7 Febbraio 2019

Giovedì IV Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: «Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete nel vangelo.» (Mc 1,15).

Vangelo - Dal vangelo secondo Marco 6,7-13: I Dodici sono mandati a due a due perché secondo la Legge la testimonianza di un solo testimone non aveva alcun valore: “Un solo testimone non avrà valore contro alcuno, per qualsiasi colpa e per qualsiasi peccato; qualunque peccato uno abbia commesso, il fatto dovrà essere stabilito sulla parola di due o di tre testimoni.” (Dt 19,15). Gesù dà agli Apostoli il potere sugli spiriti impuri, esige la povertà, comanda loro di non andare di casa in casa e se non accolti di andarsene scuotendo la polvere di sotto i piedi. Un ebreo, tornando in Palestina da territori stranieri, scuoteva di sotto i piedi la polvere del suolo pagano prima di varcare il confine, per non rendere impura la Terra Santa. Il gesto rappresenta quindi una testimonianza d’accusa: nel giudizio finale, chi non accoglieva e ascoltava il Vangelo, sarebbe stato considerato come un pagano da Dio. I Dodici partono immantinente, il cuore del loro messaggio è la conversione, e, secondo il comando del Maestro, operano esorcismi e guariscono gli ammalati dopo averli unti con l’olio. L’unzione con l’olio, una prassi ben consolidata nella Chiesa, sta a significare la trasmissione di potere di guarigione proveniente da Dio: “Chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.” (Gc 5,14-15). Evangelizzando, sanando e beneficando gli uomini, sopra tutti i poveri e gli infermi, i Dodici sono associati alla stessa missione di Gesù.

La missione degli Apostoli - Jean Radermakers (Lettura Pastorale del Vangelo di Marco): L’invio dei discepoli avviene «a due a due», sia in riferimento alla legge della duplice testimonianza (Dt 17,6; 19, 15; Nm 35,30), sia secondo il consiglio del saggio Qoelet (Qo 4,9-12; cf. Pr 18,19), adottato dalla comunità cristiana di Gerusalemme (At 13,2) e a cui certamente s’ispira il catalogo apostolico di Matteo, stabilito in gruppi binari (Mt 10,2-4). Il primo evangelista sviluppa le istruzioni di Gesù in un lungo «discorso missionario» (Mt 10,5-42); invece Marco e Luca a questo punto ne riferiscono solo alcuni elementi, conservando gli altri principalmente per comporre i loro «discorsi escatologici» (Mc 13,9-13 e 9,41; Lc 21,12-19 e anche 6,40; 12,11-12.51.53; 14,25-27; 17,33).
I consigli di Gesù riguardano anzitutto la povertà e la rinuncia: senza alcun aiuto umano, i discepoli hanno come appoggio solo la fede in colui che li manda.
La loro stessa sussistenza non dipenderà più da loro, perché non devono portare con sé denaro né « pane », come nota Marco, seguito da Luca (Lc 9,3). Il loro abbigliamento è quello del pellegrino che sale a Gerusalemme, ma per i missionari dell’èra cristiana, il pellegrinaggio prende la strada della Galilea, in cui il Risorto li precede (cf. 4,28; 16,17 e 1,14). Per questo sono permessi bastone e sandali. Dipenderanno anche dall’ospitalità della gente, come il seme ha bisogno, per crescere, che la terra l’accolga. Si tratta ancora dell’ascolto della parola (6,11): quella dei discepoli ha sostituito quella del Maestro da quando sono stati investiti della sua autorità. L’importanza della missione dei dodici è fondamentale: prolunga ed estende la proclamazione del regno inaugurata da Gesù.
Perciò la mancanza d’accoglienza dev’essere denunciate: il gesto di scuotere la polvere dai piedi, dai sandali e dai vestiti era prescritto dal Talmud quando si lasciava un paese pagano considerato impuro (cf. At 13, 51).
Sulla loro attività, Marco non dà alcuna indicazione di tempo a di luogo; gli basta segnalare ch’essi realizzano esattamente ciò che ha detto e fatto il Maestro: proclamare la conversione, operare esorcismi e guarigioni. Ma partono realmente in missione; in Matteo, il discorso di Gesù non è seguito dalla partenza dei discepoli (Mt 11,1), che viene rimandata a dopo la risurrezione (Mt 28,16-20). In Marco invece, come in Luca (Lc 9,10) i discepoli torneranno, raccontando al Maestro tutto ciò che hanno fatto e insegnato (6,30).

Il bagaglio del missionario - Adalberto Sisti (Marco): Inviando gli apostoli, Gesù si preoccupa di precisare il loro equipaggiamento da viaggio, che deve essere ridotto all’essenziale, alle cose veramente indispensabili: un bastone da viandante, un paio di sandali ai piedi per schivare la durezza del suolo e una semplice tunica senza il mantello, che serviva solo per ripararsi dall’umidità della notte. L’apostolo deve contare sulla generosità e sul senso di ospitalità della gente dei luoghi in cui si reca (secondo G. FLAVIO, Bellum judaicum, 2, 125, in ogni città vi era un incaricato che doveva occuparsi dei pellegrini). Per il bene spirituale che compie, egli ha quasi un diritto di essere ricompensato e contraccambiato con quanto è necessario alla vita (cf Mt 10,10; Lc 10,7; 1Cor 9,14). Soprattutto, però, l’apostolo con il suo esempio di distacco da tutte le cose deve dar prova della sua fiducia in Dio, che provvede anche agli uccelli dell’aria e ai gigli del campo (Mt 6,25-34). Compreso così l’insegnamento di Cristo, non costituisce una difficoltà il fatto che tra Mc e gli altri sinottici ci sia una certa diversità nell’enumerare le cose da prendere o da non prendere con sé nel viaggio. Gli evangelisti hanno voluto dare soltanto un’idea dello spirito da cui deve essere animato il missionario e non dettare norme troppo vincolanti e meticolose.

Mandati, inviati - Pastores gregis 9: Il Vangelo secondo Luca riferisce che Gesù diede ai Dodici il nome di Apostoli, che letteralmente significa inviati, mandati (cfr 6,13). Nel Vangelo secondo Marco leggiamo pure che Gesù costituì i Dodici « anche per mandarli a predicare » (3,14). Ciò significa che tanto l’elezione quanto la costituzione dei Dodici come Apostoli sono finalizzate alla missione. Il primo loro invio (cfr Mt 10,5; Mc 6, 7; Lc 9,1-2) trova la sua pienezza nella missione che Gesù loro affida, dopo la Risurrezione, al momento dell’Ascensione al Cielo. Sono parole che conservano tutta la loro attualità: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20). Questa missione apostolica ha avuto la sua solenne conferma nel giorno dell’effusione pentecostale dello Spirito Santo.

Ungevano con olio molti infermi e li guarivano - Catechismo della Chiesa Cattolica 1506-1507: Cristo invita i suoi discepoli a seguirlo prendendo anch’essi la loro croce. Seguendolo, assumono un nuovo modo di vedere la malattia e i malati. Gesù li associa alla sua vita di povertà e di servizio. Li rende partecipi del suo ministero di compassione e di guarigione: «E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano» (Mc 6,12-13). Il Signore risorto rinnova questo invio («Nel mio nome [...] imporranno le mani ai malati e questi guariranno»: Mc 16,17-18) e lo conferma per mezzo dei segni che la Chiesa compie invocando il suo nome. Questi segni manifestano in modo speciale che Gesù è veramente «Dio che salva».

L’unzione degli infermi - Bibbia di Navarra (I Quattro vangeli): San Marco è l’unico evangelista a parlare dell’unzione d’olio fatta agli infermi. L’olio veniva frequentemente usato per curare le ferite (cfr Is 1,6; Lc 10,34), mentre gli apostoli se ne servono anche per guarire miracolosamente le malattie del corpo, in virtù del potere conferito loro da Gesù. Di qui l’uso dell’olio come materia nel sacramento dell’Unzione degli infermi, che cura le ferite dell’anima e, se del caso, anche quelle del corpo. Come insegna il Concilio di Trento - Dottrina sul sacramento dell’Estrema Unzione, cap. l -, in questo versetto di san Marco bisogna vedere “accennato” il sacramento dell’Unzione degli infermi, istituito dal Signore, e successivamente “raccomandato ai fedeli e promulgato da Giacomo apostolo” (cfr Gc 5,14ss.).

Frutti del sacramento dell’Unzione degli Infermi 272 (I Sacramenti - L’estrema Unzione) - Catechismo Tridentino: I Pastori spieghino con cura i vantaggi di questo sacramento, di modo che, se altre considerazioni non stimolano i fedeli a riceverlo, ve l’induca almeno l’utilità, dal momento che noi quasi tutto valutiamo in base al nostro vantaggio. Diranno innanzi tutto che questo sacramento infonde la grazia che cancella i peccati più lievi che sono comunemente detti veniali. Esso infatti non è stato istituito per la remissione delle colpe mortali, che sono cancellate dal Battesimo e dalla Penitenza. Questo sacramento non è stato istituito principalmente per la remissione dei peccati più gravi che il Battesimo e la Penitenza invece effettuano per la loro virtù.
Spiegheranno poi l’utilità della sacra Unzione, che libera l’anima dal languore e dalla fragilità contratti coi peccati, e in genere da tutte le scorie dei peccati. Il momento più opportuno per simile cura spirituale è quello in cui, sui colpiti da grave morbo, incombe il pericolo della vita. Poiché per natura l’uomo nulla teme più della morte. Tale timore è accresciuto dalla memoria delle colpe passate, quando specialmente siamo sul punto di sentirci aspramente accusati dalla nostra coscienza. Sta scritto infatti: Impauriti ricorderanno le loro colpe, e le iniquità commesse si leveranno ad accusarli (Sap 4,20). Anche l’animo è angosciato dall’idea di essere vicinissimi al tribunale di Dio che deve pronunciare una sentenza giustissima su quel che ci saremo meritati. Accade talora che, sgomenti di terrore, i fedeli cadano in preda al più profondo scoramento. Quale mezzo migliore invece, per apprestarsi tranquillamente alla morte, che rimuovere la tristezza, attendere in letizia la chiamata del Signore, pronti a rendergli quel che ci aveva affidato, non appena voglia richiedercelo? Ebbene, l’Estrema Unzione appunto fa si che lo spirito dei fedeli sia sgombrato da preoccupazioni, e l’animo venga ricolmato di pia e pura letizia.
Inoltre ne scaturisce un altro vantaggio, giustamente ritenuto il più prezioso. Sebbene, finché viviamo, l’avversario del genere umano non si astenga un istante dall’intenzione di perderci, pure mai compie più audaci sforzi per rovinarci, e possibilmente strapparci ogni fiducia nella divina misericordia, di quando si avvede che ci avviciniamo alla nostra ultima ora. Per questo con tale sacramento sono apprestate ai fedeli armi ed energie, per rintuzzare l’attacco infernale e respingerlo. Esso apre l’animo del malato alla fiducia nella bontà divina, lo conforta a sopportare più agevolmente i fastidi del male, lo addestra a eludere la perfida insidia dell’astuto demonio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro” (Vangelo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te...