10 Febbraio 2019

V Domenica T. O.

Oggi Gesù ci dice: «Venite dietro a me, dice il Signore, vi farò pescatori di uomini.» (Mt 4,19 - Acclamazione al Vangelo).

Prima Lettura - Is 6,1-2.3-8: La santità di Dio «è un tema centrale della predicazione di Isaia, che chiama spesso Jahve “il Santo di Israele” [Is 1,4; 5,19.24; 10,17.20; 41,14.16.20; ecc.]. Questa santità di Dio esige dall’uomo che sia anche lui santificato, cioè separato dal profano [Lv 17,1], purificato dal peccato, partecipando alla “giustizia” di Dio [cf. Is 1,26 e Is 5,16]» (Bibbia di Gerusalemme). La prontezza del profeta Isaia richiama la fede di Abramo (Gen 12,1-4) ed è in contrasto con le incertezze di Mosè (Es 4,10-12) e soprattutto di Geremia (Ger 1,6). San Giovanni, riferendosi a questo passo, afferma in 12,41 che Isaia vide la gloria di Gesù, facendo in questo modo una chiarissima attestazione della sua divinità.

Salmo Responsoriale - Dal salmo 137 (138): «Il profeta non vuole ringraziare solo: invita i re. La loro potenza non è nulla, rispetto alla tua... I tuoi doni sono visibili agli occhi di tutti: chi vuole parteciparvi, lo può. I loro regni non possono offrire loro una ricchezza paragonabile alle tue parole» (San Giovanni Crisostomo).

Seconda Lettura - 1Cor 15,1-11: Alcuni cristiani di Corinto respingevano la risurrezione dei morti. Forse erano di cultura greca in quanto i greci consideravano la risurrezione una concezione grossolana (At 17,32). Per fugare ogni dubbio sulla risurrezione di Cristo, Paolo si appella alla testimonianza di molti testimoni oculari. Negare la risurrezione di Cristo è svuotare di ogni valore la predicazione cristiana. I cristiani di Corinto avrebbero creduto invano e il Vangelo non servirebbe alla loro salvezza. Col ricordare poi le apparizioni del Risorto che segnarono la sua vocazione apostolica, Paolo vuole sottolineare che il suo mandato a predicare non viene dagli uomini, ma da Dio. Per cui la sua predicazione va accolta «non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio» (1Ts 2,13).

Vangelo - Dal vangelo secondo  Luca 5,1-11: Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini - Gesù è sempre più assediato dalla folla desiderosa di ascoltare la sua Parola. Gli evangelisti amano sottolineare che le folle restavano stupite dell’insegnamento di Gesù perché «insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi» (Mt 7,28-29). La Parola di Dio «diventa il punto d’incontro tra Gesù e le folle: Gesù per servirla, le folle per ascoltarla [servitore e uditori della Parola]» (Carlo Ghidelli). Da qui l’accalcarsi della folla e il cercare Gesù in ogni luogo.
Per meglio farsi ascoltare Gesù sale sulla barca di Simone. Sedutosi, che è la postura dei maestri, si mette ad ammaestrare le folle. Finito di parlare chiede a Simone di prendere il largo e di calare le reti per la pesca. L’invito fatto in condizioni sfavorevoli - «abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla» - mette in evidenza la pre­scienza di Gesù: «egli infatti sapeva bene quello che stava per fare» (Gv 6,6).
Non abbiamo preso nulla; sulla tua parola getterò le reti. La risposta che Simone dà a Gesù marca il carattere di quest’uomo abituato alla fatica: forse rude nei tratti, a volte impulsivo, ma sostanzialmente buono e umile per cui si fida di Gesù e della sua parola. Infatti, da buon pescatore, Simone sa che è assurdo l’invito di Gesù, ma accetta ben volentieri e la sua fede verrà premiata da una pesca abbondante: tanto enorme era la quantità di pesci che «le reti quasi si rompevano» (Questo ultimo particolare avvicina il racconto lucano a quello giovanneo di 21,1ss).
Pietro, denominato con questo soprannome per la prima volta in Luca, percepisce la santità di Gesù e il gettarsi alle sue ginocchia è la conseguenza logica di questa sua comprensione: è la reazione dell’uomo affasci­nato e terrorizzato all’irrompere del soprannaturale nella sua vita. L’uomo davanti al divino, percepisce la sua miseria, il suo peccato. Simone capisce che tra lui e Gesù c’è una distanza infinita: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore».
Pietro, con il suo stupore e con la sua umile confessione, «si colloca nella schiera dei profeti come Isaia che hanno reagito alla vista della gloria del Signore in maniera analoga [cfr. LXX Is 6,5] e rappresenta inoltre i “peccatori” che nel racconto di Luca rispondono positivamente a Gesù [5,30.32; 7,34.39; 15,1-2.7.10; 18,13; 19,7]» (L. T. Johnson).
A un uomo di tale tempra e di tanta umiltà, Gesù può affidare una meravigliosa impresa, quella di essere pescatore di uomini. Il mare per gli antichi era la sede dei demoni, l’immagine è quindi molto forte: a Simon Pietro toccherà in sorte il nobile impegno di strappare gli uomini dal dominio di satana e liberarli dal giogo del peccato e della morte. In questo senso va il termine greco - zogron - usato per pescatore a cui appunto talvolta viene dato il senso di salvare dalla morte (il testo greco letteralmente ha: da ora [gli] uomini sarai prendente vivi). Un mandato che Pietro vivrà con intensità fino al dono totale della sua vita.
Luca, infine, sottolinea la prontezza nel seguire Gesù: «Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono». Il termine tutto è proprio di Luca essendo assente negli altri sinottici. Tale «“totalità” nella sequela del Cristo costituisce un elemento caratterizzante di Luca, che accentua molto il radicalismo evangelico [...]. Infatti, secondo l’insegnamento di Luca, per essere autentici discepoli del Cristo, bisogna rinunciare a tutti i propri beni [Lc 14,33]» (Salvatore Panimolle). Una sequela senza sconti: bisogna rinunciare a tutto, anche alla vita.

Sedette e insegnava alle folle dalla barca - Catechesi tradendae 7-8: Gesù ha insegnato: è, questa, la testimonianza che dà di se stesso: «Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare». È l’osservazione ammirata degli evangelisti, sorpresi di vederlo sempre e in ogni luogo nell’atto di insegnare, in un modo e con un’autorità fino ad allora sconosciuti. «Di nuovo le folle si radunavano intorno a lui, ed egli, come era solito, di nuovo le ammaestrava»; «ed essi erano colpiti dal suo insegnamento, perché insegnava, come avendo autorità». È quanto rilevano anche i suoi nemici, per ricavarne un motivo di accusa, di condanna: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui»
Colui che insegna a questo modo merita, ad un titolo del tutto speciale, il nome di «maestro». Quante volte, in tutto il nuovo testamento e specialmente nei vangeli, gli è dato questo titolo di maestro! Sono evidentemente i dodici, gli altri discepoli, le moltitudini degli ascoltatori che, con un accento di ammirazione, di confidenza e di tenerezza, lo chiamano maestro. Perfino i farisei ed i sadducei, i dottori della legge, i giudici in generale non gli rifiutano questo appellativo: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia vedere un segno»; «Maestro, che debbo fare per ottenere la vita eterna?». Ma è soprattutto Gesù stesso, in momenti particolarmente solenni e molto significativi, a chiamarsi maestro: «Voi mi chiamate maestro e signore, e dite bene, perché lo so no»; egli proclama la singolarità, il carattere unico della sua condizione di maestro: «Voi non avete che un maestro: il Cristo». Si comprende come, nel corso di duemila anni, in tutte le lingue della terra, uomini di ogni condizione, razza e nazione, gli abbiano dato con venerazione questo titolo, ripetendo ciascuno nel modo suo proprio il grido di Nicodemo: «Sappiamo che sei un maestro venuto da Dio».

Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca - Hugues Cousin (Vangelo di Luca): Gesù chiede a Simone di prendere il largo e, a tutto l’equipaggio, di gettare le reti (vv. 4-7). Conoscendo il mestiere, il proprietario della barca è riluttante davanti a un ordine dato da uno dell’entroterra e dall’esito piuttosto incerto. Eppure, se egli getta le reti, non è per cercare di prendere dei pesci - ci aveva già provato durante la notte, con esito negativo - ma per obbedire a una parola di cui ha già sperimentato l’efficacia. Ora quest’efficacia è di nuovo alla prova: il risultato oltrepassa anche la capacità delle reti di Simone che stanno per rompersi. Questo «smacco» di nuovo genere è evitato richiamando l’attenzione dell’altro equipaggio, che viene in aiuto; la seconda barca dimostra dunque l’eccezionalità del miracolo. Ma Luca ritorna sull’efficacia della parola di Gesù: sotto il peso del carico, «le due barche quasi affondavano».
Con i vv. 8-11 tutta l’ attenzione si concentra su Simone-­Pietro. Affiancando il nome che Gesù darà al primo dei Dodici (6,14), Luca rivela che qui si tratta della sua funzione ecclesiale. Vedendo il miracolo, Simone ha la stessa reazione di Isaia (Is 6,5-6): un essere umano, necessariamente peccatore, non può restare vivo di fronte alla potenza divina del Signore. Il timore sacro si impadronisce anche dei suoi compagni. Per dare maggior risalto a Pietro, Luca ha rimandato fino a questo momento la menzione di Giacomo e Giovanni. Andrea, ricordato in Mc 1,16 insieme agli altri tre, qui non viene nominato, come già era successo in 4,38. Luca mette in  scena la trìade Pietro, Giovanni e Giacomo che saranno i testimoni di due altri segni della potenza divina (8,5 ),28).

Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini - Carlo Ghidelli (Luca): Questa pesca alla quale Pietro ha appena preso parte, il cui effetto tuttavia è dipeso completamente da Gesù, è indubbiamente simbolo dell’attività futura di Pietro e degli altri apostoli. Nel libro degli Atti degli Apostoli Luca riferirà per esteso la loro predicazione e la loro attività taumaturgica, ed anche allora egli distinguerà chiaramente il ruolo prioritario di Pietro su quello degli altri apostoli (cfr per es. At 2,14). Grande il successo della predicazione apostolica come straordinaria è stata la pesca: come questa è stata fatta su comando del Signore, quella sarà effettuata per volontà del Signore e nella potenza dello Spirito del Risorto (cfr Lc 24,49 ed At 1,8).

E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Luca): Di questi primi quattro discepoli, in questo testo, non ci viene riferita una parola di risposta. Non c’è l’esitazione del dubbio, né il rifiuto di un’orgogliosa umiltà, né l’impeto dell’entusiasmo. Vengono rilevati soltanto due fatti: che essi lasciarono tutto e lo seguirono. Entrambi sono importanti.
Lasciarono tutto. L’uomo deve liberarsi dai legami che lo possono trattenere e impacciare. Deve avere il cuore e le mani libere.
Cristo vuole che l’uomo chiamato a collaborare con lui sia a sua piena disposizione. La dedizione totale suppone che si lasci tutto. La rinuncia prepara alla completa disponibilità.
Lo seguirono. D’ora in poi il Maestro è circondato da un gruppo di seguaci. Questi però non lo seguono solo come un gruppo di discepoli segue il proprio maestro di filosofia. Qui non si tratta solo di una sequela spirituale, ma della dedizione piena alla vita.
Gesù, facendo di questi pescatori dei pescatori di uomini, li toglie dal loro piccolo mondo. Essi ora lo seguiranno nel suo grande mondo. Appartengono completamente a lui. La loro vita ha trovato un nuovo centro, il loro lavoro una nuova finalità.
D’ora in poi per essi tutto viene determinato da Cristo. Cristo è la loro sorte in vita e in morte e nella vita futura. Come son ritornati diversi alla riva, dopo questa pesca singolare! Questa sortita è stata per essi un viaggio in un mare nuovo, un viaggio che segna per loro una grandezza e un’arditezza, la cui portata, per il momento, possono piuttosto presagire che comprendere. La sequela di Cristo, compiuta con vera rinuncia e dedizione, è quanto di più grande vi possa essere nella vita dell’uomo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il corpo stesso del Signore, non tralasciando mai, soprattutto nella liturgia, di nutrirsi del pane di vita prendendola dalla mensa sia della parola di Dio sia del corpo di Cristo e di porgerlo ai fedeli» (DV 21).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio di infinita grandezza, che affidi alle nostre labbra impure e alle nostre fragili mani il compito di portare agli uomini l’annunzio del Vangelo, sostienici con il tuo Spirito, perché la tua parola, accolta da cuori aperti e generosi, fruttifichi in ogni parte della terra. Per il nostro Signore Gesù Cristo...