8 Gennaio 2019

Tempo di Natale - Ferie dopo l’Epifania


Oggi Gesù ci dice: «Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.» (I Lettura).

Vangelo: Dal Vangelo secondo Marco 6,34-44: Il racconto della moltiplicazione dei pani è da leggere con occhi pieni di fede: Gesù è rifiutato, ma egli cerca gli uomini nonostante tutto, è pronto a rinunciare alla sua solitudine per aiutarli, per confortarli: Gesù è il Pastore compassionevole che nutre le sue pecore con la Parola e con il Pane degli Angeli. Il luogo deserto richiama alla mente il miracolo della manna (Es 16,12-35). Alcuni commentatori ritengono che tutto il racconto della moltiplicazione dei cinque pani e dei due pesci, i gesti di Gesù, la preghiera di benedizione, ricorda l’istituzione dell’Eucarestia (Mc 14,22). L’abbondanza dei pani e dei pesci avanzati stanno a significare i sovrabbondanti doni di Dio (Es 16,19-24), che liberalmente e gratuitamente versa nel cuore degli uomini. Al termine di questo miracolo non ci sono le solite espressioni di meraviglia e ciò fa credere che Marco lo abbia voluto raccontare non tanto come un miracolo quanto come un segno messianico che svelasse ai Dodici il segreto della persona di Gesù.

Prima moltiplicazione dei pani - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): La moltiplicazione dei pani costituisce uno dei miracoli più rilevanti e ricchi di significati simbolici. Viene riportato da tutti e quattro gli evangelisti. La redazione di Mc sembra quella più arcaica.
Il carattere messianico emerge dalla stessa ambientazione. Il luogo deserto evoca il tempo dell’ Esodo, che nel giudaismo prefigurava il tempo messianico. Gesù appare come il profeta escatologico che riunisce, guida e nutre le pecore disperse d’Israele. Mosè prima di morire aveva pregato Dio di mettere a capo del popolo un pastore, «perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore» (Nm 27,17). Ezechiele aveva severamente condannato la trascuratezza e la condotta dissennata dei re di Giuda, vaticinando che Dio avrebbe mandato il vero pastore, «il mio servo David» (34,23). Ora è Gesù che si prende cura del gregge.
È controverso se l’evangelista abbia dato una interpretazione eucaristica al miracolo. La disposizione della folla in gruppi di cento e di cinquanta, in forma di aiuole, fa pensare a un’ordinata assemblea liturgica. Qualche esegeta (B. van Iersel) ritiene che nello sviluppo della tradizione il racconto del miracolo sia stato trasformato in senso eucaristico con la rielaborazione del v. 41. La benedizione e la frazione del pane, la distribuzione richiamano i gesti compiuti da Gesù durante l’ultima cena. Altri commentatori escludono il rapporto del miracolo con l’eucaristia, perché l’elevazione degli occhi al cielo non si riferisce alla benedizione del pane, ma rappresenta l’invocazione di Dio per compiere un miracolo e inoltre la distribuzione dei pesci non ha nulla a che fare con la cena del Signore. La benedizione e lo spezzamento del pane sono gesti ordinari per ogni pasto giudaico (cf. Pesch, I, pp. 548-549 e 554; Gnilka, pp. 351-352).
Alcuni elementi del racconto sembrano assumere un significato simbolico. L’erba verde su cui Gesù fa adagiare la folla allude al Salmo 23, che celebra Dio come buon pastore, e sembra connotare il tempo pasquale (cf. Gv 6,4, dove si accenna esplicitamente alla vicinanza della Pasqua). La sistemazione della folla in gruppi ordi­nati rievoca l‘ordinamento degli israeliti durante l’Esodo (le schiere d’Israele); le dodici ceste degli avanzi richiamano la raccolta delle tribù d’Israele. I cinque pani forse si riferiscono ai cinque libri della Legge mosaica (cf. Pesch, I, pp. 551-553).

Moltiplicazione dei pani - Hildegard Gollinger: Secondo il racconto di tutti e quattro gli evangelisti, Gesù saziò con 5 pani e 2 pesci 5000 uomini (Mc 6,32-34; Mt 14,13-21; Lc 9,10-17; Gv 6,1-15). Inoltre Mc 8,1-10 e - dipendente da lui - Mt 15,32-39 riportano una seconda moltiplicazione dei pani (7 pani - 4000 persone). Questi racconti neotestamentari di moltiplicazione dei pani sono comprensibili soltanto in base al loro sfondo veterotestamentario. L’Antico Testamento racconta storie di distribuzioni di cibo da parte di Mosè (Es 16 e Nm 11: manna e quaglie) e di Eliseo (2Re 4,42-44). I racconti neotestamentari della moltiplicazione dei pani sono chiaramente elaborati secondo lo schema di questi modelli veterotestamentari. Intendono dimostrare che Gesù è in grado di fare ciò che Mosè ed Eliseo, dei quali l’Antico Testamento racconta i miracoli maggiori, furono in grado di fare, anzi, che li supera. Se si fa attenzione, infatti, il confronto con i racconti riguardanti Mosè ed Eliseo dimostra la chiara ed evidente superiorità di Gesù. Eliseo aveva saziato con 20 pani 100 persone, Gesù con 5 pani ne sazia 5000! Mosè dovette pregare Dio per avere del cibo per gli israeliti nel deserto, Gesù invece agisce in virtù e con potere propri. Agli evangelisti non interessa tanto l’evento storico in quanto tale; esso deve piuttosto essere trasparente rispetto alla verità teologica che con esso viene veicolata: Gesù non è soltanto il nuovo Mosè atteso per il principio del tempo della salvezza, il pastore vero, ma supera i più grandi uomini di Dio dell’Antico Testamento. Egli è più di costoro, è il salvatore escatologico divino, il Messia o - come dicono i greci - il Cristo. Lette in questo modo, le storie della moltiplicazione dei pani occupano un posto significativo nell’annuncio di Cristo compiuto dalla giovane chiesa.
La rappresentazione della moltiplicazione dei pani (Mc 6,41) ricorda i racconti dell’istituzione dell’eucaristia, come pure le celebrazioni eucaristiche del primo cristianesimo. Da ciò risulta chiaro che la chiesa intende la moltiplicazione dei pani non in maniera puramente “materiale” come distribuzione di cibo per il corpo, bensì come modello dell’eucaristia. Gesù non dà soltanto il vero “pane del Cielo” (cf. Sal 78,24), ma lui stesso e questo “pane della vita” (Gv 6,35), che noi riceviamo nell’eucaristia.

Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro...: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 7 luglio 1993): Nella vita di Gesù sono ben visibili le note essenziali della “carità pastorale” che Egli ha per i suoi fratelli “uomini”, e che chiede ai suoi fratelli “pastori” di imitare. Il suo è, anzitutto, un amore umile: “Io sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29). Significativamente ai suoi Apostoli raccomanda di rinunciare alle loro ambizioni personali e ad ogni spirito di dominio per imitare l’esempio del “Figlio dell’uomo”, che “non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10,45; Mt 20,28); (cfr. Pastores dabo vobis, 21-22). Ne consegue che la missione di pastore non può essere esercitata con un atteggiamento di superiorità o di autoritarismo (cfr. 1 Pt 5,3), che irriterebbe i fedeli e forse li allontanerebbe dall’ovile. Sulle orme di Cristo buon Pastore, ci si deve formare ad uno spirito di umile servizio (cfr. CCC 876). Gesù inoltre ci dà l’esempio di un amore pieno di compassione, ossia di partecipazione sincera e fattiva alle sofferenze e difficoltà dei fratelli. Egli sente compassione per le folle senza pastore (cfr. Mt 9,36), perciò si preoccupa di guidarle con le sue parole di vita e si mette a “insegnar loro molte cose” (Mc 6,34). In virtù di questa stessa compassione, guarisce molti malati (Mt 14,14), offrendo il segno di una intenzione di guarigione spirituale; moltiplica i pani per gli affamati (Mt 15,32; Mc 8,2), eloquente simbolo dell’Eucaristia; si commuove dinanzi alle miserie umane (Mt 20,34; Mc 1,41), e vuole portarvi rimedio; partecipa al dolore di coloro che piangono la perdita di un caro congiunto (Lc 7,13; Gv 11,33-35); anche per i peccatori prova misericordia (cfr. Lc 15,1-2), in unione con il Padre, che è pieno di compassione per il figlio prodigo (cfr. Lc 15,20) e preferisce la misericordia al sacrificio rituale (cfr. Mt 9,10-13); e non mancano casi in cui rimprovera i suoi avversari di non comprendere la sua misericordia (Mt 12,7).

Quanti pani avete? Andate a vedere: Catechismo della Chiesa Cattolica 472: L’anima umana che il Figlio di Dio ha assunto è dotata di una vera conoscenza umana. In quanto tale, essa non poteva di per sé essere illimitata: era esercitata nelle condizioni storiche della sua esistenza nello spazio e nel tempo. Per questo il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha potuto accettare di «crescere in sapienza, età e grazia» (Lc 2,52) e anche di doversi informare intorno a ciò che nella condizione umana non si può apprendere che attraverso l’esperienza. Questo era del tutto consono alla realtà del suo volontario umiliarsi nella «condizione di servo» (Fil 2,7).

Voi stessi date loro da mangiare: Pastores dabo vobis 82La promessa di Dio è di assicurare alla chiesa non pastori qualunque, ma pastori “secondo il suo cuore”. Il “cuore” di Dio si è rivelato a noi pienamente nel cuore di Cristo buon pastore. E il cuore di Cristo continua oggi ad avere compassione delle folle e a donare loro il pane della verità e il pane dell’amore e della vita (cfr. Mc 6,30ss), e chiede di palpitare in altri cuori - quelli dei sacerdoti -: “Voi stessi date loro da mangiare” (Mc 6,37). La gente ha bisogno di uscire dall’anonimato e dalla paura, ha bisogno di essere conosciuta e chiamata per nome, di camminare sicura sui sentieri della vita, di essere ritrovata se perduta, di essere amata, di ricevere la salvezza come supremo dono dell’amore di Dio: proprio questo fa Gesù, il buon pastore; lui e i presbiteri con lui.

Tutti mangiarono a sazietà: Catechismo della Chiesa Cattolica 1335: I miracoli della moltiplicazione dei pani, allorché il Signore pronunciò la benedizione, spezzò i pani e li distribuì per mezzo dei suoi discepoli per sfamare la folla, prefigurano la sovrabbondanza di questo unico pane che è la sua Eucaristia. Il segno dell’acqua trasformata in vino a Cana annunzia già l’Ora della glorificazione di Gesù. Manifesta il compimento del banchetto delle nozze nel Regno del Padre, dove i fedeli berranno il vino.

I miracoli nella vita di Gesù - Paul Ternant (Miracolo in Dizionario di Teologia Biblica): 1. I fatti. - «Rinnova i prodigi e compi altri miracoli!», implorava Ben Sira (Eccli 36,5), esprimendo l’aspirazione di tutto Israele dopo l’esilio, deluso da un ritorno meno brillante del nuovo esodo annunziato. Gesù viene a soddisfare quest’attesa, pur scoraggiando il gusto del sensazionale e della rivincita che essa implicava.
Al contrario dei racconti dell’esodo, quelli evangelici risalgono ai primi testimoni e sono molto sobri. Per ciò stesso, come per la loro natura, per la mancanza di sforzo da parte di Gesù (mancanza compatibile con l’uso pedagogico di formule, toccamenti, unzioni, procedimenti per tappe [Mc 8,23ss], che costituiscono l’azione simbolica), per una intenzionalità religiosa ed un atteggiamento di preghiera (esplicita [Gv 11,41s] o suggerita [Mc 6,41; 7,34; 9,9; 11,24]) che esclude ogni magia, per la difficoltà di spiegare senza di essi la fede della Chiesa, per il loro inserimento nella trama del vangelo, i miracoli che questo riferisce si distinguono radicalmente dai prodigi inventati dai vangeli apocrifi, nonché da quelli che la leggenda attribuisce a rabbini, a dèi (ad es. Esculapio) od a sapienti pagani (ad es. Apollonio di Tiana), contemporanei delle origini cristiane. Ogni confronto oggettivo fa risaltare il valore storico e religioso dei nostri testi. Gesù ha «fatto segno» al suo popolo
mediante fatti reali e realmente straordinari.
2. Segni efficaci della salvezza. a) Con i suoi miracoli Gesù manifesta che il regno messianico annunziato dai profeti è giunto nella sua persona (Mt 11,4s); attira l’attenzione su di sé e sulla buona novella del regno che egli incarna; suscita un’ammirazione ed un timore religioso che inducono gli uomini a chiedersi chi egli sia (Mt 8,27; 9,8; Lc 5,8ss). Con essi Gesù attesta sempre la sua missione e la sua dignità, si tratti del suo potere di rimettere i peccati (Mc 2,5-12 par.), o della sua autorità sul sabato (Mc 3,4s par.; Lc 13,15s; 14,3ss), della sua messianità regale (Mt 14,33; Gv 1,49), del suo invio da parte del Padre (Gv 10,36), della potenza della fede in lui (Mt 8,10-13; 15,28 par.), con la riserva che impone la speranza giudaica di un messia temporale e nazionale (Mc 1,44; 5,43; 7,36; 8,26). Già in questo essi sono segni, come dirà S. Giovanni.
Se provano la messianità e la divinità di Gesù, lo fanno indirettamente, attestando che egli è veramente ciò che pretende di essere. Perciò non devono essere isolati dalla sua parola: vanno di pari passo con l’evangelizzazione dei poveri (Mt 11,5 par.). I titoli che Gesù dà a sé, i poteri che rivendica, la salvezza che predica, le rinunzie che esige, ecco ciò di cui i miracoli fanno vedere l’autenticità divina, a chi non rigetta a priori la verità del messaggio (Is 16,31). In tal modo questo è superiore ai miracoli, come lascia capire la frase su Giona secondo Lc 11,29-32. Esso si impone come il segno primario e solo necessario (Gv 20,29), per la ineguagliabile autorità personale del suo araldo (Mt 7,29) e per la sua qualità interna, costituita dal fatto che, realizzando la rivelazione anteriore (Lc 16,31; Gv 5,46s), corrisponde negli uditori all’appello dello Spirito (Gv 14,17.26); proprio esso, prima di essere confermato ed illustrato dai miracoli, li dovrà distinguere dai falsi segni (Mc 13,22s; Mt 7,22; cfr. 2Tess 2,9; Apoc 13,13). Qui, come in Deut, «i miracoli discernono la dottrina, e la dottrina discerne i miracoli» (Pascal).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Voi stessi date loro da mangiare.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Padre, il cui unico Figlio si è manifestato nella nostra carne mortale, concedi a noi, che lo abbiamo conosciuto come vero uomo, di essere interiormente rinnovati a sua immagine. Egli è Dio, e vive e regna con te...