9 Gennaio 2019


Tempo di Natale - Ferie dopo l’Epifania


Oggi Gesù ci dice: «Coraggio, sono io, non abbiate paura.» (Vangelo).

Vangelo: Dal Vangelo secondo Marco 6,45-52: Gesù è all’apice della popolarità, e poiché il fervore messianico costituisce per lui una tentazione, per non cedere alle lodi della folla si ritira sul monte, tutto solo a pregare. Se gli occhi sono rivolti al cielo, il cuore segue le vicende terrene della piccola barca di Pietro, che tra i marosi corre il rischio di naufragare. Il salvataggio ha del prodigioso, e se i discepoli credono di vedere un fantasma, lo stesso dubbio ricorrerà nelle apparizioni pasquali (Lc. 24,37-39), subito si manifesta loro: Coraggio, sono io, non abbiate paura! Questa espressione è  una formula di rivelazione, letteralmente potremmo tradurla “Io Sono”, una espressione attribuita solo a Dio (Es 3,14). I discepoli non riconoscono Gesù perché non avevano compreso il fatto dei pani, e il loro cuore era indurito. Ciò significa che furono incapaci di comprendere il segreto dell’identità di Gesù (Mc 4,13.40; 7,18; 8,17-21). Se essi avessero penetrato il mistero della moltiplicazione miracolosa, avrebbero riconosciuto chi era colui che veniva camminando sulle acque del mare.

Dopo che i cinquemila uomini furono saziati... - José Maria González-Ruiz (Il Vangelo secondo Marco): Si tratta d’un racconto caratteristico di Marco, e ci porta alla chiave ermeneutica del suo vangelo. A dispetto della spettacolare dimostrazione dei pani e dei pesci, Gesù non accetta di essere considerato come una specie di divo che dev’essere ammirato. Per prima cosa, infatti, egli si separa dai suoi discepoli per evitare che essi cedano alla tentazione di comportarsi come ammiratori fanatici, e si ritira a pregare nella solitudine. Ma, .anche qui, la sua preghiera non era evasiva e disimpegnata: se da una parte guardava il cielo, dall’altra seguiva le vicissitudini umane dei suoi discepoli.
Questi, infatti, si trovavano in un momento difficile, dovendo remare contro corrente per il vento che soffiava contro di loro. Per questo, egli decide di compiere un prodigio. Come sempre, il miracolo non era altro che l’uso del potere divino in favore degli uomini. Gesù non intende imporre il miracolo ai suoi discepoli, tanto che si comporta come se volesse lasciarli alle sue spalle. E allora, i discepoli gridano pensando che, si tratti d’un fantasma.
Qui abbiamo nuovamente un particolare molto caratteristico del secondo vangelo: la sua profonda allergia a tutto quello che potrebbe sapere di magia. I discepoli, infatti, sono come tutti gli altri, e persino come i non credenti; per questo la loro prima interpretazione del miracolo è che si tratti d’un fantasma, d’una cosa sognata da loro in un momento d’angustia. Gesù però umanizza il miracolo: «Coraggio, sono io; non temete».
Per il credente il miracolo è la potenza di Dio che si rivela agli uomini per aiutarli a superare la paura, l’angu­stia e ogni genere di alienazione. Perciò, un possibile miracolo, pubblicizzato con abbondanza di segni abba­glianti, non è segno di Dio. Si tratta realmente d’una «fantasia». Il secondo evangelista non mette in evidenza il miracolo come argomento razionale della presenza di Dio, dato che Gesù fa cose che gli uomini non possono fare. Non si tratta di questo. A Gesù è attribuito un potere taumaturgico; ma quello che apre i discepoli alla fede è l’uso che Gesù fa del suo potere in favore delle necessità umane.
Questo atteggiamento di Gesù può non essere compreso dagli stessi discepoli. Perché Gesù non usa questo potere per liberarli dalla dura necessità del lavoro di ogni giorno? Per questo l’evangelista conclude il racconto dicendo che i discepoli non avevano compreso nulla del precedente episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci: la loro mentalità era ancora offuscata, o meglio, la loro fede non era ancora matura,
Probabilmente essi si attendevano una dichiarazione di principio e l’inizio della marcia per la conquista del potere. Non possiamo infatti dimenticare che quest’episodio corrispondeva ai tempi migliori della marcia del popolo attraverso il deserto verso la terra promessa (Es 16,15; Sal 78,24). In una parola non bisognava perdere il tempo nella ricerca del pane di ogni giorno: sarebbe stato bene dedicarsi alla «rivoluzione» lasciando a Dio la cura di provvedere miracolosamente il pane al suo popolo. La tesi di Gesù è scoraggiante: la «rivoluzione» dev’essere fatta con le proprie braccia. Dio non è un surrogato del lavoro umano.

Andò sul monte a pregare - Gli evangelisti, in modo particolare Luca, amano ricordare la preghiera di Gesù, la quale, oltre a manifestare il suo essere sempre in comunione col Padre, è sempre preludio di qualche avvenimento importante. Gesù, al suo battesimo, prega e riceve l’unzione dello Spirito Santo (Cf. Lc 3,22). Prega prima della missione in Galilea (Cf. Mc 1,35), prima della istituzione dei Dodici e del discorso inaugurale (Cf. Lc 6,12-13). Prega prima e dopo la moltiplicazione dei pani (Cf. Mc 6,41.46; Mt 14,29.23), prima della professione di fede di Pietro (Cf. Lc 9,18) e perché la fede di Pietro, capo degli Apostoli, non venga meno nella tentazione (Cf. Lc 22,32). Prega prima di insegnare il Padre nostro (Cf. Lc 9,18) e in occasione della trasfigurazione (Cf. Lc 9,28-29). Prega prima di realizzare, mediante la sua passione, il disegno di salvezza del Padre (Cf. Lc 22,41-44).
Tale insistenza certamente si prefigge di educare i credenti alla preghiera: «Non è forse anzitutto contemplando il suo Maestro orante che nel discepolo di Cristo nasce il desiderio di pregare? Può allora impararlo dal Maestro della preghiera. È contemplando ed ascoltando il Figlio che i figli apprendono a pregare il Padre» (Catechismo della Chiesa Cattolica 2601).

La preghiera di Gesù - Catechismo della Chiesa Cattolica 2602: Gesù si ritira spesso in disparte, nella solitudine, sulla montagna, generalmente di notte, per pregare. Egli porta gli uomini nella sua preghiera, poiché egli ha pienamente assunto l’umanità nella sua incarnazione, e li offre al Padre offrendo se stesso. Egli, il Verbo che «si è fatto carne», nella sua preghiera umana partecipa a tutto ciò che vivono i «suoi fratelli»; compatisce le loro infermità per liberarli da esse. Proprio per questo il Padre l’ha mandato. Le sue parole e le sue azioni appaiono allora come la manifestazione visibile della sua preghiera «nel segreto».

Guardando alla preghiera di Gesù: Benedetto XVI (Udienza Generale, 30 novembre 2011 ): La preghiera di Gesù tocca tutte le fasi del suo ministero e tutte le sue giornate. Le fatiche non la bloccano. I Vangeli, anzi, lasciano trasparire una consuetudine di Gesù a trascorrere in preghiera parte della notte. L’Evangelista Marco racconta una di queste notti, dopo la pesante giornata della moltiplicazione dei pani e scrive: «E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra» (Mc 6,45-47). Quando le decisioni si fanno urgenti e complesse, la sua preghiera diventa più prolungata e intensa. Nell’imminenza della scelta dei Dodici Apostoli, ad esempio, Luca sottolinea la durata notturna della preghiera preparatoria di Gesù: «In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli» (Lc 6,12-13). Guardando alla preghiera di Gesù, deve sorgere in noi una domanda: come prego io? come preghiamo noi? Quale tempo dedico al rapporto con Dio? Si fa oggi una sufficiente educazione e formazione alla preghiera? E chi può esserne maestro?

Venuta la sera - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): v. 48 Il vento sospinse la barca dei discepoli al largo. Gesù li vide benché fosse buio, e li raggiunse camminando sul mare, e voleva sorpassarli. In vari passi della Bibbia viene menzionato il cammino di Dio sul mare (Sal 77,20; Gb 9,8; 38,16). Ora lo stesso potere è attribuito a Gesù, il quale intendeva oltrepassare i discepoli. Lo stesso aveva fatto Jhwh con Mosè nella celebre teofania dell’Esodo (33,19-23), perché la gloria divina può essere soltanto intravista fugacemente dall’uomo. La quarta veglia della notte corrisponde alle ore 3-6 del mattino.
vv. 49-50 I discepoli non percepirono il significato della manifestazione soprannaturale di Gesù e lo scambiarono per un fantasma.  Ma egli venne incontro alla loro incredulità, rassicurandoli: «Coraggio, sono io; non temete». «Sono io» non sembra una semplice formula di riconoscimento, ma nel presente contesto teofanico forse indica la presenza di Dio stesso: «Io sono» è il nome sacrosanto di Jhwh, che esprime la sua presenza e azione protettrice (cf. Is 43,10-11). Ora Dio si rivela ai discepoli attraverso il Figlio.

E salì con loro sulla barca con loro e il vento cessò - Appena Gesù sale sulla barca, il vento cessa di soffiare e di sconquassare la barca. Nell’Antico Testamento il potere di calmare le tempeste, così come di camminare sulle acque è attribuito a Iahvé (Cf. Sal 65,7; 77,20; 89,9-10; Gb 9,8; 26,11-12; 38,16; Sir 24,5-6; Is 43,16). Intenzionalmente è una professione di fede della comunità primitiva nella divinità di Gesù.
Tornata la calma l’evangelista Marco ricorda la meraviglia dei discepoli: E dentro di sé erano fortemente meravigliati. Sono meravigliati perché non riescono a comprendere, non sanno dare un “volto” a Colui che ha moltiplicato i pani e i pesci per cinquemila uomini, e che ora cammina sulle acque, una peculiarità di Dio, e comanda alle forze della natura, per l’evangelista Marco la meraviglia dei discepoli ha le radici nel loro cuore indurito: Erano dentro di sé meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.
Al di là della storicità dell’episodio, si può cogliere un messaggio altamente parenetico: Gesù risorto è sempre presente nella sua Chiesa e se i marosi sembrano farla naufragare, occorre continuare, nonostante tutto, ad avere fiducia nella potenza della sua parola, la quale tacitando la tempesta, fa ritornare la calma e rende possibile la prosecuzione della navigazione. Così l’episodio illumina la vita cristiana fatta a volte anche di affondamenti. 

... non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito - Benedetto Prete (I Quattro vangeli): Il versetto, che è proprio di Marco, contiene una riflessione dell’evangelista. Non avevano capito (il miracolo) dei pani; i discepoli, pur avendo visto così da vicino il miracolo dei pani avvenuto il giorno precedente, non avevano saputo trarre da esso le conseguenze relative alla persona di chi l’aveva operato; essi infatti dovevano logicamente pensare che Gesù, il quale aveva dimostrato di avere un potere assoluto sopra la materia moltiplicando pochi pani, poteva possedere anche quello di comandare al vento di acquietarsi ed alle acque del lago di sorreggerlo. Il loro cuore era indurito; l’evangelista non rifugge da un’espressione così rude e poco complimentosa, con la quale indica che i discepoli non avevano ancora capito il mistero di Gesù. Si noti il semitismo «cuore indurito»; il cuore per gli Ebrei era la sede dell’intelligenza.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Guardando alla preghiera di Gesù, deve sorgere in noi una domanda: come prego io? come preghiamo noi? Quale tempo dedico al rapporto con Dio?
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, luce del mondo, concedi a tutte le genti il bene di una pace sicura e fa’ risplendere nei nostri cuori quella luce radiosa che illuminò la mente dei nostri padri. Per il nostro Signore Gesù Cristo...