18 Febbraio 2019

Lunedì VI Settimana del Tempo Ordinario

Oggi Gesù ci dice: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.” (Gv 14,16 - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Mc 8,11-13: Il rifiuto di ogni segno, nel vangelo secondo Marco, “è spesso considerato più originario della promessa del «segno di Giona» in Matteo e Luca. Forse però Marco ha omesso questo ricordo biblico perché rischiava di sfuggire ai suoi lettori, e Gesù ha realmente promesso questo segno per annunziare il trionfo della sua liberazione finale, così come Matteo l’ha ben esplicitato [cfr. Mt 12,39+]” (Bibbia di Gerusalemme).

In quel tempo... - Rinaldo Fabris (Il Vangelo di Marco): I tratti di questa scena, inserita tra l’arrivo alla sponda occidentale e la nuova partenza, sono rapidi e nervosi  come il significato della sentenza di Gesù. L’evangelista non poteva tracciare in maniera più netta e vistosa il contrasto tra il gesto prodigioso di Gesù, che sfama i pellegrini, e il rifiuto secco di un segno ai farisei.
I farisei rappresentano una categoria: la generazione che respinge Gesù, quella dal cuore indurito, incapace di cogliere il vero significato dei suoi gesti, 2,16.24; 3,5.
La domanda di un segno di autenticazione dal cielo, da Dio, è una tentazione per Gesù, 8,12b. È l’invito subdolo, in nome di una presunta serietà religiosa, a percorrere la strada del messianismo spettacolare. Da parte farisei è la pretesa di basare la fede sulla dimostrazione evidente e controllabile di Dio, senza correre il rischio dell’impegno personale. Da spettatori e controllori neutri e distaccati, sono in grado di stabilire ciò che è segno o meno della presenza di Dio. Questo significa ridurre la libertà di Dio entro i limiti dei propri pregiudizi propri schemi soggettivi. A tali condizioni non c’è spaziò né per la libertà umana, né per l’esperienza genuina della fede. La fede è il confronto più serio di Dio con l’uomo, come è avvenuto nella vicenda di Gesù.
Il rifiuto di Gesù di strumentalizzare la libertà di Dio a chi ha paura di vivere nel rischio della libertà, è il rifiuto di vendere a buon mercato la libertà dell’uomo.

Vennero i farisei - Jacques Hervieux ((Vangelo di Marco): Con i farisei nasce di nuovo una discussione schietta e risoluta: ogni volta che Gesù li incontra, si scatena fra loro un conflitto. L’ultima volta, era stato in occasione delle loro tradizioni orali (7,1-13); questa volta, è a proposito dei suoi miracoli (v. 11 b). Lo sfondo della scena è chiaramente biblico: nel deserto dell’esodo, gli israeliti non hanno cessato di «tentare Dio» esigendo da lui prodigi sempre più grandi (cfr. Es 16,1-36; Nm 14,1-38). I farisei vengono a tentare Gesù in maniera analoga: essi vorrebbero vederlo offrire segni che provengono da Dio che dimostrerebbero, senza equivoci, il carattere divino della sua azione e della sua persona. Gesù rifiuta decisamente di compiere azioni sbalorditive e prodigiose: ricordiamo il suo comportamento durante le tentazioni a opera di Satana (Mt 4,1-11). Egli ha, certo, moltiplicato miracoli, esorcismi e guarigioni, ma non ha mai voluto che ricevessero una pubblicità morbosa; egli sa che i suoi miracoli rischiano di circoscrivere gli spiriti all’aspetto materiale invece di « essere segno», di attirare i cuori verso un dono essenzialmente spirituale. Anche il segno della moltiplicazione dei pani - così portentoso - non aveva lo scopo di stupire i beneficiati, ma di attestare loro la generosità del dono di Dio. Allora Gesù si rattrista (12a): raramente il suo scontento si è rivelato così evidente come in questo profondo sospiro. E la sua domanda, sotto forma di accusa, ripete il lamento costante di Dio nei confronti di Israele, «questa generazione» infedele (Sal 95,10). Il messia prende atto dell’incredulità che, nelle sue guide ufficiali, esprime il popolo giudaico: egli non concederà più alcun segno (v. 12b). Non è la cessazione dei miracoli che viene qui solennemente annunciata, bensì un limite posto alle pretese orgogliose dello spirito umano. I discepoli e quelli che seguono Gesù nella fede dovrebbero trarne una lezione.

e si misero a discutere con Gesù.... - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): I Farisei, appena ebbero notizia dell’arrivo di Gesù, andarono a lui con l’intenzione di attaccarlo con polemiche dottrinali. Essi, quantunque ostili al Maestro, devono pur ammettere che egli non è un Rabbi come gli altri, ma ha raggiunto una grande popolarità ed esercita un notevole influsso sulle masse. Incominciarono a disputare con lui; «incominciarono» (ἤρξαντο) espressione caratteristica di Marco. Da questa notizia sappiamo che, in quella circostanza, ebbe luogo una disputa, ma non siamo informati del contenuto di essa. La richiesta del segno fu probabilmente la parte saliente o conclusiva di quella discussione. Gli chiesero un segno dal cielo; i Farisei esigono che il Maestro compia un prodigio con il quale possa loro provare di essere profeta o Messia. Alcuni grandi personaggi dell’Antico Testamento avevano compiuto dei prodigi spettacolari, come: Mosè facendo cadere la manna dal cielo (cf. Esodo, 16,12); Giosuè, arrestando il corso del sole (cf. Giosuè, 10, 12-13); Elia, schiudendo il cielo alla pioggia dopo tre anni di siccità (cf.1 Re,18,44-46); Isaia, facendo indietreggiare l’ombra sul quadrante di Achaz (cf. Isaia, 38,7-8). Lo pseudo-profeta Theuda al tempo del Procuratore Cuspio Fado (44-46 d. C.) aveva promesso ai gregari del suo moto insurrezionale di farli passare attraverso il Giordano, dopo averne diviso le acque con un miracolo spettacolare (cf. G. Ricciotti, Storia d’Israele, II, n. 406). I Farisei richiedevano da Gesù un prodigio di tale evidenza da costringere anche i più restii a credere alla sua origine divina ed al suo messianismo.

... chiedendogli un segno dal cielo per metterlo alla prova - Wolfgang Winter: Nell’uso linguistico greco, il segno in quanto “contrassegno” o “indizio” è il riferimento a un dato di fatto che ne facilita il riconoscimento. Un concetto formale simile si trova anche nell’Antico Testamento. Per esempio “l’arco sulle nubi” è segno, anzi pegno della fedeltà di Dio all’alleanza con Noè e con i suoi discendenti (Gen 9,12ss). Un rapporto ancora più stretto fra segno e cosa indicata è presupposto nelle “azioni simboliche” dei profeti veterotestamentari: convinzione, derivante dall’ambito del rito sacrale, dell’efficacia operativa dei segni. Il fatto che Ezechiele non faccia alcuna lamentazione funebre per sua moglie è un’anticipazione del futuro destino d’Israele, la cui realizzazione comincia già nel segno. Il segno è inoltre anche annuncio ai contemporanei, una caratteristica, questa, propria della profezia classica.  Il segno di Ezechiele non annuncia soltanto la realtà dell’evento futuro; esso è per gli spettatori addirittura una rappresentazione attualizzata di ciò che accadrà. Nei Sinottici prevale la comprensione formale di segno come “indizio” o “contrassegno”. Nell’apocalittica si conosceva l’esistenza di determinati eventi come indizio della fine di “questo eone” e questa concezione è presupposta anche in Mc 13, Mt 24 e Lc 21. Il significato di “contrassegno” “prova” è presente in Mt 12,38ss: Gesù deve legittimarsi agli occhi dei giudei con i segni. Egli però risponde col segno del profeta Giona col segno cioè costituito dalla figura stessa di Giona, vale a dire, come rimando al Dio presente nella sua predicazione penitenziale. In Giovanni si trova una concezione dei segni caratterizzata soprattutto dal contenuto, come prodigi, miracoli che Gesù compie nella sua gloria. Essi, tuttavia, non lo fanno univocamente riconoscere come Figlio di Dio. Essi sono comprensibili soltanto per colui che è a conoscenza dell’“ora” della passione di Gesù, cioè per il credente, come rivelazione dell’amore di Dio per il mondo peccatore (Gv 2,1ss). 

Ma egli sospirò profondamente... - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Il Salvatore vide chiaramente che i suoi interlocutori non avanzavano quella richiesta per essere illuminati, ma per tentarlo; egli quindi, davanti alla loro cieca ostinazione, emise un sospiro profondo, come il gemito di uno spirito amareggiato, e dichiarò apertamente agli avversari di non accordar loro nessun segno. Nessun segno sarà dato a questa generazione (letteral.: se verrà dato un segno a questa generazione); la risposta non tocca soltanto gli interlocutori, ma l’intera nazione ebraica, la quale si era lasciata sviare dalle sue guide spirituali. La frase, formulata secondo una costruzione propria della lingua ebraica (infatti essa suona letteralmente: se verrà dato...; Volgata: si dabitur...), esprime con vigore un rifiuto, cioè: non sarà dato nessun segno. La proposizione è ellittica, essa va completata nel modo seguente: se verrà dato un segno a questa generazione, che io muoia, oppure: che sia punito da Dio. L’evangelista non riferisce le parole con le quali Gesù afferma di dare agli Ebrei in un avvenire indeterminato il segno di Giona (il segno di Giona allude alla risurrezione di Cristo, come risulta dal confronto con il passo parallelo di Matteo, 16,4). L’omissione di Marco è dovuta al fatto che egli, scrivendo il vangelo per dei pagani convertiti, non ritenne opportuno parlare del segno di Giona a persone che non conoscevano il racconto biblico di Giona; agli Ebrei invece, destinatari del vangelo di Matteo, il fatto era noto, per questo motivo il primo evangelista amò ricordarlo.

Perché questa generazione chiede un segno? - Jean Radermakers: «Emettendo un sospiro» (8,12) come in occasione della guarigione del sordomuto (7,34), Gesù rifiuta di dare a «questa generazione» un segno diverso da quelli ch’egli opera continuamente sotto gli occhi delle folle. L’espressione «questa generazione», a volte accompagnata dagli aggettivi «adultera e peccatrice» (8,38; cf. Mt 12,39.45; 16,4) oppure «infedele e perversa» (9,19; cf. Mt 17,17), indica nell’Antico Testamento (Dt 32,5-20; Is 1,2; Sai 78,8; 95,10) il popolo d’Israele infedele all’alleanza che mette continuamente alla prova il suo Dio e reclama sempre nuovi della sua potenza; ma può indicare anche coloro che cercano Dio (Sal 24,6). Qui sembra rivolgersi al di là del gruppo dei farisei, e quindi a tutti coloro fondandosi sulle apparenze come i conterranei di Gesù (6,3), sono incapaci cogliere la sua vera identità.
Marco non parla del «segno di Giona», (cioè segno della risurrezione, come fanno i paralleli sinottici (Mt 12,39-41; 16, Le 11,29-32); alla domanda di un segno che, per la sua indiscutibile divina, legittimi l’azione del Maestro agli occhi degli avversari, Gesù un rifiuto categorico. Il segno della risurrezione verrà nell’ora opportuna, e soddisferà tutte le richieste. Nel frattempo, bisogna accettare quei segni ch’egli dà suoi gesti di potenza. Ma rifiutando ai suoi contraddittori il diritto di rinchiuderlo nelle loro categorie mentali o nei loro tentativi di verifica umana, Gesù manifesta paradossalmente la sua vera identità, di cui gli uomini non possono impadronirsi.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». 
Questa parola cosa ti suggerisce.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo...