23 Gennaio 2019


MERCOLEDÌ II SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO


Oggi Gesù ci dice: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?» (Vangelo).

Vangelo: Dal vangelo secondo Marco 3,1-6: Ancora uno scontro con i farisei, e questa volta non più su questioni dottrinali, ma su qualcosa ancora più grave perché andava ad intaccare la dignità dell’uomo, infatti, l’oggetto della controversia la troviamo nelle parole di Gesù: è lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla? L’uomo non può essere ridotto ad un oggetto, e la sua vita non può dipendere da squilibrati sofismi o da capricciose interpretazioni della legge. Alla domanda di Gesù i farisei non sanno cosa rispondere, il loro cuore è inquinato dall’ira, e l’odio ha ottenebrato la loro mente. Non si arrendono nemmeno dinanzi all’evidenza e rifiutando l’evidenza rifiutano la Verità, rigettano Colui che è la Verità, e allo stesso tempo si smarriscono nei loro tortuosi pensieri: i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Rifiutare Gesù è rifiuto della Verità, è sprofondare nella bestemmia contro lo Spirito Santo perché tutta la verità, pronunciata da chicchessia, viene dallo Spirito Santo (San Tommaso d’Aquino). E a questo proposito, Gesù ha solennemente detto: Qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata (Mt 12,31; cfr. 1Gv 5,16).

Àlzati, vieni qui in mezzo! - Jean Radermakers (Lettura Pastorale del Vangelo di Marco): Prendendo l’iniziativa, Gesù domanda al paralitico di tenersi in piedi davanti a tutti e dice: «Alzati [gr. risvégliati, égheire] in mezzo». Questo verbo («risvégliati», «sorgi») aveva per la chiesa primitiva un senso di risurrezione; e gli evangelisti lo adoperano nei racconti che si riferiscono alle guarigioni. Di fronte a quest’uomo, la controversia si pone a livello di vita. Superando il catalogo delle attività autorizzate o proibite, Gesù domanda: «È permesso di sabato fare del bene o del male, salvare una vita o ucciderla» (3,4). Posta in questi termini, la domanda è chiara, perché si ammetteva generalmente che tutte le leggi del sabato cessano dal momento in cui è in gioco la vita di un uomo. Così i suoi contraddittori sono ridotti al silenzio, non solo perché sarebbero obbligati a rivelare il loro accordo, ma anche perché capiscono che Gesù fa riferimento all’azione di Dio stesso. I teologi dell’epoca, infatti, arrivavano difficilmente a conciliare il riposo sabbatico di Dio con la sua attività di giudizio, che procura salvezza o condanna (cf. Gv 5,1-47). Il loro silenzio ostinato è il segno che si sentono giudicati da Gesù, il cui sguardo si pone su di loro con collera. Il signore del sabato svela l’indurimento dei cuori (3,5; cf. 2,6.8), ch’egli scava e mette a nudo (cf. 1Sam 16,7; Ger 11,20; 17,20; 20,12; Sir 42, 18; ecc.). Così può comandare all’uomo di stendere la mano, con la potenza di J ahvé che aveva dato lo stesso ordine a Mosè perché separasse il mare dei Giunchi (Es 14, 16.21 e 26.27).
La mano dell’uomo viene subito «riportata come prima» (apokathistanai), come deve esserlo Israele secondo la predicazione profetica (Is 23,17; Ger 15,19; Ez 16,55; cf. At 1,6).

È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla? - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): «È lecito di sabato fare del bene a fare del male, salvare una vita a uccider(la)? ... ». La domanda di Gesù, che nella disputa assume il valore di una affermazione, è provocatoria. Egli, agganciandosi alla questione giuridica, sollevata precedentemente dai farisei (2,24) su «ciò che non è lecito» fare di sabato, propone agli interlocutori una duplice domanda alternativa, per rilevare la volontà autentica di Dio. La risposta è scontata: Dio non può volere il male, ma soltanto il bene dell’uomo, che nel caso presente consiste nella guarigione della mano arida. Nella seconda domanda, che chiarisce la prima, «salvare una vita» (lett. un’ anima = psyche) significa «salvare qualcuno», cioè guarire un ammalato, che merita il massimo rispetto in quanto persona umana. Il termine «uccidere» forse allude all’intenzione dei farisei di accusare Gesù come trasgressore del sabato per farlo perire. Il detto apoftegmatico probabilmente appare nella sua forma più arcaica in Lc 14,3. Anche in questa controversia Gesù ribadisce la superiorità dell’uomo, rivendicando il primato dell’amore su ogni prescrizione cultuale. «Ciò che interessa è I ‘uomo, il quale ha bisogno di tempo libero e di ricordarsi di Dio per il suo essere-uomo» (Gnilka. p. 170).

Il rispetto della vita umana - Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2259: La Scrittura, nel racconto dell’uccisione di Abele da parte del fratello Caino, rivela, fin dagli inizi della storia umana, la presenza nell’uomo della collera e della cupidigia, conseguenze del peccato originale. L’uomo è diventato il nemico del suo simile. Dio dichiara la scelleratezza di questo fratricidio: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello» (Gn 4,10-11).
n. 2260 L’Alleanza tra Dio e l’umanità è intessuta di richiami al dono divino della vita umana e alla violenza omicida dell’uomo: «Del sangue vostro anzi, ossia della vostra vita, io domanderò conto [...]. Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio egli ha fatto l’uomo» (Gn 9,5-6).
L’Antico Testamento ha sempre ritenuto il sangue come un segno sacro della vita. 170 Questo insegnamento è necessario in ogni tempo.
n. 2261 La Scrittura precisa la proibizione del quinto comandamento: «Non far morire l’innocente e il giusto» (Es 23,7). L’uccisione volontaria di un innocente è gravemente contraria alla dignità dell’essere umano, alla «regola d’oro» e alla santità del Creatore. La legge che vieta questo omicidio ha una validità universale: obbliga tutti e ciascuno, sempre e dappertutto.
n. 2262 Nel discorso della montagna il Signore richiama il precetto: «Non uccidere» (Mt 5,21); vi aggiunge la proibizione dell’ira, dell’odio, della vendetta. Ancora di più: Cristo chiede al suo discepolo di porgere l’altra guancia, di amare i propri nemici. Egli stesso non si è difeso e ha ingiunto a Pietro di rimettere la spada nel fodero.

«Che hai fatto?» (Gn 4, 10): L’eclissi del valore della vita - Evangelium vitae n.10: Il Signore disse a Caino: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gn 4, 10). La voce del sangue versato dagli uomini non cessa di gridare, di generazione in generazione, assumendo toni e accenti diversi e sempre nuovi. La domanda del Signore «Che hai fatto?», alla quale Caino non può sfuggire, è rivolta anche all’uomo contemporaneo perché prenda coscienza dell’ampiezza e della gravità degli attentati alla vita da cui continua ad essere segnata la storia dell’umanità; vada alla ricerca delle molteplici cause che li generano e li alimentano; rifletta con estrema serietà sulle conseguenze che derivano da questi stessi attentati per l’esistenza delle persone e dei popoli.
Alcune minacce provengono dalla natura stessa, ma sono aggravate dall’incuria colpevole e dalla negligenza degli uomini che non raramente potrebbero porvi rimedio; altre invece sono il frutto di situazioni di violenza, di odi, di contrapposti interessi, che inducono gli uomini ad aggredire altri uomini con omicidi, guerre, stragi, genocidi. E come non pensare alla violenza che si fa alla vita di milioni di esseri umani, specialmente bambini, costretti alla miseria, alla sottonutrizione e alla fame, a causa di una iniqua distribuzione delle ricchezze tra i popoli e le classi sociali? o alla violenza insita, prima ancora che nelle guerre, in uno scandaloso commercio delle armi, che favorisce la spirale dei tanti conflitti armati che insanguinano il mondo? o alla seminagione di morte che si opera con l’inconsulto dissesto degli equilibri ecologici, con la criminale diffusione della droga o col favorire modelli di esercizio della sessualità che, oltre ad essere moralmente inaccettabili, sono anche forieri di gravi rischi per la vita? È impossibile registrare in modo completo la vasta gamma delle minacce alla vita umana, tante sono le forme, aperte o subdole, che esse rivestono nel nostro tempo!

La pena di morte: Papa Francesco (Discorso, 11 ottobre 2017): Nei secoli passati, quando si era dinnanzi a una povertà degli strumenti di difesa e la maturità sociale ancora non aveva conosciuto un suo positivo sviluppo, il ricorso alla pena di morte appariva come la conseguenza logica dell’applicazione della giustizia a cui doversi attenere. Purtroppo, anche nello Stato Pontificio si è fatto ricorso a questo estremo e disumano rimedio, trascurando il primato della misericordia sulla giustizia. Assumiamo le responsabilità del passato, e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana. La preoccupazione di conservare integri i poteri e le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge, impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo. Tuttavia, rimanere oggi neutrali dinanzi alle nuove esigenze per la riaffermazione della dignità personale, ci renderebbe più colpevoli.
Qui non siamo in presenza di contraddizione alcuna con l’insegnamento del passato, perché la difesa della dignità della vita umana dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale ha sempre trovato nell’insegnamento della Chiesa la sua voce coerente e autorevole. Lo sviluppo armonico della dottrina, tuttavia, richiede di tralasciare prese di posizione in difesa di argomenti che appaiono ormai decisamente contrari alla nuova comprensione della verità cristiana. D’altronde, come già ricordava san Vincenzo di Lérins: «Forse qualcuno dice: dunque nella Chiesa di Cristo non vi sarà mai nessun progresso della religione? Ci sarà certamente, ed enorme. Infatti, chi sarà quell’uomo così maldisposto, così avverso a Dio da tentare di impedirlo?» (Commonitorium, 23.1: PL 50). È necessario ribadire pertanto che, per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona.

La pena di morte - Catechismo della Chiesa Cattolica n 2267: Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune.
Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi. Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che «la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona», e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente» (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2258).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo...