27 Gennaio 2019


III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Oggi Gesù ci dice: «Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione.» (Lc 4,18).

I Lettura - Ne 8,2-4a.5-6.8-10: Il Libro di Neemia narra l’attività riformatrice di Neemia a Gerusalemme dopo il ritorno dall’esilio babilonese e in particolare descrive i lavori di ricostruzione della città santa. Al termine dei lavori di restauro, in Gerusalemme si radunarono numerose persone in preparazione alla consacrazione delle mura. Nel giorno stabilito vi fu un raduno, e la Torah fu pubblicamente letta da Esdra e dai suoi assistenti. Per molti giorni Esdra lesse l’intero rotolo della Torah e con l’aiuto dei vari studiosi e dei Leviti spiegò l’interpretazione dei vari passi della Torah ai presenti. Le feste culminarono con la gioiosa celebrazione dei sette giorni di Sukkot, culminanti nell’ottavo con la festa di Shemini Atzeret. Nel ventiquattresimo giorno, subito dopo la fine delle feste, fu tenuta una solenne riunione, di confessione e digiuno di espiazione per i peccati dei padri. Fu quindi rinnovato il patto sancito dalla concessione della Torah, data da Dio a Mosè, per l’osservanza delle leggi e dei comandamenti divini. L’esilio babilonese aveva dato intelligenza ai cuori dei Giudei: il popolo eletto, pur nella durezza dei patimenti sofferti, finalmente aveva compreso che solo nel Signore vi è libertà, sorgente di gioia e di forza, doni necessari per sperare in un mondo più stabile.

Salmo Responsoriale - Dal Salmo 18 (19) - Giambattista Montorsi (Salmi): Il salmista inneggia alla legge, amata come fonte di forza e di sapienza, motivo di stabilità e di giustizia, dono prezioso di Dio.
Gesù compie la legge ed è egli stesso legge per il nuovo popolo di Dio; l’osservanza della legge, per il cristiano, è quindi soprattutto uno sforzo di conformità a Cristo.
Nel Cristo, che è la sua legge, la Chiesa trova gioia e luce, verità e santità; a lui essa rinnova la professione di fede di Pietro: «Signore, tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68).
Contemplando nella legge, espressa soprattutto nella vita di Cristo, la gloria e la perfezione di Dio, sforziamoci di osservarla, per riprodurre in noi quella gloria e quella perfezione.

II Lettura - 1Cor 12,12-30: L’analogia del corpo, come motivo di unità cristiana con differenze di uffici e di funzioni, è invocata da Paolo nel tentativo di estirpare le divisioni che smembravano la chiesa di Corinto. I credenti sono uno perché sono stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo; quindi, sono il corpo di Cristo. A motivo di tutto ciò, vivendo secondo la verità nella carità, i credenti devono cercare di crescere in ogni cosa verso Cristo, che è il capo e «dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,15-16).

Vangelo: Lc 1,1-4; 4,14-21: Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione. (Lc 4,18): questa sensibilità di Gesù mette fortemente in luce la dimensione sociale del vangelo, dimensione proclamata con vigore anche dall’Antico Testamento. E così l’attenzione ai poveri diventa la via regale per entrare nel regno di Dio (cfr. Mt 25,26ss). Una attenzione a volte disattesa anche dai credenti, per egoismo o per avarizia, o perché non erano non erano riusciti a scrostarsi dal cuore le discriminazioni tipiche della società circostante. Così, l’evangelista Luca ha voluto ricordare questo episodio di Gesù alla sua comunità cristiana per sostenerla nell’impegno che essa stava  mettendo nell’attuare l’ideale di giustizia e di solidarietà enunciato nella sinagoga di Nazaret (cfr. At 2,42-47). Ecco perché Luca, non si lascia sfuggire l’occasione di presentare, proprio agli inizi del ministero pubblico di Gesù, il nucleo originario del suo messaggio e di farne il cuore e la chiave di lettura di tutto il Vangelo.

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito - Rinaldo Fabris (Il Vangelo di Luca): Le prime tre sequenze del vangelo di Luca, in cui Gesù è protagonista, si sviluppano sotto il segno dello Spirito. Nel battesimo lo Spirito santo discende su Gesù, nelle tentazioni Gesù è guidato dallo Spirito, la predica augurale di Nazaret è la manifestazione salvifica del profeta inviato con la potenza dello Spirito. Dopo l’investitura carismatica nel Giordano e la verifica della propria linea d’azione, Gesù dà inizio alla sua attività in Galilea con un discorso programmatico nel suo paese di origine: Nazaret. Nell’intenzione di Luca quest’episodio è veramente il «manifesto» di Gesù: la salvezza promessa da Dio è oggi presente nella sua persona, ma non sottostà ai criteri utilitaristici e angusti dei compaesani; il suo orizzonte è più vasto, coincide con lo stile di Dio che salva quelli di fuori. Per questa sua posizione, Gesù rischia di essere linciato dai suoi. È solo un avvertimento circa l’esito finale del suo cammino. Per presentare questo quadro programmatico della missione di Gesù Luca non esita ad anteporre il racconto della visita di Gesù a Nazaret, che Marco e Matteo collocheranno più tardi, dopo l’attività taumaturgica e di insegnamento in Galilea. Del resto Luca fa precedere la predica di Nazaret da un riassunto sull’attività in Galilea, 4,14-15. Ma anche questo è una sintesi programmatica, che anticipa temi dell’episodio successivo: Gesù è guidato dalla potenza dello Spirito e il suo insegnamento suscita l’entusiasmo popolare.

Questa Scrittura oggi si è adempiuta - Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito: Gesù inizia il suo ministero in Galilea pieno di Spirito Santo, che è il protagonista della intera opera lucana.
Gesù, come tutti gli Ebrei, amava frequentare la sinagoga. Il decano degli anziani, il quale era incaricato della celebrazione, a volte invitava qualcuno dei presenti a predicare. Fu così che Gesù venne invitato a leggere la sacra Scrittura, e a commentarla. Il brano che Gesù legge è tratto dal libro di Isaia (61,1ss) dove il profeta, da parte di Dio, annunzia un messaggio di consolazione al popolo d’Israele. Ma in verità il testo isaiano non era scritto sul rotolo perché è frutto del lavoro redazionale di Luca che ha fuso insieme Is 61,1-2 e 58,6.
Lo Spirito del Signore... mi ha mandato... a proclamare l’anno di grazia del Signore. Il giubileo, prescritto ogni cinquanta anni (Cf. Lv 25,10), era stato istituito per donare la libertà agli schiavi e la restituzione dei beni patrimoniali.
L’anno di grazia, «con cui termina questa profezia, non è altro che il tempo di perdono che Dio accorda a quanti gli si accostano con sentimenti di umiltà e di povertà, il tempo della pace, nel senso più vasto del termine: la pace di Dio, intesa come suo dono amoroso; la pace di Dio, intesa come bene atteso dall’alto; la pace con Dio, intesa come riconciliazione col suo amore» (Carlo Ghidelli).
Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato. In Gesù questa Scrittura si compie perfettamente, ma in una dimensione molto più ampia in quanto raggiunge l’uomo nella sua totalità. I destinatari di questa Buona Novella sono i poveri, cioè gli umili, i deboli, i piccoli e i contriti di cuore che da sempre, per la loro obbedienza alla volontà di Dio, hanno attirato sulla terra lo sguardo benevolo del Padre fino a costringerlo amorevolmente a mandare il Verbo, la cui «incarnazione costituisce l’attestato più eloquente della sua premura nei confronti degli uomini» (Teodereto di Ciro).
In Gesù di Nazaret il Padre compie il suo progetto di salvezza e il suo compimento non è una resa di conti, ma è gioia, festa: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza» (Ne 8,10). Il Vangelo, che sostanzialmente è una buona notizia, quando è veramente compreso, rallegra il cuore di chi lo accoglie, e porta a condividere questa gioia: chi è contento desidera che anche gli altri lo siano.
La profezia si è compiuta in Gesù e la sua stessa presenza rappresenta «l’oggi della salvezza, il compimento della Scrittura appena letta. Gesù con la sua parola non annunziava soltanto, ma attuava la salvezza divina, contenuta nelle promesse profetiche... La parola di Gesù diventa evento salvifico, vivo, attuale» (Angelico Poppi). Quella di Gesù è un’affermazione che dovrebbe far sognare ad occhi aperti tutti gli uomini: un sogno che diventerà realtà quando finalmente l’umanità, varcata la soglia della vita terrena, per essa si spalancheranno per sempre le porte della casa del Padre.

Gesù e la presenza liberatrice dello Spirito - Javer Pikaza (Il Vangelo secondo Luca): Lo Spirito. L’Antico Testamento scoprì che lo «spirito» o presenza di Dio non si rivela nei fenomeni straordinari né nell’armonia della vita cosmica. Lo spirito è la forza che conduce verso il futuro di liberazione e di giustizia (o pienezza messianica). Il presente è impastato d’oppressione, di schiavitù, di peccato e di disinganno, ma verrà sulla terra il potere di Dio, e sorgerà un Messia incaricato di offrire e di ottenere la giustizia (Is 11,1-2); verrà lo Spirito di Dio sul suo servo e libererà quelli del suo popolo che sono oppressi fra tutte le genti (Is 61,1-2; cf Ez 37,6; Gl 3,1-2). Nella sua più profonda intimità, l’uomo (che si rivela come schiavo) si mantiene aperto al futuro dello Spirito (di Dio che sta venendo). La stessa creazione si è trasformata in realtà aspettante, aperta verso il futuro creatore di Dio che sta arrivando. In questo contesto, acquistano un senso le parole della citazione di Isaia.
b) La libertà che offre lo Spirito è indirizzata espressamente ai poveri, ai prigionieri, agli oppressi e ai ciechi. In queste quattro forme di necessità è stata condensata la miseria dell’uomo nel mondo. Questi sono quelli che soffrono per un difetto fisico biologico (ciechi), quelli che soffrono per la malvagità degli altri (oppressi e prigionieri) e quelli che sono vittime d’un disordine sociale e della penuria di mezzi economici (poveri). Tutti costoro, la miseria del mondo nel suo insieme, sono aperti e in attesa di fronte allo Spirito della nuova creazione (dell’anno di grazia) che deve rivelarsi.
c) Quando Gesù proclama che «oggi si è adempiuta questa Scrittura»; quando annunzia che è giunto lo sp, rito della liberazione definitiva, allude a una verità fondamentale e a un’esigenza. La verità è questa: in tutta la sua missione Gesù ha cominciato a liberare i prigionieri i poveri, i ciechi e gli oppressi di questo mondo; ogni suo gesto e ogni sua parola sono stati la «buona novella» d vita e di pienezza per gli uomini; una «buona novella» che culmina nella Pasqua di trasformazione radicale dell’essere umano. Partendo di qui, si comprende questa esigenza: il gesto di Gesù, l’opera dello Spirito devono continuare attraverso la nostra vita: solo nella misura in cui porteremo libertà ai prigionieri e agli oppressi, soli nella misura in cui aiuteremo i poveri fino alla fine, vivremo lo Spirito di Cristo e tenderemo davvero verso la sua Pasqua.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato. (Vangelo)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Padre, tu hai mandato il Cristo, re e profeta, ad annunziare ai poveri il lieto messaggio del tuo regno, fa’ che la sua parola che oggi risuona nella Chiesa, ci edifichi in un corpo solo e ci renda strumento di liberazione e di salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...