5 Febbraio 2019


Martedì IV Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: «Non temere, soltanto abbi fede!» (Vangelo).

Vangelo - Dal vangelo secondo Marco 5,21-43: La guarigione della emorroissa e la risurrezione della figlia di Giaro sono due racconti a incastro e ci fanno comprendere in profondità il significato della fede, cioè, in che cosa consiste la fede e a che cosa porta la fede. Nella guarigione della donna affetta di emorragia la strana domanda di Gesù - Chi mi ha toccato -, non è posta per mettere in imbarazzo la donna, ma è tesa unicamente ad esaltare pubblicamente la sua fede e indicarla come requisito necessario per la guarigione. La risurrezione della fanciulla è collocata all’apice di una sequenza di miracoli dall’impatto dirompente: la tempesta sedata (Mc 4,35-41), la liberazione dell’indemoniato geraseno (Mc 5,1-20). La vittoria di Gesù sugli elementi della natura impazziti (Sal 88,10), poi sul potere del maligno, e qui infine sulla morte stessa, mettono in luce la potenza del Figlio di Dio. La raccomandazione di dare da mangiare alla fanciulla svela la tenerezza di Gesù verso gli ammalati e i sofferenti. Allo stupore segue il perentorio ordine da parte di Gesù di non divulgare il miracolo. Il comando, che è in linea con tutti i testi relativi al segreto messianico (Mc 1,25.33-44; 3,12; ecc.), vuole rinviare alla Croce e alla Risurrezione perché soltanto questi eventi possono rivelare la vera identità del Cristo e i doni che Egli è venuto a portare agli uomini (Ef 4,7). Leggendo con calma, e profonda attenzione, questa bella pagina di Marco vengono in mente le parole dell’apostolo Pietro rivolte al centurione Cornelio: “Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.” (Atti 10,37-38). Ed è così, Gesù è veramente il buon Samaritano dell’umanità!

Chi ha toccato le mie vesti? - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): vv. 25-29 L’inserzione del racconto dell’emorroissa (vv. 25-34) appare molto spontanea e per numerosi esegeti anche storicamente attendibile. La perdita di sangue rendeva la donna impura (Lv 15,19-30) e le impediva ogni atto di culto e il contatto con le altre persone. II giudizio pessimistico sulla capacità dei medici esprime la mentalità scettica del popolo, che ricorreva volentieri ai guaritori, dopo l’insuccesso della medicina. La donna aveva una concezione superstiziosa, condivisa in genere da tutti, sulla forza sovrumana che promanava dal Taumaturgo. Tuttavia la sua fiducia
semplice e illimitata in Gesù viene premiata con la guarigione immediata.
vv. 30-34 Si ha qui una pericope che illustra il tema della fede messianica, la quale implica innanzitutto un incontro personale con Gesù, il riconoscimento e la proclamazione della salvezza da lui ottenuta. Tale salvezza però va intesa in senso globale, non solo fisico. L’iniziativa per provocare questa fede è presa da Gesù.
il quale ha riconosciuto in se stesso la forza che era forza uscita da lui (v. 30). Non si trattava di un fluido magico, bensì di una forza spirituale, proveniente da Dio. Egli guarda attorno per stabilire un rapporto con la donna risanata. Costei è presa da timore e dalla paura, una reazione consueta dinanzi a una manifestazione della potenza divina. Gesù non biasima la donna per la trasgressione della Legge, che le imponeva la segregazione, ma la incoraggia con la sua parola a trasferire il dono della guarigione fisica su un piano superiore, facendola giungere alla fede messianica. La guarigione della donna, dovuta alla sua fiducia in Gesù, si trasforma in «salvezza» totale. L’augurio della «pace» (shalom) comporta per la donna ogni benedizione da parte di Dio, in un rinnovato rapporto di intimità con lui, quale preludio della salvezza escatologica. Una tradizione leggendaria tardiva ha identificato la donna con Berenice o Veronica, che avrebbe asciugato il volto di Gesù sulla via del Golgota.

Perché vi agitate e piangete? - Il caso si presentava ormai senza soluzioni: dalla casa del capo della sinagoga erano venuti alcuni a dire che la fanciulla era morta. Non aveva quindi più senso continuare a importunare il Maestro di Nazaret.
Gesù, il figlio di Maria (Mc 6,3), come se non avesse inteso nulla, esorta Giairo, il padre della fanciulla morta, a desistere dal suo timore e a continuare ad avere fede in lui. Poi, con Pietro, Giacomo e Giovanni, che saranno le «colonne della Chiesa» (Gal 2,9), si avvia verso la casa di Giairo.
La scelta dei tre discepoli non è lasciata al caso: più avanti sempre Pietro, Giacomo e Giovanni, e soltanto loro, saranno chiamati ad essere gli unici testimoni privilegiati della trasfigurazione (Mc 9,2) e della preghiera nel giardino del Getsemani (Mc 14,33). Gesù, così come dettava la legge mosaica (Dt 19,15), vuole dei testimoni qualificati che in seguito avessero potuto testimoniare la realtà del miracolo che stava per operare.
La casa di Giairo è sprofondata nel dolore: gli strepiti, i pianti dei parenti e delle prèfiche, accrescono la confusione e il chiasso.
Forse per riportare un po’ di calma, Gesù entrando dice ai piagnoni: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». Le parole di Gesù non devono far credere che si tratta di morte apparente, la fanciulla è veramente morta. Gesù non è ancora entrato nella camera dove era stato composto il cadavere della fanciulla, ma per il fatto che aveva già deciso di restituire alla vita la figlia di Giairo, il presente stato della fanciulla è soltanto temporaneo e paragonabile ad un sonno.
Riecheggiano le parole che Gesù dirà quando gli portano la notizia della morte di Lazzaro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo» (Gv 11,11). Questo linguaggio eufemistico è stato adottato dalla Chiesa che lo ha esteso a tutti coloro che «si addormentano nel Signore» (At 7,60; 13,36; 1Cor 7,39; 11,30), in attesa della risurrezione finale (1Ts 4,13-16; 1Cor 15,20-21.51-52).
Per i brontoloni le parole di Gesù sembrano essere fuori posto: come se Egli avesse voluto irridere il dolore dei genitori, dei parenti e degli amici convenuti in quel luogo di dolore.
La reazione però segnala anche un’ottusa ostilità nei confronti di Gesù e sopra tutto mette in evidenza la mancanza di fede nella sua potenza. È la sorte di tutti i profeti (Lc 4,24). Tanta cecità, pur addolorandolo intimamente, non lo ferma, per cui dopo aver messo alla porta gli increduli piagnoni, prende con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entra dove era la bambina.
Gesù presa la mano della fanciulla, il gesto abituale delle guarigioni (Mc 1,13.41; 9,27), pronuncia le parole ‘Talità kum’. Sono parole aramaiche, la lingua che parlava Gesù, e Marco si affretta a dare la traduzione forse per evitare che venissero scambiate per qualche formula magica. La guarigione è immediata e istantanea.
La risurrezione della fanciulla è collocata all’apice di una sequenza di miracoli dall’impatto dirompente: la tempesta sedata (Mc 4,35-41), la liberazione dell’indemoniato geraseno (Mc 5,1-20). La vittoria di Gesù sugli elementi della natura impazziti (Sal 88,10), poi sul potere del maligno, e qui infine sulla morte stessa, mettono in luce la potenza del Figlio di Dio. La raccomandazione di dare da mangiare alla fanciulla svela la tenerezza di Gesù verso gli ammalati e i sofferenti. Allo stupore segue il perentorio ordine da parte di Gesù di non divulgare il miracolo. Il comando, che è in linea con tutti i testi relativi al segreto messianico (Mc 1,25.33-44; 3,12; ecc.), vuole rinviare alla Croce e alla Risurrezione perché soltanto questi eventi possono rivelare la vera identità del Cristo e i doni che Egli è venuto a portare agli uomini (Ef 4,7).
Oggi, Gesù, pur sedendo alla destra del Padre (Rom 8,34; Ef 1,20), continua ad essere presente nella sua Chiesa: per questa Presenza, i credenti fruiscono della potenza salvifica del Cristo celata misteriosamente nei sacramenti fino a che arrivino «all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13).

La tua fede ti ha salvata... Non temere, soltanto abbi fede: Benedetto XVI (Angelus, 1 luglio 2012): Questi due racconti di guarigione sono per noi un invito a superare una visione puramente orizzontale e materialista della vita. A Dio noi chiediamo tante guarigioni da problemi, da necessità concrete, ed è giusto, ma quello che dobbiamo chiedere con insistenza è una fede sempre più salda, perché il Signore rinnovi la nostra vita, e una ferma fiducia nel suo amore, nella sua provvidenza che non ci abbandona.
Gesù che si fa attento alla sofferenza umana ci fa pensare anche a tutti coloro che aiutano gli ammalati a portare la loro croce, in particolare i medici, gli operatori sanitari e quanti assicurano l’assistenza religiosa nelle case di cura. Essi sono «riserve di amore», che recano serenità e speranza ai sofferenti. Nell’Enciclica Deus caritas est osservavo che, in questo prezioso servizio, occorre innanzitutto la competenza professionale - essa è una prima fondamentale necessità - ma da sola non basta. Si tratta, infatti, di esseri umani, che hanno bisogno di umanità e dell’attenzione del cuore. «Perciò, oltre alla preparazione professionale, a tali operatori è necessaria anche, e soprattutto, la “formazione del cuore”: occorre condurli a quell’incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il loro animo all’altro» (n. 31).

La bambina non è morta, ma dorme - Catechismo della Chiesa Cattolica 988: Il Credo cristiano – professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificante – culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna.
989 Noi fermamente crediamo e fermamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li risusciterà nell’ultimo giorno. Come la sua, anche la nostra risurrezione sarà opera della Santissima Trinità: «Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11).
990 Il termine «carne» designa l’uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità. La «risurrezione della carne» significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima immortale, ma che anche i nostri «corpi mortali» (Rm 8,11) riprenderanno vita.
991 Credere nella risurrezione dei morti è stato un elemento essenziale della fede cristiana fin dalle sue origini. «Fiducia christianorum resurrectio mortuorum; illam credentes, sumus – La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo tali»: «Come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede [...]. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti» (1 Cor 15,12-14.20).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Credere nella risurrezione dei morti è stato un elemento essenziale della fede cristiana fin dalle sue origini.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Signore, che hai glorificato sant’Agata con la corona del martirio, per la comunione a questo sacro convito donaci una forza nuova perché superiamo ogni male e raggiungiamo la gloria del cielo. Per Cristo ...