12 Febbraio 2019

MARTEDÌ V SETTIMANA «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini.” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Marco 7,1-13: Per la comprensione del Vangelo è opportuno richiamare alla memoria le norme di purità che gli Ebrei ritenevano di dover osservare prima di prestare il culto liturgico a Dio. Essi distinguevano tra cose, persone, creature, azioni pure e impure. Chi veniva a contatto con ciò che era considerato impuro doveva purificarsi, prima di entrare in contatto con Dio. Per la Bibbia di Gerusalemme, «i rabbini facevano risalire la tradizione orale, attraverso gli “anziani”, a Mosè ...  A proposito dell’impurità delle mani, obiettata dai Farisei, Gesù prende in considerazione la questione più generale dell’impurità attribuita dalla legge a certi alimenti [Lev 11] e insegna a posporre l’impurità legale a quella morale, la sola che importa veramente [cf. At 10,9-16; 10,28 ...]»

Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate...: Il lavarsi le mani non era un norma igienica, ma una prescrizione rituale della purificazione secondo la tradizione degli Antichi. Per questo motivo i tutori della legge accusano i discepoli di Gesù di sovvertire la Legge. Poi erano terrorizzati perché l’atteggiamento insubordinato dei seguaci del giovane Rabbi poteva avere conseguenze inimmaginabili per la nazione intera (Gv 11,48). La loro disubbidienza era sotto gli occhi di tutti, quindi, era urgente fermarli prima che fosse troppo tardi. Gesù, agli occhi dei Farisei, non soltanto sovvertiva la tradizione degli Antichi, ma fuorviava il popolo introducendolo in sentieri che lo avrebbe portato molto lontano dalla salvezza. Accuse quindi molto pesanti che andavano al di là della banalità di lavarsi le mani prima di prendere cibo. La risposta di Gesù è molto aspra, la sua risposta è infatti una controaccusa: i toni sono forti perché Egli sta rimproverando gente molto abile nell’eludere i comandamenti di Dio contrapponendovi la tradizione umana e molto brava nell’apparire «giusti all’esterno davanti agli uomini» (Mt 23,28). Per cui Gesù senza mezzi termini li taccia di ipocrisia: il termine hipokrites descrive gli attori con il volto nascosto da una maschera. Un macigno, ma i farisei e gli scribi restano lì imperturbabili, pensano soltanto a come rifarsi, e sopra tutto come fare per eliminare Gesù di Nazaret. L’appuntamento con la morte è ormai vicino.

Le parole umane e la Parola di Dio: Catechismo della Chiesa Cattolica 65: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola unica, perfetta e definitiva del Padre, il quale in lui dice tutto, e non ci sarà altra parola che quella.

La tradizione apostolica: Dei Verbum 7: Dio, con somma benignità, dispose che quanto egli aveva rivelato per la salvezza di tutte le genti, rimanesse per sempre integro e venisse trasmesso a tutte le generazioni. Perciò Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta intera la Rivelazione di Dio altissimo, ordinò agli apostoli che l’Evangelo, prima promesso per mezzo dei profeti e da lui adempiuto e promulgato di persona venisse da loro predicato a tutti come la fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale, comunicando così ad essi i doni divini. Ciò venne fedelmente eseguito, tanto dagli apostoli, i quali nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero sia ciò che avevano ricevuto dalla bocca del Cristo vivendo con lui e guardandolo agire, sia ciò che avevano imparato dai suggerimenti dello spirito Santo, quanto da quegli apostoli e da uomini a loro cerchia, i quali, per ispirazione dello Spirito Santo, misero per scritto il messaggio della salvezza.

La sacra tradizione: Dei Verbum 8: «... la predicazione apostolica, che è espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva esser conservata con una successione ininterrotta fino alla fine dei tempi. Gli apostoli perciò, trasmettendo ciò che essi stessi avevano ricevuto, ammoniscono i fedeli ad attenersi alle tradizioni che avevano appreso sia a voce che per iscritto [cfr. 2Ts 2,15], e di combattere per quella fede che era stata ad essi trasmessa una volta per sempre. Ciò che fu trasmesso dagli apostoli, poi, comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del popolo di Dio e all’incremento della fede; così la Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede. Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro [cfr. Lc 2,19 e 51], sia con la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. Così la Chiesa nel corso dei secoli tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa vengano a compimento le parole di Dio. Le asserzioni dei santi Padri attestano la vivificante presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della Chiesa che crede e che prega. È questa Tradizione che fa conoscere alla Chiesa l’intero canone dei libri sacri e nella Chiesa fa più profondamente comprendere e rende ininterrottamente operanti le stesse sacre Scritture. Così Dio, il quale ha parlato in passato non cessa di parlare con la sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce dell’Evangelo risuona nella Chiesa e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti alla verità intera e in essi fa risiedere la parola di Cristo in tutta la sua ricchezza (cfr. Col 3,16).».

Onora tuo padre e tua madre - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Gesù, con un esempio pratico, denunzia l’illogicità e l’ipocrisia dei suoi accesi avversari; egli fa osservare che il quarto comandamento (onora il padre tuo e la madre tua; citazione tratta dall’Esodo, 20,12 e dal Deuteronomio, 5,16) con la grave sanzione annessa (chi maledice il padre o la madresia messo a morteEsodo, 21,17) implica non solo il rispetto dei genitori, ma anche l’obbligo di aiutarli, nel bisogno. Questa è l’esatta portata del precetto divino; ma la casistica dei Farisei e degli Scribi era riuscita con interpretazioni abili e sottili a ridurre l’estensione del comandamento e, di conseguenza, a renderlo inefficiente nella pratica. Infatti al figlio, che voleva esimersi dall’aiutare i genitori con i propri averi, bastava dichiarare che quei beni erano stati offerti a Dio (qorban) per sentirsi a posto in coscienza e per essere scagionato presso gli altri di non poter far nulla per sopperire ai bisogni del padre o della madre. La solenne parola qorban, rendendo sacri ed inalienabili i beni posseduti, serviva di pretesto ai figli per sottrarsi ai doveri della pietà verso i propri genitori. Essi infatti, basandosi sopra una falsa interpretazione della Legge la quale diceva che le cose offerte con voto a Dio non potevano essere adibite ad usi profani (cf. Levitico, 27,1-34), conservavano egoisticamente i propri beni senza curarsi dei doveri egualmente sacri che li obbligavano verso i genitori. Gesù riprova queste cavillosità farisaiche che introducevano abusi e favorivano l’avarizia di chi non voleva privarsi di nulla, nemmeno di quel poco che era necessario per sollevare i bisogni dei parenti più stretti, come il padre e la madre, e non esita ad affermare che tale interpretazione della Legge fatta dai Farisei annulla la Legge stessa data da Dio con termini chiari e categorici. E questo, purtroppo, non era il solo caso! (voi fate molte altre cose simili). Davanti a tali deviazioni del senso morale e religioso che, in nome di una falsa pietà, legittimavano l’egoismo e l’avarizia, i Farisei e gli Scribi come potevano accusare i discepoli di non osservare la Legge, perché non si lavavano le mani prima di mangiare?

I Dieci Comandamenti: Catechismo della Chiesa Cattolica 2072: Poiché enunciano i doveri fondamentali dell’uomo verso Dio e verso il prossimo,  i dieci comandamenti rivelano, nel loro contenuto essenziale, delle obbligazioni gravi. Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi. I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano.

Noi siamo liberi perché Cristo ci ha liberato dal giogo della Legge. La libertà è un anelito che trova radici profonde nel cuore dell’uomo. È il frutto di lotte, di conquiste pagate a caro prezzo ... ma cosa significa libertà per l’uomo di oggi? Che valore ha? Cosa significa vivere da uomini liberi? Il Magistero della Chiesa risponde a queste domande e lo fa dicendo innanzi tutto che la libertà dell’uomo è «finita e fallibile». «Di fatto, l’uomo ha sbagliato. Liberamente ha peccato. Rifiutando il disegno d’amore di Dio, si è ingannato da sé; è divenuto schiavo del peccato. Questa prima alienazione ne ha generate molte altre. La storia dell’umanità, a partire dalle origini, sta a testimoniare le sventure e le oppressioni nate dal cuore dell’uomo, in conseguenza di un cattivo uso della libertà» (Catechismo della Chiesa Cattolica 1739). Quindi, l’uomo, nel gustare il dono della libertà, deve partire dalla sincera consapevolezza che nel cuore porta una profonda ferita inferta dal peccato dei Progenitori e dal suo peccato attuale: un vulnus che lo spinge al male (Rom 7,14-25). Per cui se la libertà non è incanalata nell’alveo di veri valori può diventare libertinaggio e paradossalmente mera schiavitù. Per cui, l’esercizio della libertà «non può implicare il diritto di dire e di fare qualsiasi cosa». «È falso pretendere che l’uomo, soggetto della libertà, sia un “individuo sufficiente a se stesso ed avente come fine il soddisfacimento del proprio interesse nel godimento dei beni terrestri”. Peraltro, le condizioni d’ordine economico e sociale, politico e culturale richieste per un retto esercizio della libertà troppo spesso sono misconosciute e violate. Queste situazioni di accecamento e di ingiustizia gravano sulla vita morale ed inducono tanto i forti quanto i deboli nella tentazione di peccare contro la carità. Allontanandosi dalla legge morale, l’uomo attenta alla propria libertà, si fa schiavo di se stesso, spezza la fraternità coi suoi simili e si ribella contro la volontà divina» (ibidem 1740). Solo Cristo ha veramente reso liberi gli uomini perché con la sua croce gloriosa li ha «riscattati dal peccato che li teneva in schiavitù». Noi siamo liberi perché Cristo ci ha liberato dal peccato. La vera libertà consiste nel non essere più schiavi del peccato: in Cristo «abbiamo comunione con “la verità” che ci fa liberi [Gv 8,32]. Ci è stato donato lo Spirito e, come insegna l’Apostolo, “dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” [2Cor 3,17]» (ibidem 1741). E non è vero che la «grazia di Cristo si pone in concorrenza con la nostra libertà», soprattutto «quando questa è in sintonia con il senso della verità  del bene che Dio ha messo nel cuore dell’uomo» (ibidem 1742). Celiando, George Orwell diceva ai suoi amici: «La libertà è poter affermare che due più due fa quattro. Se ciò è garantito, tutto il resto segue». Sarà vero, ma la libertà inizia ad essere realtà solo quando l’uomo accoglie con amore il «Dono-Gesù che viene dall’alto e discende dal Padre della luce» (cfr. Gc 1,17).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, Signore, e poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro...