15 Febbraio 2019

VENERDÌ V SETTIMANA «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “Beati coloro che piangono, perché saranno consolati. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati.” (Mt 5,5-6 - Antifona alla comunione).

Dal Vangelo secondo Mc 7,31-37: Il miracolo compiuto da Gesù travalica il senso reale dello stesso prodigio: la guarigione del sordomuto deve perennemente ricordare ai cristiani la necessità di aprire le orecchie alla Parola di Dio e di sciogliere la lingua per proclamare le opere meravigliose di Dio che li ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce (1Pt 2,9). Il sordomuto è portato da Gesù da altri, che pregano per lui: è una buona lezione per i cristiani che dovrebbero avere il coraggio e la premura di portare al Signore gli uomini perché Lui li possa ristabilire nella luce di Dio. Gesù per guarire il sordomuto fa dei gesti molto conosciuti ai medici e ai guaritori del suo tempo. L’imposizione delle mani è un gesto per trasmettere poteri, benedizioni  o per guarire (cf. Gen 48,14ss; 2Re 4,34; 5,11; Mt 8,3.15; Lc 13.13; At 28,8; ecc.), invece le dita, nel linguaggio biblico, simboleggiano una qualche azione molto potente di Dio (cf. Es 8,19; Sal 8,4; Lc 11,20).

Gesù è in «pieno territorio della Decàpoli», un raggruppamento di dieci città libere, con un proprio territorio, con abitanti anche pagani che dai giudei erano considerati «cani» (cf. Mt 15,26; Gv 4,9).
La legge di Mosè imponeva ai Giudei di amare e di rispettare i sordomuti (Lev 19,14), ma ai tempi di Gesù erano praticamente tagliati fuori dal consorzio civile e religioso per una miriade di motivi: erano considerati peccatori pubblici perché la loro infermità dai più era considerata il giusto castigo di chissà quali peccati occulti; poi, l’handicap, impedendo loro di procurarsi un lavoro, li costringeva a vivere di espedienti e, a volte, ponendoli fuori dalla legalità dalle guide spirituali erano posti tout court fuori anche dalla salvezza (cf. Gv 7,49). Il sordomuto probabilmente aveva già incontrato Gesù e forse già aveva sentito nel suo cuore l’amore, la predilezione che il giovane Rabbi aveva per i più poveri, per i più indifesi, per gli ammalati.
Forse glielo avevano raccontato a gesti come si fa con i sordi (cf. Lc 1,59); comunque, quest’uomo incurante del rispetto umano, la sua malattia lo costringeva a stare nella classe degli impuri, si avvicina a Gesù e con la bocca dei suoi amici lo prega di toccarlo, di imporgli le mani. Lui non lo può fare con la sua bocca perché essa era arida, senza suoni; ma, certamente, lo avrà fatto con il volto, con gli occhi, con gesti frenetici delle mani, sopra tutto con il cuore.
Gesù, per evitare inutili clamori, in disparte, per dargli la guarigione, gli pone «le dita negli orecchi e con la saliva gli tocca la lingua». Questi erano gesti abituali dei medici e dei guaritori in genere. Gli antichi ritenevano che la saliva contenesse sostanze medicamentose. Ma Gesù non è un guaritore, non è un mago e non fa gesti magici. Avrebbe potuto guarirlo con un gesto, anche da lontano, ma Egli sa che la fede della folla che lo assediava non è ancora matura, per cui qualsiasi suo gesto, se fosse uscito fuori dai canoni del sentire comune, poteva essere equivocato.
Come nel racconto del cieco nato (Gv 9,1ss), la guarigione del sordomuto ha una valenza pedagogica e mistagogica: sotto la spinta della guarigione miracolosa, Gesù vuole dare alla fede incompleta della folla e del sordomuto la possibilità di essere indirizzata verso la vera conoscenza di Colui che guariva l’infelice infermo.
Gesù compie il miracolo in disparte lontano dalla folla per evitare che essa, essendo in gran parte pagana, lo scambiasse per uno stregone o per un guaritore che a quei tempi riempivano ogni angolo del Paese. Lo fa in disparte per non eccitare la folla, avrebbe preso lucciole per lanterne (Mt 16,14). Lo fa in disparte soprattutto perché Lui è umile e non ama gli strepiti, la pubblicità. Lo fa in disparte perché vuole manifestare il mistero della sua persona e della sua missione progressivamente.
Gesù guarda al cielo: per chiedere il sì del Padre? Probabilmente. Emette un sospiro, forse è il suo cuore, spezzato dalle tante infermità a cui è sottoposto il genere umano, che lo fa gemere.
Ed è questa pietà che gli strappa l’assenso. Gesù è il Dio pietoso che si china sui malati, sugli infermi per consolarli, per guarirli: «Buono e pietoso è il Signore, grande nell’amore» (Sal 103,8; cf. Es 34,6; 1Gv 4,8.16). Lui è venuto nel mondo per liberare gli uomini dalla tirannia del peccato e introdurli in un paese dove Egli tergerà ogni lacrima dai loro occhi; un paese ove non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno (Ap 21,4). Il comando di Gesù, effatà, una parola di origine aramaica, non riguarda solo gli orecchi e la bocca del sordomuto, ma si riferisce a tutta la sua persona, che si apre alla comprensione della persona del Cristo. La guarigione è immediata e definitiva.
Gesù realizza così la profezia di Isaia 35,5-6. Il sordomuto è la primizia di tutti quegli uomini che dalla potenza salvifica della Parola di Dio saranno guariti da quella sordità spirituale che impedisce loro di cogliere i segni e le parole rivelatrici di Gesù.
Il comando di non dirlo a nessuno è palesemente violato e le parole della folla - Ha fatto bene ogni cosa - ricordano il racconto della creazione: sono le stesse parole con le quali la Bibbia sigilla ciascuno dei sei giorni della creazione da parte di Dio (Gen 1-2,4). Vi è in questo modo una perfetta continuità tra l’agire di Dio creatore e l’agire di Gesù salvatore.
Lo stesso Dio che crea l’uomo, che lo libera dalla schiavitù egiziana e babilonese, è anche il Dio che, in Gesù, si prende cura dell’uomo infermo, lo libera dal peccato, dalla malattia e dalla morte ricreandolo: di nuovo lo apre alla luce e al suono, di nuovo gli fa udire il timbro della sua parola e della sua voce.
A ben dire, ogni miracolo di Gesù sull’uomo è, quindi, una nuova creazione.

Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi - Jacques Hervieux: In pieno territorio pagano, Gesù si conforma alla pratica medica del tempo e del luogo: questo tipo di intervento terapeutico si incontra assai spesso nei racconti di miracoli pagani dell'epoca. Ciò non poteva sconcertare i primi lettori del vangelo di Marco, perfettamente al corrente delle usanze del tempo. Latteso effetto dei gesti e della parola del maestro non tarda a comparire (v. 35): il sordo comincia a sentire e colui che balbettava, inciampandosi sulle parole, si esprime con una perfetta scioltezza. Raggiunto questo felice risultato, il racconto potrebbe chiudersi così: ma levangelista richiama di nuovo il segreto messianico (v. 36a). Gesù impone il silenzio a chi accompagna luomo guarito, come lo ha imposto in passato al lebbroso (1,44) e ai familiari della fanciulla morta (5,43). In tutti questi casi, il messia ha manifestato la potenza del regno di Dio di cui è investito; egli però non vuole che il riconoscimento della sua messianità sia divulgato prematuramente: ci si potrebbe ingannare sul tipo di «messia» che egli intende essere.

La malattia - Detlev Dormeyer / AntonGrabner-Haider: a) Secondo l’Antico Testamento la malattia è mandata da Dio. Dapprima si crede che Dio la infligga come castigo personale (Is 1,5s), ma negli scritti più tardi dell'Antico Testamento si ricerca un'altra motivazione. Giobbe viene colpito dal Satana con la malattia, ma col permesso di Dio (Gb 1). Poiché Giobbe ha condotto una vita retta, senza alcuna colpa. non si può non riconoscere che il malvagio può vivere sano e felice, mentre il giusto può venir colpito dalla malattia. Perciò si evidenziano le ripercussioni sociali del peccato. Le azioni umane non danno e non tolgono nulla a Dio, colpiscono però il proprio simile; il peccato può causare una malattia propria o quella di altri. Il fatto che la malattia visiti uno anziché l'altro, deriva dalla causalità intramondana, in ultima analisi, però, dall'imperscrutabile volontà di Dio. Come mezzi per guarire la malattia sono perciò indicati, nellAntico Testamento, opere di pietà, preghiera, digiuno, voti e sacrifici per implorare la pietà di Dio. Non si rinuncia, tuttavia, all'ausilio di metodi umani in vista della guarigione (Sir 38,1ss).
b) Anche nel Nuovo Testamento domina la concezione veterotestamentaria che la malattia provenga da Dio. Gesù però, come il Libro di Giobbe, rifiuta decisamente linterpretazione degli scribi per cui la malattia sarebbe il castigo per una colpa personale o famigliare. Al contrario, egli guarisce la malattia con i suoi prodigi, perché questo è un segno che con lui è iniziato il tempo escatologico: “I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano ludito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella” (Mt 11,5). Con ciò si adempie la promessa del profeta (Is 35,5s e 61,1). Gesù è venuto per guarire l'uomo. Gesù suscita un mondo risanato, il regno di Dio. Malattia significa per il cristiano partecipazione alla croce di Cristo; la sofferenza di Cristo continua nei suoi (Col 1,24), finché la “nuova creazione” di Dio non sia compiuta.

Muti e sordi - Eleonore Beck: Il linguaggio biblico conosce un solo termine per indicare le due menomazioni che spesso compaiono abbinate. La facoltà di parlare distingue luomo da tutte le altre creature; la sua mancanza viene ricondotta allinfluenza di forze numinose. In senso traslato, Israele viene chiamato muto e sordo quando non dà ascolto a JHWH e ai suoi messaggeri (per es. Is 35,5). In definitiva è JHWH che rende muti e sordi. Dal Messia ci si attende che alla sua venuta egli apra i sensi; per questo le due guarigioni narrate dai Vangeli (Mc 7,31-37; 9,14-27 par) sono considerate una prova della missione messianica di Gesù.

Guarire - Walter Schober: Secondo l’Antico Testamento JHWH è medico del suo popolo (Es 15,26). A lui ci si può, anzi ci si deve rivolgere fiduciosi con preghiere, lamenti, ringraziamenti e lode. Le guarigioni sono pertanto, nell’Antico Testamento, prevalentemente esaudimenti di preghiere. La loro meta è quella di conoscere JHWH (2Re 5). I profeti sono soltanto i suoi strumenti (la loro parola, la loro conoscenza medica: Is 38). In senso traslato il “guarire” è un parallelo del perdono (cf. Lc 5), della salvezza dalla fine (Sal 103), del ripristino della possibilità di vivere, della vivificazione dello Spirito e del cuore, guida sul cammino della vita (Is 57), è quindi segnato dalla conversione (2Cr 7). Per mezzo dei lividi sanguinanti del servo del Signore, il popolo ottiene la guarigione (Is 53,5; cf. 1Pt 2,24: Gesù). Gesù è unto dallo Spirito di Dio, è autorizzato e inviato ad adempiere le promesse di Dio, a inaugurare il suo mondo risanato (Lc 4,18s: immagine dellanno di grazia; guarire nel contesto); è il servo del Signore che guarisce alla radice ciò che è malato e lo rinfranca, adempie la speranza (Mt 12,15ss: Is 42). Occorre ascoltare e guardare a Lui, abbandonarsi allazione guaritrice di Dio (Mt 13,15: Is 6,9s. I pagani ascolteranno: At 28,27s). Le guarigioni di sabato richiamano le benedizioni del regno di Dio (sabato: anticipazione del riposo eterno di Dio). Là dove difficoltà e malattie vengono eliminate come guasti della vita e le forze del male vengono infrante, si realizza, in forma di segno, la nuova creazione (Mc 7,37: “Ha fatto bene ogni cosa”). Guarire significa però anche sanare il cammino della vita (Eb 12,12s: Is 35,3). Lincarico di guarire dato ai discepoli e il dono carismatico delle guarigioni della chiesa primitiva sono dati in vista di continuare a preoccuparsi per un mondo sano, in forma adeguata ai tempi.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Gesù è venuto per guarire l’uomo.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, Signore, e poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro...