13 Febbraio 2019

MERCOLEDÌ V SETTIMANA «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo.” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Marco 7,14-23: Gesù non è un rivoluzionario: la legge va osservata anche nei più piccoli particolari perché lui non è venuto per abolirla, ma per renderla perfetta (Mt 5,17-19). Ma la legge non deve schiavizzare l’uomo e l’esteriorità non deve stravolgere la norma morale. Affermando che le “«cose» del mondo non sono mai impure, ma divengono tali solo attraverso il cuore degli uomini, la comunità di Gesù ha conservato la fede nella bontà del creato di fronte alla tendenza ascetica che vedeva di malocchio la stessa creazione di Dio” (José Maria Gonzales-Ruiz). 

Basilio Caballero: L’insegnamento di Gesù su quello che è puro e su quello che è impuro, continua la critica di ieri alle tradizioni degli antichi. È un’applicazione pratica dell’autentica religiosità. Così Gesù dà una risposta esauriente alla domanda dei farisei: «Perché i tuoi discepoli mangiano con mani impure, cioè senza lavarsele?». I miei discepoli fanno così, risponde Gesù, perché «non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo contaminarlo», quello che esce dal suo cuore e dalla sua coscienza.
Nella storia delle religioni sono pochissimi i principi religiosi così fecondi come questo di Gesù, perché interiorizza la vita religiosa, stabilendo allo stesso tempo un pilastro fondamentale della morale: la coscienza dell’uomo come sorgente di moralità.
Come altre volte, su richiesta dei suoi discepoli, Cristo piega in privato la breve parabola che ha usato: «Tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo», perché non entra nel cuore, ma nello stomaco, ed è espulso. Il passaggio può sembrare uno dei più prosaici del vangelo, ma non lascia spazio a dubbi. Di qui il commento dell’evangelista che trae la conseguenza di quanto ha detto Gesù: «Dichiarava così mondi tutti gli alimenti», punto importante per i suoi lettori.
«Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza».
Lista di dodici prodotti viziati da un difetto di fabbrica, che è il cuore, e che ci ricorda un’altra lista, di sapore ellenistico, che dà san Paolo elencando le opere della carne (Gal 5,19ss).
Con il suo insegnamento sul puro e sull’impuro, Gesù i riconosce che tutto partecipa della bontà iniziale della razione (Gn 2,4-9.15-17: prima lettura, anni dispari). Le cose non sono pure o impure, sacre o profane, non loro stesse, ma lo diventano attraverso il cuore dell’uomo, alla cui libertà spetta il cattivo o buon uso di in riferimento a Dio.

Ascoltatemi tutti e comprendete bene! - Wolfgang Winter: Il divieto veterotestamentario di mangiare determinati animali, per es. il maiale (cinghiale selvatico) (Dt 14,8) è comprensibile soltanto come difesa dall’idolatria: mangiare cinghiale significava addentrarsi nell’ambito del potere della dea Astarte, alla quale esso è sacro. Se dunque i comandamenti alimentari veterotestamentari avevano un significato attuale come atto dii professione religiosa, nel giudaismo si trasformarono successivamente in rigide imposizioni legalistiche. Gesù invece radicalizza ulteriormente il senso veterotestamentario: non ciò che è esterno, sia esso sacrale o profano, può rendere l’uomo impuro, ma soltanto il suo cuore (Mc 7,14ss).

Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro  - Adalberto Sisti (Marco): Troviamo qui «il principiò fondamentale di tutta la morale in genere» (J. Schmid, 179); principio a cui si ispireranno le risoluzioni prese nelle non poche discussioni che sorgeranno nella chiesa primitiva circa le relazioni con i cristiani provenienti dal mondo pagano (At 10,10-16; 15,28-29; Ga 2,11-17; Rm 14,14-23; Col 2,10-23; Tt 1,15). Il detto, oltre che in Mc e Mt, si trova pure nell’apocrifo Vangelo di Tommaso, 14, così formulato in un discorso rivolto agli apostoli: «Non ciò che entra nella vostra bocca vi contaminerà; ma ciò che esce dalla vostra bocca, questo vi contaminerà». Lo schema letterario è ovunque quello caratteristico del parallelismo antitetico in due membri, di cui uno nega e l’altro afferma.
Il significato fondamentale del primo membro consiste sostanzialmente in una rivalutazione della bontà originaria della creazione, per cui nessuna cosa può essere per sé impura e contaminante, come sostenuto dalla tradizione farisaica, nonché dalla stessa legislazione rituale dell’ Antico Testamento (Lv 11-15; Dt 14,1-21), le cui norme possono avere al massimo un valore igienico e pertanto saranno progressivamente messe da parte nella prassi della chiesa primitiva. Il significato del secondo membro per ora resta generico e alquanto enigmatico. Ma sarà chiarito più che abbondantemente nel successivo colloquio riservato ai discepoli (vv. 20-23).

Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola - Benedetto Prete (I Quattro vangeli): Versetto 17 L’interrogazione dei discepoli mostra apertamente che né essi né la folla avevano afferrato interamente il senso del principio enunziato dal Maestro. Lo interrogarono intorno alla parabola; secondoMatteo, 15, 15 è Pietro che interroga Gesù. Parabola ha qui il senso del termine ebraico corrispondente mashal, che significa: paragone, immagine didattica; Gesù infatti aveva parlato di ciò che «vi è fuori dell’uomo» e di «ciò che esce dall’uomo». Questa seconda espressione sfuggiva all’intelligenza dei discepoli; in verità essa poteva prestarsi all’equivoco perché la legge ebraica contemplava anche il caso di manifestazioni fisiche dell’uomo che lo rendevano impuro (come la lebbra ed alcune disfunzioni organiche). Come si vede, i discepoli rimanevano ancora nel campo fisico, mentre Gesù si riferiva a quello morale.
Versetti 118-22: L’evangelista constata che gli apostoli, a questo punto della vita pubblica di Gesù, non comprendono ancora la sua dottrina. Il Maestro dà ai suoi le opportune spiegazioni distinguendo nettamente tra l’aspetto fisico e quello morale delle cose... (Cosi) egli dichiarava puri tutti i cibi; la proposizione è considerata come un inciso aggiunto da Marco, con il quale l’evangelista ricorda che Gesù ha abolito nei cibi la distinzione tra puro ed impuro. Gli alimenti, come ogni altro oggetto esterno, non possono contaminare l’uomo, perché non raggiungono il cuore, sede della moralità. Marco enumera dodici vizi o peccati (Matteo invece ne ricorda soltanto sei, cf. Mt.,15,19) dei quali i primi sei sono espressi con la forma plurale, gli ultimi con quella singolare. Il plurale può indicare la ripetizione degli atti, il singolare invece la tendenza viziosa. Invidia: il greco dice letteralmente: «occhio cattivo». L’evangelista, scrivendo a persone convertite dal paganesimo ritiene opportuno presentare un elenco più particolareggiato dei peccati che caratterizzavano il mondo nel quale vivevano. In questi versetti viene accentuata la novità della legge dello spirito e della conseguente libertà cristiana. Per chi era abituato alla legge ed alla tradizione ebraica queste parole costituivano una profonda innovazione ed un progresso reale nella concezione della moralità.

Dal cuore degli uomini: Catechismo della Chiesa Cattolica 582: Gesù dà compimento alla Legge sulla purità degli alimenti, tanto importante nella vita quotidiana giudaica, svelandone il senso “pedagogico” con una interpretazione divina: “Tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo... Dichiarava così mondi tutti gli alimenti... Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore dell’uomo, escono le intenzioni cattive” (Mc 7,18-21). Dando con autorità divina l’interpretazione definitiva della Legge, Gesù si è trovato a scontrarsi con certi dottori della Legge, i quali non ne accettavano la sua interpretazione, sebbene fosse garantita dai segni divini che la accompagnavano. Ciò vale soprattutto per la questione del sabato: Gesù ricorda, ricorrendo spesso ad argomentazioni rabbiniche, che il riposo del sabato non viene violato dal servizio di Dio o del prossimo, servizio che le guarigioni da lui operate compiono.

Cuore - Gabriele Miller: La parola viene usata relativamente di rado per designare l’organo del corpo, molto spesso invece in senso traslato. Quello di cuore è il concetto collettivo per l’essenza e il carattere dell’uomo. Quando Sansone aprì il suo cuore a Dalila, entrò in suo potere e cadde in disgrazia (Gdc 16,12s). Il cuore abbraccia tutto l’atteggiamento attivo che scaturisce dal carattere degli uomini. Quando a qualcuno viene affidato un incarico importante, egli riceve anche un cuore nuovo, vale a dire viene posto in una situazione completamente nuova che rende possibile l’assolvimento del compito (1Sam 10,9). Difficoltà, disgrazia o colpa spezzano il cuore. Chi è consapevole della sua colpa si avvicina a Dio con un cuore affranto che perciò si rivolge a lui (per es. Sal 34,9). L’uso veterotestamentario della parola è determinante anche per quello neotestamentario.
Anche nel Nuovo Testamento il cuore è la sorgente del sentimento e del pensiero. Il cuore si riempie di sofferenza (Gv 16,6).
L’amore di Dio è un amore “di tutto cuore” (Mc 12,30). Con il cuore si capisce, si pensa, ci si ricorda (Gv 12,40; At 7,23; Lc 2,51). Il cuore è la sorgente dell’atteggiamento della vita in genere. I “puri di cuore” sono coloro il cui atteggiamento di fondo è integro e che agiscono in conformità ad esso (Mt 5,8).
Un cuore impuro ha delle conseguenze sul comportamento: “Amare Dio di tutto cuore” significa l’affidamento totale a Dio (Mt 22,37). Il termine cuore - come anche nel nostro uso linguistico - viene usato anche nella Bibbia. Nel significato più generale: nocciolo di una cosa, centro, parte più importante.

E il cuore, che cosa è? - Paolo VI (Udienza Generale, 7 novembre 1973): E il cuore, che cosa è? La nostra domanda si pone per il discorso religioso e morale, che si estende a quello psicologico e ideale. Qual è il significato di questo termine tanto usitato? Siamo tentati di far nostra la definizione di S. Agostino, che fa coincidere il senso della parola cuore con l’Io: ... cor meum, ubi ego sum quicumque sum (Conf. X,3: PL 32,781). E siamo confortati a scegliere questo senso pregnante, indicativo della personalità sentimentale, intellettuale e soprattutto operativa dell’uomo, dal linguaggio biblico, che prescinde dal significato puramente fisiologico di questo organo per indicare ciò ch’è vivo, genetico, operante, morale, responsabile, spirituale nell’uomo. Il cuore è la cella interiore della psicologia umana; è la sorgente degli istinti, dei pensieri, e soprattutto delle azioni dell’uomo. Di ciò ch’è buono, e di ciò ch’è cattivo: ricordiamo la parola di Gesù Maestro: «È dal cuore infatti che escono i mali pensieri, gli omicidi, gli adultèri, le fornicazioni, i furti, le menzogne, le bestemmie; e queste sono le cose che contaminano l’uomo» (Matth. 15,19-20). Quale triste introspezione! E ciò che la rende grave è la parola biblica che ci ammonisce come l’occhio di Dio veda in trasparenza il nostro cuore, questo segreto nascondiglio della nostra realtà morale.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Così rendeva puri tutti gli alimenti.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, Signore, e poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro...