullate anche le Beatitudini in quanto non avrebbe più senso il soffrire per il regno dei cieli. All’uomo privato delle realtà ultraterrene, finché è in vita, non resterebbe che mangiare, bere e darsi alla gioia poiché con la morte finisce tutto.

Dal Vangelo secondo Lc 6,17.20-26: Luca riporta quattro beatitudini e le fa seguire da quattro maledizioni antitetiche, contrapposte alle beatitudini. A differenza di Matteo, Luca rifugge dal dare alle beatitudini una connotazione spirituale. Essendo il premio fissato nella vita ultraterrena, l’uomo deve stare sempre saldo nella fede confidando nella promessa di Dio, come Abramo, il quale «credette, stando saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rom 4,18).

Le Beatitudini - Catechismo degli Adulti 853: Beatitudini nell’Antico Testamento - Secondo le beatitudini dell’Antico Testamento, la felicità si trova nella fede in Dio, nel devoto rispetto verso di lui, nell’obbedienza alla sua legge: «Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede» (Sal 3,12); «Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe, chi spera nel Signore suo Dio, creatore del cielo e della terra, del mare e di quanto contiene. Egli è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati» (Sal 146,5-7); «Beato l’uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie» (Sal 128,1); «Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte» (Sal 1,1-2).
Beatitudini evangeliche 854: Nel Nuovo Testamento si incontrano le beatitudini della fede, della scoperta di Gesù, della vigilanza operosa, del servizio reciproco e altre ancora. Soprattutto risaltano le beatitudini del Regno, che sintetizzano la perfezione cristiana e delineano il ritratto del discepolo di Gesù. Anzi, prima ancora, «sono una specie di autoritratto di Cristo e, proprio per questo, sono inviti alla sua sequela e alla comunione di vita con lui». Esse indicano una via imprevedibile e paradossale alla felicità: è la via dell’amore crocifisso, che dà significato alla sofferenza anche prima di eliminarla e, quando è possibile, lotta con mezzi pacifici per superarla.

Caratteristiche ed esigenze del Regno - Redemptoris Missio 14: Gesù rivela progressivamente le caratteristiche ed esigenze del regno mediante le sue parole, le sue opere e la sua persona. Il regno di Dio è destinato a tutti gli uomini, essendo tutti chiamati a esserne membri. Per sottolineare questo aspetto, Gesù si è avvicinato soprattutto a quelli che erano ai margini della società, dando a essi la preferenza quando annunziava la «buona novella». All’inizio dei suo ministero egli proclama di essere stato mandato per annunziare ai poveri il lieto messaggio. (Lc 4,18) A tutte le vittime del rifiuto e del disprezzo dichiara: «Beati voi poveri» (Lc 6,20); inoltre, a questi emarginati fa già vivere un’esperienza di liberazione stando con loro (Lc 5,30; 15,2); andando a mangiare con loro, trattandoli come uguali e amici (Lc 7,34), facendoli sentire amati da Dio e rivelando così la sua immensa tenerezza verso i bisognosi e i peccatori. (Lc 15,1)
La liberazione e la salvezza, portate dal regno di Dio raggiungono la persona umana nelle sue dimensioni sia fisiche che spirituali. Due gesti caratterizzano la missione di Gesù: il guarire e il perdonare. Le molteplici guarigioni dimostrano la sua grande compassione di fronte alle miserie umane; ma significano pure che nel regno non vi saranno più né malattie né sofferenze e che la sua missione mira fin dall’inizio a liberare le persone da esse. Nella prospettiva di Gesù le guarigioni sono anche segno della salvezza spirituale, cioè della liberazione dal peccato. Compiendo gesti di guarigione, Gesù invita alla fede, alla conversione, al desiderio di perdono (Lc 5,24), Ricevuta la fede, la guarigione spinge a proseguire più lontano: introduce nella salvezza (Lc 18,42). I gesti di liberazione dalla possessione del demonio, male supremo e simbolo del peccato e della ribellione contro Dio, sono segni che «il regno di Dio è giunto fra voi» (Mt 12,28).

L’amore per i poveri - Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2443: Dio benedice coloro che soccorrono i poveri e disapprova coloro che se ne disinteressano: «Da’ a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle» (Mt 5,42). «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Gesù Cristo riconoscerà i suoi eletti proprio da quanto avranno fatto per i poveri. Allorché «ai poveri è predicata la buona novella» (Mt 11,5), è segno che Cristo è presente.
2444 «L’amore della Chiesa per i poveri [...] appartiene alla sua costante tradizione». Si ispira al Vangelo delle beatitudini, alla povertà di Gesù e alla sua attenzione per i poveri. L’amore per i poveri è anche una delle motivazioni del dovere di lavorare per far parte dei beni a chi si trova in necessità. Tale amore per i poveri non riguarda soltanto la povertà materiale, ma anche le numerose forme di povertà culturale e religiosa.
2445 L’amore per i poveri è inconciliabile con lo smodato amore per le ricchezze o con il loro uso egoistico: «E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano! Le vostre ricchezze sono imputridite, le vostre vesti sono state divorate dalle tarme; il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti. Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza» (Gc 5,1-6).
2547 Il Signore apostrofa i ricchi, perché trovano la loro consolazione nell’abbondanza dei beni. «Il superbo cerca la potenza terrena, mentre il povero in spirito cerca il regno dei cieli». L’abbandono alla provvidenza del Padre del cielo libera dall’apprensione per il domani. La fiducia in Dio prepara alla beatitudine dei poveri. Essi vedranno Dio.

Il posto privilegiato dei poveri nel Popolo di Dio - Evangelii gaudium 197: Nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso «si fece povero» (2Cor 8,9). Tutto il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri. Questa salvezza è giunta a noi attraverso il “sì” di una umile ragazza di un piccolo paese sperduto nella periferia di un grande impero. Il Salvatore è nato in un presepe, tra gli animali, come accadeva per i figli dei più poveri; è stato presentato al Tempio con due piccioni, l’offerta di coloro che non potevano permettersi di pagare un agnello (cfr Lc 2,24; Lv 5,7); è cresciuto in una casa di semplici lavoratori e ha lavorato con le sue mani per guadagnarsi il pane. Quando iniziò ad annunciare il Regno, lo seguivano folle di diseredati, e così manifestò quello che Egli stesso aveva detto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; perché mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18). A quelli che erano gravati dal dolore, oppressi dalla povertà, assicurò che Dio li portava al centro del suo cuore: «Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio» (Lc 6,20); e con essi si identificò: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare», insegnando che la misericordia verso di loro è la chiave del cielo (cfr Mt 25,35s).

Annuncio della Parola di Dio e i poveri: Verbum Domini 107: La sacra Scrittura manifesta la predilezione di Dio per i poveri e i bisognosi (cfr Mt 25,31-46). Frequentemente i Padri sinodali hanno richiamato la necessità che l’annuncio evangelico, l’impegno dei Pastori e delle comunità siano rivolti a questi nostri fratelli. In effetti, «i primi ad avere diritto all’annuncio del Vangelo sono proprio i poveri, bisognosi non solo di pane, ma anche di parole di vita». La diaconia della carità, che non deve mai mancare nelle nostre Chiese, deve essere sempre legata all’annuncio della Parola e alla celebrazione dei santi misteri. Nello stesso tempo, occorre riconoscere e valorizzare il fatto che gli stessi poveri sono anche agenti di evangelizzazione. Nella Bibbia il vero povero è colui che si affida totalmente a Dio e Gesù stesso nel Vangelo li chiama beati, «poiché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3; cfr Lc 6,20). Il Signore esalta la semplicità di cuore di chi riconosce in Dio la vera ricchezza, ripone in Lui la propria speranza, e non nei beni di questo mondo. La Chiesa non può deludere i poveri: «I pastori sono chiamati ad ascoltarli, ad imparare da essi, a guidarli nella loro fede e a motivarli ad essere artefici della propria storia».
La Chiesa è anche consapevole che esiste una povertà come virtù, da coltivare e da scegliere liberamente, come hanno fatto tanti Santi, ed esiste una miseria, esito spesso di ingiustizia e provocata dall’egoismo, che segna indigenza e fame e che alimenta i conflitti. Quando la Chiesa annuncia la Parola di Dio sa che occorre favorire un «circolo virtuoso» tra la povertà «da scegliere» e la povertà «da combattere», riscoprendo «la sobrietà e la solidarietà, quali valori evangelici e al tempo stesso universali… Ciò comporta scelte di giustizia e di sobrietà».

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso «si fece povero» (2Cor 8,9).
Questa parola cosa ti suggerisce.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che respingi i superbi e doni la tua grazia agli umili, ascolta il grido dei poveri e degli oppressi che si leva a te da ogni parte della terra: spezza il giogo della violenza e dell’egoismo che ci rende estranei gli uni agli altri, e fa’ che accogliendoci a vicenda come fratelli diventiamo segno dell’umanità rinnovata nel tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo ...