10 Gennaio 2019


Tempo di Natale - Ferie dopo l’Epifania


Oggi Gesù ci dice: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato.» (Vangelo).

Vangelo: Dal Vangelo secondo Luca 4,14-22a: Dopo aver sbaragliato il diavolo nel deserto (Lc 4,1-13), Gesù dà inizio alla predicazione. Comincia, secondo Luca, da Nazaret, in Galilea, dove ha vissuto gli anni della sua adolescenza, il villaggio dove egli era cresciuto in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2,52). Entrato a Nazaret, Gesù è  preceduto dall’eco della meraviglia suscitata dal suo passaggio a Cafarnao, dove le sue parole di grazia hanno suscitato eventi prodigiosi. Luca ci dice che tutti gli rendevano lode, ma conosciamo il proseguo del racconto: il rifiuto violento, scomposto si sostituirà alla meraviglia, e allo stupore il maldestro tentativo di sbarazzarsi definitivamente del Figlio di Giuseppe. Peccato, un’occasione mancata, cronaca di ogni giorno, fatti che succedono anche in casa nostra.

Questa Scrittura oggi si è adempiuta - Subito dopo aver superato le tentazioni nel deserto (Cf. Lc 4,1-13), Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo. Gesù inizia il suo ministero in Galilea pieno di Spirito Santo, che è il protagonista della intera opera lucana. Non a caso il Libro degli Atti degli Apostoli è stato chiamato il Vangelo dello Spirito Santo.
Nazaret, il villaggio dove Gesù «era cresciuto» (Lc 4,16), non è menzionata né dallo storico Giuseppe Flavio, né nel Talmud. San Girolamo nel V secolo affermava che fosse un viculus ovvero un piccolo villaggio, abitato da un centinaio di persone. A Nazaret l’angelo del Signore aveva annunciato alla vergine Maria la nascita del Figlio dell’Altissimo, il Salvatore del mondo (Cf. Lc 1,32.35).
Gesù, come tutti gli Ebrei, amava frequentare la sinagoga che è l’edificio in cui gli Israeliti si radunavano per pregare, per leggere e per studiare la Legge. Il decano degli anziani, il quale era incaricato della celebrazione, a volte invitava qualcuno dei presenti a predicare. Fu così che Gesù venne invitato a leggere il profeta Isaia.
Il brano che Gesù legge è tratto dal libro di Isaia (61,1ss) dove il profeta, da parte di Dio, annunzia un messaggio di consolazione al popolo d’Israele. Ma in verità il testo isaiano non era scritto sul rotolo perchè è frutto del lavoro redazionale di Luca che ha fuso insieme Is 61,1-2 e 58,6.
Lo Spirito del Signore... mi ha mandato... a proclamare l’anno di grazia del Signore. Il giubileo, prescritto ogni cinquanta anni (Cf. Lv 25,10), era stato istituito per donare la libertà agli schiavi e la restituzione dei beni patrimoniali.
L’anno di grazia, «con cui termina questa profezia, non è altro che il tempo di perdono che Dio accorda a quanti gli si accostano con sentimenti di umiltà e di povertà, il tempo della pace, nel senso più vasto del termine: la pace di Dio, intesa come suo dono amoroso; la pace di Dio, intesa come bene atteso dall’alto; la pace con Dio, intesa come riconciliazione col suo amore» (Carlo Ghidelli).
Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato. In Gesù questa Scrittura si compie perfettamente, ma in una dimensione molto più ampia in quanto raggiunge l’uomo nella sua totalità. I destinatari di questa Buona Novella sono i poveri, cioè gli umili, i deboli, i piccoli e i contriti di cuore che da sempre, per la loro obbedienza alla volontà di Dio, hanno attirato sulla terra lo sguardo benevolo del Padre fino a costringerlo amorevolmente a mandare il Verbo, la cui «incarnazione costituisce l’attestato più eloquente della sua premura nei confronti degli uomini» (Teodereto di Ciro).
In Gesù di Nazaret il Padre compie il suo progetto di salvezza e il suo compimento non è una resa di conti, ma è gioia, festa: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza» (Ne 8,10; Cf. I Lettura). Il Vangelo, che sostanzialmente è una buona notizia, quando è veramente compreso, rallegra il cuore di chi lo accoglie, e porta a condividere questa gioia: chi è contento desidera che anche gli altri lo siano.
La profezia si è compiuta in Gesù e la sua stessa presenza rappresenta «l’oggi della salvezza, il compimento della Scrittura appena letta. Gesù con la sua parola non annunziava soltanto, ma attuava la salvezza divina, contenuta nelle promesse profetiche... La parola di Gesù diventa evento salvifico, vivo, attuale» (Angelico Poppi). Quella di Gesù è un’affermazione che dovrebbe far sognare ad occhi aperti tutti gli uomini: un sogno che diventerà realtà quando finalmente l’umanità, varcata la soglia della vita terrena, per essa si spalancheranno per sempre le porte della casa del Padre.

L’annunzio del Regno di Dio: Catechismo della Chiesa Cattolica 543-544: Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno. Annunziato dapprima ai figli di Israele, questo regno messianico è destinato ad accogliere gli uomini di tutte le nazioni. Per accedervi, è necessario accogliere la parola di Gesù: «La parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato in un campo: quelli che l’ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo hanno accolto il regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto». Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l’hanno accolto con un cuore umile. Gesù è mandato per «annunziare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4,18). Li proclama beati, perché «di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3); ai «piccoli» il Padre si è degnato di rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti e agli intelligenti. Gesù condivide la vita dei poveri, dalla mangiatoia alla croce; conosce la fame, la sete e l’indigenza. Anzi, arriva a identificarsi con ogni tipo di poveri e fa dell’amore operante verso di loro la condizione per entrare nel suo Regno.

Lo Spirito del Signore è sopra di me - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Lo Spirito del Signore è sopra di me; la citazione è tratta da Isaia, 61,1-2 e segue fondamentalmente la versione greca dei Settanta. Il testo ebraico suona così: «Lo Spirito del Signore Jahweh è su di me, perché Jahweh mi ha unto. Egli mi ha inviato a portare la buona novella ai poveri, a curare i cuori spezzati, ad annunziare a coloro che sono in cattività la liberazione ed ai prigionieri la libertà; ad annunziare un anno di grazia da parte di Jahweh, un giorno di vendetta per il nostro Dio». Nella citazione fatta da Luca sono tralasciate alcune parti del testo isaiano, cioè: «a curare i cuori spezzati» (Isaia, 61,1), e: «un giorno di vendetta per il nostro Dio» (Isaia, 61,2), - questo secondo passo si trova nella Volgata (diem retributionis) - ed invece è introdotto un altro testo di Isaia: «a rimettere in libertà gli oppressi» (Isaia,58, 6). Il passo ricordato può avere una differente puntualizzazione, cioè: «Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché egli mi ha unto per portare la buona novella ai poveri. Egli mi ha inviato ad annunziare etc.». L’unzione richiama l’investitura dei re e la consacrazione dei sacerdoti. Nel testo originale il passo si riferisce ad un misterioso profeta che ha il compito di proclamare «un anno di grazia» annunziando ai poveri, ai perseguitati, ai sofferenti una lieta novella. Il passo isaiano annunzia la liberazione degli Ebrei dalla cattività di Babilonia ed ha presenti le loro tristi condizioni di esuli. Sulle labbra di Gesù il testo profetico ha un senso altamente spirituale e simbolico, poiché esso sintetizza il «vangelo», compendia cioè le caratteristiche della lieta novella. Con le solenni parole «un anno di grazia del Signore» il Maestro dà l’annunzio ufficiale della sua missione liberatrice ed inaugura l’èra della salvezza. L’espressione tuttavia («un anno di grazia») non contiene nessuna determinazione cronologica; l’evangelista infatti non vuole indicare che il ministero di Gesù avrà la durata di un anno, poiché l’«anno di grazia» richiama l’anno giubilare, conosciuto dalla legislazione ebraica (cf. Levitico, 25,10-13).

La missione di Gesù: Ad gentes 3: Cristo Gesù fu inviato nel mondo quale autentico mediatore tra Dio e gli uomini. Poiché è Dio, in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9); nella natura umana, invece, egli è il nuovo Adamo, è riempito di grazia e di verità (cfr. Gv 1,14) ed è costituito capo dell’umanità nuova. Pertanto il Figlio di Dio ha percorso la via di una reale incarnazione per rendere gli uomini partecipi della natura divina; per noi egli si è fatto povero, pur essendo ricco, per arricchire noi con la sua povertà. Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita in riscatto dei molti, cioè di tutti. I santi Padri affermano costantemente che non fu redento quel che da Cristo non fu assunto. Ora egli assunse la natura umana completa, quale essa esiste in noi, infelici e poveri, ma una natura che in lui è senza peccato. Di se stesso infatti il Cristo, dal Padre consacrato ed inviato nel mondo (cfr. Gv 10,36), affermò: «Lo Spirito del Signore è su di me, per questo egli mi ha consacrato con la sua unzione, mi ha inviato a portare la buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore contrito, ad annunziare ai prigionieri la libertà ed a restituire ai ciechi la vista» (Lc 4,18); ed ancora: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare quello che era perduto» (Lc 19,10).

Medico cura te stesso - Rinaldo Fabris (Il Vangelo di Luca): I suoi compaesani [di Gesù] comprendono che nelle parole nuove di Gesù non si tratta dei soliti slogans di propaganda religiosa, o delle pie elucubrazioni consolatorie; sono entusiasti di un discorso che rende palese l’amore gratuito di Dio, fa intuire la forza storica nuova di questa realtà.
Ma non può essere un’illusione tutto questo, una suggestione momentanea? Difficilmente l’uomo riesce a dar credito a un futuro nuovo, diverso, che non rientri qualche modo negli schemi o modelli familiari. E Gesù con la sua pretesa va fuori della norma. Quali garanzie di credibilità? È uno di loro, il «figlio di Giuseppe». Lo stereotipo sociale non permette innovazioni di sorta. Luca non sta descrivendo il processo psicologico degli ascoltatori di Nazaret, ma riproduce in miniatura le reazioni di accoglienza e di rifiuto che accompagnarono tutta la vicenda di Gesù. Su questo sfondo si comprende il cambiamento brusco dei compaesani nei confronti di Gesù. L’oggi della salvezza per quelli di Nazaret dire: miracoli, attività guaritrice a favore dei malati Nazaret. Gesù farebbe bene, sembrano quasi suggerire, a impiantare a Nazaret una «clinica» taumaturgica negli interessi della sua causa: «Medico cura te stesso». Gesù risponde che un profeta, come quello sul quale è disceso lo Spirito di Dio, non è «accetto» a Dio, se si limita lavorare nella sua patria. Anzi, e qui rincara la dose, lo stile di Dio è contro queste limitazioni del clan religioso e contro queste pretese monopolistiche. Egli sceglie quelli di fuori, va a portare la salvezza ai lontani agli estranei, come dimostra il caso dei due profeti taumaturghi dell’Antico Testamento: Elia ed Eliseo, 4,25-27.
La reazione dei nazaretani non si fa attendere. Essa richiama il linciaggio di Stefano e il furore dei giudei delle sinagoghe della diaspora, ai quali Paolo annuncia il Gesù. Con questo accostamento Luca intende giustificare la missione ai pagani, che causò la persecuzione del gruppo giudaico. Questo primo attentato contro Gesù nel suo paese è solo un avvertimento della situazione conflittuale e contraddittoria in cui viene a trovarsi il «profeta» di Nazaret (cfr. 2,34-35). Ma il suo cammino non può essere interrotto, perché un profeta non può morire fuori di Gerusalemme (cfr. 13,33). La strada dell’evangelo di Gesù è chiaramente segnata: la «buona notizia» della salvezza o liberazione dei poveri passa attraverso la fedeltà di Gesù e la sua vittoria ultima sulla morte.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  La strada dell’evangelo di Gesù è chiaramente segnata: la «buona notizia» della salvezza o liberazione dei poveri passa attraverso la fedeltà di Gesù e la sua vittoria ultima sulla morte.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che in Cristo tuo Figlio hai rivelato a tutti i popoli la sapienza eterna, fa’ risplendere su di noi la gloria del nostro Redentore, perché giungiamo alla luce che non ha tramonto. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.