8 Febbraio 2019

Venerdì IV Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: «Beati coloro che custodiscono la parola di Dio con cuore integro e buono e producono frutto con perseveranza.» (Cfr. Lc 8,15 - Acclamazione al Vangelo).


Vangelo - Dal vangelo secondo Marco 6,14-29: Intrighi, sesso, avidità di potere... una miscela esplosiva ben celata nel cuore di Erode e che esploderà quando il rispetto umano prenderà il sopravvento annebbiando dignità, sentimenti, umanità: così Giovanni morirà per la malvagità di una donna e la debolezza di un sovrano dispotico. Sembra una tragica ironia che rientra nello scandalo della storia. Da che mondo è mondo, i giusti sono spesso morti per cose di poco conto, barattati per cose di poco prezzo: il prestigio, la faccia da salvare, interessi politici, poteri da conservare inalterati, anche se intrisi di sangue innocente.

In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): vv. 14-15; Il passo di Marco, 6, 14-16 riporta le varie opinioni che circolavano sul conto di Gesù. L’invio degli apostoli in Galilea aveva maggiormente richiamato l’attenzione del popolo e dell’autorità su Cristo. I tempi maturavano; il Maestro non agiva più da solo, ma era coadiuvato nella diffusione del regno di Dio da un gruppo di collaboratori che si era scelto. Il re Erode sentì parlare (di Gesù); questo re è Erode Antipa (figlio di Erode il Grande), il quale governava sopra la Galilea e la Perea. Nel passo evangelico Erode è chiamato «re» (designazione popolare) quantunque fosse soltanto «tetrarca», poiché Roma non gli aveva ratificato il titolo onorifico di re. Antipa aveva sentito parlare di Gesù anche prima di questo momento, al quale si riporta l’evangelista; ma ormai la fama del Salvatore si era molto accresciuta ed estesa, per cui Erode dovette considerare la cosa con maggiore attenzione. Si diceva (ἔλεγον); molti codici hanno: egli (cioè: Erode) diceva (ἔλεγεν); è più probabile ritenere che Marco voglia riportare l’opinione della folla; per questo preferiamo la forma plurale dell’imperfetto (ἔλεγον: si diceva). Giovanni il battezzatore è risorto da morte; molti del popolo pensavano che Gesù fosse il Precursore redivivo. Probabilmente quelli che condividevano questa opinione erano discepoli del Battista, i quali, impressionati dal genere di vita, dalla santità e dalla predicazione di Cristo, si domandavano se egli non fosse Giovanni ritornato sulla terra dalla dimora dei morti. È Elia... è un profeta; altri, rifacendosi all’insegnamento degli Scribi (cf. Mc., 9,10-11), credevano che Gesù fosse Elia redivivo, il quale, secondo una tradizione, doveva tornare sulla terra per preparare l’avvento del Messia. Altri infine consideravano il Maestro come un profeta, cioè uno dei tanti personaggi inviati da Dio al popolo eletto, come era avvenuto nei secoli passati.

Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni - Jacques Hervieux (Vangelo di Marco): L’episodio è un buon esempio di composizione drammatica. In un primo quadro (vv. 17-20) vengono presentati i personaggi in scena e l’azione si avvia. Il primo attore del dramma è Erode Antipa, uno dei figli di Erode il Grande: all’epoca di Gesù, egli regna sulla Galilea. Il secondo è Filippo, fratello dello stesso Antipa. E il terzo - ma non il meno importante, come vedremo - è Erodiade: nipote di Erode il Grande, essa ha dapprima sposato Filippo, suo zio, poi ha sedotto Erode Antipa, suo cognato. Giovanni Battista è imprigionato per aver rimproverato al re il suo adulterio [noto a tutti:] era un’ audacia incredibile da parte del profeta, che si era così attirato l’odio omicida della donna infedele (vv. 19-20). Ma nella sua furiosa invidia criminale, Erodiade urta contro l’ammirazione timorata che il sovrano porta al profeta.
Un secondo quadro - divenuto celebre (vv. 21-28) - districherà questa situazione che assomiglia a un vicolo cieco. L’episodio avrà come protagonista la stessa figlia di Erodiade (v. 22a). Dallo storico giudaico dell’epoca, Giuseppe Flavio, sappiamo che la fanciulla si chiamava Salomè. La promessa di Erode (v. 23), questo giuramento così sconsiderato, è in perfetta linea con le usanze dei sovrani orientali. I giochi sono fatti (vv. 24-26). La richiesta di Salomè getta il re in piena tragedia: egli è profondamente lacerato tra la sua folle promessa, fatta di fronte a un pubblico scelto (i grandi dignitari della corte), e la sua considerazione personale per il profeta. La decapitazione di Giovanni Battista, la sua testa offerta su un piatto all’istigatrice dell’assassinio, sigilla in modo macabro un crimine odioso (vv. 27-28). I discepoli di Giovanni provvedono poi alla sepoltura del loro venerato maestro (v. 29).
Questo racconto, nella sua cinica crudeltà e nella sua brutale eloquenza, ha una reale suggestiva potenza; senza mai fare allusione a Gesù, lo riguarda chiaramente. Il profeta gettato in prigione, poi brutalmente ucciso e seppellito dai suoi amici, fa pensare al destino che attende lo stesso Gesù: la sua passione, morte e sepoltura sono qui prefigurate.

Erode aveva messo Giovanni in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello» - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): vv. 17-20 Anche Giuseppe Flavio parla della prigionia e dell’uccisione di Giovanni nella fortezza del Macheronte, ma per motivi politici e non per la sua protesta. Erodiade era figlia di Aristobulo (figlio di Erode il Grande e di Mariamne). Fu dapprima moglie di Erode, fratellastro di Antipa, dimorante a Roma. Forse questo Erode aveva un secondo nome, Filippo; oppure Marco lo confonde con Filippo tetrarca dell’Iturea e Traconitide, che in seguito sposò Salomè, figlia di Erodiade.
Lo scandalo denunciato dal Battista non riguardava il divorzio di Antipa dalla figlia di Areta, ma la convivenza incestuosa con la cognata, proibita dalla Legge (cf. Lv 18,16; 20,21). Antipa fece imprigionare il Battista, ma riconoscendone la rettitudine cominciò a stimarlo e ad ascoltarlo volentieri. Tuttavia, lo teneva in prigione anche per proteggerlo dalla collera feroce di Erodiade, che ne voleva la morte. Il tetrarca, benché uomo corrotto, nutriva un timore riverenziale per Giovanni, «uomo giusto e santo», cioè osservante della Toràh e dotato di carismi profetici. Al contrario, l’atteggiamento di Erodiade, nonostante le differenze rilevanti, evoca quello della perfida Gezabele, moglie del re Acab (1Re 21).
vv. 21-28 Giuseppe Flavio non menziona questo banchetto per luccisione del Battista. La danza veniva di solito praticata da schiave e da prostitute. In base al criterio di discontinuità risulta confermata l’attendibilità della notizia marciana sul ballo della figlia di Erodiade, Salomè. Questa appare più spregiudicata della madre. Appena consultatasi con Erodiade, rientrò subito in fretta e richiese immediatamente la testa di Giovanni su di un vassoio. Nei vv. 23-24 la narrazione raggiunge il culmine della drammaticità. Tanto sadismo in una giovanetta sconcerta il lettore. Antipa le aveva promesso con una formula convenzionale di darle fino alla metà del suo regno (cf. Est 5,3; 7,2); ora accontenta la danzatrice non tanto per scrupolo religioso, cioè per il giuramento fatto. ma per salvare la faccia dinanzi ai commensali.

E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione - Benedetto XVI (Udienza Generale, 29 agosto 2012): [Giovanni] non taceva la verità e così morì per Cristo che è la Verità. Proprio per l’amore alla verità, non scese a compromessi e non ebbe timore di rivolgere parole forti a chi aveva smarrito la strada di Dio. Noi vediamo questa grande figura, questa forza nella passione, nella resistenza contro i potenti. [...] Cari fratelli e sorelle, ... il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio. La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio. San Giovanni Battista interceda per noi, affinché sappiamo conservare sempre il primato di Dio nella nostra vita.

 Giovanni Battista «immolò la sua vita per la verità e la giustizia» - Veritatis splendor 91: Già nell’Antica Alleanza incontriamo ammirevoli testimonianze di una fedeltà alla legge santa di Dio spinta fino alla volontaria accettazione della morte. Emblematica è la storia di Susanna: ai due giudici ingiusti, che minacciavano di farla morire se si fosse rifiutata di cedere alla loro passione impura, così rispose: «Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è la morte per me, se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani. Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!» (Dn 13,22-23). Susanna, preferendo «cadere innocente» nelle mani dei giudici, testimonia non solo la sua fede e fiducia in Dio, ma anche la sua obbedienza alla verità e all’assolutezza dell’ordine morale: con la sua disponibilità al martirio, proclama che non è giusto fare ciò che la legge di Dio qualifica come male per trarre da esso un qualche bene. Essa sceglie per sé la «parte migliore»: una limpidissima testimonianza, senza nessun compromesso, alla verità circa il bene e al Dio di Israele; manifesta così, nei suoi atti, la santità di Dio.
Alle soglie del Nuovo Testamento Giovanni Battista, rifiutandosi di tacere la legge del Signore e di venire a compromesso col male, «immolò la sua vita per la verità e la giustizia» e fu così precursore del Messia anche nel martirio (cf Mc 6,17-29). Per questo, «fu rinchiuso nell’oscurità del carcere colui che venne a rendere testimonianza alla luce e che dalla stessa luce, che è Cristo, meritò di essere chiamato lampada che arde e illumina... E fu battezzato nel proprio sangue colui al quale era stato concesso di battezzare il Redentore del mondo».
Nella Nuova Alleanza si incontrano numerose testimonianze di seguaci di Cristo - a cominciare dal diacono Stefano (cf At 6,8–7,60) e dall’apostolo Giacomo (cf At 12,1-2) - che sono morti martiri per confessare la loro fede e il loro amore al Maestro e per non rinnegarlo. In ciò essi hanno seguito il Signore Gesù, che davanti a Caifa e a Pilato «ha dato la sua bella testimonianza» (1Tm 6,13), confermando la verità del suo messaggio con il dono della vita. Innumerevoli altri martiri accettarono le persecuzioni e la morte piuttosto che porre il gesto idolatrico di bruciare l’incenso davanti alla statua dell’Imperatore (cf Ap 13,7-10). Rifiutarono persino di simulare un simile culto, dando così l’esempio del dovere di astenersi anche da un solo comportamento concreto contrario all’amore di Dio e alla testimonianza della fede. Nell’obbedienza, essi affidarono e consegnarono, come Cristo stesso, la loro vita al Padre, a colui che poteva liberarli dalla morte (cf Eb 5,7).
La Chiesa propone l’esempio di numerosi santi e sante, che hanno testimoniato e difeso la verità morale fino al martirio o hanno preferito la morte ad un solo peccato mortale. Elevandoli all’onore degli altari, la Chiesa ha canonizzato la loro testimonianza e dichiarato vero il loro giudizio, secondo cui l’amore di Dio implica obbligatoriamente il rispetto dei suoi comandamenti, anche nelle circostanze più gravi, e il rifiuto di tradirli, anche con l’intenzione di salvare la propria vita.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te...